Diaspora
Inviato: mercoledì 22 gennaio 2020, 23:57
— Merda!
— Cosa c’è adesso? — Blue si voltò per capire quale nuovo evento avesse infastidito Red.
— È letterale. — Red era fermo poco passi più indietro intento a controllarsi gli stivali approfittando della fioca luce di un lampione a gas — Merda. Di cavallo suppongo.
Red cominciò a strisciare la suola sul selciato e sul palo di metallo, le decorazioni barocche stavano risultando molto efficienti nel ripulire il dorso dello stivale.
— Come hanno ottenuto il permesso di usare dei cavalli spargimerda poi devo farmelo spiegare. Una pozzanghera poco distante concluse l’operazione e Red raggiunse Blue, che non si era mosso da dove si era fermato e continuava a fissarlo in attesa. — Se provi a lasciar cadere per strada una nocciolina da noi ti arriva una notifica di sanzione del Controllo&Riciclo prima ancora che tocchi terra. — Allargò le braccia — Qui invece si possono permettere la latrina a cielo aperto.
— Ci sei voluto venire tu.
— Ho avuto una soffiata. L’hai verificata.
— Oh sì, è attendibile, ma sei tu quello ossessionato dalla faccenda di Violet, non io.
Gli occhi di Red si ridussero a due linee sottili — Ci ha tradito e se n’è andata.
— Non era obbligata a restare.
— Sei sempre stato troppo morbido con lei.
Blue fece spallucce e riprese a camminare.
***
Il dottor Calarme lesse la documentazione per la quarta volta.
Alla terza rilettura aveva creduto di aver individuato una falla, un appiglio per potersi opporre alla procedura.
Invece no, non c’erano scappatoie formali. L’unica soluzione sarebbe stata quella di prendersi un permesso per la settimana successiva.
Controllò i turni per verificare chi avrebbe dovuto sostituirlo: Mallory. Gli era sempre stato sul culo Mallory.
Con un rapido gesto fece sparire la tabella dei turni e la documentazione sul nuovo progetto di sperimentazione, la superficie traslucida della sua scrivania riflesse la sua immagine. Aveva fatto pace con se stesso tanti anni prima.
Sfiorò l’icona per comunicare con la segreteria — Janete, anticipo quel viaggio di cui avevamo parlato, ho bisogno di riposo. Per le prossime due settimane sarò via.
Due settimane: meglio abbondare.
***
Blue fissava l’animale legato alla staccionata che cercava di frustare dei piccoli insetti neri con la coda. Non li colpiva mai, scappavano sempre prima e tornavano a posarsi più o meno negli stessi punti. E il tutto si ripeteva.
— Mosche, — Red decise che era ora di andare avanti — quelle sono mosche. Sono però abbastanza certo che quel cavallo abbia qualcosa che non va.
— Perché non riesce a colpirle?
— No, credo di aver letto che avessero quattro zampe, non sei.
Blue fece di nuovo spallucce, abbassò lo sguardo e contò le zampe — E questo ti dimostra che leggere quella roba vecchia è solo una perdita di tempo. Clonarli con sei zampe deve essere più utile che senza apparato digerente.
Blue fece un cenno con la testa, indicando la fila di lampioni che costeggiavano la strada. — Credi forse che quelli funzionino davvero a gas?
— Ma non ha senso. Se vuoi vivere nel passato perché farlo così?
— Sei troppo idealista, non puoi dividere tutto in bianco e nero — sul suo volto si disegnò un sorriso sardonico — o in rosso e blu.
***
Il viaggio non era stato così rilassante come aveva pensato. Sua moglie non aveva fatto altro che lamentarsi per tutto il tempo della camera di albergo e di come il personale di servizio fosse stato al di sotto delle cinque stelle vantate dalla struttura.
Gli unici momenti di pace li aveva ottenuti durante i massaggi, anche se all’inizio aveva dovuto rifiutare più volte il servizio extra che le disinibite fisioterapiste consideravano incluso. Per quello le bastavano le stagiste in clinica. Era andato lì per rilassarsi, che diamine!
Quindi, quando si sedette di nuovo alla sua scrivania, il dottor Calarme non era nella condizione ideale per gestire la nota di Mallory intitolata “Diaspora”. La accantonò e decise che l’avrebbe controllata più tardi.
***
Red si ingobbì ancora un po’ quando sentì fischiare il proiettile sopra la sua testa. La schiena schiacciata contro un carretto che, a quanto pareva, non offriva tutta la protezione che aveva sperato. Guardò in direzione di Blue, lui aveva trovato riparo in un vicolo a una mezza dozzina di passi dalla sua posizione. Era inginocchiato, con una mano stringeva la coscia destra e con l’altra si batteva la testa fissandolo.
— Nessuno tocca la nostra Violet!
La voce maschile proveniva dall’alto, probabilmente da uno dei balconi o dal tetto di una delle basse case che li circondavano .
— Andatevene!
Il concetto venne ribadito da un nuovo sparo. Red sentì il legno dietro di lui esplodere, alcune schegge lacerarono il giubbotto e si piantarono nella spalla.
Represse un grugnito e si toccò il lobo destro, il comunicatore si accese e gli sparò una scarica di rumore bianco dritta nel cervello.
— Che cazzo è questo casino? — La sua voce gli tornava indietro con un fastidioso effetto eco metallico.
— TaATS — Le distorsioni rendevano Blue irriconoscibile, non avesse saputo che quello era un canale privato avrebbe… — Ora vogliamo levarci da qui? Intendi sparargli a quel tizio o aspettiamo che disintegri le ultime quattro assi del tuo carretto?
— TAT cosa? Quello che mi avevi detto prima di partire? Vabbé, me lo spieghi di nuovo dopo.
Red chiuse gli occhi, ignorò il pulsare ritmico della spalla e si concentrò sulle auree intorno a lui.
Scacciò dalla mente il blu che illuminava il vicolo e il rosso che bruciava nella sua posizione. Dietro di lui, a circa tre metri di altezza un fuoco grigiastro gli indicava la posizione del suo bersaglio.
— È da solo.
Estrasse la pistola e rotolò con una capriola fuori dal suo riparo. Sapeva dove sparare e premette il grilletto. Non si aspettava la detonazione e perse la concentrazione, il fuoco grigiastro si sbilanciò e cadde a terra acquisendo fattezze umane.
Red si alzò in piedi e si diresse incontro a Blue, che era uscito dalla protezione del vicolo e stava zoppicando verso la sua posizione.
— La tengo sempre in stordimento.
Blue lo fissò digrignando i denti e continuando a premere sulla ferita alla gamba.
— TaATS, Tecnologia ad Adattamento Tempo Storico. Non esistevano pistole stordenti in quest’epoca, la tua pistola funziona solo in modalità letale. Te l’ho spiegato quando mi hai detto che saremmo dovuti venire qui. — Si batté due dita dietro l’orecchio, sul comunicatore — e non c’erano radio senza rumore di statiche.
Blue prese ad esaminare la sua ferita, poi aprì una tasca del giubbotto e ne tirò fuori un paio di cerotti, ne diede uno a Red indicando la sua spalla — Speriamo che almeno il disinfettante ce l’avessero.
Blue si applicò il cerotto. Bruciava come fosse alcool e forse lo era diventato.
***
— Ah Dottore, — Janete si fermò sull’uscio e si girò verso il dottore che si stava refilando i pantaloni — il dottor Mallory mi ha chiesto se era riuscito a dare un’occhiata alla nota che le ha lasciato. Mi è sembrato preoccupato.
Il dottor Calarme interruppe l’operazione e fissò la segretaria, il suo periodo di stage era quasi finito, peccato, le due settimane che aveva preso di ferie non gli avevano permesso di goderne appieno — Sarà stata un’impressione, non si dia pena.
Uscì dalla stanza sorridendo e chiuse la porta.
Calarme richiamò la nota che aveva dimenticato.
***
— Il modo più veloce che hai per trovare Violet e leggere le auree. — Blue zoppicava e, in più di un’occasione, si era dovuto fermare per riprendere fiato. — Io ti rallento e rendo entrambi un bersaglio troppo facile. Se Violet ne ha altri di amici come l’ultimo…
Red strinse i pugni — Dobbiamo andarci assieme e poi le daremo quello che si è meritata.
— Senti Red, te lo ripeto, sei tu che ce l’hai a morte con Violet. A me non me ne frega niente. — Blue prese un lungo respiro e lo fissò negli occhi — Sono venuto perché credevo di riuscire a farti cambiare idea lungo la strada, ma adesso tu hai ammazzato uno di questi mentecatti a cui piace vivere cinquecento anni indietro rispetto al calendario e io ho forse un principio di cancrena perché i naniti che avrebbero dovuto disinfettare, sterilizzare e suturare una ferita si sono convertiti in whisky.
Blue si chinò afferrandosi la gamba — Leggi le auree, trovala e fai quello che vuoi. Io me ne torno indietro, attraverso il confine e mi cerco uno spacciatore di medicina moderna.
Red lo fissava attonito — Ma noi siamo una famiglia.
— Maledizione Red, noi siamo un fottuto esperimento. Non siamo una cazzo di famiglia.
***
A quanto pare dei cinque soggetti che erano stati sottoposti ai test preliminari solo uno era stato ritenuto idoneo dal dottor Mellory.
Il protocollo della Diaspora veniva usato di norma per la caratterizzazione neuronale dei cloni animali a partire da un unico elemento. Venivano introdotte leggere modifiche in modo da non avere esemplari caratterialmente identici, ma una popolazione variegata.
Applicare il protocollo all’uomo era proibito, ma la sua clinica voleva uscire sul mercato con una cura per i disturbi dissociativi dell’identità.
Mellory aveva estratto un soggetto la cui risposta ai test della prima settimana sulla tolleranza al mix di farmaci che sarebbero stati utilizzati era risultata incoraggiante. Il processo di Diaspora aveva avuto un successo parziale e delle cinque personalità manifestate dal soggetto, tre si erano radicate ed erano risultate vitali in altrettanti cloni del soggetto, due erano entrate in coma dopo poche ore.
I soggetti erano quindi stati passati a un nuovo reparto.
***
Red aveva difficoltà a concentrarsi. Tra loro era quello più portato alla visione delle auree. Era qualcosa di istintivo, Violet e Blue erano troppo logici, Violet meno, ma comunque aveva più affinità verso Blue. Questo lo mandava in bestia.
Gli era sembrato di vedere una macchia viola dietro a un angolo a paio di isolati di distanza da dove si era separato con Blue, però la visione era subito sparita. Il dolore alla spalla non era di aiuto.
— Avresti dovuto ascoltare il tuo amico.
Una mezza dozzina di uomini sbucò dai vicoli, circondandolo. Red sollevò la pistola ma un colpo di fucile gli spappolò il braccio all’altezza del gomito. Rovinò a terra urlando e afferrando il moncherino.
— Nessuno si porta via la nostra Violet.
— E poi devi pagare anche per Jim.
Il plotone di esecuzione scaricò.
***
— Il dottor Mallory non lavora più per noi e non ha fornito un nuovo recapito.
— Grazie tante Doris.
Il dottor Calarme rientrò nel suo ufficio dopo aver fatto un cenno alla nuova segretaria.
Giravano voci che il progetto Diaspora fosse stato abbandonato, aveva chiesto di poter vedere i tre soggetti, ma era riuscito a recuperare solo un paio di stampe, stralci di rapporti che non trovavano riscontro in alcun archivio informatico.
***
— Sei sicura che nessuno farà domande?
— Tranquillo, non è il primo cittadino di fuori che non capisce le regole della città.
Blue fissava Violet, seduta sul divano del bordello che gestiva.
— Sei sicura di voler restare in questa topaia?
Violet rise. In quel modo fastidioso che gli ricordava Red. — Mi ci trovo bene, e poi lo hai detto tu che dovevamo trovarci un posto dove stare. Il più possibile lontano da lui.
— Più lontani da tutti. Siamo stati insieme troppo tempo.
Blue si alzò, con calma, la ferita che si era autoinflitto nel vicolo non era profonda, ma il bendaggio di fortuna che gli aveva fatto Violet non gli ispirava fiducia.
— Allora ti saluto.
— Toglimi una curiosità, perché non te ne sei andato via e basta?
— Non ci avrebbe lasciato andare, lo sai, non lo avrebbe fatto. Lui era la personalità dominante.
— E tu quella senza pietà.
— I fratelli Green non ce l’hanno fatta. Forse se ci fossero stati anche loro le cose sarebbero andate diversamente. Forse loro avrebbero saputo gestire meglio Red.
— In quanti sanno che sono qui.
Blue aprì la porta — Tu ed io. — Sollevò il braccio in cenno di saluto e chiuse la porta.
— Troppi — Violet si alzò e si diresse verso una delle stanze interne — Occupatene tu — disse rivolgendosi alla stanza. Una grossa tenda si mosse.
***
— Signora Calarme, sono Doris, la segretaria di suo marito, mi dispiace doverla avvertire che c’è stato un incidente ed ora lo stanno portando in ospedale.
— Cosa c’è adesso? — Blue si voltò per capire quale nuovo evento avesse infastidito Red.
— È letterale. — Red era fermo poco passi più indietro intento a controllarsi gli stivali approfittando della fioca luce di un lampione a gas — Merda. Di cavallo suppongo.
Red cominciò a strisciare la suola sul selciato e sul palo di metallo, le decorazioni barocche stavano risultando molto efficienti nel ripulire il dorso dello stivale.
— Come hanno ottenuto il permesso di usare dei cavalli spargimerda poi devo farmelo spiegare. Una pozzanghera poco distante concluse l’operazione e Red raggiunse Blue, che non si era mosso da dove si era fermato e continuava a fissarlo in attesa. — Se provi a lasciar cadere per strada una nocciolina da noi ti arriva una notifica di sanzione del Controllo&Riciclo prima ancora che tocchi terra. — Allargò le braccia — Qui invece si possono permettere la latrina a cielo aperto.
— Ci sei voluto venire tu.
— Ho avuto una soffiata. L’hai verificata.
— Oh sì, è attendibile, ma sei tu quello ossessionato dalla faccenda di Violet, non io.
Gli occhi di Red si ridussero a due linee sottili — Ci ha tradito e se n’è andata.
— Non era obbligata a restare.
— Sei sempre stato troppo morbido con lei.
Blue fece spallucce e riprese a camminare.
***
Il dottor Calarme lesse la documentazione per la quarta volta.
Alla terza rilettura aveva creduto di aver individuato una falla, un appiglio per potersi opporre alla procedura.
Invece no, non c’erano scappatoie formali. L’unica soluzione sarebbe stata quella di prendersi un permesso per la settimana successiva.
Controllò i turni per verificare chi avrebbe dovuto sostituirlo: Mallory. Gli era sempre stato sul culo Mallory.
Con un rapido gesto fece sparire la tabella dei turni e la documentazione sul nuovo progetto di sperimentazione, la superficie traslucida della sua scrivania riflesse la sua immagine. Aveva fatto pace con se stesso tanti anni prima.
Sfiorò l’icona per comunicare con la segreteria — Janete, anticipo quel viaggio di cui avevamo parlato, ho bisogno di riposo. Per le prossime due settimane sarò via.
Due settimane: meglio abbondare.
***
Blue fissava l’animale legato alla staccionata che cercava di frustare dei piccoli insetti neri con la coda. Non li colpiva mai, scappavano sempre prima e tornavano a posarsi più o meno negli stessi punti. E il tutto si ripeteva.
— Mosche, — Red decise che era ora di andare avanti — quelle sono mosche. Sono però abbastanza certo che quel cavallo abbia qualcosa che non va.
— Perché non riesce a colpirle?
— No, credo di aver letto che avessero quattro zampe, non sei.
Blue fece di nuovo spallucce, abbassò lo sguardo e contò le zampe — E questo ti dimostra che leggere quella roba vecchia è solo una perdita di tempo. Clonarli con sei zampe deve essere più utile che senza apparato digerente.
Blue fece un cenno con la testa, indicando la fila di lampioni che costeggiavano la strada. — Credi forse che quelli funzionino davvero a gas?
— Ma non ha senso. Se vuoi vivere nel passato perché farlo così?
— Sei troppo idealista, non puoi dividere tutto in bianco e nero — sul suo volto si disegnò un sorriso sardonico — o in rosso e blu.
***
Il viaggio non era stato così rilassante come aveva pensato. Sua moglie non aveva fatto altro che lamentarsi per tutto il tempo della camera di albergo e di come il personale di servizio fosse stato al di sotto delle cinque stelle vantate dalla struttura.
Gli unici momenti di pace li aveva ottenuti durante i massaggi, anche se all’inizio aveva dovuto rifiutare più volte il servizio extra che le disinibite fisioterapiste consideravano incluso. Per quello le bastavano le stagiste in clinica. Era andato lì per rilassarsi, che diamine!
Quindi, quando si sedette di nuovo alla sua scrivania, il dottor Calarme non era nella condizione ideale per gestire la nota di Mallory intitolata “Diaspora”. La accantonò e decise che l’avrebbe controllata più tardi.
***
Red si ingobbì ancora un po’ quando sentì fischiare il proiettile sopra la sua testa. La schiena schiacciata contro un carretto che, a quanto pareva, non offriva tutta la protezione che aveva sperato. Guardò in direzione di Blue, lui aveva trovato riparo in un vicolo a una mezza dozzina di passi dalla sua posizione. Era inginocchiato, con una mano stringeva la coscia destra e con l’altra si batteva la testa fissandolo.
— Nessuno tocca la nostra Violet!
La voce maschile proveniva dall’alto, probabilmente da uno dei balconi o dal tetto di una delle basse case che li circondavano .
— Andatevene!
Il concetto venne ribadito da un nuovo sparo. Red sentì il legno dietro di lui esplodere, alcune schegge lacerarono il giubbotto e si piantarono nella spalla.
Represse un grugnito e si toccò il lobo destro, il comunicatore si accese e gli sparò una scarica di rumore bianco dritta nel cervello.
— Che cazzo è questo casino? — La sua voce gli tornava indietro con un fastidioso effetto eco metallico.
— TaATS — Le distorsioni rendevano Blue irriconoscibile, non avesse saputo che quello era un canale privato avrebbe… — Ora vogliamo levarci da qui? Intendi sparargli a quel tizio o aspettiamo che disintegri le ultime quattro assi del tuo carretto?
— TAT cosa? Quello che mi avevi detto prima di partire? Vabbé, me lo spieghi di nuovo dopo.
Red chiuse gli occhi, ignorò il pulsare ritmico della spalla e si concentrò sulle auree intorno a lui.
Scacciò dalla mente il blu che illuminava il vicolo e il rosso che bruciava nella sua posizione. Dietro di lui, a circa tre metri di altezza un fuoco grigiastro gli indicava la posizione del suo bersaglio.
— È da solo.
Estrasse la pistola e rotolò con una capriola fuori dal suo riparo. Sapeva dove sparare e premette il grilletto. Non si aspettava la detonazione e perse la concentrazione, il fuoco grigiastro si sbilanciò e cadde a terra acquisendo fattezze umane.
Red si alzò in piedi e si diresse incontro a Blue, che era uscito dalla protezione del vicolo e stava zoppicando verso la sua posizione.
— La tengo sempre in stordimento.
Blue lo fissò digrignando i denti e continuando a premere sulla ferita alla gamba.
— TaATS, Tecnologia ad Adattamento Tempo Storico. Non esistevano pistole stordenti in quest’epoca, la tua pistola funziona solo in modalità letale. Te l’ho spiegato quando mi hai detto che saremmo dovuti venire qui. — Si batté due dita dietro l’orecchio, sul comunicatore — e non c’erano radio senza rumore di statiche.
Blue prese ad esaminare la sua ferita, poi aprì una tasca del giubbotto e ne tirò fuori un paio di cerotti, ne diede uno a Red indicando la sua spalla — Speriamo che almeno il disinfettante ce l’avessero.
Blue si applicò il cerotto. Bruciava come fosse alcool e forse lo era diventato.
***
— Ah Dottore, — Janete si fermò sull’uscio e si girò verso il dottore che si stava refilando i pantaloni — il dottor Mallory mi ha chiesto se era riuscito a dare un’occhiata alla nota che le ha lasciato. Mi è sembrato preoccupato.
Il dottor Calarme interruppe l’operazione e fissò la segretaria, il suo periodo di stage era quasi finito, peccato, le due settimane che aveva preso di ferie non gli avevano permesso di goderne appieno — Sarà stata un’impressione, non si dia pena.
Uscì dalla stanza sorridendo e chiuse la porta.
Calarme richiamò la nota che aveva dimenticato.
***
— Il modo più veloce che hai per trovare Violet e leggere le auree. — Blue zoppicava e, in più di un’occasione, si era dovuto fermare per riprendere fiato. — Io ti rallento e rendo entrambi un bersaglio troppo facile. Se Violet ne ha altri di amici come l’ultimo…
Red strinse i pugni — Dobbiamo andarci assieme e poi le daremo quello che si è meritata.
— Senti Red, te lo ripeto, sei tu che ce l’hai a morte con Violet. A me non me ne frega niente. — Blue prese un lungo respiro e lo fissò negli occhi — Sono venuto perché credevo di riuscire a farti cambiare idea lungo la strada, ma adesso tu hai ammazzato uno di questi mentecatti a cui piace vivere cinquecento anni indietro rispetto al calendario e io ho forse un principio di cancrena perché i naniti che avrebbero dovuto disinfettare, sterilizzare e suturare una ferita si sono convertiti in whisky.
Blue si chinò afferrandosi la gamba — Leggi le auree, trovala e fai quello che vuoi. Io me ne torno indietro, attraverso il confine e mi cerco uno spacciatore di medicina moderna.
Red lo fissava attonito — Ma noi siamo una famiglia.
— Maledizione Red, noi siamo un fottuto esperimento. Non siamo una cazzo di famiglia.
***
A quanto pare dei cinque soggetti che erano stati sottoposti ai test preliminari solo uno era stato ritenuto idoneo dal dottor Mellory.
Il protocollo della Diaspora veniva usato di norma per la caratterizzazione neuronale dei cloni animali a partire da un unico elemento. Venivano introdotte leggere modifiche in modo da non avere esemplari caratterialmente identici, ma una popolazione variegata.
Applicare il protocollo all’uomo era proibito, ma la sua clinica voleva uscire sul mercato con una cura per i disturbi dissociativi dell’identità.
Mellory aveva estratto un soggetto la cui risposta ai test della prima settimana sulla tolleranza al mix di farmaci che sarebbero stati utilizzati era risultata incoraggiante. Il processo di Diaspora aveva avuto un successo parziale e delle cinque personalità manifestate dal soggetto, tre si erano radicate ed erano risultate vitali in altrettanti cloni del soggetto, due erano entrate in coma dopo poche ore.
I soggetti erano quindi stati passati a un nuovo reparto.
***
Red aveva difficoltà a concentrarsi. Tra loro era quello più portato alla visione delle auree. Era qualcosa di istintivo, Violet e Blue erano troppo logici, Violet meno, ma comunque aveva più affinità verso Blue. Questo lo mandava in bestia.
Gli era sembrato di vedere una macchia viola dietro a un angolo a paio di isolati di distanza da dove si era separato con Blue, però la visione era subito sparita. Il dolore alla spalla non era di aiuto.
— Avresti dovuto ascoltare il tuo amico.
Una mezza dozzina di uomini sbucò dai vicoli, circondandolo. Red sollevò la pistola ma un colpo di fucile gli spappolò il braccio all’altezza del gomito. Rovinò a terra urlando e afferrando il moncherino.
— Nessuno si porta via la nostra Violet.
— E poi devi pagare anche per Jim.
Il plotone di esecuzione scaricò.
***
— Il dottor Mallory non lavora più per noi e non ha fornito un nuovo recapito.
— Grazie tante Doris.
Il dottor Calarme rientrò nel suo ufficio dopo aver fatto un cenno alla nuova segretaria.
Giravano voci che il progetto Diaspora fosse stato abbandonato, aveva chiesto di poter vedere i tre soggetti, ma era riuscito a recuperare solo un paio di stampe, stralci di rapporti che non trovavano riscontro in alcun archivio informatico.
***
— Sei sicura che nessuno farà domande?
— Tranquillo, non è il primo cittadino di fuori che non capisce le regole della città.
Blue fissava Violet, seduta sul divano del bordello che gestiva.
— Sei sicura di voler restare in questa topaia?
Violet rise. In quel modo fastidioso che gli ricordava Red. — Mi ci trovo bene, e poi lo hai detto tu che dovevamo trovarci un posto dove stare. Il più possibile lontano da lui.
— Più lontani da tutti. Siamo stati insieme troppo tempo.
Blue si alzò, con calma, la ferita che si era autoinflitto nel vicolo non era profonda, ma il bendaggio di fortuna che gli aveva fatto Violet non gli ispirava fiducia.
— Allora ti saluto.
— Toglimi una curiosità, perché non te ne sei andato via e basta?
— Non ci avrebbe lasciato andare, lo sai, non lo avrebbe fatto. Lui era la personalità dominante.
— E tu quella senza pietà.
— I fratelli Green non ce l’hanno fatta. Forse se ci fossero stati anche loro le cose sarebbero andate diversamente. Forse loro avrebbero saputo gestire meglio Red.
— In quanti sanno che sono qui.
Blue aprì la porta — Tu ed io. — Sollevò il braccio in cenno di saluto e chiuse la porta.
— Troppi — Violet si alzò e si diresse verso una delle stanze interne — Occupatene tu — disse rivolgendosi alla stanza. Una grossa tenda si mosse.
***
— Signora Calarme, sono Doris, la segretaria di suo marito, mi dispiace doverla avvertire che c’è stato un incidente ed ora lo stanno portando in ospedale.