Erik
Inviato: martedì 21 gennaio 2020, 0:19
Erik
di Eugene Fitzherbert
«Li senti, Erik?» gli chiese il nonno. «Sono i Pastori che intonano i loro canti notturni alla Luna.»
«Dov’è la Luna?»
«Il giorno in cui sei nato. Prima è sparita la Luna è sparita ed è arrivata la pioggia. E presto spariranno anche i Pastori e i loro canti.»
Erik macinava sotto i piedi il terreno fangoso mentre l’acqua gli schiaffeggiava la faccia.
Due Fradici gli erano addosso, ne poteva sentire lo sguardo spiritato frutto dell’incessante battere della pioggia sulla loro testa, l’odore paludoso delle loro bocche gonfie di acqua.
Non poteva farsi prendere a due passi dalla meta.
«Sono deforme?»
«Figliolo, sei l’ultimo nato e il primo della tua specie. Sei il Figlio dell’Acqua.»
«E perché mi odiano?»
«Probabilmente è la pioggia che li sta cambiando. Da quando i Pastori sono spariti, tutto è peggiorato.»
«Torneranno?»
«Chissà. Che ne dici di cantare?»
Ed Erik intonò il canto notturno.
La pelle chitinosa di Erik luccicava sotto la pioggia, proteggendolo dall’acqua malata. Pensò di essere scampato, quando il suo piede si incastrò in una radice.
Alle sue spalle, le urla dei Fradici esplosero trionfanti.
Non poteva finire così, con un capitombolo a due passi dalla cima del Monte Ooth!
«Quest’acqua entra nella testa delle persone e le trasforma.»
«È successo anche a te, nonno?»
«Sì. Ora devo andare via. Per proteggerti.»
«Perché a me non succede niente?»
«Perché tu sei un Figlio dell’Acqua. La pioggia non può toccarti.»
«Nonno, si può fermare la pioggia?»
«Secondo la leggenda c’è un antro sacro sul Monte Ooth, dove si trova la soluzione a questa piaga. Va lì. Fa’ tornare la Luna e i Pastori!»
«Ma come?»
«Tu lo saprai.»
Erik si rimise in piedi. Doveva far tornare la Luna, doveva far cessare la pioggia. Doveva riascoltare i canti notturni dei Pastori.
Afferrò un sasso liscio e pesante e lo lanciò verso il primo dei Fradici. Purtroppo, la pioggia, il fondo scivoloso, la fretta, gli fecero mancare il bersaglio. E il Fradicio, i denti verdastri e limacciosi, gli fu addosso. «SEI MIO, FIGLIO DELL’ACQUA!»
Il Fradicio lo bloccò a terra ed Erik si accorse dell’entrata dell’Antro a pochi metri da lui.
Tentò di divincolarsi, quanto il suo nemico si accasciò su di lui.
L’altro Fradicio lo fissò, il sasso insanguinato in mano. «Figlio dell’acqua.» Articolò con voce roca. «Corri, prima che smetta di riconoscerti.»
Nonno!
Nell’antro.
«Chi sei?» Chiese Erik alla ragazzina che singhiozzava seduta al centro della grotta, in una pozzanghera delle sue stesse lacrime. Gli occhi erano afflitti da una mestizia da spezzare il cuore.
«Perché piangi?»
«Per il mondo. Per gli uomini! Mi ero stancata di vederli e mi sono nascosta qui a piangere.»
«Come ti chiami? Io sono Erik.»
«Io sono Luna.»
«Non sei spaventata dal mio aspetto?»
«Come posso essere spaventata da una persona con la tua voce ?»
E allora Erik capì.
Aprì la bocca e intonò il canto notturno dei Pastori.
Il battere incessante dell’acqua sulle rocce diminuì quando Luna si girò verso di lui: un barlume di sorriso le incurvava le labbra.
«E questa, amore mio, è la storia di Erik che ha salvato il mondo.»
«E poi?» Chiede la bambina.
«Luna e Erik si videro altre volte ed Erik continuò a intonare il canto notturno. Finalmente, si unirono anche i Pastori.»
«E Erik cosa ci guadagnò?»
L’uomo sorride. «Guadagnò la cosa più bella che potesse sognare. TE.»
di Eugene Fitzherbert
«Li senti, Erik?» gli chiese il nonno. «Sono i Pastori che intonano i loro canti notturni alla Luna.»
«Dov’è la Luna?»
«Il giorno in cui sei nato. Prima è sparita la Luna è sparita ed è arrivata la pioggia. E presto spariranno anche i Pastori e i loro canti.»
Erik macinava sotto i piedi il terreno fangoso mentre l’acqua gli schiaffeggiava la faccia.
Due Fradici gli erano addosso, ne poteva sentire lo sguardo spiritato frutto dell’incessante battere della pioggia sulla loro testa, l’odore paludoso delle loro bocche gonfie di acqua.
Non poteva farsi prendere a due passi dalla meta.
«Sono deforme?»
«Figliolo, sei l’ultimo nato e il primo della tua specie. Sei il Figlio dell’Acqua.»
«E perché mi odiano?»
«Probabilmente è la pioggia che li sta cambiando. Da quando i Pastori sono spariti, tutto è peggiorato.»
«Torneranno?»
«Chissà. Che ne dici di cantare?»
Ed Erik intonò il canto notturno.
La pelle chitinosa di Erik luccicava sotto la pioggia, proteggendolo dall’acqua malata. Pensò di essere scampato, quando il suo piede si incastrò in una radice.
Alle sue spalle, le urla dei Fradici esplosero trionfanti.
Non poteva finire così, con un capitombolo a due passi dalla cima del Monte Ooth!
«Quest’acqua entra nella testa delle persone e le trasforma.»
«È successo anche a te, nonno?»
«Sì. Ora devo andare via. Per proteggerti.»
«Perché a me non succede niente?»
«Perché tu sei un Figlio dell’Acqua. La pioggia non può toccarti.»
«Nonno, si può fermare la pioggia?»
«Secondo la leggenda c’è un antro sacro sul Monte Ooth, dove si trova la soluzione a questa piaga. Va lì. Fa’ tornare la Luna e i Pastori!»
«Ma come?»
«Tu lo saprai.»
Erik si rimise in piedi. Doveva far tornare la Luna, doveva far cessare la pioggia. Doveva riascoltare i canti notturni dei Pastori.
Afferrò un sasso liscio e pesante e lo lanciò verso il primo dei Fradici. Purtroppo, la pioggia, il fondo scivoloso, la fretta, gli fecero mancare il bersaglio. E il Fradicio, i denti verdastri e limacciosi, gli fu addosso. «SEI MIO, FIGLIO DELL’ACQUA!»
Il Fradicio lo bloccò a terra ed Erik si accorse dell’entrata dell’Antro a pochi metri da lui.
Tentò di divincolarsi, quanto il suo nemico si accasciò su di lui.
L’altro Fradicio lo fissò, il sasso insanguinato in mano. «Figlio dell’acqua.» Articolò con voce roca. «Corri, prima che smetta di riconoscerti.»
Nonno!
Nell’antro.
«Chi sei?» Chiese Erik alla ragazzina che singhiozzava seduta al centro della grotta, in una pozzanghera delle sue stesse lacrime. Gli occhi erano afflitti da una mestizia da spezzare il cuore.
«Perché piangi?»
«Per il mondo. Per gli uomini! Mi ero stancata di vederli e mi sono nascosta qui a piangere.»
«Come ti chiami? Io sono Erik.»
«Io sono Luna.»
«Non sei spaventata dal mio aspetto?»
«Come posso essere spaventata da una persona con la tua voce ?»
E allora Erik capì.
Aprì la bocca e intonò il canto notturno dei Pastori.
Il battere incessante dell’acqua sulle rocce diminuì quando Luna si girò verso di lui: un barlume di sorriso le incurvava le labbra.
«E questa, amore mio, è la storia di Erik che ha salvato il mondo.»
«E poi?» Chiede la bambina.
«Luna e Erik si videro altre volte ed Erik continuò a intonare il canto notturno. Finalmente, si unirono anche i Pastori.»
«E Erik cosa ci guadagnò?»
L’uomo sorride. «Guadagnò la cosa più bella che potesse sognare. TE.»