L'Idra e l'Avvoltoio
Inviato: venerdì 13 marzo 2020, 22:05
L’idra e l’avvoltoio
La pioggia rende il terreno del pianoro un pantano. Il vento sferza la montagna e agita i mantelli e dei soldati schierati.
Cinquanta per parte. Si osservano con sguardi feroci, separati da non più di cento passi. Da un lato, stendardi con raffigurato un avvoltoio. Archibugieri che accarezzano i calci dei fucili e rodeleri con le spade sguainate. Al centro dello schieramento, quattro colossali doppiosoldo in armatura pesante, alti più di due metri e con montanti proporzionati alle loro dimensioni. Dall’altro, un palo con su inchiodati i teschi di grossi rettili. Montanari vestiti di pellicce, con asce dalle lame lunghe quanto un braccio. Persino i più giovani sono coperti di cicatrici e molti ostentano decorazioni fatte con denti e ossa di creature mostruose.
Vicino al loro schieramento, vi sono due tende. Da quella più piccola emerge un uomo di statura gigantesca, vestito con il manto di un orso dei ghiacci. Quattro dei montanari più anziani gli si avvicinano e lo accompagnano verso i loro nemici.
Per tutta risposta, lo schieramento dei rodeleri si apre e vengono fatti passare due carri. I doppiosoldo li seguono affondando nella melma fino agli stinchi a ogni passo. Davanti a loro, cammina un uomo in armatura completa. Fregi dorati su acciaio nero. Occhi scuri su un volto duro come il metallo.
I due gruppi si incontrano al centro del pianoro. I comandanti si scrutano in silenzio, mentre la pioggia cola lungo le loro guance.
- Tarx Vulthur, Condottiero degli Avvoltoi.
- Bulywif, l’Idra dei Monti Gynnung.
Il colosso scoppia a ridere. La sua mascella spalancata mostra denti più simili a quelli di un animale che a quelli di un uomo.
- Vedo che la mia fama mi precede. La tua ti annuncia come il puzzo di merda annuncia… beh, lo immagini, no?
Tarx resta impassibile.
- Abbiamo portato quello che avete chiesto – dice, dopo qualche istante. – Orzo; carne secca e diecimila draugrii. Cinquecento per ogni prigioniero.
Bulywif indica ai suoi uomini i carri. Due di loro vi salgono sopra e ne controllano il carico. Dopo qualche minuto, gli fanno un cenno di assenso con il capo.
- Bene: sembra che siamo a posto.
- Ridammi i miei uomini.
- Quanta fretta, Avvoltoio! La fretta è sempre cattiva consigliera – indica alle sue spalle. – I tuoi uomini sono nella tenda grande. Non penso che si offenderanno se tu e io ci dividiamo un po’ d’idromele, prima di separarci.
- Non ho voglia di bere con te.
- Io, invece, si – dice il gigante, per poi piegarsi leggermente verso il suo interlocutore. – Non rifiutare la mia offerta, Tarx. Pensi che ci saranno altre occasioni di discutere dei nostri screzi senza un’arma in mano?
L’uomo in armatura storce il labbro in modo quasi impercettibile. Il suo sguardo passa dalla tenda grande al carro, poi agli uomini alle sue spalle. Alla fine, torna a rivolgersi a Bulywif e annuisce.
I due uomini raggiungono la tenda assieme alle loro scorte, ma sono solo loro a entrare.
- Prego, accomodati pure: fa come se fossi a casa.
Tarx si guarda attorno. Non c’è mobilia, a parte un barile che funge da tavolino, un paio di rozzi sgabelli e delle casse. Anche se il terreno è più asciutto rispetto all’esterno, le sue calzature affondano comunque leggermente nel terreno.
Il colosso prende posto su uno degli sgabelli, apre un otre e ne versa il contenuto in due tazze di legno. Tarx prende posto davanti a lui.
- Serviti pure.
Tarx osserva le tazze ma non si muove. Bulywif, da parte sua, tracanna d’un fiato il suo idromele, poi, senza tanti complimenti, prende anche il bicchiere del mercenario e ne beve il contenuto.
- Ti fidi, adesso? – dice, versando dell’altro liquore. – Non potrei mai avvelenarti. Sono un uomo d’onore.
- Di solito gli uomini d’onore affrontano a viso aperto i loro nemici – gli risponde l’uomo dall’armatura nera, accettando di bere a sua volta. – Non tendono imboscate in luoghi bui e disagevoli, come vigliacchi.
Il gigante ride.
- Essere coraggiosi non vuol dire essere stupidi, Tarx. Affrontare il tuo tercio in campo aperto sarebbe un suicidio.
Il colosso osserva il suo interlocutore da sopra il bicchiere, sfoderando un ghigno da lupo.
- I boschi e le montagne ci appartengono, Avvoltoio. La mia gente conosce ogni roccia, ogni anfratto, ogni via nascosta sotto e sopra il terreno. Possiamo essere dappertutto e in nessun luogo, colpire in cento punti diversi e ritirarci prima ancora che voi possiate capire cosa sia successo – gonfia istintivamente i muscoli del collo taurino mentre parla, agitando le lunghe trecce bionde. – E, per ognuno di noi che ucciderete, altri dieci prenderanno il suo posto. Non vi daremo tregua, fino a quando non vi avremo cacciato dalle nostre terre.
- Non deve andare per forza così – gli risponde il mercenario, impassibile, - Non siamo degli invasori: il mio committente è interessato solo alla Necropoli di Losnhauss.
- E ti sembra poco? Quel luogo per noi è terra sacra – risponde Bulywif, battendo sul barile un pugno così forte da farne tremare le doghe. – Siete peggio che invasori: state calpestando ciò che noi abbiamo di più prezioso! È come se steste facendo la guerra ai nostri antenati!
Tarx non sembra turbato dalla sfuriata del montanaro. Si asciuga l’idromele dalla barba nera e torna a rivolgersi verso di lui come se nulla fosse.
- Tre mesi di scavo, forse quattro: il mio committente è anche disposto a pagare per il disturbo. Era l’offerta che avremmo voluto farvi fin dall’inizio, se voi non aveste accolto tutte le nostre ambascerie con pietre e frecce.
- La risposta sarebbe stata comunque la stessa – esclama Bulywif, vuotando di nuovo l’idromele e sbattendo la tazza sul barile – va a farti fottere tu e il tuo committente. Tra quattro mesi voi sarete morti e io utilizzerò il tuo teschio come vaso per il piscio.
- Allora direi che non abbiamo più niente da dirci – gli risponde Tarx, alzandosi in piedi. – Restituiscimi i miei uomini e prendi il riscatto. Poi avremo una tregua di tre giorni, come stabilito.
- Tutto qui? Ti ho appena promesso la morte e tu non fai una piega? Al tuo committente hai offerto anche le palle?
Tarx si limita ad alzare le spalle.
- Se ci attaccherete, vi uccideremo. Se tornerete dieci volte più numerosi, ci saranno pile di cadaveri dieci volte più alte. Il tuo sarà quello in cima.
Bulywif incrocia le braccia.
- Non puoi uccidermi, Avvoltoio: sono l’Idra dei Monti Gynnung. Se mi ferisci, tornerò più forte di prima.
Tarx alza le spalle ed esce dalla tenda. La pioggia lo acceca con un istante, poi ritrova i suoi doppiosoldo dai volti arcigni parzialmente nascosti dalle barbute. Anche il colosso torna all’aperto.
- Libera i miei uomini, Bulywif.
- Ancora un po’ di pazienza, Tarx. Aspetta giusto un altro po’.
- Cosa devo aspettare, ancora, dannazione?!
Il quel momento, il rumore della pioggia suo eco viene coperto dal basso risuonare di un corno poco lontano. Un istante dopo, il suono si ripete, stavolta sopra le loro teste.
Bulywif sorride.
- Ecco la tua risposta.
Sull’orlo del costone roccioso che sovrasta il pianoro compaiono decine di montanari. Lanciano urla di vittoria, mentre agitano archi e asce. Tarx impreca, mentre i doppiosoldo si schierano attorno a lui per proteggerlo. Poco lontano, rodeleri e archibugieri formano quattro linee, dando fronte sia alla scorta di Bulywif, che all’orda di montanari che risale dalla strada alle loro spalle.
- Figlio di puttana! Ci hai fatto perdere tempo per permettere ai tuoi uomini di chiuderci la ritirata!
- Pensavi davvero che non avrei approfittato di una simile occasione, Avvoltoio? – il colosso ride, mentre estrae da sotto il manto d’orso un’ascia persino più grande di quella dei suoi uomini – Se gettate le armi subito, potrei risparmiarvi. Oppure affrontateci: sarebbe anche più divertente.
Bulywif lecca la lama dell’ascia e osserva di sottecchi Tarx. Il mercenario ricambia lo sguardo, poi alza le mani. E ride.
- Vyrmheimas
- Cosa?
- Vyrheimas. È un villaggio poco all’interno della catena dei monti – il sorriso di Tarx si apre lentamente, scoprendo i canini. – È lì che lasciate donne, vecchi e bambini quando vi spostate in questa zona, o sbaglio?
Il colosso alza la mano a pugno, arrestando l’avanzata dei suoi uomini. Si avvicina al mercenario di qualche passo, la mandibola così contratta che si possono intravedere i muscoli sollevarsi sotto la pelle.
- Cosa… cosa stai insinuando?
Tarx esce dal cerchio dei doppiosoldo ed estrae dalla sacca un cilindro di legno e metallo battuto.
- Tieni, guarda tu stesso: questo oggetto permette di vedere cose lontane come se fossero vicine. Un dono del mio committente. – dice, porgendo lo strumento al montanaro. – Non penso di doverti spiegare in che direzione puntarlo.
Il colosso gli strappa di mano il cilindro. Si volta verso nord-est e sposta la testa più volte, finché non sembra trovare l’angolo giusto. Un’imprecazione gli si strozza in gola.
- Le… le insegne – mormora, abbassando il cilindro con le mani tremanti. – le insegne sulle palizzate…
- Intendi, le insegne dell’Avvoltoio? – gli risponde Tarx, incrociando le braccia. – Ho ordinato ai miei uomini di lasciarle bene in vista.
Bulywif si volta di scatto verso di lui.
- Come… come avete…
- Non siete gli unici in grado di muovervi senza farvi vedere – gli risponde Tarx – ed esistono sentieri di cui persino la tua gente non è conoscenza.
- In quel villaggio ci sono solo donne e bambini! – ruggisce il colosso. – Che razza di guerriero se la prende con persone inermi?!
- Essere coraggiosi non vuol dire essere stupidi, Bulywif. Andare a un incontro come questo senza prendere le giuste precauzioni sarebbe un suicidio.
Il montanaro punta contro di loro la sua ascia.
- Tarx, se avete torto loro anche solo un capello vi farò pentire di essere nati!
- I miei uomini non sono selvaggi: non hanno fatto niente alla tua gente. Per ora – soggiunge, lasciando che l’ultima frase resti in sospeso per qualche secondo. - Ho dato loro ordine di restare in attesa di un nostro segnale. Se questo segnale non dovesse arrivare, o se dovesse essere diverso da quello convenuto, allora uccideranno fino all’ultimo uomo, donna o bambino presente nel villaggio.
Tarx pianta il suo sguardo gelido negli occhi iniettati di sangue del colosso.
- La scelta è tua, Bulywif. Puoi lasciarci andare e salvare la vita di quelle persone, oppure puoi avere la soddisfazione di farci a pezzi. Pagandone il prezzo.
Il volto del gigante è paonazzo. Il suo respiro affannato. Le vene del collo e si gonfiano in modo quasi innaturale. Il suo intero corpo trema visibilmente e le sue mani stringono il cilindro ottico con così tanta forza da farne gemere le giunture metalliche. Davanti a lui, anche se in armatura completa, Tarx sembra un lupo che osa sfidare un orso.
- Lascia andare i miei uomini, Bulywif, e libera la strada. Oggi l’Idra ha trovato un boccone troppo grosso per le sue fauci.
Uno schianto. Il cilindro di legno e metallo cede alla forza del colosso e si spezza a metà. Prima che i suoi frammenti possano toccar terra, l’uomo si avventa su Tarx.
Finiscono entrambi a terra, ma Bulywif usa subito la sua mole per sovrastare il mercenario. Lo blocca, e spinge la sua faccia nel fango. Alza l’ascia su di lui.
- Nessuno si prende gioco di me! Nessuno!
Tarx non ha un fremito. Anche con il volto mezzo affondato nella melma e l’arma del suo avversario così vicina, non distoglie lo sguardo dagli occhi del colosso.
-Sei disposto a pagarne il prezzo, Bulywif? La tua gente è disposta a farlo?
L’ascia resta sollevata a mezz’aria.
Il colosso si volta verso i suoi uomini. Il gruppo dei montanari è attraversato da un brusio sommesso, mentre gli uomini coperti di cicatrici si guardano l’un l’altro, i volti duri venati dal dubbio. Alla fine, uno dei veterani fa un silenzioso cenno di diniego con il capo. Bulywif abbassa la sua arma.
- Il tuo sangue non vale il prezzo, Avvoltoio.
Il due uomini al alzano. Tarx scuote il fango dai capelli, lasciando che la pioggia lavi quanta più lordura possibile.
- Se non hai altre sorprese da rivelare, direi che è il momento di tener fede ai nostri patti. Libera i miei uomini.
Bulywif gli da le spalle e ruggisce ordini nel dialetto aspro della sua gente. Alcuni montanari entrano nella tenda grande. Si sente un clangore di catene.
Poi escono.
Tagli. Ecchimosi. Bruciature.
Tarx impallidisce.
Unghie strappate. Giunture slogate. Le bocche ridotte a voragini prive di denti
Bulywif gonfia un sorriso isterico.
Ossa frantumate. Piaghe infette. Occhi persi nel vuoto.
I prigionieri zoppicano fuori dalle tende. Sono seminudi e a piedi scalzi. Mantengono lo sguardo basso, senza alzarlo nemmeno quando le loro mani vengono liberate dai ceppi.
Tarx gli si avvicina. Bocca aperta e respiro affannato. Parole strozzate in fondo alla gola.
Uno dei disgraziati lo vede. Il suo volto deturpato sembra improvvisamente riacquistare connotati umani.
- Co…Condottiero – biascica, trascinandosi verso di lui. – Condottiero Tarx.
Le gambe piagate lo tradiscono. Inciampa. Il suo corpo si affloscia come un burattino privato dei fili.
Tarx riesca ad afferrarlo un istante prima che affondi nel fango. Gli stringe il volto tra le mani: dietro le ferite infette, riesce a scorgere i tratti di un giovane di nemmeno vent’anni.
- Mi… dispiace… Condottiero – sussurra ancora il giovane. – Erano troppi… non ce l’abbiamo fatta…
- Non parlare, ragazzo: risparmia le forze – gli risponde il mercenario, accarezzandogli i capelli. – Ti riporto indietro. Vi riportiamo tutti indietro!
Si volta verso la sua scorta, gli occhi ridotti a due fessure.
- I carri! Avvicinate subito quei dannati carri!
Alcuni rodoleri si staccano dal gruppo e aiutano i prigionieri a salire sui veicoli. Tarx li aiuta e si assicura che ognuno di loro sia sistemato al meglio. A ogni prigioniero lascia una parola di conforto, una rassicurazione, una promessa.
Quando i carri cominciano a muoversi, si volta bruscamente. Solo i suoi doppiosoldo possono accorgersi dei suoi occhi arrossati.
- Hai avuto quello che volevi, Avvoltoio: ora fa la tua parte e manda quel segnale.
Tarx si volta lentamente verso Bulywif. La sua bocca si piega nervosamente verso il basso e le labbra si ritraggono, scoprendo i denti. Il colosso fa istintivamente un passo indietro a quella vista, ma dura poco più di un battito di ciglia: un istante dopo, il mercenario torna a essere una maschera indecifrabile.
- Lo faremo dopo aver oltrepassato i tuoi uomini, quando avremo raggiunto i punti prestabiliti – alza la voce e sposta lo sguardo verso la scorta del suo interlocutore. – Solo quando saremo al di fuori dalla vostra portata i miei uomini si ritireranno da Vyrmheimas. Se qualcuno proverà a sbarrarci di nuovo la strada, lascerò che uccidano tutti.
- Potresti decidere di farlo comunque: come faccio a sapere che manterrai la parola?
- Non puoi saperlo: prega i tuoi dei che, quando sarà il momento, io decida di avere quella magnanimità che tu oggi non hai dimostrato.
Bulywif fa un passo avanti e lascia cadere la sua ascia nel fango.
- Mi offro per uno scambio: prendi me come ostaggio al posto loro – dice, offrendo al mercenario i polsi. – Un guerriero al posto di gente innocente: è giusto che sia così.
Il suo gesto viene subito imitato da altri montanari, che lasciano cadere le armi e chiedono a gran voce di potersi sostituire agli abitanti di Vyrmheimas. Per tutta risposta, Tarx scuote il capo e calcia un grumo di fango sull’ascia di Bulywif.
- I tuoi veterani sono disposti a dare la vita per la tua gente, ma non faranno il contrario. Per te vale la stessa cosa – dice, dando le spalle al colosso. – Nessuno scambio: se pensate ancora di volerci uccidere durante il nostro rientro, dovrete farlo con la consapevolezza di aver condannato anche i vostri cari.
L’urlo di Bulywif risuona tra le montagne, ingigantendosi con eco tra una parete rocciosa e l’altra. Un ruggito gutturale che si gonfia di rabbia, per poi scemare in un singulto strozzato. Alla fine, il colosso biondo scivola a terra carponi, affondando ginocchia e braccia nel fango. Quando uno dei suoi veterani si avvicina per sincerarsi delle sue condizioni, si limita a sussurrare un ordine: poco dopo, l’orda di montanari che chiudeva la strada ai mercenari si ritira e lascia libero il passaggio.
Ad un comando di Tarx, rodoleri e archibugieri si rimettono in formazione, schierandosi a difesa dei carri con gli invalidi. L’uomo in armatura nera monta a cavallo e si avvia verso la testa della colonna.
- La pagherai, Tarx! – urla Bulywif, mentre tre dei suoi uomini lo aiutano ad alzarsi. – Se fai loro del male, verrò a cercarti fino in capo al mondo!
- Sarò io che verrò a cercarti, Bulywif: se prima volevo solo fare il mio lavoro, ora devo ai miei uomini almeno questa soddisfazione – gli risponde il mercenario, voltando il cavallo. – E non mi interessa se un’idra non si può uccidere: quando ti avrò venduto al mercato degli schiavi, la vita che ti aspetterà ti farà rimpiangere mille volte di non essere morto.
Volta di nuovo il cavallo e raggiunge la testa.
Mentre la pioggia si infittisce, la bandiera dell’Avvoltoio e la testa d’Idra si separano.
Il vento che le agita porta la promessa del prossimo incontro.
di Agostino Langellotti
La pioggia rende il terreno del pianoro un pantano. Il vento sferza la montagna e agita i mantelli e dei soldati schierati.
Cinquanta per parte. Si osservano con sguardi feroci, separati da non più di cento passi. Da un lato, stendardi con raffigurato un avvoltoio. Archibugieri che accarezzano i calci dei fucili e rodeleri con le spade sguainate. Al centro dello schieramento, quattro colossali doppiosoldo in armatura pesante, alti più di due metri e con montanti proporzionati alle loro dimensioni. Dall’altro, un palo con su inchiodati i teschi di grossi rettili. Montanari vestiti di pellicce, con asce dalle lame lunghe quanto un braccio. Persino i più giovani sono coperti di cicatrici e molti ostentano decorazioni fatte con denti e ossa di creature mostruose.
Vicino al loro schieramento, vi sono due tende. Da quella più piccola emerge un uomo di statura gigantesca, vestito con il manto di un orso dei ghiacci. Quattro dei montanari più anziani gli si avvicinano e lo accompagnano verso i loro nemici.
Per tutta risposta, lo schieramento dei rodeleri si apre e vengono fatti passare due carri. I doppiosoldo li seguono affondando nella melma fino agli stinchi a ogni passo. Davanti a loro, cammina un uomo in armatura completa. Fregi dorati su acciaio nero. Occhi scuri su un volto duro come il metallo.
I due gruppi si incontrano al centro del pianoro. I comandanti si scrutano in silenzio, mentre la pioggia cola lungo le loro guance.
- Tarx Vulthur, Condottiero degli Avvoltoi.
- Bulywif, l’Idra dei Monti Gynnung.
Il colosso scoppia a ridere. La sua mascella spalancata mostra denti più simili a quelli di un animale che a quelli di un uomo.
- Vedo che la mia fama mi precede. La tua ti annuncia come il puzzo di merda annuncia… beh, lo immagini, no?
Tarx resta impassibile.
- Abbiamo portato quello che avete chiesto – dice, dopo qualche istante. – Orzo; carne secca e diecimila draugrii. Cinquecento per ogni prigioniero.
Bulywif indica ai suoi uomini i carri. Due di loro vi salgono sopra e ne controllano il carico. Dopo qualche minuto, gli fanno un cenno di assenso con il capo.
- Bene: sembra che siamo a posto.
- Ridammi i miei uomini.
- Quanta fretta, Avvoltoio! La fretta è sempre cattiva consigliera – indica alle sue spalle. – I tuoi uomini sono nella tenda grande. Non penso che si offenderanno se tu e io ci dividiamo un po’ d’idromele, prima di separarci.
- Non ho voglia di bere con te.
- Io, invece, si – dice il gigante, per poi piegarsi leggermente verso il suo interlocutore. – Non rifiutare la mia offerta, Tarx. Pensi che ci saranno altre occasioni di discutere dei nostri screzi senza un’arma in mano?
L’uomo in armatura storce il labbro in modo quasi impercettibile. Il suo sguardo passa dalla tenda grande al carro, poi agli uomini alle sue spalle. Alla fine, torna a rivolgersi a Bulywif e annuisce.
I due uomini raggiungono la tenda assieme alle loro scorte, ma sono solo loro a entrare.
- Prego, accomodati pure: fa come se fossi a casa.
Tarx si guarda attorno. Non c’è mobilia, a parte un barile che funge da tavolino, un paio di rozzi sgabelli e delle casse. Anche se il terreno è più asciutto rispetto all’esterno, le sue calzature affondano comunque leggermente nel terreno.
Il colosso prende posto su uno degli sgabelli, apre un otre e ne versa il contenuto in due tazze di legno. Tarx prende posto davanti a lui.
- Serviti pure.
Tarx osserva le tazze ma non si muove. Bulywif, da parte sua, tracanna d’un fiato il suo idromele, poi, senza tanti complimenti, prende anche il bicchiere del mercenario e ne beve il contenuto.
- Ti fidi, adesso? – dice, versando dell’altro liquore. – Non potrei mai avvelenarti. Sono un uomo d’onore.
- Di solito gli uomini d’onore affrontano a viso aperto i loro nemici – gli risponde l’uomo dall’armatura nera, accettando di bere a sua volta. – Non tendono imboscate in luoghi bui e disagevoli, come vigliacchi.
Il gigante ride.
- Essere coraggiosi non vuol dire essere stupidi, Tarx. Affrontare il tuo tercio in campo aperto sarebbe un suicidio.
Il colosso osserva il suo interlocutore da sopra il bicchiere, sfoderando un ghigno da lupo.
- I boschi e le montagne ci appartengono, Avvoltoio. La mia gente conosce ogni roccia, ogni anfratto, ogni via nascosta sotto e sopra il terreno. Possiamo essere dappertutto e in nessun luogo, colpire in cento punti diversi e ritirarci prima ancora che voi possiate capire cosa sia successo – gonfia istintivamente i muscoli del collo taurino mentre parla, agitando le lunghe trecce bionde. – E, per ognuno di noi che ucciderete, altri dieci prenderanno il suo posto. Non vi daremo tregua, fino a quando non vi avremo cacciato dalle nostre terre.
- Non deve andare per forza così – gli risponde il mercenario, impassibile, - Non siamo degli invasori: il mio committente è interessato solo alla Necropoli di Losnhauss.
- E ti sembra poco? Quel luogo per noi è terra sacra – risponde Bulywif, battendo sul barile un pugno così forte da farne tremare le doghe. – Siete peggio che invasori: state calpestando ciò che noi abbiamo di più prezioso! È come se steste facendo la guerra ai nostri antenati!
Tarx non sembra turbato dalla sfuriata del montanaro. Si asciuga l’idromele dalla barba nera e torna a rivolgersi verso di lui come se nulla fosse.
- Tre mesi di scavo, forse quattro: il mio committente è anche disposto a pagare per il disturbo. Era l’offerta che avremmo voluto farvi fin dall’inizio, se voi non aveste accolto tutte le nostre ambascerie con pietre e frecce.
- La risposta sarebbe stata comunque la stessa – esclama Bulywif, vuotando di nuovo l’idromele e sbattendo la tazza sul barile – va a farti fottere tu e il tuo committente. Tra quattro mesi voi sarete morti e io utilizzerò il tuo teschio come vaso per il piscio.
- Allora direi che non abbiamo più niente da dirci – gli risponde Tarx, alzandosi in piedi. – Restituiscimi i miei uomini e prendi il riscatto. Poi avremo una tregua di tre giorni, come stabilito.
- Tutto qui? Ti ho appena promesso la morte e tu non fai una piega? Al tuo committente hai offerto anche le palle?
Tarx si limita ad alzare le spalle.
- Se ci attaccherete, vi uccideremo. Se tornerete dieci volte più numerosi, ci saranno pile di cadaveri dieci volte più alte. Il tuo sarà quello in cima.
Bulywif incrocia le braccia.
- Non puoi uccidermi, Avvoltoio: sono l’Idra dei Monti Gynnung. Se mi ferisci, tornerò più forte di prima.
Tarx alza le spalle ed esce dalla tenda. La pioggia lo acceca con un istante, poi ritrova i suoi doppiosoldo dai volti arcigni parzialmente nascosti dalle barbute. Anche il colosso torna all’aperto.
- Libera i miei uomini, Bulywif.
- Ancora un po’ di pazienza, Tarx. Aspetta giusto un altro po’.
- Cosa devo aspettare, ancora, dannazione?!
Il quel momento, il rumore della pioggia suo eco viene coperto dal basso risuonare di un corno poco lontano. Un istante dopo, il suono si ripete, stavolta sopra le loro teste.
Bulywif sorride.
- Ecco la tua risposta.
Sull’orlo del costone roccioso che sovrasta il pianoro compaiono decine di montanari. Lanciano urla di vittoria, mentre agitano archi e asce. Tarx impreca, mentre i doppiosoldo si schierano attorno a lui per proteggerlo. Poco lontano, rodeleri e archibugieri formano quattro linee, dando fronte sia alla scorta di Bulywif, che all’orda di montanari che risale dalla strada alle loro spalle.
- Figlio di puttana! Ci hai fatto perdere tempo per permettere ai tuoi uomini di chiuderci la ritirata!
- Pensavi davvero che non avrei approfittato di una simile occasione, Avvoltoio? – il colosso ride, mentre estrae da sotto il manto d’orso un’ascia persino più grande di quella dei suoi uomini – Se gettate le armi subito, potrei risparmiarvi. Oppure affrontateci: sarebbe anche più divertente.
Bulywif lecca la lama dell’ascia e osserva di sottecchi Tarx. Il mercenario ricambia lo sguardo, poi alza le mani. E ride.
- Vyrmheimas
- Cosa?
- Vyrheimas. È un villaggio poco all’interno della catena dei monti – il sorriso di Tarx si apre lentamente, scoprendo i canini. – È lì che lasciate donne, vecchi e bambini quando vi spostate in questa zona, o sbaglio?
Il colosso alza la mano a pugno, arrestando l’avanzata dei suoi uomini. Si avvicina al mercenario di qualche passo, la mandibola così contratta che si possono intravedere i muscoli sollevarsi sotto la pelle.
- Cosa… cosa stai insinuando?
Tarx esce dal cerchio dei doppiosoldo ed estrae dalla sacca un cilindro di legno e metallo battuto.
- Tieni, guarda tu stesso: questo oggetto permette di vedere cose lontane come se fossero vicine. Un dono del mio committente. – dice, porgendo lo strumento al montanaro. – Non penso di doverti spiegare in che direzione puntarlo.
Il colosso gli strappa di mano il cilindro. Si volta verso nord-est e sposta la testa più volte, finché non sembra trovare l’angolo giusto. Un’imprecazione gli si strozza in gola.
- Le… le insegne – mormora, abbassando il cilindro con le mani tremanti. – le insegne sulle palizzate…
- Intendi, le insegne dell’Avvoltoio? – gli risponde Tarx, incrociando le braccia. – Ho ordinato ai miei uomini di lasciarle bene in vista.
Bulywif si volta di scatto verso di lui.
- Come… come avete…
- Non siete gli unici in grado di muovervi senza farvi vedere – gli risponde Tarx – ed esistono sentieri di cui persino la tua gente non è conoscenza.
- In quel villaggio ci sono solo donne e bambini! – ruggisce il colosso. – Che razza di guerriero se la prende con persone inermi?!
- Essere coraggiosi non vuol dire essere stupidi, Bulywif. Andare a un incontro come questo senza prendere le giuste precauzioni sarebbe un suicidio.
Il montanaro punta contro di loro la sua ascia.
- Tarx, se avete torto loro anche solo un capello vi farò pentire di essere nati!
- I miei uomini non sono selvaggi: non hanno fatto niente alla tua gente. Per ora – soggiunge, lasciando che l’ultima frase resti in sospeso per qualche secondo. - Ho dato loro ordine di restare in attesa di un nostro segnale. Se questo segnale non dovesse arrivare, o se dovesse essere diverso da quello convenuto, allora uccideranno fino all’ultimo uomo, donna o bambino presente nel villaggio.
Tarx pianta il suo sguardo gelido negli occhi iniettati di sangue del colosso.
- La scelta è tua, Bulywif. Puoi lasciarci andare e salvare la vita di quelle persone, oppure puoi avere la soddisfazione di farci a pezzi. Pagandone il prezzo.
Il volto del gigante è paonazzo. Il suo respiro affannato. Le vene del collo e si gonfiano in modo quasi innaturale. Il suo intero corpo trema visibilmente e le sue mani stringono il cilindro ottico con così tanta forza da farne gemere le giunture metalliche. Davanti a lui, anche se in armatura completa, Tarx sembra un lupo che osa sfidare un orso.
- Lascia andare i miei uomini, Bulywif, e libera la strada. Oggi l’Idra ha trovato un boccone troppo grosso per le sue fauci.
Uno schianto. Il cilindro di legno e metallo cede alla forza del colosso e si spezza a metà. Prima che i suoi frammenti possano toccar terra, l’uomo si avventa su Tarx.
Finiscono entrambi a terra, ma Bulywif usa subito la sua mole per sovrastare il mercenario. Lo blocca, e spinge la sua faccia nel fango. Alza l’ascia su di lui.
- Nessuno si prende gioco di me! Nessuno!
Tarx non ha un fremito. Anche con il volto mezzo affondato nella melma e l’arma del suo avversario così vicina, non distoglie lo sguardo dagli occhi del colosso.
-Sei disposto a pagarne il prezzo, Bulywif? La tua gente è disposta a farlo?
L’ascia resta sollevata a mezz’aria.
Il colosso si volta verso i suoi uomini. Il gruppo dei montanari è attraversato da un brusio sommesso, mentre gli uomini coperti di cicatrici si guardano l’un l’altro, i volti duri venati dal dubbio. Alla fine, uno dei veterani fa un silenzioso cenno di diniego con il capo. Bulywif abbassa la sua arma.
- Il tuo sangue non vale il prezzo, Avvoltoio.
Il due uomini al alzano. Tarx scuote il fango dai capelli, lasciando che la pioggia lavi quanta più lordura possibile.
- Se non hai altre sorprese da rivelare, direi che è il momento di tener fede ai nostri patti. Libera i miei uomini.
Bulywif gli da le spalle e ruggisce ordini nel dialetto aspro della sua gente. Alcuni montanari entrano nella tenda grande. Si sente un clangore di catene.
Poi escono.
Tagli. Ecchimosi. Bruciature.
Tarx impallidisce.
Unghie strappate. Giunture slogate. Le bocche ridotte a voragini prive di denti
Bulywif gonfia un sorriso isterico.
Ossa frantumate. Piaghe infette. Occhi persi nel vuoto.
I prigionieri zoppicano fuori dalle tende. Sono seminudi e a piedi scalzi. Mantengono lo sguardo basso, senza alzarlo nemmeno quando le loro mani vengono liberate dai ceppi.
Tarx gli si avvicina. Bocca aperta e respiro affannato. Parole strozzate in fondo alla gola.
Uno dei disgraziati lo vede. Il suo volto deturpato sembra improvvisamente riacquistare connotati umani.
- Co…Condottiero – biascica, trascinandosi verso di lui. – Condottiero Tarx.
Le gambe piagate lo tradiscono. Inciampa. Il suo corpo si affloscia come un burattino privato dei fili.
Tarx riesca ad afferrarlo un istante prima che affondi nel fango. Gli stringe il volto tra le mani: dietro le ferite infette, riesce a scorgere i tratti di un giovane di nemmeno vent’anni.
- Mi… dispiace… Condottiero – sussurra ancora il giovane. – Erano troppi… non ce l’abbiamo fatta…
- Non parlare, ragazzo: risparmia le forze – gli risponde il mercenario, accarezzandogli i capelli. – Ti riporto indietro. Vi riportiamo tutti indietro!
Si volta verso la sua scorta, gli occhi ridotti a due fessure.
- I carri! Avvicinate subito quei dannati carri!
Alcuni rodoleri si staccano dal gruppo e aiutano i prigionieri a salire sui veicoli. Tarx li aiuta e si assicura che ognuno di loro sia sistemato al meglio. A ogni prigioniero lascia una parola di conforto, una rassicurazione, una promessa.
Quando i carri cominciano a muoversi, si volta bruscamente. Solo i suoi doppiosoldo possono accorgersi dei suoi occhi arrossati.
- Hai avuto quello che volevi, Avvoltoio: ora fa la tua parte e manda quel segnale.
Tarx si volta lentamente verso Bulywif. La sua bocca si piega nervosamente verso il basso e le labbra si ritraggono, scoprendo i denti. Il colosso fa istintivamente un passo indietro a quella vista, ma dura poco più di un battito di ciglia: un istante dopo, il mercenario torna a essere una maschera indecifrabile.
- Lo faremo dopo aver oltrepassato i tuoi uomini, quando avremo raggiunto i punti prestabiliti – alza la voce e sposta lo sguardo verso la scorta del suo interlocutore. – Solo quando saremo al di fuori dalla vostra portata i miei uomini si ritireranno da Vyrmheimas. Se qualcuno proverà a sbarrarci di nuovo la strada, lascerò che uccidano tutti.
- Potresti decidere di farlo comunque: come faccio a sapere che manterrai la parola?
- Non puoi saperlo: prega i tuoi dei che, quando sarà il momento, io decida di avere quella magnanimità che tu oggi non hai dimostrato.
Bulywif fa un passo avanti e lascia cadere la sua ascia nel fango.
- Mi offro per uno scambio: prendi me come ostaggio al posto loro – dice, offrendo al mercenario i polsi. – Un guerriero al posto di gente innocente: è giusto che sia così.
Il suo gesto viene subito imitato da altri montanari, che lasciano cadere le armi e chiedono a gran voce di potersi sostituire agli abitanti di Vyrmheimas. Per tutta risposta, Tarx scuote il capo e calcia un grumo di fango sull’ascia di Bulywif.
- I tuoi veterani sono disposti a dare la vita per la tua gente, ma non faranno il contrario. Per te vale la stessa cosa – dice, dando le spalle al colosso. – Nessuno scambio: se pensate ancora di volerci uccidere durante il nostro rientro, dovrete farlo con la consapevolezza di aver condannato anche i vostri cari.
L’urlo di Bulywif risuona tra le montagne, ingigantendosi con eco tra una parete rocciosa e l’altra. Un ruggito gutturale che si gonfia di rabbia, per poi scemare in un singulto strozzato. Alla fine, il colosso biondo scivola a terra carponi, affondando ginocchia e braccia nel fango. Quando uno dei suoi veterani si avvicina per sincerarsi delle sue condizioni, si limita a sussurrare un ordine: poco dopo, l’orda di montanari che chiudeva la strada ai mercenari si ritira e lascia libero il passaggio.
Ad un comando di Tarx, rodoleri e archibugieri si rimettono in formazione, schierandosi a difesa dei carri con gli invalidi. L’uomo in armatura nera monta a cavallo e si avvia verso la testa della colonna.
- La pagherai, Tarx! – urla Bulywif, mentre tre dei suoi uomini lo aiutano ad alzarsi. – Se fai loro del male, verrò a cercarti fino in capo al mondo!
- Sarò io che verrò a cercarti, Bulywif: se prima volevo solo fare il mio lavoro, ora devo ai miei uomini almeno questa soddisfazione – gli risponde il mercenario, voltando il cavallo. – E non mi interessa se un’idra non si può uccidere: quando ti avrò venduto al mercato degli schiavi, la vita che ti aspetterà ti farà rimpiangere mille volte di non essere morto.
Volta di nuovo il cavallo e raggiunge la testa.
Mentre la pioggia si infittisce, la bandiera dell’Avvoltoio e la testa d’Idra si separano.
Il vento che le agita porta la promessa del prossimo incontro.
di Agostino Langellotti