Into the Ocean
Inviato: lunedì 16 dicembre 2019, 23:34
«Le onde potrebbero arrivare a cinque metri.»
«Smettila Mat! Devi essere positivo sennò non puoi essere un pescatore. Siamo molto vicini al nostro obiettivo, me lo sento!»
«Questa aragosta è un maschio ed è piccola. La ributto.» Mat lancia l’ennesima aragosta, sono più quelle rigettate in mare che quelle nelle vasche della stiva.
La marea è ancora alta. Le onde sballottano il peschereccio incuranti degli uomini sopra.
«Abbiamo solo poche ore e ne abbiamo prese solo un centinaio. Non ce la faremo mai, perderemo anche questo cliente.»
La voce di Mat si fa più bassa, come se lo volesse dire solo a sé.
Le nasse sono pronte per una nuova gettata. “Kevin non si arrende. Non si arrende neppure di fronte all’evidenza” pensa Mat, “quando ha un obiettivo, neanche la rabbia dell’oceano può fermarlo”. Dalla cabina di comando, Kevin osserva l’ecoscandaglio in cerca di nuove rocce.
«Adesso! Getta la nassa!»
Mat sente il comando ed esegue, ormai senza speranza. Il cliente avrebbe aspettato fino alle quindici, non un minuto di più e ne voleva almeno trecento. In cinque ore solo centosei, cosa di poco valore.
«Getta!»
E con movimenti meccanici Mat esegue. Le onde, sempre più alte, tentano di fargli perdere l’equilibrio, cosa alquanto difficile per lui. Conosce ogni angolo della Norman Sea, sa come sorreggersi e, nel caso, dove aggrapparsi.
«Bene, direi che è ora di tirarne su alcune.» Kevin è uscito, si sporge dalla paratia e osserva soddisfatto le varie boe seminate e sparse nel raggio di un miglio.
«Invidio la tua sicurezza. Quando va bene ne prendiamo duecentocinquanta in un giorno, e tu oggi, con questo mare, pretendi di superare le trecento in sole sette ore.»
«Ce la faremo. È il nostro lavoro, non ci rimane altro. Abbiamo mutui da pagare. Lo dobbiamo a noi, alle nostre famiglie. Non possiamo arrenderci.»
«Cominciamo a tirare su.»
Sono le quattordici. Il vento si è acquietato e le acque cominciano a placarsi. Mat vede risalire per la trentesima o quarantesima volta una delle sue nasse. Vuota, anche questa. La Norman Sea si avvicina a quella dopo. Due aragoste!
“Forza, dai” gli dice lo sguardo positivo di Kevin. Apre la terza e non crede ai suoi occhi: cinque aragoste insieme a un bel polpo. Lo toglie subito e lo getta a terra con rabbia. Alza la prima aragosta e, come temeva, il polpo le ha portato via due zampe. “Cazzo”. Anche le altre hanno subito dei danni.
«Mat, Mat, vieni qui! Guarda!» gli urla Kevin con uno strano tono.
L’uomo si avvicina. “Tanto, peggio di così”.
«Guarda! Hai mai visto una cosa del genere?» Kevin alza l’aragosta, una mega aragosta. «Solo questa vale cinquecento dollari! E non è finita, ce n’è un’altra uguale!»
Mat rimane senza parole. Tira su col naso poi se lo struscia mentre espira. Guarda l’orologio.
«Lasciamo le altre nasse, torneremo domani a prenderle. Andiamo al porto. Presto.»
E finalmente Mat sorride.
Paola Rossini
«Smettila Mat! Devi essere positivo sennò non puoi essere un pescatore. Siamo molto vicini al nostro obiettivo, me lo sento!»
«Questa aragosta è un maschio ed è piccola. La ributto.» Mat lancia l’ennesima aragosta, sono più quelle rigettate in mare che quelle nelle vasche della stiva.
La marea è ancora alta. Le onde sballottano il peschereccio incuranti degli uomini sopra.
«Abbiamo solo poche ore e ne abbiamo prese solo un centinaio. Non ce la faremo mai, perderemo anche questo cliente.»
La voce di Mat si fa più bassa, come se lo volesse dire solo a sé.
Le nasse sono pronte per una nuova gettata. “Kevin non si arrende. Non si arrende neppure di fronte all’evidenza” pensa Mat, “quando ha un obiettivo, neanche la rabbia dell’oceano può fermarlo”. Dalla cabina di comando, Kevin osserva l’ecoscandaglio in cerca di nuove rocce.
«Adesso! Getta la nassa!»
Mat sente il comando ed esegue, ormai senza speranza. Il cliente avrebbe aspettato fino alle quindici, non un minuto di più e ne voleva almeno trecento. In cinque ore solo centosei, cosa di poco valore.
«Getta!»
E con movimenti meccanici Mat esegue. Le onde, sempre più alte, tentano di fargli perdere l’equilibrio, cosa alquanto difficile per lui. Conosce ogni angolo della Norman Sea, sa come sorreggersi e, nel caso, dove aggrapparsi.
«Bene, direi che è ora di tirarne su alcune.» Kevin è uscito, si sporge dalla paratia e osserva soddisfatto le varie boe seminate e sparse nel raggio di un miglio.
«Invidio la tua sicurezza. Quando va bene ne prendiamo duecentocinquanta in un giorno, e tu oggi, con questo mare, pretendi di superare le trecento in sole sette ore.»
«Ce la faremo. È il nostro lavoro, non ci rimane altro. Abbiamo mutui da pagare. Lo dobbiamo a noi, alle nostre famiglie. Non possiamo arrenderci.»
«Cominciamo a tirare su.»
Sono le quattordici. Il vento si è acquietato e le acque cominciano a placarsi. Mat vede risalire per la trentesima o quarantesima volta una delle sue nasse. Vuota, anche questa. La Norman Sea si avvicina a quella dopo. Due aragoste!
“Forza, dai” gli dice lo sguardo positivo di Kevin. Apre la terza e non crede ai suoi occhi: cinque aragoste insieme a un bel polpo. Lo toglie subito e lo getta a terra con rabbia. Alza la prima aragosta e, come temeva, il polpo le ha portato via due zampe. “Cazzo”. Anche le altre hanno subito dei danni.
«Mat, Mat, vieni qui! Guarda!» gli urla Kevin con uno strano tono.
L’uomo si avvicina. “Tanto, peggio di così”.
«Guarda! Hai mai visto una cosa del genere?» Kevin alza l’aragosta, una mega aragosta. «Solo questa vale cinquecento dollari! E non è finita, ce n’è un’altra uguale!»
Mat rimane senza parole. Tira su col naso poi se lo struscia mentre espira. Guarda l’orologio.
«Lasciamo le altre nasse, torneremo domani a prenderle. Andiamo al porto. Presto.»
E finalmente Mat sorride.
Paola Rossini