San Silvestro - di Viviana Tenga
Inviato: martedì 20 agosto 2019, 0:56
Nonno Andrea, che in realtà era il papà di suo nonno, le raccontava che quando era ragazzo lui il Capodanno in spiaggia lo festeggiavano solo gli australiani. Loro al mare ci andavano d’estate, e non certo con la metropolitana. All’epoca, Milano era nel bel mezzo della Pianura Padana.
Nemmeno i più pessimisti si erano aspettati che le cose cambiassero così velocemente. Estate dopo estate, si era passati dai telegiornali che consigliavano di non uscire nelle ore più calde alle autorità che imponevano di non uscire durante il giorno. Intanto, i ghiacciai si erano sciolti e il mare aveva mangiato terre un po’ ovunque.
Elisa aveva ventun anni, e da che aveva memoria la spiaggia era il luogo dove si festeggiava l’ultimo dell’anno. Le vecchie foto di Milano innevata le apparivano del tutto irreali.
Dal falò arrivavano grida e risate. Elisa se ne stava su una duna artificiale alcuni metri più indietro, nella zona d’ombra a ridosso del muro dove non c’era mai nessuno. Per lo meno, non in quello stadio della serata, quando ancora le coppiette non cercavano luoghi dove appartarsi.
Era arrivata con un gruppo di compagni di università, ma quasi subito li aveva lasciati con una scusa. Dubitava che a qualcuno di loro importasse davvero di lei. Adesso stava lì, nell'ombra, a guardare la compagnia con cui per anni aveva passato la notte di San Silvestro. Ogni tanto, la mano destra andava a tastare lo zainetto posato sulla sabbia accanto a lei. Sapeva che non poteva rimandare in eterno.
“Ehi!”
Elisa sobbalzò. Ci mise un attimo a riconoscere la sagoma nella penombra. Era Davide, con in mano una bottiglia di birra che doveva aver appena comprato al bar. Elisa si stupì di vederlo lì. Stava festeggiando insieme agli altri? O anche lui li voleva osservare da lontano?
“Credevo che non bevessi più” gli disse, in tono acido. “Che fosse contro la religione dei tuoi avi.”
Davide alzò le spalle e si sedette accanto a lei. La cosa la innervosì. Ci mancava anche quell'imprevisto a rendere più complicate le cose…
“Ci ho provato, sai? Quasi due mesi. Poi ho deciso che le religioni sono tutte cazzate.”
Buttò giù una lunga sorsata. Sembrava parecchio alticcio.
“Mia nonna ci credeva sul serio” continuò. “Non le è mai andato giù che mia madre abbia sposato un ateo e che a me abbiano dato un nome italiano. Però aveva sempre un suo equilibrio interiore. Diceva che era per via della fede. Mi sono detto, perché non provarci, magari avrò una grande epifania e capirò il senso della vita… Invece niente. Meglio bere.”
Elisa esitò.
“Tu ci stai ancora tanto male, per Giada?”
Davide rise.
“Boh, dimmi tu, cosa ti sembra? Che ci sto bene? Tu invece? Che ci fai qui? Speri che Francesco si accorga del tuo dolore e torni con te per pietà? Stanno passando tutto il tempo a sbaciucchiarsi, sai? Io ci ho provato a restare con la compagnia, mi dicevo che in fondo erano i miei amici… L’idea più idiota che potessi avere. Tanto che non ho retto e adesso sono qui.”
Elisa fece una smorfia. Davide non le era mai stato simpatico. Ma la sua ex era la stronza che le aveva portato via Francesco. Se non altro, avevano motivo per odiare le stesse persone.
“Secondo te chi dei due è più colpevole?”
“Eh?”
“Chi dei due. Tra Francesco e Giada. Se dovessi ammazzarne uno per vendicarti, chi sceglieresti?”
Davide posò la bottiglia. Elisa gliela prese e bevve d’un sorso tutto quello che rimaneva.
“Ehi!”
“Ti ho fatto una domanda, rispondi.”
“È questo che fai per sentirti meglio? Dare le colpe? Non è colpa di nessuno, è andata così e basta.”
Elisa afferrò lo zaino ed estrasse la pistola.
“Io mi fidavo di Giada, ok?” disse, con le lacrime agli occhi. “Era mia amica da quando eravamo piccole. E Francesco era tutto per me, capito? Io… io ho bisogno di vendicarmi.”
Si alzò. La testa le girava, ma doveva agire. Se non lo faceva adesso, non l’avrebbe fatti mai più. Mosse alcuni passi. Davide le afferrò una spalla.
“Ehi, ehi! Ferma! Quella dove l’hai presa?”
Elisa si liberò dalla sua presa e gliela puntò contro.
“Era di mio nonno. Negli anni Venti tanta gente ne aveva una in casa.”
Davide indietreggiò.
“Elisa…”
“Oggi dev'essere la fine, capisci?” singhiozzò Elisa. “Io… Sono due mesi che ogni sera vado a letto e piango per mezz'ora prima di riuscire a dormire. Devo… Devo vendicarmi e poi devo farla finita.”
“Ascolta. Tuo nonno. Hai detto che quell'arma era sua. Pensa a lui. Uno che ha vissuto la Grande Crisi, il crollo della pace europea, la catastrofe ecologica… Cosa direbbe se vedesse che stai qui a fare la pazza perché il ragazzo ti ha mollata?”
“Oh, senti chi parla! I tuoi nonni hanno attraversato il deserto, rischiato la vita in mare, vissuto le stesse cose che hanno vissuto i miei, e adesso tu stai qui ad alcolizzarti per colpa di una stronzetta qualsiasi!”
“I miei nonni sono nati qui. Sono i loro genitori che hanno fatto quelle robe. Ma non è questo il punto, senti, sono ubriaco, non ce la faccio a pensare, metti giù quella pistola...”
Fece di nuovo un passo verso di lei, ma inciampò nella sabbia. Elisa lo aggirò e si diresse verso il falò. Non aveva ancora deciso chi uccidere, ma doveva muoversi.
“Elisa!”
Elisa si girò e sparò.
Un botto riecheggiò nella notte.
Immobile davanti a lei, Davide alzò lo sguardo. I fuochi d’artificio riempivano il cielo. Un altro anno era finito. Francesco l’aveva lasciata per mettersi con Giada. Lei non era riuscita a vendicarsi e la pistola di suo nonno non funzionava.
Le gambe le cedettero. Si accasciò a terra, lasciando che le ginocchia sprofondassero nella sabbia e la pistola le scivolasse di mano. Attraverso le lacrime, vide la gente intorno a lei correre verso il mare per buttarsi in acqua.
Rimase lì a singhiozzare per un po’. Qualcuno si fermò a chiederle se stesse bene. Lei li mandò via e loro furono felici di poter tornare a godersi la serata. A un certo punto, Davide ricomparve al suo fianco con in mano due bottiglie di birra. Elisa si alzò e lo seguì fino al molo di cemento.
“Pensi che i nostri nonni se lo sarebbero mai immaginato?” chiese lui. “I loro nipoti, a festeggiare la fine dell’anno in riva al mare a Milano, abituati al fatto che tutte le loro paure per il futuro siano diventate realtà, ma depressi per questioni di cuore.”
Elisa bevve una sorsata di birra.
“Ormai le cose si stanno riassestando. Erano convinti che la catastrofe ecologica sarebbe stata la fine del mondo, e invece siamo ancora qua.”
“Beh, se non è stata la fine del mondo la catastrofe ecologica, perché dovrebbe esserlo il fatto che Francesco ti ha mollata?”
“Parla quello che l’ha presa bene!”
“Io bevo perché so che prima o poi passa. Da' retta a me, ne vedremo ancora un bel po’ di fini del mondo.”
Elisa sorrise. Provava ancora un senso di vuoto, ma le sembrava di stare un po’ meglio. Prese la pistola del nonno e la gettò in mare. Quasi si stupì del senso di sollievo che quel gesto le diede.
Si voltò verso Davide. Lui alzò la bottiglia con quel che rimaneva della birra a mo’ di brindisi.
“Al nuovo anno?”
“Al nuovo anno” ripose lei. “E a tante nuove fini.”
Nemmeno i più pessimisti si erano aspettati che le cose cambiassero così velocemente. Estate dopo estate, si era passati dai telegiornali che consigliavano di non uscire nelle ore più calde alle autorità che imponevano di non uscire durante il giorno. Intanto, i ghiacciai si erano sciolti e il mare aveva mangiato terre un po’ ovunque.
Elisa aveva ventun anni, e da che aveva memoria la spiaggia era il luogo dove si festeggiava l’ultimo dell’anno. Le vecchie foto di Milano innevata le apparivano del tutto irreali.
Dal falò arrivavano grida e risate. Elisa se ne stava su una duna artificiale alcuni metri più indietro, nella zona d’ombra a ridosso del muro dove non c’era mai nessuno. Per lo meno, non in quello stadio della serata, quando ancora le coppiette non cercavano luoghi dove appartarsi.
Era arrivata con un gruppo di compagni di università, ma quasi subito li aveva lasciati con una scusa. Dubitava che a qualcuno di loro importasse davvero di lei. Adesso stava lì, nell'ombra, a guardare la compagnia con cui per anni aveva passato la notte di San Silvestro. Ogni tanto, la mano destra andava a tastare lo zainetto posato sulla sabbia accanto a lei. Sapeva che non poteva rimandare in eterno.
“Ehi!”
Elisa sobbalzò. Ci mise un attimo a riconoscere la sagoma nella penombra. Era Davide, con in mano una bottiglia di birra che doveva aver appena comprato al bar. Elisa si stupì di vederlo lì. Stava festeggiando insieme agli altri? O anche lui li voleva osservare da lontano?
“Credevo che non bevessi più” gli disse, in tono acido. “Che fosse contro la religione dei tuoi avi.”
Davide alzò le spalle e si sedette accanto a lei. La cosa la innervosì. Ci mancava anche quell'imprevisto a rendere più complicate le cose…
“Ci ho provato, sai? Quasi due mesi. Poi ho deciso che le religioni sono tutte cazzate.”
Buttò giù una lunga sorsata. Sembrava parecchio alticcio.
“Mia nonna ci credeva sul serio” continuò. “Non le è mai andato giù che mia madre abbia sposato un ateo e che a me abbiano dato un nome italiano. Però aveva sempre un suo equilibrio interiore. Diceva che era per via della fede. Mi sono detto, perché non provarci, magari avrò una grande epifania e capirò il senso della vita… Invece niente. Meglio bere.”
Elisa esitò.
“Tu ci stai ancora tanto male, per Giada?”
Davide rise.
“Boh, dimmi tu, cosa ti sembra? Che ci sto bene? Tu invece? Che ci fai qui? Speri che Francesco si accorga del tuo dolore e torni con te per pietà? Stanno passando tutto il tempo a sbaciucchiarsi, sai? Io ci ho provato a restare con la compagnia, mi dicevo che in fondo erano i miei amici… L’idea più idiota che potessi avere. Tanto che non ho retto e adesso sono qui.”
Elisa fece una smorfia. Davide non le era mai stato simpatico. Ma la sua ex era la stronza che le aveva portato via Francesco. Se non altro, avevano motivo per odiare le stesse persone.
“Secondo te chi dei due è più colpevole?”
“Eh?”
“Chi dei due. Tra Francesco e Giada. Se dovessi ammazzarne uno per vendicarti, chi sceglieresti?”
Davide posò la bottiglia. Elisa gliela prese e bevve d’un sorso tutto quello che rimaneva.
“Ehi!”
“Ti ho fatto una domanda, rispondi.”
“È questo che fai per sentirti meglio? Dare le colpe? Non è colpa di nessuno, è andata così e basta.”
Elisa afferrò lo zaino ed estrasse la pistola.
“Io mi fidavo di Giada, ok?” disse, con le lacrime agli occhi. “Era mia amica da quando eravamo piccole. E Francesco era tutto per me, capito? Io… io ho bisogno di vendicarmi.”
Si alzò. La testa le girava, ma doveva agire. Se non lo faceva adesso, non l’avrebbe fatti mai più. Mosse alcuni passi. Davide le afferrò una spalla.
“Ehi, ehi! Ferma! Quella dove l’hai presa?”
Elisa si liberò dalla sua presa e gliela puntò contro.
“Era di mio nonno. Negli anni Venti tanta gente ne aveva una in casa.”
Davide indietreggiò.
“Elisa…”
“Oggi dev'essere la fine, capisci?” singhiozzò Elisa. “Io… Sono due mesi che ogni sera vado a letto e piango per mezz'ora prima di riuscire a dormire. Devo… Devo vendicarmi e poi devo farla finita.”
“Ascolta. Tuo nonno. Hai detto che quell'arma era sua. Pensa a lui. Uno che ha vissuto la Grande Crisi, il crollo della pace europea, la catastrofe ecologica… Cosa direbbe se vedesse che stai qui a fare la pazza perché il ragazzo ti ha mollata?”
“Oh, senti chi parla! I tuoi nonni hanno attraversato il deserto, rischiato la vita in mare, vissuto le stesse cose che hanno vissuto i miei, e adesso tu stai qui ad alcolizzarti per colpa di una stronzetta qualsiasi!”
“I miei nonni sono nati qui. Sono i loro genitori che hanno fatto quelle robe. Ma non è questo il punto, senti, sono ubriaco, non ce la faccio a pensare, metti giù quella pistola...”
Fece di nuovo un passo verso di lei, ma inciampò nella sabbia. Elisa lo aggirò e si diresse verso il falò. Non aveva ancora deciso chi uccidere, ma doveva muoversi.
“Elisa!”
Elisa si girò e sparò.
Un botto riecheggiò nella notte.
Immobile davanti a lei, Davide alzò lo sguardo. I fuochi d’artificio riempivano il cielo. Un altro anno era finito. Francesco l’aveva lasciata per mettersi con Giada. Lei non era riuscita a vendicarsi e la pistola di suo nonno non funzionava.
Le gambe le cedettero. Si accasciò a terra, lasciando che le ginocchia sprofondassero nella sabbia e la pistola le scivolasse di mano. Attraverso le lacrime, vide la gente intorno a lei correre verso il mare per buttarsi in acqua.
Rimase lì a singhiozzare per un po’. Qualcuno si fermò a chiederle se stesse bene. Lei li mandò via e loro furono felici di poter tornare a godersi la serata. A un certo punto, Davide ricomparve al suo fianco con in mano due bottiglie di birra. Elisa si alzò e lo seguì fino al molo di cemento.
“Pensi che i nostri nonni se lo sarebbero mai immaginato?” chiese lui. “I loro nipoti, a festeggiare la fine dell’anno in riva al mare a Milano, abituati al fatto che tutte le loro paure per il futuro siano diventate realtà, ma depressi per questioni di cuore.”
Elisa bevve una sorsata di birra.
“Ormai le cose si stanno riassestando. Erano convinti che la catastrofe ecologica sarebbe stata la fine del mondo, e invece siamo ancora qua.”
“Beh, se non è stata la fine del mondo la catastrofe ecologica, perché dovrebbe esserlo il fatto che Francesco ti ha mollata?”
“Parla quello che l’ha presa bene!”
“Io bevo perché so che prima o poi passa. Da' retta a me, ne vedremo ancora un bel po’ di fini del mondo.”
Elisa sorrise. Provava ancora un senso di vuoto, ma le sembrava di stare un po’ meglio. Prese la pistola del nonno e la gettò in mare. Quasi si stupì del senso di sollievo che quel gesto le diede.
Si voltò verso Davide. Lui alzò la bottiglia con quel che rimaneva della birra a mo’ di brindisi.
“Al nuovo anno?”
“Al nuovo anno” ripose lei. “E a tante nuove fini.”