Stramonium horribile

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo novembre sveleremo il tema deciso da Lorenzo Sartori. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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roberto.masini
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Stramonium horribile

Messaggio#1 » domenica 17 novembre 2019, 11:40

Prologo. La notte di San Lorenzo di quell'anno, il 12 agosto 2020, fu particolarmente fantastica: anche i più distratti videro numerose scie argentee solcare il cielo di Alessandria, la mia città, quella che i detrattori chiamano una città grigia e gli scrittori dell’horror misteriosa, immersa nella nebbia. Ma, come è ovvio, la nebbia non c’è d’estate.
Astronomi dilettanti riuniti sulle colline vicine calcolarono un numero di più di cento meteore tra le undici e mezzanotte. Io mi trovavo sul balcone del mio appartamento. Avevo appena finito di rivedere la puntata di Ai confini della realtà intitolata Chi è il vero marziano; amavo particolarmente la scena finale del marziano con tre braccia che cerca invano di spaventare il barista, non sapendo di aver a che fare con un venusiano il cui terzo cocchio era nascosto dalla bustina, calata sulla fronte.
Ecco là una stella cadente! E un’altra ancora! Sembrava cadessero addirittura nel vicino viale che conduce al cimitero. E poi in alcuni parti accanto agli argini che costeggiano il fiume Bormida, sempre a un chilometro da casa mia. L’unico cruccio era l’assenza di mia moglie e di mia figlia che erano al mare: mi schernivano sempre perché il numero delle stelle cadenti che vedevo io era di gran lunga inferiore ai loro avvistamenti! E io, invece, quella notte ne avevo viste tantissime.

Le mummie alessandrine. La settimana dal 17 al 23 agosto cominciarono le sparizioni: due donne, un uomo e un bambino. Le forze dell’ordine si concentrarono soprattutto sul bambino che, contrariamente agli altri, non poteva essersi allontanato volontariamente da casa. Si sospettava un rapimento.
Ero stato tutta la settimana a Camogli con i miei ma la domenica ero ritornato a casa e stavo godendomi una cena sontuosa che mia moglie avrebbe definito invernale. Avevo iniziato con un antipasto a base di vitello tonnato tiepido; avevo proseguito con un piatto di rabaton* [Il nome di questi gnocchi di forma allungata, a base di spinaci ed erbette, con salvia, rosmarino e ricotta, cotte in brodo caldo e poi passate in forno, deriva dal verbo rabater, che in dialetto significa rotolare. Questa curiosa origine si spiega col fatto che per conferire ai Rabaton la caratteristica forma allungata, sono fatti rotolare sulla spianatoia infarinata.*]. Stavo per affondare la forchetta nel brasato al barolo, quando squillò il cellulare.
«Pronto, dottore? Sono Galli.»
«Mi dica, capitano!»
«Abbiamo ritrovato il bambino!»
«Dove?»
«In prossimità dell’argine che costeggia la cascina Pezzano!»
«Vengo subito!»
Mi precipitai dopo pochi minuti nel luogo indicato che distava da casa mia circa due chilometri.
Io sono l’anatomopatologo dell’ospedale di Alessandria; mi chiamo Ernesto Cellerino ed esercito la professione da vent'anni. Quello che vidi quel giorno non lo scordai mai più. Riverso alla base della scarpata, in mezzo a un gruppo di grandi fiori bianchi, c’era il corpo mummificato di un bambino. Dai tessuti biancastri e secchi potei arguire che si trattava di un cadavere privo di sangue e di tutti gli altri liquidi, completamente disidratato. Ma dov'era finito tutto il sangue? Non ce n’era traccia intorno al corpo. Forse l’operazione di mummificazione era avvenuta altrove.
Sul tavolo autoptico mi stavo martellando le labbra con il pugno chiuso. Il corpo mummificato mi procurò uno strano brivido; ero abituato ormai da molto tempo a sezionare cadaveri ma non mi ero mai trovato davanti a una mummificazione.
La prima operazione fu, come sempre, uno sguardo generale al corpo del bambino. Incominciai a registrare:
«Autopsia di Claudio Robotti di anni 9. 24 agosto 2020, ore 11.49. Il corpo del bambino si presenta biancastro e con la pelle dall'aspetto pergamenacea e durissima al tatto; non ci sono escoriazioni, tumefazioni o altri traumi cutanei che facciano pensare a oggetti contundenti che abbiano causato emorragie interne. Non ci sono punture di ago né inconsuete colorazioni della cute e ipostasi cadaveriche che suffraghino l’ipotesi di un avvelenamento. Ho accostato il naso alla bocca socchiusa del bambino ma non ho percepito odori particolari. Ho esaminato l’algor mortis con esame rettale; il termometro misura una temperatura di 29°, ipotesi che farebbe risalire la morte a non più di dieci ore prima, il che risulta improbabile. Passo all'esame interno. Dopo il taglio a “Y” sulla cassa toracica, ho tagliato nervi e costole in modo tale da raggiungere gli organi interni da rimuovere, sezionare e pesare. L’operazione è durata più a lungo del previsto perché né bisturi né coltelli sono stati in grado d’incidere la pelle. Ho dovuto utilizzare una sega vibrante. Una volta operato a fatica il taglio, ho scoperto che il cadavere era completamente privo di liquidi organici: né sangue, né liquor, nulla! Ho pesato tutti gli organi interni principali: cuore, polmoni, stomaco, fegato, cistifellea, cervello e ossa. Tutte pesano 1,6180380 mg; sono in sostanza senza peso. Non esiste spiegazione scientifica per questa totale disidratazione!»

In settembre in piena notte furono trovati, nelle campagne circostanti, i corpi scomparsi delle due donne e dell’uomo. Erano tutti mummificati e le autopsie che praticai mi diedero gli stessi inconcepibili risultati che avevo ottenuto con quella sul bambino. Quando dico gli stessi inconcepibili risultati, voglio proprio affermare che la loro pelle era biancastra, incartapecorita, durissima da tagliare; che la temperatura interna era di 29° e il peso degli organi interni era di 1,61803 mg.
A ottobre sparirono altre tre donne che gli inquirenti non riuscirono a trovare, anche se le campagne intorno ad Alessandria furono perlustrate minuziosamente.

Morire tra le rose. A fine ottobre accadde qualcosa d’insolito che diede una svolta alle indagini. Lungo il viale che porta al cimitero fu ritrovata una ragazza. Al mattino presto di quella domenica, Gloria Santi stava facendo jogging, quando qualcosa l’aveva attratta; si era avvicinata al centro della strada, dove si snodava un roseto che il vecchio sindaco aveva fatto piantare per accattivarsi l'elettorato. Qui, poche ore dopo, l’aveva trovata Giovanni Bianco, un pensionato che stava portando a spasso il cane; il corpo era mummificato, bianchissimo e privo di sangue come gli altri cadaveri che l’avevano preceduta in quei mesi.
Esaminai con cura anche il corpo della povera ragazza. Non trovai nulla di diverso tranne alcuni fori sulla guancia e su un braccio, probabilmente provocati dalla spina di una rosa.
Tornai sul viale e colsi dall'aiuola le rose schiacciate dalla ragazza e alcune altre vicine intatte.
Le analizzai nel mio laboratorio. Erano rose provenienti dalla Moldavia di color rosso, rosa e giallo, con gambo lungo e grosse spine. I fori nel corpo della ragazza erano compatibili con quelle grosse spine ma nessun frammento avevo rilevato all’interno. Feci esami tossicologici su quei fiori che non mi portarono a niente.
Non sapevo che fare.

Mentre i corpi delle altre ragazze non si trovavano, decisi di rileggere tutti i miei appunti su quegli strani cadaveri, dal ritrovamento all'autopsia. E fu così che mi accorsi di un particolare che mi era sfuggito. I corpi del bambino, delle due donne e dell’uomo, ritrovati in campagna si trovavano in mezzo a grandi fiori bianchi. Decisi di tornare sul viale per vedere se ce n’erano anche nell'aiuola dove era stata trovata senza vita Gloria Santi.
Era notte quando raggiunsi il viale che conduceva al cimitero. Con l’aiuto di una torcia tra le rose scorsi alcuni fiori bianchi, screziati di rosso, di forma tubolare, chiusi; mi sembravano quelli dello stramonio comune, una pianta a fiore, appartenente alla famiglia delle Solanacee, volgarmente detta erba del diavolo o noce spinosa. È una pianta velenosa a causa dell'elevata concentrazione di potenti alcaloidi, in particolare la scopolamina, presenti in tutta la pianta e soprattutto nei semi. Le foglie di grandi dimensioni con margine dentato e frastagliato erano proprio quelle dello stramonio. Ma i fiori di questa pianta sono impollinati dalle farfalle notturne perché si aprono solo di notte e invece quelli erano chiusi. Cosa ancor più strana era la presenza di frutti, capsule globose della grandezza di una noce e irte di spine (da qui il nome di noce spinosa).Erano forse quelle e non le spine delle rose che si erano conficcate nel corpo di quella ragazza. Scavai con un rastrello fino a raggiungere la radice a fittone, asportai tutto e lo infilai in un contenitore di plastica che avevo portato con me. Analoga operazione feci con un'altra pianta che si trovava lungo l’argine dove era stato ritrovato il bambino. Mentre stavo risalendo la scarpata, la torcia illuminò qualcosa di luccicante. Mi chinai e raccolsi un microscopico frammento che mi sembrava roccia.
Portai tutto nel mio laboratorio, dove preparai due terrari in vetro, chiusi da tutti i lati con un coperchio bucherellato. Riposi il frammento di roccia in una teca. Alle tre di notte decisi che potevo andare a dormire.

Il Vampiro Vegetale. La mattina dopo mi svegliai e mi precipitai nel laboratorio. I fiori bianchi erano sbocciati e accanto a loro c’erano molti frutti. Infilai in uno dei fori del coperchio una cannula con la quale cercai di spostare una grande foglia sotto la quale c’era un fiore. Non appena lo toccai, una noce spinosa esplose contro la parete di vetro una serie incredibile di spine. Alcune fuoriuscirono dai fori del coperchio ma per fortuna (come scoprii dopo!) non mi colpirono. Le raccolsi con estrema cautela e iniziai a esaminarle. Mi aspettavo di trovare i suoi peculiari alcaloidi allucinogeni, quali la scopolamina e l’atropina, che ne hanno fatto una pianta usata per scopi terapeutici nei rituali magico-spirituali dagli sciamani di molte tribù indiane e che in Europa le hanno procurato il nome di erba del diavolo o delle streghe.
Invece estrassi qualcosa di sconosciuto la cui formula chimica era assurda: pareva appunto una commistione tra beta-carbolinalcaloidi e morfina, che non reagiva con materie inorganiche, mentre disidratava completamente quelle organiche.
La stessa esplosione di spine avvenne quando toccai, con maggior cautela, i fiori dell’altro terrario. Decisi di aspettare la notte. In effetti, la pianta dormiva e quindi potei esaminare fiori, foglie, spine e semi racchiusi nella noce. Tutte contenevano quella strana sostanza che nemmeno lo spettrometro di massa, utilizzato in seguito, riusciva a riconoscere.
Passai a esaminare il frammento di roccia che avevo quasi dimenticato. Come avevo sospettato, si trattava di un frammento di meteorite. Anzi, per la precisione, si trattava di una condrite carbonacea. Rilevai tracce d’acqua, carbonio, alluminio, calcio, sostanze organiche e amminoacidi..
La notte successiva furono ritrovati i corpi delle tre ragazze scomparse. Erano tutte mummificate in mezzo ai fiori dell’erba del diavolo.
Decisi di fare un esperimento, utilizzando una cavia che abbandonai nel terrario a tarda sera. Una telecamera riprese, secondo dopo secondo, tutto ciò che accadde. Di notte nulla con la cavia addormentata. Di giorno lo spettacolo più incredibile a cui avevo assistito. La cavia si avvicinò, forse per rosicchiare una foglia. Non appena sfiorò un fiore, dalla noce spinosa furono lanciate spine che, colpito il porcellino d’India, lo lasciarono irrigidito. A quel punto il frutto, dal quale erano partite le spine, si piegò sull'animale e incominciò a succhiarlo, aumentando di volume. Quando la noce assunse le dimensioni di un pallone da calcio, si staccò dalla cavia, rimpicciolì e contemporaneamente spuntò un altro fiore bianco screziato di rosso.
Provai a ritoccare i fiori ma non provocai alcuna reazione. Chiaramente la pianta era sazia e inattiva! Così scoprii come mai chi aveva raccolto i cadaveri in pieno giorno non era stato colpito dalle spine.
Era ormai evidente a me che quella era una pianta arrivata dallo spazio profondo con le meteore di San Lorenzo e doveva essere distrutta prima che provocasse altre morti.
La mia relazione, nella quale appariva chiaro il comportamento della pianta aliena che reagiva solo di giorno, se venivano sfiorati i suoi fiori e quindi veniva consigliato di raccoglierli solo di notte, non convinse il comandante dei carabinieri. Neppure il video inviato al questore portò a una presa d’atto. Gli inquirenti avevano deciso che si trattasse semplicemente di una specie di pianta carnivora non ancora classificata.
Quando però il botanico, venuto da Roma a raccogliere la pianta in pieno giorno, dopo aver sfiorato un fiore, fu colpito da una spina e morì, allora si decise che la pianta doveva essere distrutta.
Peccato che la pianta fosse indistruttibile. Ci provarono con il fuoco, con il ghiaccio, con ogni tipo di acido. Tagliata a pezzettini di notte, ricresceva come se fosse stata un verme. Bombe e napalm non riuscirono a scalfirla. Qualche astronomo formulò finalmente la mia stessa ipotesi della natura aliena della pianta.

“Il caso è il solo sovrano legittimo dell’universo.” (Balzac). Mentre tutti i migliori botanici del mondo, isolati i luoghi intorno ad Alessandria dove si trovava quello che avevano definito stramonium horribile, facevano esperimenti per trovare l’elemento che l’avrebbe distrutto, anch'io cercavo di trovare una soluzione. Ripensando a un vecchio film di fantascienza intitolato La meteora infernale che veniva distrutta non da un acido ma dall'acqua salata, provai a utilizzare non acidi ma conservanti a partire proprio dall'acqua. Sulle mie due piante riversai in sequenza zucchero, benzoato di sodio, nitrito di sodio, biossido di zolfo, sorbato di potassio, solfato di rame e di zinco e infine formaldeide. Non successe nulla, nemmeno la più piccola reazione.
Frustrato dagli insuccessi, mi abbandonai a una sana bevuta. Avevo una bottiglia di Barolo del 2006 che decisi di scolare completamente. A metà ero già completamente brillo e in quelle precarie condizioni mentali, di fronte alle due erbe del diavolo che occhieggiavano dai terrari, ebbi una reazione inconsulta. Scagliai la bottiglia contro uno di questi sui quali avevo di nuovo collocato un coperchio bucherellato. Il vino colò sulla pianta e i fiori cominciarono a sfrigolare e a decomporsi insieme alle foglie e alle noci spinose.
“Certo!” pensai, “Deve essere stato l’etanolo, un alcol che conserva. La mia intuizione è stata giusta!”
Versai altro vino sull'altra pianta in preda a una gioia incredibile che mi fece urlare parole sconnesse, mentre dai terrari fuoriusciva del fumo biancastro che mi avvolse tutto; sapeva di menta.

Epilogo. Oggi 17 novembre 2028 sto raccontando questa tremenda avventura ai miei nipoti. Mi prendono per mano e mi fanno sedere sull'altalena del giardino e e poi aspettano che io cominci. Quando ho finito, mi riaccompagnano dentro casa; non lo fanno perché sono vecchio e stanco ma perché sono diventato cieco. Quella nube biancastra mentolata mi ha reso cieco. Nonostante tutto, da quel giorno, dopo aver avuto onorificenze in tutti gli stati, ho girato il mondo per raccontare che qualcosa al di là del nostro sistema solare esiste ed è pericoloso.
Anche se sono cieco, ogni giorno alzo gli occhi al cielo perché solo io so che il rischio che abbiamo corso potrebbe ripresentarsi, anche se nessuno potrebbe credermi. Quando ero avvolto da quel fumo, fui raggiunto da qualcosa che potrei definire un messaggio telepatico che diceva:
«Abbiamo mandato queste nostre sorelle per sondare la vostra razza ma voi li avete distrutte. Quindi un giorno partiremo noi da Zorc il nostro pianeta, che si trova nella costellazione che voi chiamate di Andromeda, e allora la vendetta calerà su tutti voi!»
Ultima modifica di roberto.masini il venerdì 13 dicembre 2019, 18:46, modificato 2 volte in totale.



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Re: Stramonium horribilis

Messaggio#2 » domenica 17 novembre 2019, 11:40

I bonus sono tutti presenti!

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Andrea Lauro
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Re: Stramonium horribilis

Messaggio#3 » mercoledì 20 novembre 2019, 7:54

Ciao Roberto, il tuo racconto è molto dettagliato, molto preciso… troppo, secondo me.
L’idea sotto è buona ed originale (a partire dall’alieno non antropomorfo): proprio per questo motivo credo potesse essere meglio sviluppata, eliminando spiegoni che alla lunga hanno tolto piacere alla lettura. Un’indagine vive di dettagli, è vero, però qui ce ne sono troppi. Ad esempio, perché raccontare di essere un anatomopatologo, quando poco dopo ci mostri di saper fare un’autopsia? Show, don’t tell!
Secondo me se tu sfrondassi (abbondantemente) il testo ed aggiungessi qualche dialogo in più potresti rendere davvero interessante questo racconto.
Nota sul finale telepatico: l'avrei evitato, ai fini della storia. L’alieno non è antropomorfo, quindi lascerei il mistero sulla sua origine. Il vero colpo di scena è che lui rimane cieco, mi sembra sia quello il dettaglio da tenere a mente a fine storia.
Bonus: OK tutti e tre.

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Milena
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Re: Stramonium horribilis

Messaggio#4 » giovedì 21 novembre 2019, 12:10

Ciao Roberto!
Ti dico subito una cosa. Di solito non amo particolarmente i racconti con pochi (o addirittura senza) dialoghi; ma ho letto il tuo con piacere. Ho soprattutto apprezzato la padronanza del linguaggio tecnico e specifico che hai utilizzato; credo tu sia un esperto in materia, vista la competenza dimostrata; e se non lo sei e hai inventato, complimenti per la verosimiglianza! La storia è originale, con gli alieni che per una volta non sono esseri più o meno antropomorfi ma piante senzienti. MI è piaciuto molto il finale (non quello con il messaggio telepatico, quello forse è un “di più” che potevi anche tralasciare, ma sono gusti personali), con l’accecamento dell’unica persona che aveva “visto” la verità; ha un che di romantico, non so se voluto o meno.
Una pecca che però ti devo far notare si ricollega a quanto ti ho detto all’inizio, vale a dire la mancanza quasi totale di dialogo: il difficile, in questo tipo di scelta stilistica, è riuscire comunque a mostrare anziché spiegare. Con i dialoghi è più semplice, si possono dare informazioni su eventi antecedenti tramite le parole dei personaggi; nel tuo caso ci sono molte parti in cui spieghi anziché mostrare, e per quanto la storia sia avvincente quelle parti tendono a diventare un po’ pesanti.
Detto questo, però, ho davvero apprezzato la storia. Bonus tutti rispettati.
A presto!

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Luca Nesler
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Re: Stramonium horribilis

Messaggio#5 » domenica 24 novembre 2019, 13:36

Ciao Roberto. Mi unisco a chi ti ha fatto i complimenti per la scelta di un alieno non antropomorfo. L'alieno vegetale è un'ottima idea. Anche la scelta di un personaggio investigatore mi è piaciuta e si è allontanata dal solito. L'assenza di dialoghi e di personaggi pesa un po' sulla lettura. E per la trama, una volta riscontrata la natura vegetale dell'alieno, tutto diventa abbastanza scontato. Eccetto il finale che è davvero un ottima riscossa narrativa. Sul messaggio telepatico anch'io penso che non sia il caso di inserirlo, anche perché è troppo letterale. Forse un messaggio che fosse unicamente una sensazione o l'avvertire un'emozione di qualcuno con cui si è in un'inconsapevole connessione, avrebbe funzionato di più ricordando la natura altra dell'alieno.
Mi hai stupito con certi dettagli tecnici. Ottimo lavoro!
Un buon racconto, ma migliorabile.

Vorrei tornare a dire di più (magari fuori dai tempi del contest).

Bonus presenti tutti e tre.

andyvox
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Re: Stramonium horribilis

Messaggio#6 » giovedì 28 novembre 2019, 9:08

Ciao Roberto,

idea del racconto molto bella e notevole maestria nel render conto dei dettagli tecnici, mi piace molto questo tipo di fantascienza così fondato su basi scientifiche. Mi unisco a quanto detto dagli altri: se riscritto con più parti dialogate può diventare davvero un gioiello. Sul finale, anche io come già detto eviterei il messaggio troppo esplicito e lascerei aleggiare un tono più misterioso, facendo solo intuire la minaccia che potrebbe tornare a colpire il nostro pianeta. Bonus tutti presenti, credo che ti sia sfuggito un "terzo cocchio" al posto di "terzo occhio" proprio nelle prime righe.
A presto!
Andrea Pozzali

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