In ritardo. Come sempre.
Inviato: lunedì 16 dicembre 2019, 22:06
In ritardo. Come sempre.
- Accelera! Accelera, cazzo!
- Sono già a tavoletta!
La vecchia Punto traballa lungo la Litoranea di Salerno. Il motore, non abituato alla velocità insolita, emette un muggito poderoso.
- L’appuntamento era venti minuti fa, accidenti a te! Ci stai facendo fare una figura di merda!
- Fanculo, King! Non è colpa mia se abbiamo sbagliato l’incrocio di Battipaglia. Eri tu che dovevi indicarmi la strada!
Il mio amico si toglie di bocca lo stecco di liquirizia e soffoca un’imprecazione.
– E l’ho fatto! Sei tu che non sei in grado di interpretare un semplice “gira a destra”. Solo un imbecille potrebbe avrebbe potuto sbagliare.
- Mi stai dando dell’imbecille?
- No, sto solo dicendo che avrei potuto farmela a piedi. Tanto ci avrei impiegato lo stesso tempo!
I fanali illuminano la strada vuota. Siamo gli unici nel raggio di almeno due chilometri.
Il muggito del motore aumenta d’intensità.
- Forse saremmo anche potuti arrivare in orario, se solo tu non fossi partito in ritardo da casa.
- Ti ho già detto che ho avuto dei problemi…
- Tu i problemi ce li hai da quando sei nato, Austin. Devi avere qualche tara genetica che ti obbliga ad arrivare sempre in ritardo, qualunque cosa tu faccia.
- Ma non dire stronzate.
- No, no, dico sul serio: dovresti farti studiare da uno bravo, così magari potrebbero dare il tuo nome a questa malattia. “Morbo di Austin, il male che fa arrivare in ritardo gli uomini” – si ferma un istante. – Ma sei impazzito? Perché stai rallentando.
- Non sono io che rallento. È il motore che sta perdendo giri.
È solo in quel momento che entrambi ci rendiamo conto che il motore ha smesso di muggire. E che dal cofano ha cominciato ad uscire una nuvola di fumo decisamente preoccupante.
Io e King ci guardiamo in faccia in silenzio. Poi lo diciamo assieme.
- Porca puttana!
***
- Quindi?
- Beh, il motore non funziona.
- Brillante deduzione, Watson. Non venirmi anche a dire che l’acqua è bagnata.
- Spiritoso – borbotto io, chiudendo il cofano. – Non ho idea di quale sia il problema: lo sai benissimo che non ci capisco niente di macchine.
- Eccellente.
- Tu, piuttosto? Preso qualcosa da quel locale?
- Duecento metri a piedi e quindici euri ben spesi – dice sollevando una busta di carta. – Birra e camogli per due.
- Ma lo sai che sono astemio…
- Non ho mai detto che le birre fossero per te.
Senza tante cerimonie, King si siede sul cofano e comincia a scartare la sua focaccina.
- Pare proprio che ci perderemo la prima di “Star Wars Episodio XV: Dart Fener conquista Mordor” – sospiro. –Ho chiamato Sharran. Gli ho detto che non riusciremo ad arrivare al cinema.
- Come l’ha presa?
- Mi ha maledetto, augurandomi quindici anni di castità forzata.
- Tipico.
Mi siedo accanto a lui e scarto a mia volta il camogli. Senza dir nulla, King pigia qualche tasto sul cellulare. Nell’aria si diffonde la musica di “Rotta per casa di zio” dei Gem Boy.
- Ehi.
-Si?
- Scusa se prima ti ho quasi dato dell’imbecille.
- Scuse accettate – rispondo io. – Ma, se è un approccio per provare a limonare, ti avviso che non attacca.
- Sei una testa di cazzo.
-Anche tu, vecchio. Anche tu.
Alziamo in silenzio le bottiglie (la sua di birra, la mia d’acqua) e brindiamo.
di Agostino Langellotti.
(un grazie particolare al buon King, che mi sta revisionando il racconto e che lo certifica come storia quasi vera).
- Accelera! Accelera, cazzo!
- Sono già a tavoletta!
La vecchia Punto traballa lungo la Litoranea di Salerno. Il motore, non abituato alla velocità insolita, emette un muggito poderoso.
- L’appuntamento era venti minuti fa, accidenti a te! Ci stai facendo fare una figura di merda!
- Fanculo, King! Non è colpa mia se abbiamo sbagliato l’incrocio di Battipaglia. Eri tu che dovevi indicarmi la strada!
Il mio amico si toglie di bocca lo stecco di liquirizia e soffoca un’imprecazione.
– E l’ho fatto! Sei tu che non sei in grado di interpretare un semplice “gira a destra”. Solo un imbecille potrebbe avrebbe potuto sbagliare.
- Mi stai dando dell’imbecille?
- No, sto solo dicendo che avrei potuto farmela a piedi. Tanto ci avrei impiegato lo stesso tempo!
I fanali illuminano la strada vuota. Siamo gli unici nel raggio di almeno due chilometri.
Il muggito del motore aumenta d’intensità.
- Forse saremmo anche potuti arrivare in orario, se solo tu non fossi partito in ritardo da casa.
- Ti ho già detto che ho avuto dei problemi…
- Tu i problemi ce li hai da quando sei nato, Austin. Devi avere qualche tara genetica che ti obbliga ad arrivare sempre in ritardo, qualunque cosa tu faccia.
- Ma non dire stronzate.
- No, no, dico sul serio: dovresti farti studiare da uno bravo, così magari potrebbero dare il tuo nome a questa malattia. “Morbo di Austin, il male che fa arrivare in ritardo gli uomini” – si ferma un istante. – Ma sei impazzito? Perché stai rallentando.
- Non sono io che rallento. È il motore che sta perdendo giri.
È solo in quel momento che entrambi ci rendiamo conto che il motore ha smesso di muggire. E che dal cofano ha cominciato ad uscire una nuvola di fumo decisamente preoccupante.
Io e King ci guardiamo in faccia in silenzio. Poi lo diciamo assieme.
- Porca puttana!
***
- Quindi?
- Beh, il motore non funziona.
- Brillante deduzione, Watson. Non venirmi anche a dire che l’acqua è bagnata.
- Spiritoso – borbotto io, chiudendo il cofano. – Non ho idea di quale sia il problema: lo sai benissimo che non ci capisco niente di macchine.
- Eccellente.
- Tu, piuttosto? Preso qualcosa da quel locale?
- Duecento metri a piedi e quindici euri ben spesi – dice sollevando una busta di carta. – Birra e camogli per due.
- Ma lo sai che sono astemio…
- Non ho mai detto che le birre fossero per te.
Senza tante cerimonie, King si siede sul cofano e comincia a scartare la sua focaccina.
- Pare proprio che ci perderemo la prima di “Star Wars Episodio XV: Dart Fener conquista Mordor” – sospiro. –Ho chiamato Sharran. Gli ho detto che non riusciremo ad arrivare al cinema.
- Come l’ha presa?
- Mi ha maledetto, augurandomi quindici anni di castità forzata.
- Tipico.
Mi siedo accanto a lui e scarto a mia volta il camogli. Senza dir nulla, King pigia qualche tasto sul cellulare. Nell’aria si diffonde la musica di “Rotta per casa di zio” dei Gem Boy.
- Ehi.
-Si?
- Scusa se prima ti ho quasi dato dell’imbecille.
- Scuse accettate – rispondo io. – Ma, se è un approccio per provare a limonare, ti avviso che non attacca.
- Sei una testa di cazzo.
-Anche tu, vecchio. Anche tu.
Alziamo in silenzio le bottiglie (la sua di birra, la mia d’acqua) e brindiamo.
di Agostino Langellotti.
(un grazie particolare al buon King, che mi sta revisionando il racconto e che lo certifica come storia quasi vera).