Strani vicini - di Alessandro Pinto
Inviato: martedì 17 settembre 2019, 0:24
Quando arrivarono, con quella loro automobile lunga lunga, fecero un gran rumore. Avevamo già sopportato il caos della ristrutturazione: muratori stranieri che gridavano in una lingua incomprensibile.
I nostri nuovi vicini entrarono nella loro nuova casa litigando.
La casa in questione era un bel villino accanto al nostro. Due piani, tetto rosso spiovente, pareti color panna, portoncino blindato.
Litigavano per il prato: lei voleva erba e fiori, lui:
- Una bella gettata di cemento, semplice, pulita, così ci posso fare manutenzione all’auto.-
Risultato: il prato era una distesa di erbacce e materiale edile lasciato dai muratori.
Mia moglie preparò il dolce per il benvenuto e, a sera, lo portò, ancora caldo, davanti al portoncino: suonò il campanello. La signora aprì. Io ero sotto il portico della mia casa e guardavo la scena. Però mia moglie rimaneva stranamente ferma. Dopo di che il portoncino si richiuse e mia moglie, con il fagotto del dolce, tornò a casa:
- Beh, abbiamo il dolce per la colazione, domani - disse con un mezzo sorriso.
- Che cosa ti ha detto?- chiesi.
- Che loro sono salutisti e non mangiano dolci, che il benvenuto potevamo risparmiarcelo, e che quello non era proprio il momento adatto.
Non era stato molto bello da parte loro aver trattato così mia moglie, perciò decisi che qualcosa dovevo fare.
Scesi i tre scalini del mio portico, percorsi il mio vialetto d’ingresso accanto alla siepe delle rose, uscii in strada, arrivai davanti al portoncino blindato.
Che ci faranno di un portoncino blindato qui? Saranno 20 anni che nessuno qui ruba più in casa. Mah!, pensai.
Suonai il campanello, venne lui ad aprire. Non avevo fatto caso a quanto fosse alto: mi superava di almeno tutta la testa.
- Dica!
- Penso che, dato che siamo vicini, sia importante che tra noi ci siano buone relazioni, potremmo avere l’uno bisogno dell’altro, mia moglie voleva instaurare un avvio di dialogo e non mi sembra bello come sua moglie l’abbia trattata.
Il gigante rimase qualche attimo a pensare, poi:
- Lei ha ragione, ma vede mia moglie non è molto socievole, da quando siamo qui non fa che smaniare per tornare giù dalle nostre parti, io invece mi ci trovo bene, trovo che ci sia molta affinità tra i vostri concittadini e i nostri: tutti molto cattivi. Chiedo scusa se sua moglie si è offesa.
Il gigante, evidentemente, non voleva offenderci e, riconosciuto di essere stati poco corretti all’inizio, tentava di porvi rimedio. Mi guardò e poi disse:
- Perché non entra? Così ci facciamo una birra tra uomini, vedrà che con noi l’equivoco verrà risolto.
Così, guardando il mio ospite sorridente, entrai, il portoncino fu chiuso alle mie spalle ma quello che vidi me lo fece dimenticare.
Ero entrato in una specie di grotta, era enorme, buia, non riuscivo a vedere le pareti dall’altra parte, inoltre, in effetti, ero sul ciglio di un abisso nerissimo, tentai di vederne il fondo ma non riuscii, allora alzai lo sguardo e sopra di me il tetto era lontanissimo e nel mezzo volteggiavano strane creature con la testa umana ma il corpo di pipistrello che emettevano strani suoni simili a quelli che avevo udito dai muratori durante la ristrutturazione.
Mi voltai verso il mio ospite, aveva subito una trasformazione pazzesca: la sua pelle era diventata rosso fuoco, dietro le spalle erano comparse delle enormi ali senza alcuna piuma, il suo viso era diventato orrendo con dei vermi che attraversavano le guance e entravano e uscivano dalla bocca orrida, le mani avevano delle lunghe dita con delle lunghissime unghie, le gambe erano diventate come quelle di una capra. E rideva!
Tentai di fuggire ma il portoncino era chiuso, allora mi girai dall’altra parte e... orrore: dall’abisso era salita, librandosi sulle proprie ali, la moglie del mio ospite, in tutto simile al marito, se non per le sembianze femminili. Anche lei rideva!
Sentii una spinta, tentai di aggrapparmi a qualcosa, anche alla coda della signora, ma non riuscii e caddi nell’abisso, una caduta lunghissima, nel buio più totale.
E’ l’ultima cosa che ricordo del mio passato umano.
Ora volteggio sotto il tetto della mia nuova casa.
I nostri nuovi vicini entrarono nella loro nuova casa litigando.
La casa in questione era un bel villino accanto al nostro. Due piani, tetto rosso spiovente, pareti color panna, portoncino blindato.
Litigavano per il prato: lei voleva erba e fiori, lui:
- Una bella gettata di cemento, semplice, pulita, così ci posso fare manutenzione all’auto.-
Risultato: il prato era una distesa di erbacce e materiale edile lasciato dai muratori.
Mia moglie preparò il dolce per il benvenuto e, a sera, lo portò, ancora caldo, davanti al portoncino: suonò il campanello. La signora aprì. Io ero sotto il portico della mia casa e guardavo la scena. Però mia moglie rimaneva stranamente ferma. Dopo di che il portoncino si richiuse e mia moglie, con il fagotto del dolce, tornò a casa:
- Beh, abbiamo il dolce per la colazione, domani - disse con un mezzo sorriso.
- Che cosa ti ha detto?- chiesi.
- Che loro sono salutisti e non mangiano dolci, che il benvenuto potevamo risparmiarcelo, e che quello non era proprio il momento adatto.
Non era stato molto bello da parte loro aver trattato così mia moglie, perciò decisi che qualcosa dovevo fare.
Scesi i tre scalini del mio portico, percorsi il mio vialetto d’ingresso accanto alla siepe delle rose, uscii in strada, arrivai davanti al portoncino blindato.
Che ci faranno di un portoncino blindato qui? Saranno 20 anni che nessuno qui ruba più in casa. Mah!, pensai.
Suonai il campanello, venne lui ad aprire. Non avevo fatto caso a quanto fosse alto: mi superava di almeno tutta la testa.
- Dica!
- Penso che, dato che siamo vicini, sia importante che tra noi ci siano buone relazioni, potremmo avere l’uno bisogno dell’altro, mia moglie voleva instaurare un avvio di dialogo e non mi sembra bello come sua moglie l’abbia trattata.
Il gigante rimase qualche attimo a pensare, poi:
- Lei ha ragione, ma vede mia moglie non è molto socievole, da quando siamo qui non fa che smaniare per tornare giù dalle nostre parti, io invece mi ci trovo bene, trovo che ci sia molta affinità tra i vostri concittadini e i nostri: tutti molto cattivi. Chiedo scusa se sua moglie si è offesa.
Il gigante, evidentemente, non voleva offenderci e, riconosciuto di essere stati poco corretti all’inizio, tentava di porvi rimedio. Mi guardò e poi disse:
- Perché non entra? Così ci facciamo una birra tra uomini, vedrà che con noi l’equivoco verrà risolto.
Così, guardando il mio ospite sorridente, entrai, il portoncino fu chiuso alle mie spalle ma quello che vidi me lo fece dimenticare.
Ero entrato in una specie di grotta, era enorme, buia, non riuscivo a vedere le pareti dall’altra parte, inoltre, in effetti, ero sul ciglio di un abisso nerissimo, tentai di vederne il fondo ma non riuscii, allora alzai lo sguardo e sopra di me il tetto era lontanissimo e nel mezzo volteggiavano strane creature con la testa umana ma il corpo di pipistrello che emettevano strani suoni simili a quelli che avevo udito dai muratori durante la ristrutturazione.
Mi voltai verso il mio ospite, aveva subito una trasformazione pazzesca: la sua pelle era diventata rosso fuoco, dietro le spalle erano comparse delle enormi ali senza alcuna piuma, il suo viso era diventato orrendo con dei vermi che attraversavano le guance e entravano e uscivano dalla bocca orrida, le mani avevano delle lunghe dita con delle lunghissime unghie, le gambe erano diventate come quelle di una capra. E rideva!
Tentai di fuggire ma il portoncino era chiuso, allora mi girai dall’altra parte e... orrore: dall’abisso era salita, librandosi sulle proprie ali, la moglie del mio ospite, in tutto simile al marito, se non per le sembianze femminili. Anche lei rideva!
Sentii una spinta, tentai di aggrapparmi a qualcosa, anche alla coda della signora, ma non riuscii e caddi nell’abisso, una caduta lunghissima, nel buio più totale.
E’ l’ultima cosa che ricordo del mio passato umano.
Ora volteggio sotto il tetto della mia nuova casa.