Mani mortali

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo settembre sveleremo il tema deciso da Marco Cardone. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) I BOSS assegneranno la vittoria.
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maurizio.ferrero
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Mani mortali

Messaggio#1 » martedì 10 settembre 2019, 15:11

Mani mortali

1.

«Ecco a voi il momento che avete atteso per settimane. Voi, gentili telespettatori che per un qualunque motivo non avete potuto partecipare a una delle sette date precedenti, potrete recuperare questa sera! In diretta dal Nippon Budokan, il concerto della più bella idol del momento, Akami!»
Nastri scintillanti e fuochi d’artificio esplodono sul palco. Una nebbia verde fluo nasconde i tratti della figura che compare ancheggiando da dietro il sipario. Le luci si puntano su di lei, per un effetto speciale i nastri argentati ondeggiano, descrivendo delle ali piumate attorno alla sua sagoma.
Akami si lascia andare a un sorriso birichino, poi le note di tastiera di A.N.G.E.L. partono. Lei attacca a cantare. È bellissima.
Nel suo monolocale, seduta sul futon, Moriko alza le braccia al cielo e canta insieme alla idol. La voce della ragazza è acuta e piuttosto stonata, ma non le importa. Non ha mai avuto problemi a lasciarsi andare quando si trova sola, e il suo squallido appartamento non offre molto spazio per la compagnia. Il fornelletto a gas su cui è solita scaldare zuppe precotte giace abbandonato in un angolo, di fianco a un piccolo scaffale su cui sono riposti ordinatamente testi scolastici e manga. Il televisore ventotto pollici, posizionato su una scrivania ingombra di fogli e matite, pare talmente grande da occupare più spazio della minuta Moriko.
«A-N-G-E-E-E-L-aishiteru!» intona il ritornello di Akami, e Moriko la imita, andando fuori tempo.
Un bussare violento interrompe il suo istante di giubilo. Smette di cantare, e osserva la porta d’ingresso a pochi metri, per capire se ha sentito bene o è stato solo un’impressione.
Qualcuno bussa di nuovo alla porta, stavolta con più delicatezza.
Chi può essere? Non aspetto nessuno…
Si avvicina alla porta e apre uno spiraglio. Dall’altro lato si trova un ragazzo alto e con strani capelli, il cui colore oscilla tra il biondiccio e il fulvo. Ma non sono tinti, sembrano essere naturali. I suoi occhi sono azzurri, e chiaramente non a mandorla.
Un gaijin.
Molto carino, pensa lei. Poi scuote la testa, scacciando questo pensiero.
«Buonasera. Ha bisogno?»
«Mi scusi, non volevo disturbarla» risponde lui in buon giapponese, solo un po’ sporcato dall’accento straniero. «Ma abito proprio sopra di lei. Volevo chiederle se gentilmente può abbassare un po’ la voce. Sa, domattina devo svegliarmi molto presto.»
Moriko arrossisce. Non pensava di stare schiamazzando così tanto. Si esibisce in un inchino di scuse, mentre il suo volto passa dal consueto pallore al rosso del sole della bandiera nipponica.
«Mi perdoni, gaijin-san. Non le darò ulteriori fastidi. Mi sento così stupida!»
«Non si disperi, signorina. E lasci pure perdere il gaijin-san. Il mio nome è Lorenzo» risponde lui, affabile.
«Ro-re-n-tsu-o?» scandisce lei.
«Beh, non proprio, ma suppongo che andrà benissimo. Lei come si chiama?»
Moriko rimane interdetta per qualche istante. Nessun giapponese è abituato a un approccio così diretto, ma forse era proprio quella inconsapevole sfacciataggine ad attirarla verso quel giovane straniero.
«Moriko. Piacere di conoscerla, signore. Il suo nome… lei è italiano, vero?»
«Sì. Sono uno studente di lingue straniere venuto qui a Tokyo per un anno di studi all’estero. Sono in città da una decina di giorni, ma non conosco quasi nessuno. Mi fa molto piacere fare la conoscenza della mia vicina.»
«Anche se l’ho disturbata?»
«Le ho già detto di non preoccuparsi. Ma forse c’è un modo con cui può sdebitarsi. Le va una cena insieme?»
«Mi… mi sta invitando a cena?»
«Certo. Cosa ne dice? Mi sembra simpatica e mi piacerebbe conoscerla un po’ meglio.»
«Io… ecco… sì, va bene.»
Quando, dopo i convenevoli, Moriko richiude la porta, non sa perché ha risposto a Lorenzo in quel modo. Non è mai stata abituata a prendere decisioni così affrettate, a farsi trascinare dalle emozioni verso gli uomini. L’esatto contrario di sua madre, che l’ha sempre considerata una debole per questo.
Si risiede sul futon, ascolta Akami cantare le sue soavi melodie e ondeggia la testa, pensando che per una volta è bello sentirsi come la idol.
Felice e desiderata.

2.

«Ti consiglio il katsu-kare. Sono stato qui a cena il primo giorno che sono arrivato, e l’ho trovato squisito.»
«Mi piace il curry, credo che seguirò il tuo consiglio» risponde Moriko, sorridendo.
Il locale in cui Lorenzo l’ha portata a cena alcune sere dopo il loro primo incontro, il Fukurou, è in una delle viuzze secondarie del quartiere di Shinjuku. Abbastanza vicino ai divertimenti della città, ma sufficientemente isolato da non essere gremito di gente. Piccolo, con luci soffuse e pochi tavoli, requisiti fondamentali per essere considerato un locale intimo, ma non romantico. Il padrone del posto spilla bicchieri di birra ad avventori sorridenti che schiamazzano ai pochi tavoli, e l’atmosfera è allegra. Un luogo perfetto per un primo appuntamento tra amici.
Poi, chi può dirlo.
«Allora Moriko, tu di cosa ti occupi? Studi, o hai un lavoro?»
«Beh a dire il vero… al momento, nessuno dei due. Ho tentato l’esame di ammissione all’università il mese scorso, ma l’ho fallito. Sono una ronin» risponde lei, con la voce rotta dalla vergogna. Essere un ronin, uno studente fallito e senza un’occupazione, era considerato un disonore nella società giapponese. «Questo ti disturba?»
«Ma certo che no. Io sono stato bocciato due volte in terza superiore. E ti assicuro che la scuola italiana è una bazzecola in confronto a quella giapponese.»
Moriko sorride, divertita e sollevata.
«È da molto che studi la nostra lingua?»
«Quasi cinque anni. Ho pensato che ormai la conoscevo abbastanza da trasferirmi qui per un po’ di tempo.»
Una cameriera si avvicina al tavolo e sistema una birra davanti a entrambi.
«E poi, volevo vedere se era vera quella storia che non si riesce a distinguere un giapponese da un altro.»
C’è un attimo di silenzio imbarazzato, poi Lorenzo inizia a ridere sotto i baffi. Moriko capisce che è uno scherzo, ma fa di tutto per mantenere un’espressione imbronciata. Il trucco sembra funzionare, perché dopo pochi istanti Lorenzo ritorna serio e inizia a scrutarla attentamente per capire se la sua battuta fosse stata troppo pesante.
«Guarda che quelli sono i cinesi» dice lei dopo un po’.
Scoppiano a ridere entrambi, poi brindano e bevono.
Prima che la loro cena arrivi, il ghiaccio è rotto. Lorenzo chiede a Moriko di chi fosse la canzone che stava cantando l’altra sera e lei gli parla di Akami, la idol sulla cresta dell’onda.
«Ah, sì! Credo di aver visto la sua foto su qualche giornale. Ora che ci penso, le assomigli un po’. Potresti essere sua sorella.»
«Ma dai, non dire stupidaggini!»
Lorenzo si alza per andare in bagno, e quando ritorna, pochi minuti dopo, i loro katsu-kare arrivano. Il piatto è composto da un tonkatsu, una cotoletta di maiale impanata, servita con riso e abbondante curry. Moriko la assaggia ed è travolta dal sapore quando le abbondanti spezie si mischiano con il sapore neutro del riso e con quello più ruvido della carne nella sua impanatura.
«Avevi ragione, Rorenzo. È il migliore che abbia mai mangiato.»
«Lorenzo, con la elle. Dai, ci sei quasi» risponde lui ridendo.
Finita la cena, Moriko propone a Lorenzo di fare un giro per Shinjuku. «Dai, ti faccio da guida! Conosco bene la zona!»
Lorenzo accetta di buon grado e gentilmente paga il conto. Escono nella buia viuzza, illuminata solo dalle luci soffuse di alcune lampade al neon colorate.
Dopo qualche passo, Moriko ha un capogiro. Si ferma, poggia la mano contro il muro per sorreggersi.
«Ti senti bene?» chiede Lorenzo.
«Io… sì, è stato solo un attimo.»
Moriko fa ancora qualche passo, poi le ginocchia le cedono di colpo. Vede il cemento della strada avvicinarsi velocissimo al suo volto. Tenta di portare avanti le braccia per frenare la caduta, ma queste non sembrano avere vita.
L’oscurità giunge prima del dolore dell’impatto.

3.

Quando Moriko riprende i sensi, la prima cosa che le assale il naso è l’odore. Umido, chiuso, polveroso, con una nota di marcescenza, come di carne andata a male. Tenta di aprire gli occhi, ma le palpebre sono troppo pesanti.
«Aiu…to» cerca di pronunciare, ma dalle labbra le esce solamente un rantolo.
Ci vogliono almeno quindici minuti prima che la sensazione di sonnolenza inizi a scemare. È in quel momento che Moriko inizia a percepire il freddo. Meno intenso di quello di una giornata invernale, ma spiacevole, di quello che ti entra nelle ossa. Riesce infine a spalancare gli occhi, ma tutto è ancora troppo offuscato.
«Lo so che sei sveglia, non fare finta di dormire» dice una voce.
Moriko la riconosce dall’accento. È Lorenzo.
«Che… che è successo?»
«Che ciò che ho messo del curry del katsu-kare ha fatto effetto. Forza, ti voglio bella sveglia.»
Una sensazione ghiacciata investe improvvisamente Moriko, e ha l’effetto di svegliarla del tutto. Lorenzo, davanti a lei, ha un secchio di metallo rugginoso tra le mani. Fino a pochi istanti prima doveva essere pieno d’acqua, che ora infradicia i vestiti della ragazza.
Lorenzo ha qualcosa di strano in volto.
Il suo viso è diverso, spaventoso… pensa Moriko. Le ci vuole qualche momento prima di rendersi conto che una grottesca maschera da teatro kabuki è dipinta sul suo volto. Indossa abiti diversi rispetto a quelli che aveva durante la cena. Un giubbotto di pelle nero, pantaloni neri mimetici e guanti di pelle. Lorenzo rimane in silenzio davanti a lei, e appoggia il secchio a terra.
La ragazza accorge di essere rannicchiata in una gabbia di circa un metro e mezzo per un metro e mezzo e poco più bassa, sospesa da terra per mezzo di una catena. Le sbarre sono di solido acciaio. Poco distante da lei, un’altra gabbia del tutto simile è coperta da un grosso telo di plastica scura. Si guarda attorno, ma vede solamente un ambiente polveroso, numerose tubature e il grigio del cemento e del metallo. L’unica illuminazione è garantita da un paio di lampadine appese direttamente al filo della corrente.
«Cosa… dove sono? Dove mi hai portato?» grida Moriko.
«Una piccola casa dei giochi, dove io e te passeremo un po’ di tempo insieme.»
«Tu… non sei uno studente di lingue.»
«Ma quanto sei perspicace. Allora dimmi, cosa pensi che io sia?»
«Un fottuto maniaco, ecco cosa! Lasciami andare! Liberami! Per pietà, non lo dirò a nessuno!»
«Taci! E piantala di fare la commedia della ragazzina innocente!»
«Non capisco di cosa parli! Per favore…»
«Bugie! Le tue sono tutte fottute menzogne! Vivi in un piccolo appartamento, giochi a fare la ragazzina della porta accanto, ma sono tutte cazzate per nascondere la tua vera natura. Per poter cacciare liberamente. Non è vero, hatoita-onna
«Io…» inizia Moriko, rimanendo interdetta. «Non so nemmeno di cosa tu stia parlando!»
«Ah no? Figuriamoci! Sono un maledetto gaijin e devo raccontare a te delle leggende locali? Piantala! O ti farò fare la fine di quest’altra qui!»
Lorenzo avanza di qualche passo, lei si rannicchia sul fondo della gabbia. L’uomo afferra il telo che copre l’altra struttura e la toglie.
Moriko caccia un urlo.
All’interno, il corpo di una ragazza della sua stessa età giace in una posizione contorta. I vestiti sporchi le cadono larghi, come se fosse smagrita durante la prigionia. Eppure, non pare essere morta da molto. Il cadavere puzza, ma non ha ancora iniziato a decomporsi.
«Tu sei pazzo! Pazzo!»
«A volte mi sento pazzo. Davvero, devo essere fottuto nel cervello per fare tutto questo. Voglio dire, se mi sbagliassi? Se fosse davvero una cazzata questa storia degli yokai, dei kami, e di tutta la merda che c’è intorno? Prendi lei, per esempio. Ero convinto, così convinto, che fosse una della tua specie. Ma mi sono sbagliato, e questa poveraccia c’è andata di mezzo. Non potevo certo dirle “merda, ho fatto un errore, ti prego di perdonarmi e di non avvertire la polizia dopo che ti avrò liberata”. Non dopo tutto quello che le avevo fatto. Rischi del mestiere, della caccia. Ma no, è tutto vero, e non commetterò di nuovo lo stesso errore. Questa volta devo essere sicuro di non sbagliarmi.»
Lorenzo si avvicina alla gabbia in cui è contenuta Moriko e la scuote con violenza. Il suo volto si torce in un ghigno orribilmente sfigurato dalla maschera da teatro kabuki, poi prende dalla cintola un mazzo di chiavi. Ne avvicina una alla toppa della gabbia e fa scattare la serratura, senza però aprire la porticina.
«Ecco, ora sei libera.»
Moriko rimane immobile, sul fondo della gabbia.
«Che c’è? Vuoi rimanere lì? Vattene pure.»
«No, tu… stai giocando a qualcosa. Vuoi che esca, per poi prendermi alle spalle. Per violentarmi.»
«Cazzate, se avessi voluto violentarti l’avrei già fatto. Vedi, se tu riesci a uscire da qui, ho intenzione di scusarmi con te e lasciarti andare per la tua strada… prima di farti qualcosa di irreparabile. Ma non ci riuscirai. Li vedi questi?» Lorenzo alza il dito, e indica alcune striscioline di pergamena incollate sulla catena che sorregge la gabbia. Sono decorate con una scrittura fitta, tratteggiata con inchiostro rosso.
«Fogli… di preghiera?»
«Quasi. Sono incantamenti che fanno sì che nulla, ad eccezione di mani mortali, possa aprire le porte di questa gabbia. Se sei veramente cosa penso… non uscirai da qui.»
Moriko rimane immobile e abbassa lo sguardo, iniziando a dondolare con la testa.
«E va bene, continua pure la commedia. Forse sei veramente spaventata da me… ma non credo di sbagliarmi, non questa volta.»
Lorenzo le da le spalle e si dirige verso l’unica uscita della stanza. Lancia un’ultima occhiata a Moriko prima di andarsene e chiuderla all’interno.
Subito, le mani di Moriko scattano in avanti e iniziano ad armeggiare con il meccanismo della serratura, ma qualcosa non funziona. Prima che le sue dita possano toccare la chiusura a scatto, scivolano perdendo la presa. La ragazza ci riprova qualche volta, inutilmente. Rilancia un’occhiata alle pergamene sopra di lei, fa fuoriuscire una mano dalle sbarre per afferrarle, ma anche queste sono protette dall’incantamento.
«Cazzo. Mi ha fregata» pensa Moriko, la hatoita-onna.

4.

“Asseconda la tua natura, seduci gli uomini, falli tuoi schiavi per poi divorare i loro cuori ancora pulsanti. Ma stai attenta, perché non tutti, nel mondo dei mortali, sono nostre prede. La catena alimentare non è una piramide, ma una ruota, e i cacciatori vivono pochi centimetri sopra di noi.”
“Mamma, ma se devo rischiare così tanto per divorare qualche cuore, allora perché farlo? Possiamo vivere senza, e lo sai.”
“Mangeresti riso e berresti acqua per un’intera vita, come un monaco? No, noi divoratrici siamo qualcosa di più di questo.”
“Ma il rischio è grande e io ho paura!”
“E io che ho sacrificato così tanto per crescerti ed educarti! Tua sorella sarà sempre molto più in gamba di te! Lei, alla tua età, aveva già ucciso due umani. Vuoi forse essere da meno?”
“Non voglio essere come mia sorella…”

Mentre continua ad armeggiare inutilmente con la serratura incantata, Moriko si perde nei ricordi, poi scuote la testa tentando di scacciarli.
Pensare al passato, ai miei errori, non mi salverà da questa situazione. Forse se avessi accettato la mia natura avrei imparato a riconoscere i cacciatori… invece eccomi qui, alla mercé di questo pazzo. Come ha fatto a scoprirmi? Non ho mai commesso errori, non sono mai nemmeno andata a trovare i miei parenti da quando…
Ma è inutile rimuginare su cosa potrebbe essere accaduto. Moriko decide di agire. Inizia a scuotere la gabbia, sperando che il soffitto di cemento ceda a furia di strattoni, ma capisce dopo poco che non funzionerà. Si toglie allora uno stivaletto, cerca di colpire il meccanismo della porta, ma anche questa soluzione non la porta a nessun risultato. Niente, ad eccezione di mani mortali, può toccare quella serratura.
Dopo qualche altro tentativo, la speranza la abbandona con un gemito che fuoriesce involontariamente dalla sua bocca.
Niente, ad eccezione di mani mortali.
Moriko guarda il cadavere della ragazza nella gabbia accanto alla sua, e pensa che farà la sua stessa fine dopo giorni di tremenda agonia.
Mani mortali.
Moriko chiude gli occhi, una lacrima le solca il viso.
Mani.
Moriko capisce. I suoi occhi si spalancano, colmi di risolutezza. La ragazza striscia e si appiattisce sulle sbarre laterali della sua gabbia. Allunga la mano e raggiunge l’altra senza fatica. Afferra un braccio del cadavere e inizia a tirarlo verso di sé. Questo passa facilmente tra le sbarre, ma non raggiunge la porta della gabbia di Moriko – è troppo corto, e il resto del corpo è bloccato nell’altra gabbia.
«Cazzo. Mi tocca. Mi tocca proprio.»
Il volto di Moriko si contrae, poi i suoi occhi si rivoltano, diventando bianchi. Le delicate guance del volto si spaccano ai lati della bocca, rivelando una fauce colossale, mentre denti sottili e acuminati, simili a quelli di un pesce abissale, fuoriescono dalla gengiva, aprendosi la strada tra un dente umano e l’altro.
Moriko fa scattare le mandibole, e con un unico morso trancia di netto il magro braccio del cadavere. Dal moncherino quasi non fuoriesce sangue, solo un fetore rivoltante.
La hatoita-onna spinge la mano mutilata contro la porta della sua gabbia. Basta una lieve pressione, e questa si spalanca con un cigolio. La ragazza sguscia fuori, il suo volto trasfigurato si ricompone in fattezze umane.
Senza guardarsi indietro, corre verso la porta e la spalanca. Dall’altro lato, un lungo corridoio con il soffitto percorso da tubature. In fondo, uno spiraglio di luce. La libertà.
Moriko avanza, quando un’ombra si staglia tra lei e l’uscita.
Lorenzo.
«Cosa… come hai fatto a uscire?»
«Il cancello… l’ho solo aperto» risponde lei, intimorita.
Lui porta la mano alla cintura, dove una wakizashi di pregevole fattura fa bella mostra di sé.
«Ti prego! Hai detto che mi avresti lasciato andare.»
«Io… possibile che abbia commesso un altro errore?»
«Te l’ho detto, non so cosa stavi cercando da me, ma ti prego, non uccidermi!» lo supplica Moriko.
«Ma non c’era altro modo perché tu uscissi di lì… io… ho sbagliato» dice Lorenzo, e inizia ad avanzare lentamente. Moriko assume un’espressione terrorizzata poi si accascia piangendo.
Questa volta è una recita, ma Lorenzo non può saperlo. Il cacciatore avanza verso di lei, fino ad arrivare a meno di un metro.
«Io… ti prego, perdonami. Non volevo farti del male. Io voglio solo proteggervi dai most…»
Moriko scatta in piedi e afferra le braccia di Lorenzo, strattonandole con violenza e bloccando qualsiasi suo tentativo di afferrare l’arma. Il suo volto trasmuta di nuovo, mentre una lingua oscena, rossa e lunghissima, fuoriesce dalle fauci e si infila a forza nella bocca del cacciatore. La lingua di Moriko gli sfonda la trachea, scava attraverso il suo torace e si avvinghia intorno al cuore ancora vitale del ragazzo.
Con un suono simile allo strapparsi di un asciugamano bagnato, la hatoita-onna estrae l’organo di Lorenzo dal petto e lo risucchia, dilaniandolo con i denti a spillo.
Con un espressione orripilata sul volto kabuki, Lorenzo scivola a terra, morendo ancor prima di toccare il suolo.
«La mamma aveva ragione. È troppo buono per vivere senza!» esclama Moriko con voce innaturale.

5.

Moriko non andava davanti a quell’abitazione da molto tempo. Fa un lungo respiro per prendere coraggio e suona il campanello.
«Chi è?» risponde una voce femminile al citofono.
«Sono io… Moriko.»
Dopo qualche secondo di silenzio, la porta le viene aperta. Dall’altro lato, una ragazza molto somigliante a lei le fa un gran sorriso.
«Sorella! Che sorpresa! Non credevo che saresti mai venuta a trovarci!»
«Ciao, Akami. Com’è andato il tour?»
«Benissimo, è stata una gran figata! Ma entra, ti racconto tutto dopo! La mamma sarà davvero contenta di vederti.»



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Re: Mani mortali

Messaggio#2 » martedì 10 settembre 2019, 15:12

Chiedo tutti i bonus:

1) Inventa un mostro folkloristico (la hatoita-onna)
2) Inserire un piatto della tradizione culinaria locale (il katsu-kare)
3) Una battuta esilarante (l'unica presente, quella sui cinesi)

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Re: Mani mortali

Messaggio#3 » mercoledì 18 settembre 2019, 23:00

Ciao Maurizio, che dire? È sempre un piacere leggerti. Colgo anzi l’occasione per farti i complimenti: sei uno che sa come si tiene la penna in mano. A Stranimondi ti verrò a cercare, sappilo! Ma parliamo del racconto. La qualità di scrittura è ineccepibile, su quello davvero nulla da dire; anche la scelta del Giappone è ben giocata e onorata. Quanto al ritmo, invece, l’ho trovato un po’ altalenante. L’inizio è splendido: la gabbia domestica, la protagonista timida, ripiegata in se stessa, il “karaoke privato” e il sogno segreto di diventare idol accarezzano la femminilità orientale con grande sensibilità. Poi la magia si interrompe bruscamente: la scrittura è impeccabile, sia chiaro, ma l’intera sequenza del corteggiamento, la cena e la “battuta esilarante” mi hanno anestetizzato per un bel pezzo. Ho ritrovato la tensione solo in seguito, nella gabbia vera e propria, ma solo a sequenza inoltrata. Lì sei stato bravo: la caratterizzazione del mostro, la fuga e il risveglio della donna, che da preda diviene predatrice, il cacciatore e la maschera (cit. al Cardone, ma fatta tua alla grande) riscattano la tensione narrativa e conducono all’ottimo finale. Un ultimo appunto: il topos della donna imprigionata rischiava di essere un cliché... e così è stato, perché anche il racconto di Luca presenta la stessa situazione impossibile. Ritengo che, tra i due, tu te la sia cavata meglio: forse perché, anche quando il ritmo cala, la tua scrittura non molla l’osso.
Tema rispettato e bonus presenti... anche se la battuta sui cinesi, per tutte le ragioni di cui sopra, non mi ha strappato la risata. In bocca al lupo, ci vediamo a Stranimondi!

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Re: Mani mortali

Messaggio#4 » giovedì 19 settembre 2019, 10:09

Ciao Francesco, grazie mille per il commento.

Devo un attimo capire cosa possa averti scatenato il calo di interesse nel secondo capitoletto, forse il dialogo un po' troppo prolungato? In ogni caso, sono contento che tu abbia apprezzato il racconto.
Ci vediamo la domenica di Stranimondi, sarò in giro tutto il giorno :)

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Re: Mani mortali

Messaggio#5 » giovedì 19 settembre 2019, 15:56

Mah, anche un dialogo lungo, se ben giocato, può essere molto avvincente e fare storia a sé... Penso sia più dovuto alla natura di transizione di quel paragrafo, fin troppo evidente, e alla sua lentezza complessiva (nonostante la qualità delle descrizioni quartiere + cucina). Ma a parte questo aspetto, una buona prova. A presto!

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Re: Mani mortali

Messaggio#6 » sabato 21 settembre 2019, 19:21

Ciao, Maurizio e piacere di leggerti.
Non so, vecchio: trovo questo racconto parecchio sottotono rispetto ai precedenti. La prima parte, fino al momento in cui la protagonista viene drogata, è anche bel delineata, e devo ammettere che sei riuscito a rendere almeno discretamente "l'orientalità" della protagonista, senza che sembrasse qualcosa del tipo "Ok, metto dentro due informazioni che ho preso da un manga e da un documentario e ho fatto". Merito della tua scrittura, secondo me. Ma la seconda parte scivola nel banale. Lorenzo come cacciatore di mostri è ben poco credibile, soprattutto perché conosciamo ben poco di lui. Insomma, perché da la caccia alla hatoita-onna? Perché si dipinge una maschera kabuki sul volto? Perché ha scelto proprio Moriko? E la giustificazione "è un pazzo" regge solo fino a un certo punto, perché dimostra di agire in modo anche discretamente coerente e il fatto che si metta a parlare da solo suona fin troppo sforzato. Il finale è abbastanza telefonato, anche se devo dire che ho apprezzato sia la mutazione di Moriko che la scena dell'asportazione del cuore.

Nel complesso, un racconto mediocre, che sbiadisce davanti ai tuoi lavori precedenti. Insomma, chi ha sostituito Terry Pratchet con Christofer Paolini?? ;-)

Alla prossima

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Re: Mani mortali

Messaggio#7 » domenica 22 settembre 2019, 10:46

Grazie per il commento schietto, Agostino. Effettivamente non sono nemmeno io soddisfatto al 100% del risultato, mi è sembrato di essere costretto dal limite di caratteri.
Comunque la maschera da teatro kabuki è una citazione diretta a Italian Way of Cooking, in cui i cacciatori di mostri acquisiscono poteri sovrannaturali quando mascherano il loro volto.

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Re: Mani mortali

Messaggio#8 » lunedì 23 settembre 2019, 12:57

Ciao Maurizio, attesa rispettata. Leggerti è bello!
Io ti faccio i complimenti per l'atmosfera orientale che, nella mia ignoranza, risulta perfetta. Al punto di rendere normale l'isolamento della ragazza e da non farmi pensare a un isolamento forzato dalla sua condizione.
Per la seconda parte, fossi in te, lavorerei sul secondo paragrafo. Ci sono un paio di passaggi "poco eleganti" da correggere.
Sono una ronin» risponde lei, con la voce rotta dalla vergogna. Essere un ronin, uno studente fallito e senza un’occupazione, era considerato un disonore nella società giapponese. «Questo ti disturba?»

Da dove salta fuori la spiegazione? Ti stai rivolgendo direttamente al lettore? Porta avanti il dialogo e fallo spiegare a lui, come già fai dopo. Il lettore va considerato uno stupido a cui spiegare tutto, ma non bisogna esagerare.
Poi ci sono una serie di "dopo", "poi"… che possono inceppare la lettura. O meglio, che stonano rispetto alla fluidità del resto del testo.
Il parlato mi ha lasciato un po' perplesso, ma solo per un gusto personale. Tutto il gioco che fai sul nome Lorenzo è carino ma apre alla possibilità che lui possa sbagliare nello stesso modo alcune parole giapponesi, cosa che invece non succede.

Essendo il racconto molto valido ho cercato di farti le pulci. Nel complesso è un lavoro ottimo. Bravo!
Bonus: tutti presenti!

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Milena
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Re: Mani mortali

Messaggio#9 » lunedì 23 settembre 2019, 15:27

Ciao Maurizio, ben trovato!
Parto subito con il dire che ho apprezzato molto il tuo racconto; l’idea mi è sembrata originale e mi è piaciuto il fatto che la vicenda fosse ambientata in Giappone, una cultura su cui non sono troppo ferrata (se non per ricordi infantili e adolescenziali di anime vari) ma che mi affascina molto.
MI è piaciuta anche la caratterizzazione della protagonista, dalla quale traspare molto della vita antecedente la vicenda e soprattutto del conflitto insito in lei. Ho invece apprezzato meno il personaggio di Lorenzo; a parte che come cacciatore è un tantinello imbranato (sembrerebbe un autodidatta, che abbia imparato la delicata arte della caccia alla hatoita-onna cercando su forum in internet dal titolo "caccia for dummies"), ma non traspare alcuna motivazione, non sappiamo perché sia lì, cosa lo abbia spinto a cercare proprio Moriko e non per esempio la sua vicina di casa.
Ho trovato invece figherrima (passami il termine) la descrizione della trasformazione della hatoita-onna: le fauci che si aprono e le zanne che si infilano tra i denti umani... bella, davvero!
Ultima cosa, all'escamotage di usare le mani del cadavere per aprire la porta ero arrivata subito, quindi la parte della fuga è un po' prevedibile; ma te lo dico solo per farti un po' le pulci, perché comunque ti riprendi alla grande con la scena del "pasto", davvero bella e intensa (e oltretutto per come si è posto il ragazzotto, sinceramente qui faccio il tifo per il mostro!)

Per quanto riguarda i bonus, nessun dubbio per i primi due; sulla battuta esilarante ero un po' in dubbio, a me non ha fatto molto ridere... ma l'umorismo è anche questione di gusti, quindi ho deciso di passarti anche l'ultimo.

See you soon!

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maurizio.ferrero
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Re: Mani mortali

Messaggio#10 » mercoledì 25 settembre 2019, 8:42

ceranu ha scritto:Ciao Maurizio, attesa rispettata. Leggerti è bello!
Io ti faccio i complimenti per l'atmosfera orientale che, nella mia ignoranza, risulta perfetta. Al punto di rendere normale l'isolamento della ragazza e da non farmi pensare a un isolamento forzato dalla sua condizione.
Per la seconda parte, fossi in te, lavorerei sul secondo paragrafo. Ci sono un paio di passaggi "poco eleganti" da correggere.
Sono una ronin» risponde lei, con la voce rotta dalla vergogna. Essere un ronin, uno studente fallito e senza un’occupazione, era considerato un disonore nella società giapponese. «Questo ti disturba?»

Da dove salta fuori la spiegazione? Ti stai rivolgendo direttamente al lettore? Porta avanti il dialogo e fallo spiegare a lui, come già fai dopo. Il lettore va considerato uno stupido a cui spiegare tutto, ma non bisogna esagerare.
Poi ci sono una serie di "dopo", "poi"… che possono inceppare la lettura. O meglio, che stonano rispetto alla fluidità del resto del testo.
Il parlato mi ha lasciato un po' perplesso, ma solo per un gusto personale. Tutto il gioco che fai sul nome Lorenzo è carino ma apre alla possibilità che lui possa sbagliare nello stesso modo alcune parole giapponesi, cosa che invece non succede.

Essendo il racconto molto valido ho cercato di farti le pulci. Nel complesso è un lavoro ottimo. Bravo!
Bonus: tutti presenti!


Grazie del buon commento, Francesco. In effetti quella spiegazione suona un po' troppo forzata, credo che in una eventuale revisione lo renderò parte integrante del dialogo.

Per quanto riguarda il nome Lorenzo: il "gioco" funziona solo in una direzione, poiché i giapponesi utilizzano un alfabeto sillabico specifico per scrivere parole e nomi stranieri. Queste sillabe non sempre hanno una corrispondenza negli altri linguaggi (ad esempio i giapponesi non hanno la lettera L, quindi non esiste una sillaba per "Lo"), e in quel caso utilizzano la sillaba che più si avvicina come suono. Moriko pronuncia Lorenzo "Ro-re-n-tsu-o" perché queste sono le 5 sillabe con cui lo scriverebbe.

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maurizio.ferrero
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Re: Mani mortali

Messaggio#11 » mercoledì 25 settembre 2019, 8:44

Milena ha scritto:Ciao Maurizio, ben trovato!
Parto subito con il dire che ho apprezzato molto il tuo racconto; l’idea mi è sembrata originale e mi è piaciuto il fatto che la vicenda fosse ambientata in Giappone, una cultura su cui non sono troppo ferrata (se non per ricordi infantili e adolescenziali di anime vari) ma che mi affascina molto.
MI è piaciuta anche la caratterizzazione della protagonista, dalla quale traspare molto della vita antecedente la vicenda e soprattutto del conflitto insito in lei. Ho invece apprezzato meno il personaggio di Lorenzo; a parte che come cacciatore è un tantinello imbranato (sembrerebbe un autodidatta, che abbia imparato la delicata arte della caccia alla hatoita-onna cercando su forum in internet dal titolo "caccia for dummies"), ma non traspare alcuna motivazione, non sappiamo perché sia lì, cosa lo abbia spinto a cercare proprio Moriko e non per esempio la sua vicina di casa.
Ho trovato invece figherrima (passami il termine) la descrizione della trasformazione della hatoita-onna: le fauci che si aprono e le zanne che si infilano tra i denti umani... bella, davvero!
Ultima cosa, all'escamotage di usare le mani del cadavere per aprire la porta ero arrivata subito, quindi la parte della fuga è un po' prevedibile; ma te lo dico solo per farti un po' le pulci, perché comunque ti riprendi alla grande con la scena del "pasto", davvero bella e intensa (e oltretutto per come si è posto il ragazzotto, sinceramente qui faccio il tifo per il mostro!)

Per quanto riguarda i bonus, nessun dubbio per i primi due; sulla battuta esilarante ero un po' in dubbio, a me non ha fatto molto ridere... ma l'umorismo è anche questione di gusti, quindi ho deciso di passarti anche l'ultimo.

See you soon!


Grazie Milena. Nemmeno io sono particolarmente soddisfatto della caratterizzazione di Lorenzo, ma lo spazio è stato tiranno e ho dovuto tagliare un paio di cose che lo riguardavano.

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