I Leoni di Errak'Enh
Inviato: sabato 14 marzo 2020, 18:16
I LEONI DI ERRAK'ENH
di Alessio Magno
Il cielo aveva assunto un’intensa tonalità violacea, l’aria bollente era satura dall'odore acre della pece incendiata e le continue folate trasportavano come un’ambasciatrice senza pena gli effluvi pestilenziali dei cadaveri. Erano ammassati in pire mai arse lasciate come lauto banchetto alle larve, i moncherini delle fiaccole abbandonati a terra avvizziti.
Lugubri pennacchi di fumo si innalzavano sparsi, tutto era stato dato alle fiamme; le abitazioni, i logori carretti di mercanti arrangiati a bottega, i capi di bestiame dei contadini, le latrine impregnate dal perenne fetore di piscio stantio, persino il pozzo in pietra nella piazza centrale. Ogni cosa era stata mondata dal fuoco, tranne quei corpi accatastati e sparsi come stracci sudici. Corpi orribilmente torturati.
Oltre alle mere mutilazioni da combattimento, v’erano uomini evirati e marchiati con torchi roventi, seni strappati con pinze e forche, bambini con le bocche ricolme delle proprie budella; merda e sangue mischiati in una poltiglia rappresa, una rugginosa e appestante melma viscida di cui Il terreno brullo ne era cosparso interamente.
Un corvo dallo sguardo truce teneva un occhio vitreo ben stretto nel becco, appollaiato su un’insegna del crocevia principale poco lontano dal massacro, che grondante sangue riportava:
“Benvenuti a Kaamos”.
Il piccolo insediamento rurale era stato smembrato come un’antilope dal più affamato dei leoni. E proprio lì, di fronte al crocevia, ne erano appena sopraggiunti alcuni.
«Ah, cazzo. Guardate che roba. Siamo arrivati troppo tardi.»
«Oh, tu dici Jarros? Cosa te lo lascia pensare?»
«Probabilmente la puzza di merda, Grem.» replicò una terza voce, gracidante come quella di un rospo. «Appesta l’intero villaggio, se non ve ne foste accorti. Merda bruciata.»
«Bene bene, ora si che a mammina è venuta fame.»
«Bah, che delusione.» continuò il tizio dalla voce tozza. «Ho paura che in questo posto non troverò più nemmeno l’ombra di un buco in cui infilarmi, parola di Drakk. Che dite, torniamo indietro?»
Un torvo silenzio scortava i quattro loschi figuri che montavano due coppie di destrieri tutti tendini e muscoli, intenti a trovare una mutua intesa sul da farsi. Erano equipaggiati di tutto punto con armature luride ma in perfette condizioni e portavano svariate armi incrostate di fango e sangue rappreso.
«A mani vuote? Così Laziel ci strappa le braccia e ce le infila nel culo.» obiettò Jarros in un tono non molto ironico. Annuirono in accordo con quell'osservazione.
«Beh, magari scoprite che anche a voi maschiacci piace tanto quanto a noi.» schernì la donna eccitata, voltandosi verso l’altro compare. «Piuttosto, di un po’ Drakk, da quando in qua ti fai problemi ad infilare l’uccello in qualcosa che non respira? È una novità.»
«Da quando ha rischiato di farselo cadere l’ultima volta, Ellis. È un miracolo che ce l’abbia ancora appeso.» si intromise il vecchio Grem, scoprendo un sorriso annerito privo di alcuni premolari. «Sebbene lungo come un mignolo, si intende.»
«Confermo. La tua vecchia signora era appestata come un lazzaretto, parola di Drakk.»
«Arh! Ti piacerebbe! Mia moglie, dio l’abbia in gloria, era una vera giumenta, ti avrebbe fatto ribollire le viscere. Se ne fosse rimasto qualcosa due colpi glieli darei ancora.»
Esplosero in una risata corale simile al latrato di strane bestie. Avevano un delirante modo di intendersi e nessun altro sarebbe riuscito a tollerarlo per più di pochi minuti. Ma d'altronde, chiunque ci avesse provato in passato adesso stava osservando i fiori dalla parte delle radici.
«Allora, basta con le stronzate, statemi a sentire.» incalzò Jarros con voce perniciosa. Dall'atteggiamento era chiaro fosse il capo in secondo, in assenza di Laziel.
«Conoscete il comandante, non appena verrà a scoprire che Kaamos è stata rasa al suolo si incazzerà a morte. E badate bene, si incazzerà con me, per aver perso tempo malgrado il breve tragitto che ci separa dall'accampamento, il che mi porterà ad incazzarmi con voi per avermi costretto a perderlo, e voi non potrete far altro che cacare sangue.» sputacchiò catarro salmastro in attesa che le sue parole venissero soppesate. «Spettava a noi Leoni rivendicare il villaggio, ma qualcuno ci ha preceduto.»
«Qualcuno con intenzioni peggiori delle nostre, il che è tutto dire. Ma almeno restringe la cerchia ad una manciata di stronzi.» osservò pensieroso Grem. «Me ne vengono in mente giusto due o tre tanto avventati.»
«Si, e dobbiamo capire chi sono.» riprese Jarros. «Così Laziel saprà dove riversare tutta la sua ira, noi potremmo campare per un altro giorno e avremo di che menare le mani. Tutti felici.»
«Tutti tranne Drakk.» rimbeccò Ellis, sistemando la frangia unticcia. «Il suo uccello rimarrà a bocca asciutta.» e aggiunse sardonica. «Parola di Ellis.»
Percorsa la breve distanza che li separava dal centro del villaggio, si ritrovarono ad osservare uno spettacolo raccapricciante. Sarebbe apparso troppo truculento per chiunque, tranne che per gente come loro. Certo, non erano lieti di trovarsi in mezzo a quel massacro, che poteva essere definito una topica espressione della ripugnanza e della spietatezza dell’uomo, di come la sacralità della vita fosse in grado di divenire in un lampo qualcosa di disgustoso e orrifico; ma erano comunque bellamente in grado di sguazzarci dentro come pesci carnivori.
Il numero di corpi riversi in terra aumentava in una sorta di dedalo di cadaveri surreale, finché non giunsero alle pire di carne morta mai bruciate.
Si fermarono di fronte una lunga asta piantata nel terreno su cui era stato impalato un uomo scuoiato; sulla punta spiccava uno stemma araldico figurante un rapace scarlatto.
«Porca puttana… avete visto che roba?» gemette Ellis sorpresa.
«E dire che nei lunghi anni di campagne militari ne ho viste di crudeltà, ma poche volte tanta gente crepata così male.» esclamò Grem, lo sguardo perso tra l’orrore dei ricordi e quello del presente.
«Guardate lassù.» proruppe Drakk indicando lo stemma. «Non è il simbolo dei Grifalchi, quello?»
«I Grifalchi?»
«Come temevo... sì, Ellis. I Grifalchi Zannuti.» rispose Grem, distogliendosi dai suoi pensieri. «Una delle armate più brutali al servizio della corona, famosi per i loro metodi… poco ortodossi. Vennero radiati dal Reggimento di Valion poco prima della guerra civile. I precursori... nel percorrere il sentiero di sangue e morte che seguimmo noi e tutti gli altri.»
«...Non ne sapevo nulla.» rispose curiosa di saperne di più. «Quindi questa è opera loro.»
«Va bene aprire la gola a qualcuno qui e là per dare un esempio, ma cazzo, che senso ha uccidere tutti? Nessuno uccide tutti.» lamentò Drakk adirato. «I cadaveri non pagano riscatti, e non si possono nemmeno scopare. Non sempre, almeno. Quei figli di troia ci hanno tolto il divertimento! Se li becco gironzolare li fotto per bene con la mia lancia, parola di Drakk.»
«...Non credo che questo accadrà.» asserì fermo Jarros, che era rimasto guardingo e silenzioso. «Guardatevi bene intorno. Non ci sono un po’ troppe cappe scarlatte, in mezzo ai civili?»
Quel groviglio di cadaveri era troppo abbondante per un villaggio così modesto, com'erano di fatto troppi i Grifalchi caduti nel tentativo di farlo proprio. Era possibile che alcuni fossero rimasti uccisi, benché improbabile, considerando l’esperienza militare. Ma lì c’era tanta gente del posto quanta forestiera, ed era curioso come i cadaveri dei soldati riportassero ferite mortali del tutto singolari. Sembravano smembrati da una bestia, piuttosto che dal filo di una lama.
Era lampante che fosse accaduto qualcosa di estremamente violento e imprevisto.
«Che mi fottano con una picca... Jar', hai ragione. Qui sono crepati tutti, ma proprio tutti.» riferì Grem con voce roca. «E poi...»
«Gli occhi!» urlò Ellis. «Sono tutti senza occhi!»
Anche quella rivelazione non era stata inosservata da Jarros, che annuì.
«Perché cavare gli occhi?» continuò lei.
«Non sono stati i Grifalchi, altrimenti loro li avrebbero ancora.» suggerì Grem.
«...È evidente che Kaamos nasconde segreti a noi ignoti. Cazzo, questa storia non mi piace per niente...» proferì Jarros assorto. Afferrò l’elsa della bastarda sguainandola piano, la lama stridette appena. Gli altri seguirono il suo esempio, armandosi silenziosamente.
«Dovremmo andarcene, Jar’.» sussurrò Drakk in un impeto di nevrosi. «Non mi sento per un cazzo sicuro a stare qui, e se Laziel avrà da ridire qualcosa beh, che si fotta.»
Sapeva bene che se quelle parole gli fossero giunte la sua testa avrebbe rotolato per l’intera vallata col suo cazzo ben stretto tra i denti.
«Non prima di aver capito cos'è accaduto qui. Nessuno di voi…»
Venne interrotto da un crepitio metallico, seguito prima da un tonfo, poi da un altro, violando il silenzio che permeava i resti fumanti del villaggio. Chi aveva commesso il massacro si trovava ancora lì, nascosto tra la carne morta e il sangue rappreso? Qualcosa si muoveva nelle vicinanze.
Una testa tormentata dall'alopecia emerse da un mucchio di cadaveri che celava un chiusino in ferro, l’entrata ad una sorta di cantina usata come rifugio di fortuna. Seguirono altri tre individui, tutti scrutavano gli uomini in armatura di fronte a loro con occhi intrisi tra tormento e sollievo.
L’uomo apparso per primo parlò con voce terrorizzata.
«V-voi chi siete? Non fate parte del gruppo che ha c-commesso questo, non sembrate… ostili.» il tono timoroso smentiva l’affermazione, ma lui tentava di sostenerla almeno con lo sguardo.
«Non sembriamo ostili? I tuoi compari senza occhi ci vedono meglio, verme.» lo aggredì Drakk. «Abbiamo l’aspetto di dannati chierici dal cazzo moscio, eh?»
«Su, su, lascialo stare.» replicò Jarros affabile avvicinandosi all'uomo. «Il nostro amico ha passato una brutta giornata. Dicci, amico, chi siete e cos’è accaduto qui.»
L’uomo guardò entrambi con rinnovato disgusto, ma non si lasciò ripetere la domanda una seconda volta.
«Sono Yagur… l’aldermanno del villaggio. Loro sono i miei aiutanti.» appariva affaticato, rivivere l’accaduto metteva a dura prova la residua sanità mentale rimasta.
«Erano… mercenari, gente come voi, suppongo, un gruppo esiguo. Sono arrivati in fretta e furia ed hanno… iniziato a uccidere e torturare chiunque, senza fare proclami o richieste, senza motivo o scopo apparente. Uccidevano… uccidevano e basta. Uomini, donne… bambini.» s’interruppe in un singhiozzo che non riuscì a reprimere.
«Ah, ora si spiega.» esclamò Ellis. «E voi avete ben pensato di salvarvi il culo a discapito della vostra gente. Non provate vergogna?»
L’aldermanno non rispose. Le gambe iniziarono a tremargli.
«Oh, adoro quello sguardo colpevole. Soffrite tanto, oh sì, poveri bimbi, costretti ad una fine atroce, oh sì!» squittì in un allegro sadismo. «Ma alla fine dei conti... il vostro egoismo vi ha convinto a fottervene.» concluse con aria divertita.
«Continua, Yagur.» sollecitò Jarros ignorandola. «È chiaro che c’è dell’altro.»
«S-si.» annuì. «Siamo… siamo riusciti a nasconderci, ma abbiamo visto tutto. Alcuni di loro hanno iniziato ad accumulare i corpi in mucchi, mentre altri continuavano… a uccidere. Poi… hanno bruciato ogni cosa. Animali, case, uomini. È avvenuto tutto nel giro di un’ora o meno. Prima di andarsene stavano per incendiare le pire ma…»
«Ma?»
«…L’odore del sangue deve averlo attirato.»
Jarros e gli altri si scambiarono sottecchi sguardi incuriositi.
«L’odore del sangue? Stai parlando della cosa che li ha ridotti così, non è vero?» incalzò Jarros, sperando di far luce sulla sorte dei Grifalchi.
Non rispose. Dentro il suo cuore si stavano scontrando una serie di sentimenti contrastanti. Quella “cosa” aveva reso giustizia alla sua gente, ma era anche molto, molto pericolosa.
«Ehi!» s’animò di colpo uno degli altri uomini, indicando lo stemma affisso su uno scudo. «Ma voi… voi siete i Leoni… i Leoni di Errak’Enh!»
Grem si voltò accigliato, la loro nomea aveva raggiunto persino quel luogo sperduto?
«I Leoni?» gli chiese Yagur incuriosito.
«Non li conosci? La prima linea del Reggimento di Errak’Enh, la guarnigione d’assalto della corona!» si animò, eccitato come un bimbo. «Il terrore di ogni invasore. I primi a partire, gli ultimi a tornare. Erano i migliori… finché l’Impero non crollò su sé stesso come un castello di carte e finirono per ammutinarsi, assieme a tutte le altre armate imperiali. Ora vivono sulle spalle degli innocenti come dannati tagliagole, e mentre ciò che rimane della corte vive segregata nelle Torri Fluttuanti, mettono a ferro e fuoco tutto il regno, saccheggiando e uccidendo la povera gente che avevano giurato di proteggere.»
Solo appena terminato lo sproloquio si rese davvero conto che adesso erano lì, di fronte a lui. Per poco non si pisciò addosso.
«…Vedo che conosci bene la storia.» osservò Jarros, in un ghigno malevolo. «Ehi, Yagur, il tuo aiutante ne sa più di te! Che razza di aldermanno sei?»
«Senti, cazzone, ne ho abbastanza. Vuoi dirci cos’è successo o ci tieni a scoprire quanto può sopravvivere un uomo con una lancia nel culo? Ti sorprenderesti, parola di Drakk.»
«No, no, fermi!» supplicò Yagur. «Vi dirò tutto!»
«Bene.» asserì Drakk, ritraendo la lancia pericolosamente vicina all'inguine dell’uomo.
«È stato... un basilisco.»
I quattro cavalieri lo fissarono ammutoliti, come se non avesse ancora proferito parola.
«È apparso dal nulla» continuò. «Talmente in fretta che nel delirio di sangue molti non se ne sono accorti. Ha iniziato a smembrare i soldati uno ad uno… gli altri erano già tutti morti.»
«Un basilisco!?» chiese inferocito Drakk. «Ci prendi per il culo!?»
«N-no! No! È la verità!» scongiurò terrorizzato, indicando un punto poco lontano. «L’ho visto nascondersi nella chiesa, laggiù, in fondo alla piazza… dopo aver… aver...»
«Gli occhi…» asserì Grem meditabondo. «Sapete, i basilischi possiedono... abilità magiche. Ma non possono usarle sempre, devono, come dire...»
Ellis, che amava ascoltare l’esperienza del vecchio, ci arrivò per prima. «Tu dici che… Ah!»
«Esatto.»
«Cosa?» domandò Drakk.
«Si è nutrito degli occhi... per rigenerare i suoi poteri.» concluse Jarros affascinato. «Un basilisco… hai detto che ora si trova nella chiesa?»
«Si.» confermò Yagur.
Jarros socchiuse gli occhi e soppesò i suoi pensieri compiendo un terribile sforzo nel decidere cosa farsene di quell'informazione. Li riaprì poco dopo.
«Bene. È tutto, aldermanno. Puoi andare.»
«Cosa? E dove dovrei andare?» chiese sorpreso.
«Non è affar nostro, oggi siete fortunati. Addio.» si congedò, iniziando ad allontanarsi al trotto. «E voi non restate impalati.»
Senza farselo ripete lo raggiunsero come ordinato, procedendo in direzione della chiesa che si intravedeva in lontananza.
Un lieve click metallico.
Una sferzata possente e veloce, seguita da un cozzare viscido di carne ed un fragore di pietra percossa.
Il gozzo di Yagur era stato trapassato parte a parte da un dardo, che si era puntellato su un muro di mattoni. Fiotti di sangue arterioso sgorgavano violenti, mentre l’uomo agitava le braccia convulso, fino a riversare gli occhi dopo pochi secondi d'agonia.
Gli aiutanti rimasero inermi, mentre Drakk tornava indietro a riprendersi il dardo, lasciando crollare il cadavere in terra.
«Non era un granché come aldermanno.» si giustificò agli uomini in un sorriso, che fuggirono terrorizzati urlando.
Allo sguardo inquisitorio di Jarros, rispose scocciato. «Oggi non avevo ancora ammazzato nessuno.»
Il vialetto che conduceva alla chiesa terminava di fronte un piccolo cortile e dava sul colonnato che racchiudeva il chiostro principale.
«Jar’, sei proprio sicuro? Molti più uomini di noi sono morti oggi.» affermò Grem in apprensione.
«Sono stati colti alla sprovvista.» rispose spavaldo. «Stavolta saremo noi a sorprenderlo. E poi, è l’unico modo per farci perdonare. Serviremo a Laziel la testa di quel mostro, costi quel che costi. Che c’è? Hai paura?»
«…I basilischi sono bestie pericolose. Ascoltami, torniamo indietro al campo e ci ripresentiamo qui con una dozzina dei miei ragazzi, è più sicuro.»
«E fare la figura degli stronzi? No. Potrebbe fuggire, e noi siamo qui, ora, e siamo sufficienti. Se non ti sta bene scappa pure, vale anche per voi altri.» li intimidì abilmente come aveva fatto altre volte. «Ma se entrate in quella chiesa, non si torna più indietro. Siete con me?»
«...Si.» rispose Ellis poco convinta, rispettava Jarros ma era di Grem che si fidava davvero.
«Rompiamogli il culo, Leoni di Errak’Enh!» inneggiò Drakk.
Smontati dai cavalli, si lasciarono alle spalle il colonnato entrando di soppiatto, le armi sguainate in attesa di essere mondate dal sangue venefico della bestia. La navata sembrava sgombra, di solito era illuminata dal sole che filtra dai lucernari, ma sembrava avesse lasciato il cielo in mano alle nubi grigiastre, quel tardo pomeriggio.
Si separarono su due fianchi per non farsi cogliere di sorpresa in caso di attacco frontale, ma giunti in fondo all’abside non trovarono nulla.
«Capo, io… ho un brutto presentimento.» mugolò Ellis pallida.
«Ma davvero? Ti crederò solo quando ti cacherai addosso.»
«Non essere così duro con lei.» si frappose Grem. «È normale che abbia paura, noi uccidiamo uomini, non mostri.»
«È un Leone! Non può avere paura!» rispose freddo e incollerito.
«Che fine ha fatto?» esclamò Drakk seccato. «Dove si è cacciato il biscione? È fuggito?»
«Col cazzo che lo lascio fuggire, continuate a cercare.» insistette Jarros.
Ellis tremava, le lacrime le rigavano le guance rosee, ma lo sguardo non era rivolto verso i compagni.
Nascosto dietro l’altare, emerse in tutto il suo terribile splendore.
Le squame iridescenti ricoprivano un lungo e tozzo corpo, che terminava in una grossa coda a sonagli. Era talmente esteso e imponente da occupare tutta la crociera centrale, con un muso da rettile sproporzionato. Denti aguzzi e fitti adornati da occhietti vermigli, sarebbe stato in grado di divorare una mezza dozzina di uomini.
«STATE GIÙ!» ordinò Jarros.
Si lanciò fulmineo in modo talmente agile per la sua stazza che furono colti del tutto alla sprovvista, e affondò le fauci nella spalla di Drakk perforando l’armatura come fosse burro. Un urlo gutturale e lacerante echeggiò per l’intera navata, lasciando il cavaliere in ginocchio.
Grem e Jarros si lanciarono sul mostro menando fendenti, ma era come colpire un corpo di pietra. L’immenso rettile abbandonò Drakk ormai neutralizzato per fiondarsi sugli altri, in un duello animalesco coi tre Leoni, che ora tentavano disperatamente di difendersi dai suoi agguati rapidi e letali.
Nonostante il massimo sforzo, in pochi minuti recavano tutti ferite mortali, ed erano certi di soccombere.
Avevano sottovalutato quel diavolo serpente, che stava solo giocando con le sue prede prima di finirle, in una danza macabra che preannunciava morte inappellabile.
Quando furono esausti per continuare a reagire, si immobilizzò ad osservarli, come fosse un'orrifica visione proiettata da un incubo.
Istanti lunghi come una vita terrena.
Silenzio.
Il basilisco era immutabile, con le fauci spalancate e un brillio sinistro negli occhi acquosi.
“Ora o mai più” rifletté Ellis.
In un atto disperato, si tuffò per raccogliere la lancia di Drakk abbandonata a terra e la scagliò con tutta la sua potenza; nello stesso attimo il mostro proiettò dalle pupille un raggio dorato che colpì in pieno i quattro Leoni, mentre l’arma si faceva strada nella faringe, trapassandola all'altezza del cranio.
Furono pietrificati all'istante.
Il basilisco emise uno stridio che fracassò tutte le vetrate della chiesa in un’esplosione fragorosa, prima di stramazzare a terra.
Erano ormai statue di pietra scolpite in smorfie di eterno terrore, in attesa di una morte che non sarebbe mai sopraggiunta, perdurando in quello stato maledetto per sempre, nello scorrere incessante del tempo.
Molti uomini avrebbero lodato e festeggiato quegli eroi nei tempi a venire per la loro grande impresa che aveva estirpato un antico e potente male, rendendoli meritevoli di gloria imperitura.
Nessuno avrebbe mai conosciuto la vera storia, lasciando custodite nella pietra e nei segreti del tempo le loro identità e le atroci gesta commesse in vita.
Erano santi e diavoli.
di Alessio Magno
Il cielo aveva assunto un’intensa tonalità violacea, l’aria bollente era satura dall'odore acre della pece incendiata e le continue folate trasportavano come un’ambasciatrice senza pena gli effluvi pestilenziali dei cadaveri. Erano ammassati in pire mai arse lasciate come lauto banchetto alle larve, i moncherini delle fiaccole abbandonati a terra avvizziti.
Lugubri pennacchi di fumo si innalzavano sparsi, tutto era stato dato alle fiamme; le abitazioni, i logori carretti di mercanti arrangiati a bottega, i capi di bestiame dei contadini, le latrine impregnate dal perenne fetore di piscio stantio, persino il pozzo in pietra nella piazza centrale. Ogni cosa era stata mondata dal fuoco, tranne quei corpi accatastati e sparsi come stracci sudici. Corpi orribilmente torturati.
Oltre alle mere mutilazioni da combattimento, v’erano uomini evirati e marchiati con torchi roventi, seni strappati con pinze e forche, bambini con le bocche ricolme delle proprie budella; merda e sangue mischiati in una poltiglia rappresa, una rugginosa e appestante melma viscida di cui Il terreno brullo ne era cosparso interamente.
Un corvo dallo sguardo truce teneva un occhio vitreo ben stretto nel becco, appollaiato su un’insegna del crocevia principale poco lontano dal massacro, che grondante sangue riportava:
“Benvenuti a Kaamos”.
Il piccolo insediamento rurale era stato smembrato come un’antilope dal più affamato dei leoni. E proprio lì, di fronte al crocevia, ne erano appena sopraggiunti alcuni.
«Ah, cazzo. Guardate che roba. Siamo arrivati troppo tardi.»
«Oh, tu dici Jarros? Cosa te lo lascia pensare?»
«Probabilmente la puzza di merda, Grem.» replicò una terza voce, gracidante come quella di un rospo. «Appesta l’intero villaggio, se non ve ne foste accorti. Merda bruciata.»
«Bene bene, ora si che a mammina è venuta fame.»
«Bah, che delusione.» continuò il tizio dalla voce tozza. «Ho paura che in questo posto non troverò più nemmeno l’ombra di un buco in cui infilarmi, parola di Drakk. Che dite, torniamo indietro?»
Un torvo silenzio scortava i quattro loschi figuri che montavano due coppie di destrieri tutti tendini e muscoli, intenti a trovare una mutua intesa sul da farsi. Erano equipaggiati di tutto punto con armature luride ma in perfette condizioni e portavano svariate armi incrostate di fango e sangue rappreso.
«A mani vuote? Così Laziel ci strappa le braccia e ce le infila nel culo.» obiettò Jarros in un tono non molto ironico. Annuirono in accordo con quell'osservazione.
«Beh, magari scoprite che anche a voi maschiacci piace tanto quanto a noi.» schernì la donna eccitata, voltandosi verso l’altro compare. «Piuttosto, di un po’ Drakk, da quando in qua ti fai problemi ad infilare l’uccello in qualcosa che non respira? È una novità.»
«Da quando ha rischiato di farselo cadere l’ultima volta, Ellis. È un miracolo che ce l’abbia ancora appeso.» si intromise il vecchio Grem, scoprendo un sorriso annerito privo di alcuni premolari. «Sebbene lungo come un mignolo, si intende.»
«Confermo. La tua vecchia signora era appestata come un lazzaretto, parola di Drakk.»
«Arh! Ti piacerebbe! Mia moglie, dio l’abbia in gloria, era una vera giumenta, ti avrebbe fatto ribollire le viscere. Se ne fosse rimasto qualcosa due colpi glieli darei ancora.»
Esplosero in una risata corale simile al latrato di strane bestie. Avevano un delirante modo di intendersi e nessun altro sarebbe riuscito a tollerarlo per più di pochi minuti. Ma d'altronde, chiunque ci avesse provato in passato adesso stava osservando i fiori dalla parte delle radici.
«Allora, basta con le stronzate, statemi a sentire.» incalzò Jarros con voce perniciosa. Dall'atteggiamento era chiaro fosse il capo in secondo, in assenza di Laziel.
«Conoscete il comandante, non appena verrà a scoprire che Kaamos è stata rasa al suolo si incazzerà a morte. E badate bene, si incazzerà con me, per aver perso tempo malgrado il breve tragitto che ci separa dall'accampamento, il che mi porterà ad incazzarmi con voi per avermi costretto a perderlo, e voi non potrete far altro che cacare sangue.» sputacchiò catarro salmastro in attesa che le sue parole venissero soppesate. «Spettava a noi Leoni rivendicare il villaggio, ma qualcuno ci ha preceduto.»
«Qualcuno con intenzioni peggiori delle nostre, il che è tutto dire. Ma almeno restringe la cerchia ad una manciata di stronzi.» osservò pensieroso Grem. «Me ne vengono in mente giusto due o tre tanto avventati.»
«Si, e dobbiamo capire chi sono.» riprese Jarros. «Così Laziel saprà dove riversare tutta la sua ira, noi potremmo campare per un altro giorno e avremo di che menare le mani. Tutti felici.»
«Tutti tranne Drakk.» rimbeccò Ellis, sistemando la frangia unticcia. «Il suo uccello rimarrà a bocca asciutta.» e aggiunse sardonica. «Parola di Ellis.»
Percorsa la breve distanza che li separava dal centro del villaggio, si ritrovarono ad osservare uno spettacolo raccapricciante. Sarebbe apparso troppo truculento per chiunque, tranne che per gente come loro. Certo, non erano lieti di trovarsi in mezzo a quel massacro, che poteva essere definito una topica espressione della ripugnanza e della spietatezza dell’uomo, di come la sacralità della vita fosse in grado di divenire in un lampo qualcosa di disgustoso e orrifico; ma erano comunque bellamente in grado di sguazzarci dentro come pesci carnivori.
Il numero di corpi riversi in terra aumentava in una sorta di dedalo di cadaveri surreale, finché non giunsero alle pire di carne morta mai bruciate.
Si fermarono di fronte una lunga asta piantata nel terreno su cui era stato impalato un uomo scuoiato; sulla punta spiccava uno stemma araldico figurante un rapace scarlatto.
«Porca puttana… avete visto che roba?» gemette Ellis sorpresa.
«E dire che nei lunghi anni di campagne militari ne ho viste di crudeltà, ma poche volte tanta gente crepata così male.» esclamò Grem, lo sguardo perso tra l’orrore dei ricordi e quello del presente.
«Guardate lassù.» proruppe Drakk indicando lo stemma. «Non è il simbolo dei Grifalchi, quello?»
«I Grifalchi?»
«Come temevo... sì, Ellis. I Grifalchi Zannuti.» rispose Grem, distogliendosi dai suoi pensieri. «Una delle armate più brutali al servizio della corona, famosi per i loro metodi… poco ortodossi. Vennero radiati dal Reggimento di Valion poco prima della guerra civile. I precursori... nel percorrere il sentiero di sangue e morte che seguimmo noi e tutti gli altri.»
«...Non ne sapevo nulla.» rispose curiosa di saperne di più. «Quindi questa è opera loro.»
«Va bene aprire la gola a qualcuno qui e là per dare un esempio, ma cazzo, che senso ha uccidere tutti? Nessuno uccide tutti.» lamentò Drakk adirato. «I cadaveri non pagano riscatti, e non si possono nemmeno scopare. Non sempre, almeno. Quei figli di troia ci hanno tolto il divertimento! Se li becco gironzolare li fotto per bene con la mia lancia, parola di Drakk.»
«...Non credo che questo accadrà.» asserì fermo Jarros, che era rimasto guardingo e silenzioso. «Guardatevi bene intorno. Non ci sono un po’ troppe cappe scarlatte, in mezzo ai civili?»
Quel groviglio di cadaveri era troppo abbondante per un villaggio così modesto, com'erano di fatto troppi i Grifalchi caduti nel tentativo di farlo proprio. Era possibile che alcuni fossero rimasti uccisi, benché improbabile, considerando l’esperienza militare. Ma lì c’era tanta gente del posto quanta forestiera, ed era curioso come i cadaveri dei soldati riportassero ferite mortali del tutto singolari. Sembravano smembrati da una bestia, piuttosto che dal filo di una lama.
Era lampante che fosse accaduto qualcosa di estremamente violento e imprevisto.
«Che mi fottano con una picca... Jar', hai ragione. Qui sono crepati tutti, ma proprio tutti.» riferì Grem con voce roca. «E poi...»
«Gli occhi!» urlò Ellis. «Sono tutti senza occhi!»
Anche quella rivelazione non era stata inosservata da Jarros, che annuì.
«Perché cavare gli occhi?» continuò lei.
«Non sono stati i Grifalchi, altrimenti loro li avrebbero ancora.» suggerì Grem.
«...È evidente che Kaamos nasconde segreti a noi ignoti. Cazzo, questa storia non mi piace per niente...» proferì Jarros assorto. Afferrò l’elsa della bastarda sguainandola piano, la lama stridette appena. Gli altri seguirono il suo esempio, armandosi silenziosamente.
«Dovremmo andarcene, Jar’.» sussurrò Drakk in un impeto di nevrosi. «Non mi sento per un cazzo sicuro a stare qui, e se Laziel avrà da ridire qualcosa beh, che si fotta.»
Sapeva bene che se quelle parole gli fossero giunte la sua testa avrebbe rotolato per l’intera vallata col suo cazzo ben stretto tra i denti.
«Non prima di aver capito cos'è accaduto qui. Nessuno di voi…»
Venne interrotto da un crepitio metallico, seguito prima da un tonfo, poi da un altro, violando il silenzio che permeava i resti fumanti del villaggio. Chi aveva commesso il massacro si trovava ancora lì, nascosto tra la carne morta e il sangue rappreso? Qualcosa si muoveva nelle vicinanze.
Una testa tormentata dall'alopecia emerse da un mucchio di cadaveri che celava un chiusino in ferro, l’entrata ad una sorta di cantina usata come rifugio di fortuna. Seguirono altri tre individui, tutti scrutavano gli uomini in armatura di fronte a loro con occhi intrisi tra tormento e sollievo.
L’uomo apparso per primo parlò con voce terrorizzata.
«V-voi chi siete? Non fate parte del gruppo che ha c-commesso questo, non sembrate… ostili.» il tono timoroso smentiva l’affermazione, ma lui tentava di sostenerla almeno con lo sguardo.
«Non sembriamo ostili? I tuoi compari senza occhi ci vedono meglio, verme.» lo aggredì Drakk. «Abbiamo l’aspetto di dannati chierici dal cazzo moscio, eh?»
«Su, su, lascialo stare.» replicò Jarros affabile avvicinandosi all'uomo. «Il nostro amico ha passato una brutta giornata. Dicci, amico, chi siete e cos’è accaduto qui.»
L’uomo guardò entrambi con rinnovato disgusto, ma non si lasciò ripetere la domanda una seconda volta.
«Sono Yagur… l’aldermanno del villaggio. Loro sono i miei aiutanti.» appariva affaticato, rivivere l’accaduto metteva a dura prova la residua sanità mentale rimasta.
«Erano… mercenari, gente come voi, suppongo, un gruppo esiguo. Sono arrivati in fretta e furia ed hanno… iniziato a uccidere e torturare chiunque, senza fare proclami o richieste, senza motivo o scopo apparente. Uccidevano… uccidevano e basta. Uomini, donne… bambini.» s’interruppe in un singhiozzo che non riuscì a reprimere.
«Ah, ora si spiega.» esclamò Ellis. «E voi avete ben pensato di salvarvi il culo a discapito della vostra gente. Non provate vergogna?»
L’aldermanno non rispose. Le gambe iniziarono a tremargli.
«Oh, adoro quello sguardo colpevole. Soffrite tanto, oh sì, poveri bimbi, costretti ad una fine atroce, oh sì!» squittì in un allegro sadismo. «Ma alla fine dei conti... il vostro egoismo vi ha convinto a fottervene.» concluse con aria divertita.
«Continua, Yagur.» sollecitò Jarros ignorandola. «È chiaro che c’è dell’altro.»
«S-si.» annuì. «Siamo… siamo riusciti a nasconderci, ma abbiamo visto tutto. Alcuni di loro hanno iniziato ad accumulare i corpi in mucchi, mentre altri continuavano… a uccidere. Poi… hanno bruciato ogni cosa. Animali, case, uomini. È avvenuto tutto nel giro di un’ora o meno. Prima di andarsene stavano per incendiare le pire ma…»
«Ma?»
«…L’odore del sangue deve averlo attirato.»
Jarros e gli altri si scambiarono sottecchi sguardi incuriositi.
«L’odore del sangue? Stai parlando della cosa che li ha ridotti così, non è vero?» incalzò Jarros, sperando di far luce sulla sorte dei Grifalchi.
Non rispose. Dentro il suo cuore si stavano scontrando una serie di sentimenti contrastanti. Quella “cosa” aveva reso giustizia alla sua gente, ma era anche molto, molto pericolosa.
«Ehi!» s’animò di colpo uno degli altri uomini, indicando lo stemma affisso su uno scudo. «Ma voi… voi siete i Leoni… i Leoni di Errak’Enh!»
Grem si voltò accigliato, la loro nomea aveva raggiunto persino quel luogo sperduto?
«I Leoni?» gli chiese Yagur incuriosito.
«Non li conosci? La prima linea del Reggimento di Errak’Enh, la guarnigione d’assalto della corona!» si animò, eccitato come un bimbo. «Il terrore di ogni invasore. I primi a partire, gli ultimi a tornare. Erano i migliori… finché l’Impero non crollò su sé stesso come un castello di carte e finirono per ammutinarsi, assieme a tutte le altre armate imperiali. Ora vivono sulle spalle degli innocenti come dannati tagliagole, e mentre ciò che rimane della corte vive segregata nelle Torri Fluttuanti, mettono a ferro e fuoco tutto il regno, saccheggiando e uccidendo la povera gente che avevano giurato di proteggere.»
Solo appena terminato lo sproloquio si rese davvero conto che adesso erano lì, di fronte a lui. Per poco non si pisciò addosso.
«…Vedo che conosci bene la storia.» osservò Jarros, in un ghigno malevolo. «Ehi, Yagur, il tuo aiutante ne sa più di te! Che razza di aldermanno sei?»
«Senti, cazzone, ne ho abbastanza. Vuoi dirci cos’è successo o ci tieni a scoprire quanto può sopravvivere un uomo con una lancia nel culo? Ti sorprenderesti, parola di Drakk.»
«No, no, fermi!» supplicò Yagur. «Vi dirò tutto!»
«Bene.» asserì Drakk, ritraendo la lancia pericolosamente vicina all'inguine dell’uomo.
«È stato... un basilisco.»
I quattro cavalieri lo fissarono ammutoliti, come se non avesse ancora proferito parola.
«È apparso dal nulla» continuò. «Talmente in fretta che nel delirio di sangue molti non se ne sono accorti. Ha iniziato a smembrare i soldati uno ad uno… gli altri erano già tutti morti.»
«Un basilisco!?» chiese inferocito Drakk. «Ci prendi per il culo!?»
«N-no! No! È la verità!» scongiurò terrorizzato, indicando un punto poco lontano. «L’ho visto nascondersi nella chiesa, laggiù, in fondo alla piazza… dopo aver… aver...»
«Gli occhi…» asserì Grem meditabondo. «Sapete, i basilischi possiedono... abilità magiche. Ma non possono usarle sempre, devono, come dire...»
Ellis, che amava ascoltare l’esperienza del vecchio, ci arrivò per prima. «Tu dici che… Ah!»
«Esatto.»
«Cosa?» domandò Drakk.
«Si è nutrito degli occhi... per rigenerare i suoi poteri.» concluse Jarros affascinato. «Un basilisco… hai detto che ora si trova nella chiesa?»
«Si.» confermò Yagur.
Jarros socchiuse gli occhi e soppesò i suoi pensieri compiendo un terribile sforzo nel decidere cosa farsene di quell'informazione. Li riaprì poco dopo.
«Bene. È tutto, aldermanno. Puoi andare.»
«Cosa? E dove dovrei andare?» chiese sorpreso.
«Non è affar nostro, oggi siete fortunati. Addio.» si congedò, iniziando ad allontanarsi al trotto. «E voi non restate impalati.»
Senza farselo ripete lo raggiunsero come ordinato, procedendo in direzione della chiesa che si intravedeva in lontananza.
Un lieve click metallico.
Una sferzata possente e veloce, seguita da un cozzare viscido di carne ed un fragore di pietra percossa.
Il gozzo di Yagur era stato trapassato parte a parte da un dardo, che si era puntellato su un muro di mattoni. Fiotti di sangue arterioso sgorgavano violenti, mentre l’uomo agitava le braccia convulso, fino a riversare gli occhi dopo pochi secondi d'agonia.
Gli aiutanti rimasero inermi, mentre Drakk tornava indietro a riprendersi il dardo, lasciando crollare il cadavere in terra.
«Non era un granché come aldermanno.» si giustificò agli uomini in un sorriso, che fuggirono terrorizzati urlando.
Allo sguardo inquisitorio di Jarros, rispose scocciato. «Oggi non avevo ancora ammazzato nessuno.»
Il vialetto che conduceva alla chiesa terminava di fronte un piccolo cortile e dava sul colonnato che racchiudeva il chiostro principale.
«Jar’, sei proprio sicuro? Molti più uomini di noi sono morti oggi.» affermò Grem in apprensione.
«Sono stati colti alla sprovvista.» rispose spavaldo. «Stavolta saremo noi a sorprenderlo. E poi, è l’unico modo per farci perdonare. Serviremo a Laziel la testa di quel mostro, costi quel che costi. Che c’è? Hai paura?»
«…I basilischi sono bestie pericolose. Ascoltami, torniamo indietro al campo e ci ripresentiamo qui con una dozzina dei miei ragazzi, è più sicuro.»
«E fare la figura degli stronzi? No. Potrebbe fuggire, e noi siamo qui, ora, e siamo sufficienti. Se non ti sta bene scappa pure, vale anche per voi altri.» li intimidì abilmente come aveva fatto altre volte. «Ma se entrate in quella chiesa, non si torna più indietro. Siete con me?»
«...Si.» rispose Ellis poco convinta, rispettava Jarros ma era di Grem che si fidava davvero.
«Rompiamogli il culo, Leoni di Errak’Enh!» inneggiò Drakk.
Smontati dai cavalli, si lasciarono alle spalle il colonnato entrando di soppiatto, le armi sguainate in attesa di essere mondate dal sangue venefico della bestia. La navata sembrava sgombra, di solito era illuminata dal sole che filtra dai lucernari, ma sembrava avesse lasciato il cielo in mano alle nubi grigiastre, quel tardo pomeriggio.
Si separarono su due fianchi per non farsi cogliere di sorpresa in caso di attacco frontale, ma giunti in fondo all’abside non trovarono nulla.
«Capo, io… ho un brutto presentimento.» mugolò Ellis pallida.
«Ma davvero? Ti crederò solo quando ti cacherai addosso.»
«Non essere così duro con lei.» si frappose Grem. «È normale che abbia paura, noi uccidiamo uomini, non mostri.»
«È un Leone! Non può avere paura!» rispose freddo e incollerito.
«Che fine ha fatto?» esclamò Drakk seccato. «Dove si è cacciato il biscione? È fuggito?»
«Col cazzo che lo lascio fuggire, continuate a cercare.» insistette Jarros.
Ellis tremava, le lacrime le rigavano le guance rosee, ma lo sguardo non era rivolto verso i compagni.
Nascosto dietro l’altare, emerse in tutto il suo terribile splendore.
Le squame iridescenti ricoprivano un lungo e tozzo corpo, che terminava in una grossa coda a sonagli. Era talmente esteso e imponente da occupare tutta la crociera centrale, con un muso da rettile sproporzionato. Denti aguzzi e fitti adornati da occhietti vermigli, sarebbe stato in grado di divorare una mezza dozzina di uomini.
«STATE GIÙ!» ordinò Jarros.
Si lanciò fulmineo in modo talmente agile per la sua stazza che furono colti del tutto alla sprovvista, e affondò le fauci nella spalla di Drakk perforando l’armatura come fosse burro. Un urlo gutturale e lacerante echeggiò per l’intera navata, lasciando il cavaliere in ginocchio.
Grem e Jarros si lanciarono sul mostro menando fendenti, ma era come colpire un corpo di pietra. L’immenso rettile abbandonò Drakk ormai neutralizzato per fiondarsi sugli altri, in un duello animalesco coi tre Leoni, che ora tentavano disperatamente di difendersi dai suoi agguati rapidi e letali.
Nonostante il massimo sforzo, in pochi minuti recavano tutti ferite mortali, ed erano certi di soccombere.
Avevano sottovalutato quel diavolo serpente, che stava solo giocando con le sue prede prima di finirle, in una danza macabra che preannunciava morte inappellabile.
Quando furono esausti per continuare a reagire, si immobilizzò ad osservarli, come fosse un'orrifica visione proiettata da un incubo.
Istanti lunghi come una vita terrena.
Silenzio.
Il basilisco era immutabile, con le fauci spalancate e un brillio sinistro negli occhi acquosi.
“Ora o mai più” rifletté Ellis.
In un atto disperato, si tuffò per raccogliere la lancia di Drakk abbandonata a terra e la scagliò con tutta la sua potenza; nello stesso attimo il mostro proiettò dalle pupille un raggio dorato che colpì in pieno i quattro Leoni, mentre l’arma si faceva strada nella faringe, trapassandola all'altezza del cranio.
Furono pietrificati all'istante.
Il basilisco emise uno stridio che fracassò tutte le vetrate della chiesa in un’esplosione fragorosa, prima di stramazzare a terra.
Erano ormai statue di pietra scolpite in smorfie di eterno terrore, in attesa di una morte che non sarebbe mai sopraggiunta, perdurando in quello stato maledetto per sempre, nello scorrere incessante del tempo.
Molti uomini avrebbero lodato e festeggiato quegli eroi nei tempi a venire per la loro grande impresa che aveva estirpato un antico e potente male, rendendoli meritevoli di gloria imperitura.
Nessuno avrebbe mai conosciuto la vera storia, lasciando custodite nella pietra e nei segreti del tempo le loro identità e le atroci gesta commesse in vita.
Erano santi e diavoli.