Il ballo
Inviato: martedì 21 gennaio 2020, 0:09
Mary Lou Fitzwater rilesse un’altra volta la lettera.
“Che Dio mi sia testimone, per le nove di sera sarò sotto la tua finestra, in groppa al mio fedele Radamante. Il ballo dei McKenzie ci vedrà danzare e cantare fino alle prime luci dell’alba.
Sarai la più bella di tutte, ne sono sicuro.
P.S.
Se la pioggia dovesse sorprendermi, non preoccuparti per eventuali ritardi.
Tuo, Bryan.”
Mary ripiegò la lettera ed appoggiò la fronte alla finestra percossa da milioni di gocce scagliate dall’alto.
Il riflesso sul vetro le restituivano un volto pallido, segnato dal malessere patito negli ultimi mesi.
“Mary Lou! Scordati quel ballo! Non riesci nemmeno a reggerti in piedi per più di dieci minuti!”
Sciocchezze, padre! Il mio Bryan mi sorreggerebbe ad ogni passo, cingendomi tra le sue braccia!
“Non essere sciocca, bambina! A malapena avresti le forze per salire su di una carrozza!”
Sei tu la sciocca, madre! Radamante è fidato e forte, degno portatore di un nome da re! Starò bene!
Lo sforzo di tenere botta alle proibizioni e ai rimproveri dei suoi nobili genitori, seppur provenienti dal passato, le diede un leggero capogiro.
Il camino della sua stanza ospitava una fiamma energica che, danzando, sembrò invitarla da lei per rinvigorirsi.
Mary si avvicinò alla fonte di calore, ben accorta di non avvicinarsi troppo e di intingere nel fuoco i lembi del suo vestito da sera.
Mary Lou ne amava ogni centimetro di stoffa, ma più di tutti adorava il suo colore: azzurro come le acque dei fiordi dai quali erano forse salpati gli antenati del suo moroso. Azzurro come gli occhi del suo Bryan.
Si sentì bene.
Talmente bene che abbozzò un passo di danza mentre tornava a guardare fuori dalla finestra dove però il picchiettare dell’acqua piovana non lasciava dubbi.
Bryan, la tua Mary ti aspetta, corri!
Scrutò l’orizzonte al di là dalle mura del castello, alla ricerca del suo adorato cavaliere al galoppo.
Vide solo tenebre, poi i suoi sensi cedettero.
Mary Lou Fitzwater riaprì gli occhi ed in un solo, risolutivo istante, riprese coscienza.
Si appoggiò al davanzale e guardò in alto.
Una falce bianca si stagliava nel cielo, libera da nubi. A distanza reverenziale da essa, una pletora di stelle brillava solenne.
Evviva!
Uscì dalla stanza senza nemmeno accorgersi di superare la porta e corse per i corridoi.
Scese la scalinata che portava all’androne, raggiunse l’ingresso e lo varcò.
Bryan non c’era ma vide ben altro.
Mary Lou vide carri senza cavalli muoversi, uomini e donne parlare in una lingua ignota.
Alcuni conversavano tra loro mentre altri fissavano e carezzavano strane sagome rettangolari e luminose strette in una mano.
Cercò conforto riguardando il suo bellissimo vestito. Lo era ancora, ma non vi era più traccia d’azzurro: era color ghiaia, anzi ERA la ghiaia. Vide attraverso il suo corpo il suolo formato da sassolini bianchi. Non aveva più i piedi.
Era stata molto male negli ultimi giorni ed era sciupata, ma ora non riusciva a distinguere dove finisse se stessa e dove cominciasse la realtà attorno a lei.
Si sentì incredibilmente leggera.
Insensibile.
Impalpabile.
Un attimo prima di svanire completamente, aveva guardato in alto e aveva chiesto aiuto alla luna e alle stelle. Non aveva ricevuto risposta.
Dario Cinti
“Che Dio mi sia testimone, per le nove di sera sarò sotto la tua finestra, in groppa al mio fedele Radamante. Il ballo dei McKenzie ci vedrà danzare e cantare fino alle prime luci dell’alba.
Sarai la più bella di tutte, ne sono sicuro.
P.S.
Se la pioggia dovesse sorprendermi, non preoccuparti per eventuali ritardi.
Tuo, Bryan.”
Mary ripiegò la lettera ed appoggiò la fronte alla finestra percossa da milioni di gocce scagliate dall’alto.
Il riflesso sul vetro le restituivano un volto pallido, segnato dal malessere patito negli ultimi mesi.
“Mary Lou! Scordati quel ballo! Non riesci nemmeno a reggerti in piedi per più di dieci minuti!”
Sciocchezze, padre! Il mio Bryan mi sorreggerebbe ad ogni passo, cingendomi tra le sue braccia!
“Non essere sciocca, bambina! A malapena avresti le forze per salire su di una carrozza!”
Sei tu la sciocca, madre! Radamante è fidato e forte, degno portatore di un nome da re! Starò bene!
Lo sforzo di tenere botta alle proibizioni e ai rimproveri dei suoi nobili genitori, seppur provenienti dal passato, le diede un leggero capogiro.
Il camino della sua stanza ospitava una fiamma energica che, danzando, sembrò invitarla da lei per rinvigorirsi.
Mary si avvicinò alla fonte di calore, ben accorta di non avvicinarsi troppo e di intingere nel fuoco i lembi del suo vestito da sera.
Mary Lou ne amava ogni centimetro di stoffa, ma più di tutti adorava il suo colore: azzurro come le acque dei fiordi dai quali erano forse salpati gli antenati del suo moroso. Azzurro come gli occhi del suo Bryan.
Si sentì bene.
Talmente bene che abbozzò un passo di danza mentre tornava a guardare fuori dalla finestra dove però il picchiettare dell’acqua piovana non lasciava dubbi.
Bryan, la tua Mary ti aspetta, corri!
Scrutò l’orizzonte al di là dalle mura del castello, alla ricerca del suo adorato cavaliere al galoppo.
Vide solo tenebre, poi i suoi sensi cedettero.
Mary Lou Fitzwater riaprì gli occhi ed in un solo, risolutivo istante, riprese coscienza.
Si appoggiò al davanzale e guardò in alto.
Una falce bianca si stagliava nel cielo, libera da nubi. A distanza reverenziale da essa, una pletora di stelle brillava solenne.
Evviva!
Uscì dalla stanza senza nemmeno accorgersi di superare la porta e corse per i corridoi.
Scese la scalinata che portava all’androne, raggiunse l’ingresso e lo varcò.
Bryan non c’era ma vide ben altro.
Mary Lou vide carri senza cavalli muoversi, uomini e donne parlare in una lingua ignota.
Alcuni conversavano tra loro mentre altri fissavano e carezzavano strane sagome rettangolari e luminose strette in una mano.
Cercò conforto riguardando il suo bellissimo vestito. Lo era ancora, ma non vi era più traccia d’azzurro: era color ghiaia, anzi ERA la ghiaia. Vide attraverso il suo corpo il suolo formato da sassolini bianchi. Non aveva più i piedi.
Era stata molto male negli ultimi giorni ed era sciupata, ma ora non riusciva a distinguere dove finisse se stessa e dove cominciasse la realtà attorno a lei.
Si sentì incredibilmente leggera.
Insensibile.
Impalpabile.
Un attimo prima di svanire completamente, aveva guardato in alto e aveva chiesto aiuto alla luna e alle stelle. Non aveva ricevuto risposta.
Dario Cinti