Ritorno a Kinshasa
Inviato: domenica 15 marzo 2020, 23:05
Il telefono squillò. L'uomo si destò dal sonno alcolico e afferrò l'apparecchio. Dall'altra parte, una voce familiare: «Detective, l'aspetto in centrale alle 8:00 in punto». Riattaccò.
Scostò le lenzuola umide e rimase qualche minuto seduto a fissare la finestra serrata. Si alzò e si diresse in bagno, nella semioscurità; poi si spostò in cucina, dove posò la caffettiera sul fuoco. Tornò in camera da letto, aprì le veneziane e lasciò che la luce rischiarasse il caos nella stanza. Si vestì, trangugiò il caffè bollente e uscì di casa.
Ore 7:30. Un'altra giornata infernale era appena cominciata.
L'Ispettore Capo De Gennaro lo aspettava masticando un sigaro spento. Giordano entrò nell'ufficio trascinando un tanfo di sudore e fumo di sigaretta. L'ispettore abbozzò un saluto e sbatté sulla scrivania il rapporto.
«Abbiamo bisogno del suo aiuto», ammiccò.
«Credo di sapere di cosa si tratti»
De Gennaro schiacciò il sigaro nel posacenere, si sistemò sullo schienale e assunse un'espressione interrogativa.
«Ispettore, così mi offende. Sono il migliore detective narcotici della città»
«È anche un instancabile puttaniere. A volte mi chiedo dove trova la forza»
«Solo spirito di servizio, signore»
«Mettiamoci a lavoro, allora. Saprà che la questione è delicata. Sta diventando un caso nazionale. Questa sostanza psicotropa... Mai visto nulla del genere prima d'ora. Ignoriamo da dove venga e ̶»
«I soggetti si mostrano apatici, catatonici. Si chiudono in sé stessi. Rinunciano a qualsiasi attività: smettono di lavorare, nutrirsi, fare l'amore. Nonostante ciò, la loro risposta biochimica è di chi vive uno stato di beatitudine»
«Ha già letto il rapporto?»
«Ho occhi e orecchie dappertutto»
«Questo ci farà guadagnare tempo»
«Per cosa?»
«Voglio che segua le indagini. Scovi i laboratori di produzione, risalendo i canali di distribuzione della roba»
«Di questo potrebbe occuparsene un collega più sobrio, ispettore»
«Abbiamo bisogno del migliore agente sotto copertura»
«E l'operazione “Iberia”? Sono mesi che seguo il caso, e sono ad una svolta»
«Affiderò il fascicolo a Caruso»
«Vuol far saltare tutto?»
«Non dica sciocchezze. Forse non si rende conto della situazione»
«Perché io?»
«Perché sta male, e si vede. Avvicinerebbe l'organizzazione senza sforzo, come un qualsiasi disperato»
Il detective incrociò le braccia.
«Andiamo, Giordano! Le sto dando una possibilità. Risolva questo caso e farà il grande salto»
«Non mi interessa»
De Gennaro si alzò e si accostò alla finestra.
«So quanto sia difficile per lei, in questo momento, ma la invito a riflettere. Lasci alle spalle il passato. Magari un giorno farà come ogni bravo poliziotto di questa città: metterà su famiglia, si farà un'amante e passerà le domeniche al centro commerciale»
«Non è il mio genere di inferno»
«Sì, ma sono io a dare gli ordini: l'operazione sotto copertura, o la spedisco a fare multe ai pederasti che battono sul lungomare».
Il detective serrò le mascelle, afferrò il rapporto e voltò le spalle, diretto all'uscita.
«Se ho bisogno, la contatto io»
La porta a vetri si chiuse, vibrando per qualche secondo. Giordano allungò il passo verso il primo angolo appartato sulla strada, vomitando il poco che aveva in pancia. Esausto, sollevò la testa e posò gli occhi sul serpentone di auto che già a quell'ora intasavano le vie del centro. «Sarà una lunga giornata».
Scese planando. Una radura smeraldo lambiva un bosco di castagni. Ancora oltre, una catena montuosa dominava la pianura. Atterrando su un tappeto di fiori di campo, l'aria fresca gli accarezzava il viso. Api ronzavano vorticando. Ignorava quei luoghi, eppure aveva la sensazione di esserci già stato.
Ora camminava. Era nudo. Si sentiva a suo agio. La foresta era a un passo; era diretto lì. Alle spalle, il verso di un animale. Si voltò. Circondato da una staccionata, un gregge di candidi agnelli. Gli animali correvano all'impazzata, urtandosi con violenza. Voleva fare qualcosa per tranquillizzarli, ma era come paralizzato.
Adesso, raffiche di vento gelido sferzavano l'erba. All'orizzonte incombevano nubi scure come la notte. Il crepitio dei tuoni copriva il belare degli agnelli.
Alzò gli occhi. Stormi offuscavano il cielo, ma non erano uccelli; erano ovunque. Si fiondavano sulle gregge come aquile. Bestie antropomorfe: corpi nerboruti, mani e piedi uncinati, ali di pipistrello. Emettevano una specie di ronzio. Diavoli! Ecco cos'erano. Pasteggiavano con le gregge. Il terreno, annerito dal sangue degli agnelli, era una viscida poltiglia di fango e interiora.
Cercava di tornare verso il bosco. Si muoveva gattonando nella fanghiglia, ma uno dei quei esseri gli impediva di andare oltre, svolazzandogli intorno. Aveva orecchie e fauci pronunciate, orbite nere come la pece ed emetteva un verso sconosciuto. Non riusciva a sopportarlo; penetrava nella testa come la punta di un trapano. Temeva di impazzire. Si copriva le orecchie con i palmi delle mani.
Ora la bestia era su di lui. Tentava di infilargli le dita uncinate in gola. Spingeva con forza, spalancando le fauci ed emettendo quel terribile verso.
I suoi occhi iniettati di sangue, che sgorgava dalle orecchie, a fiotti, e quel suono che continuava. Impazziva, impazziva, impazziva...
Un sussulto, ed aprì gli occhi. Era madido e le orecchie gli fischiavano. Un braccio gli cingeva lo sterno. Di fianco, la sagoma di una ragazza; un respiro profondo e ritmato. Si accorse del peso di quell'arto e gli parve insopportabile. Scivolò via dalla morsa e si chinò a raccogliere le mutande.
Quel corpo nudo, disteso sul letto, gli fece una certa impressione. Aveva dimenticato il nome della donna. Provò un senso di nausea, e decise di prendere una boccata d'aria.
Si accese una sigaretta. Lì, sul poggiolo, lo sciabordio delle onde arrivava distinto, interrotto dal rombo di qualche auto di passaggio. La brezza lo raggiunse sfiorandogli il volto, e provò un senso di pace.
Quell'incubo: il peggiore che avesse avuto negli ultimi mesi; eppure, provava uno strano vigore.
Il campanile della chiesa di fianco rintoccava le 6:30. Giordano prese un profondo respiro e decise che quella sarebbe stato un buon momento per uscire di casa.
«Antonio Profumo. È un ex-manager dell'IRI, dal passato un po' losco. Ha subito un paio di processi per corruzione, ma ne è uscito pulito. È nella lista dei soggetti che hanno manifestato sindromi psicotrope». Giordano riascoltò il vocale, svoltando su una strada che saliva su per la collina.
L'Eden, il quartiere-bene della città. Lungo la strada, ville pseudo-hollywoodiane si alternavano a dimore liberty color pastello.
L'auto del detective si fermò di fronte ad un cancello in ferro battuto. Al citofono, una voce gracchiò:
«Chi è?»
«Buongiorno, sono il detective Giordano, della polizia. Vorrei parlare con il dottor Profumo»
«La polizia? Posso sapere la ragione della visita?»
«Con chi parlo?»
«Sono la sua governante»
«Mi apra. È una questione di massima importanza»
Un attimo di attesa e Il citofono fece clic. Un colpo e il cancello si aprì, mosso da un braccio meccanico. Giordano attraversò un giardino di cedri, avvolto da un cinguettio discreto. Arrivò all'ingresso dell'abitazione, dove una donna corpulenta lo attendeva.
«Mi scusi se sono sembrata scortese, ma il dottore non ama ricevere visite a quest'ora»
«Faremo in fretta»
La donna fece accomodare il detective nell'atrio.
«Lo aspetti qui»
Giordano annuì. La governante si infilò in una stanza dietro un elegante scalinata che portava al piano di sopra.
Il detective seguì con lo sguardo la linea dello scorri-mano, arrivando fino al soffitto, dove l'affresco di un cielo stellato impreziosiva la sala spoglia.
«Buongiorno detective, come posso aiutarla?»
Giordano si voltò. Un uomo attempato gli veniva incontro, con il braccio proteso, per stringergli la mano in segno di saluto.
«Dottor Profumo, mi spiace essere piombato qui senza preavviso»
«La prego, mi chiami Antonio. Non amo i convenevoli»
«Le ruberò solo qualche minuto»
«Le piace l'affresco? Un tempo questa casa era un vero museo». L'uomo sospirò.
«Ne avevo sentito parlare»
«Possedevo una raccolta di tele di Bosch»
«Se ricordo, anche uno dei quattro pannelli delle “Visioni dell'aldilà”»
«“L'inferno”, per la precisione. Lei è un fine intenditore, detective»
«Sono un cultore di arte fiamminga»
«Stupefacente!»
«Dove sono finiti i suoi quadri?»
«I miei figli... Mi hanno tolto tutto. Pensavano volessi diseredarli»
«Lo avrebbe fatto?»
«No». Sorrise. «Loro, insieme alle tele, sono tutto ciò a cui tengo...»
Giordano annuì.
«Immagino il motivo per cui lei è qui. I suoi colleghi sono già passati a farmi visita. È per la storia della droga, vero? Con loro sono stato un po' scortese...»
«I suoi figli hanno tentato di rinchiuderla in una clinica di recupero. Eppure non mostra i segni di una tossicodipendenza. Come lo spiega?»
«Covavo da tempo un certo malessere. L'olon mi ha aperto a nuove prospettive: ho abbandonato una vita di schiavitù, ritrovando me stesso»
«Olon? Allora è questo il suo nome...»
«È una medicina, detective, non una droga»
«Ho il sospetto che la sua “medicina” c’entri con la spoliazione della casa»
Profumo annuì.
«Dopo l'assunzione ho cominciato a detestare la materialità che mi circondava. Mi sono liberato del superfluo; credo dovremmo farlo tutti»
«Così, ha dato via tutto il suo patrimonio»
«Non tutto. Ho tenuto questa casa, le tele e una piccola rendita»
«E a chi ha donato la sua roba?»
«Alla persona che mi ha salvato!»
«Parla dell'uomo chiamato “il Bianco”?»
«Proprio lui»
«Il timore dei sui figli era fondato, allora?»
«I miei figli sono degli ingenui. Ma non li biasimo. Ad ogni modo, avevo pensato anche a loro. Le tele sarebbero state il mio lascito»
«Capisco»
«Posso farle una domanda, detective?»
«Certo»
«Questa indagine per chi la sta seguendo?»
«È evidente»
«Lei ne sembra coinvolto»
«È il mio lavoro»
«Mi riferisco a qualcos'altro. Riconosco la luce nei sui occhi. La fiamma dell'intelligenza soffocata dai sensi di colpa; il terrore di guardarsi dentro»
«Lei non sa proprio nulla di me»
Profumo sorrise. «In lei rivedo il me di qualche tempo fa. Quel dolore... Traspare in ogni suo movimento. Ha incubi ricorrenti, vero? Il male la tormento tutte le notti, la perseguita da tempo e ̶»
«Ora basta!». La voce riecheggiò nell'atrio.
Profumo sbatté lentamente le palpebre. «Non volevo turbarla, detective»
«Non stiamo parlando dei miei problemi. Si guardi: il suo sembra l'epilogo di un film già visto. Un peccatore redento che si rifugia nella sua tana per ritrovare sé stesso. Tutto troppo semplice. Ma di tutti quelli che vivono come vegetali e hanno abbandonato le loro famiglie, direbbe che sono degli uomini fortunati?»
«Capisco le sue perplessità, Giordano. Ma costoro si sono affacciati sull'abisso che portavano dentro, senza costrizioni. Hanno scelto di percorrere una strada che anelavano da una vita, sbarrata dalle convenzioni sociali; a questo serve l’olon. A modo loro, sono felici»
«Al prezzo della sofferenza di chi gli sta intorno»
«Detective, l'amore per il prossimo non accetta contropartite. I miei figli non lo hanno capito, e mi hanno abbandonato»
«Forse è stato lei ad abbandonare loro»
«Si sbaglia. Sono un padre migliore di quanto lo fossi prima. Ma questo cambiamento... è stato troppo per loro. È più semplice credere che abbia perso il senno, piuttosto che accettare la realtà»
«Quest'uomo, il Bianco, sembra un fantasma. Deve aiutarmi a scovarlo»
«Ne parla come di un criminale. Non è un fuggitivo, non si nasconde. Provi al vecchio molo, lì tra gli ex-magazzini della seta. Gestisce una bottega di prodotti erboristici»
«Quando dirò al mio capitano che bastava chiedere per avere una una risposta, rimarrà a bocca aperta»
«Non si illuda, detective. Non è la sua abilità da investigatore che la condurrà alla verità, ma il suo dolore. È un brav'uomo. Con i suoi colleghi sono stato poco generoso, ma lei merita una chance. Non la sprechi»
Il cancello si chiuse con un tonfo e Giordano montò in auto. Mise in moto, ma restò fermo, mani sul volante.
Ripensò alle parole di Profumo. Gli incubi ricorrenti, gli attacchi di panico. Assistere alla tortura di un dodicenne non era quello che ci si augurerebbe mai, soprattutto per un poliziotto sotto copertura. La vendetta trasversale di un narcos non segue un codice di condotta; la scelta era tra sacrificare una giovane vita e salvarne migliaia. Lui lo sapeva. Così era rimasto impassibile, quando una lama da quindici aveva reciso di netto la carotide del ragazzino. Da quel momento la sua esistenza sembrava aver perso ogni scopo.
Accese la radio. Una vecchia canzone spandeva le sue note nell'abitacolo
More than this, you know there is nothing
More than this, tell me one thing
More than this, you know there is nothing
Un singulto e Giordano scoppiò in un pianto. Oltre i cespugli, il mare calmo segnava il confine di un orizzonte terso. Diede gas e partì senza indugio.
«Ancora nulla, ispettore». Il detective parlava al telefono in viva voce, imboccando l'uscita della tangenziale, direzione “porto”.
«Si fidi di me. L’aggiornerò non appena avrò qualcosa in mano»
«Va bene, ma la avverto: un passo falso ed è fuori!»
«Devo lasciarla»
Chiuse la comunicazione e accostò l’auto in una zona in divieto, lontano dalle banchine. Si incamminò a passo svelto, tenendosi di lato alla carreggiata.
La bottega si trovava proprio alle spalle del fronte mare, «Lontano da occhi indiscreti». Entrò. Su robusti scaffali di legno, era accatastata la merce: scatole di metallo, erogatori di tè sfuso, dispense con prodotti lassativi, saponi agli oli essenziali. Nell'aria, un’orgia di profumi che ricordava il suk di una città esotica. In alto, un lucernario che inondava l'ambiente di una luce naturale. Di là, oltre il bancone in fondo al locale, una tenda si smosse. Un uomo di mezza età, dalla barba curata e una folta capigliatura bianca legata in una coda, si sporse verso il visitatore.
«Buongiorno, posso aiutarla?»
«Salve, è lei il titolare?»
«Sì. Cosa desidera?». Sorrise.
«Un amico... mi ha suggerito di chiedere di lei. È per una richiesta particolare»
«Il suo amico ignora che sono l'unico dipendente della mia attività»
Giordano si passò una mano tra i capelli.
«Di cosa si tratta?». Il bottegaio sfogliava qualcosa che assomigliava ad un registro degli ordini.
«Un antidepressivo. Si chiama olon»
L'uomo alzò la testa e fissò il detective.
«Lei è un poliziotto, vero?»
Giordano aveva la fronte perlata di sudore.
«Non so di cosa parla», e poggiò la mano sulla fondina della pistola sotto la giacca.
«Stia tranquillo. Sono solo in negozio e non possiedo armi». L'uomo roteò la testa spaziando con lo sguardo. «Sono un pacifista convinto».
«Nel nostro mestiere non ci sono concesse imprudenze»
«Eppure ne ha già commesse un paio. Se voleva essere un intervento sotto copertura, ha fallito su tutta la linea»
«Di cosa parla?»
«Chi indosserebbe una giacca come la sua con questo caldo? Lei ha l'aria di uno sveglio, detective. Far finta di essere un pessimo poliziotto è stata una mossa astuta, ma non era necessario»
«Almeno ora so con chi ho a che fare. Sa che è nei guai, vero?»
«Immagino di sì, anche se faccio fatica a comprenderne il motivo»
«Questo olon... Sta sconvolgendo la vita di molte persone»
«È un problema?»
«Lo è per le famiglie delle vittime»
«La prego, lasci stare il gergo giudiziario. Qui ci sono solo coscienti ed incoscienti, e gli incoscienti non sono quelli che crede lei. Come le ha chiamate? Sì... vittime»
«Non perderò altro tempo. Tiri fuori la roba o la bottega si riempirà di poliziotti»
«Lei non lo farà. Non chiamerà i suoi colleghi. Se avesse voluto, lo avrebbe già fatto»
«Ora mi dirà chi c'è a capo dell'organizzazione, chi sono i referenti per la distribuzione, dove avviene la produzione, e...»
L'uomo rise. «Mi ha scambiato per uno spacciatore? La mia unica attività è questa bottega. Esercito da trent'anni. Se si fosse informato, non staremmo qui a discuterne»
«E cosa mi dice dei lasciti dei suoi “clienti”? Donazioni milionarie che finiscono nelle sue tasche»
«Le donazioni sono spontanee. Le liquidazioni dei beni finiscono su un conto corrente che finanzia interventi di conservazione e recupero ambientale in Congo»
«Di che tipo?»
Il bottegaio sospirò. Prese una scaletta di legno da dietro il bancone, la aprì e ci montò su per allungarsi su uno scaffale alle spalle. Scostò un paio di barattoli e tirò fuori una boccetta trasparente. Poi scese e poggiò il contenitore sul bancone.
«La risposta è qui dentro»
«L'olon?»
«La chiamerebbe “sostanza psicotropa”, ma è molto di più»
Giordano afferrò la boccetta e la sollevò controluce.
«Si tratta di un olio essenziale, ricavato dalla corteccia di un albero che cresce nelle foreste del Congo»
«Come è arrivata a lei?»
«Sono un antropologo. Mi chiamo Manuel Del Boca. Ho vissuto anni tra le tribù, nella foresta pluviale del bacino del Congo. A quei tempi, ebbi la fortuna di incontrare un ex-legionario belga che era stato al servizio del Re Leopoldo II. Un uomo anziano, ma ancora lucido. Viveva tra gli autoctoni. Mi raccontò delle efferatezze compiute in quegli anni, e dell'inferno di violenza e soprusi a cui aveva partecipato. Poi mi parlò di questo estratto usato dagli sciamani nei riti di passaggio»
«A quale scopo?»
«Aveva vissuto a lungo, tormentato dai sensi di colpa. Quella sostanza lo aveva liberato da quel fardello. Gli avevo confidato di aver perso la famiglia a causa di un incidente stradale. Volle aiutarmi»
«Lei...»
«Oggi la deforestazione ne sta mettendo a rischio l'esistenza»
«Così raggira poveri disperati per finanziare il suo folle progetto»
«Mi spiace ne sminuisce il valore»
«Dovrà rinunciarvi»
«Lei non capisce: allevio il dolore del mondo. L'olon espande la percezione di quello che ci circonda, caricando di senso la propria vita»
«Se questa sostanza avesse una diffusione di massa, il mondo si fermerebbe»
«Si sbaglia. Tornerebbe ad avere senso. Si rende conto che viviamo come ingranaggi di un gigantesco meccanismo? Questa non è una vita degna di essere vissuta. Sono certo che lei lo sa»
«Va bene, ora basta. Questa la porto con me»
«Si fermi, la prego!»
Il bottegaio si sporse dal bancone, cercando di afferrare il detective, che con una rotazione del busto schivò la presa. Un colpo alla nuca e il Bianco si ritrovò in terra, KO.
Giordano corse all'auto. Riprese fiato qualche minuto, poi si mise al volante. Prima di partire, tirò fuori la boccetta e la tenne stretta tra le mani tremanti; afferrò il telefono e chiamò De Gennaro.
«Detective, spero abbia buone notizie»
«Ispettore, domattina sarò nel suo ufficio. Ho qualcosa di importante da comunicarle»
Il facchino sfilò via il berretto, tirò fuori un fazzoletto di stoffa dal taschino e si asciugò la fronte.
«Monsieur, vos bagages sont prêts»
«Merci»
L'uomo montò sull'auto e allungò al guidatore un biglietto. Il conducente lesse l’indirizzo e partì senza fare domande.
«Parla la mia lingua?»
«Sì, signore»
Allo specchietto, il guidatore scambiò un’occhiata di complicità col passeggero.
«L'aspettavamo, signore». L'uomo sorrise. «La poterò in albergo, poi stasera l'accompagnerò in jeep sull'altopiano»
«Bene. Avremo modo di conoscerci meglio. Resterò qui per un bel po'»
«A Kinshasa le comunicazioni sono un po' complicate. Stasera proverò a chiamare il Bianco per avvisare che il viaggio è andato bene. Vuole che gli riferisca altro?»
«Le dica solo che Giordano è arrivato, e non vede l'ora di mettersi a lavoro»
Scostò le lenzuola umide e rimase qualche minuto seduto a fissare la finestra serrata. Si alzò e si diresse in bagno, nella semioscurità; poi si spostò in cucina, dove posò la caffettiera sul fuoco. Tornò in camera da letto, aprì le veneziane e lasciò che la luce rischiarasse il caos nella stanza. Si vestì, trangugiò il caffè bollente e uscì di casa.
Ore 7:30. Un'altra giornata infernale era appena cominciata.
L'Ispettore Capo De Gennaro lo aspettava masticando un sigaro spento. Giordano entrò nell'ufficio trascinando un tanfo di sudore e fumo di sigaretta. L'ispettore abbozzò un saluto e sbatté sulla scrivania il rapporto.
«Abbiamo bisogno del suo aiuto», ammiccò.
«Credo di sapere di cosa si tratti»
De Gennaro schiacciò il sigaro nel posacenere, si sistemò sullo schienale e assunse un'espressione interrogativa.
«Ispettore, così mi offende. Sono il migliore detective narcotici della città»
«È anche un instancabile puttaniere. A volte mi chiedo dove trova la forza»
«Solo spirito di servizio, signore»
«Mettiamoci a lavoro, allora. Saprà che la questione è delicata. Sta diventando un caso nazionale. Questa sostanza psicotropa... Mai visto nulla del genere prima d'ora. Ignoriamo da dove venga e ̶»
«I soggetti si mostrano apatici, catatonici. Si chiudono in sé stessi. Rinunciano a qualsiasi attività: smettono di lavorare, nutrirsi, fare l'amore. Nonostante ciò, la loro risposta biochimica è di chi vive uno stato di beatitudine»
«Ha già letto il rapporto?»
«Ho occhi e orecchie dappertutto»
«Questo ci farà guadagnare tempo»
«Per cosa?»
«Voglio che segua le indagini. Scovi i laboratori di produzione, risalendo i canali di distribuzione della roba»
«Di questo potrebbe occuparsene un collega più sobrio, ispettore»
«Abbiamo bisogno del migliore agente sotto copertura»
«E l'operazione “Iberia”? Sono mesi che seguo il caso, e sono ad una svolta»
«Affiderò il fascicolo a Caruso»
«Vuol far saltare tutto?»
«Non dica sciocchezze. Forse non si rende conto della situazione»
«Perché io?»
«Perché sta male, e si vede. Avvicinerebbe l'organizzazione senza sforzo, come un qualsiasi disperato»
Il detective incrociò le braccia.
«Andiamo, Giordano! Le sto dando una possibilità. Risolva questo caso e farà il grande salto»
«Non mi interessa»
De Gennaro si alzò e si accostò alla finestra.
«So quanto sia difficile per lei, in questo momento, ma la invito a riflettere. Lasci alle spalle il passato. Magari un giorno farà come ogni bravo poliziotto di questa città: metterà su famiglia, si farà un'amante e passerà le domeniche al centro commerciale»
«Non è il mio genere di inferno»
«Sì, ma sono io a dare gli ordini: l'operazione sotto copertura, o la spedisco a fare multe ai pederasti che battono sul lungomare».
Il detective serrò le mascelle, afferrò il rapporto e voltò le spalle, diretto all'uscita.
«Se ho bisogno, la contatto io»
La porta a vetri si chiuse, vibrando per qualche secondo. Giordano allungò il passo verso il primo angolo appartato sulla strada, vomitando il poco che aveva in pancia. Esausto, sollevò la testa e posò gli occhi sul serpentone di auto che già a quell'ora intasavano le vie del centro. «Sarà una lunga giornata».
Scese planando. Una radura smeraldo lambiva un bosco di castagni. Ancora oltre, una catena montuosa dominava la pianura. Atterrando su un tappeto di fiori di campo, l'aria fresca gli accarezzava il viso. Api ronzavano vorticando. Ignorava quei luoghi, eppure aveva la sensazione di esserci già stato.
Ora camminava. Era nudo. Si sentiva a suo agio. La foresta era a un passo; era diretto lì. Alle spalle, il verso di un animale. Si voltò. Circondato da una staccionata, un gregge di candidi agnelli. Gli animali correvano all'impazzata, urtandosi con violenza. Voleva fare qualcosa per tranquillizzarli, ma era come paralizzato.
Adesso, raffiche di vento gelido sferzavano l'erba. All'orizzonte incombevano nubi scure come la notte. Il crepitio dei tuoni copriva il belare degli agnelli.
Alzò gli occhi. Stormi offuscavano il cielo, ma non erano uccelli; erano ovunque. Si fiondavano sulle gregge come aquile. Bestie antropomorfe: corpi nerboruti, mani e piedi uncinati, ali di pipistrello. Emettevano una specie di ronzio. Diavoli! Ecco cos'erano. Pasteggiavano con le gregge. Il terreno, annerito dal sangue degli agnelli, era una viscida poltiglia di fango e interiora.
Cercava di tornare verso il bosco. Si muoveva gattonando nella fanghiglia, ma uno dei quei esseri gli impediva di andare oltre, svolazzandogli intorno. Aveva orecchie e fauci pronunciate, orbite nere come la pece ed emetteva un verso sconosciuto. Non riusciva a sopportarlo; penetrava nella testa come la punta di un trapano. Temeva di impazzire. Si copriva le orecchie con i palmi delle mani.
Ora la bestia era su di lui. Tentava di infilargli le dita uncinate in gola. Spingeva con forza, spalancando le fauci ed emettendo quel terribile verso.
I suoi occhi iniettati di sangue, che sgorgava dalle orecchie, a fiotti, e quel suono che continuava. Impazziva, impazziva, impazziva...
Un sussulto, ed aprì gli occhi. Era madido e le orecchie gli fischiavano. Un braccio gli cingeva lo sterno. Di fianco, la sagoma di una ragazza; un respiro profondo e ritmato. Si accorse del peso di quell'arto e gli parve insopportabile. Scivolò via dalla morsa e si chinò a raccogliere le mutande.
Quel corpo nudo, disteso sul letto, gli fece una certa impressione. Aveva dimenticato il nome della donna. Provò un senso di nausea, e decise di prendere una boccata d'aria.
Si accese una sigaretta. Lì, sul poggiolo, lo sciabordio delle onde arrivava distinto, interrotto dal rombo di qualche auto di passaggio. La brezza lo raggiunse sfiorandogli il volto, e provò un senso di pace.
Quell'incubo: il peggiore che avesse avuto negli ultimi mesi; eppure, provava uno strano vigore.
Il campanile della chiesa di fianco rintoccava le 6:30. Giordano prese un profondo respiro e decise che quella sarebbe stato un buon momento per uscire di casa.
«Antonio Profumo. È un ex-manager dell'IRI, dal passato un po' losco. Ha subito un paio di processi per corruzione, ma ne è uscito pulito. È nella lista dei soggetti che hanno manifestato sindromi psicotrope». Giordano riascoltò il vocale, svoltando su una strada che saliva su per la collina.
L'Eden, il quartiere-bene della città. Lungo la strada, ville pseudo-hollywoodiane si alternavano a dimore liberty color pastello.
L'auto del detective si fermò di fronte ad un cancello in ferro battuto. Al citofono, una voce gracchiò:
«Chi è?»
«Buongiorno, sono il detective Giordano, della polizia. Vorrei parlare con il dottor Profumo»
«La polizia? Posso sapere la ragione della visita?»
«Con chi parlo?»
«Sono la sua governante»
«Mi apra. È una questione di massima importanza»
Un attimo di attesa e Il citofono fece clic. Un colpo e il cancello si aprì, mosso da un braccio meccanico. Giordano attraversò un giardino di cedri, avvolto da un cinguettio discreto. Arrivò all'ingresso dell'abitazione, dove una donna corpulenta lo attendeva.
«Mi scusi se sono sembrata scortese, ma il dottore non ama ricevere visite a quest'ora»
«Faremo in fretta»
La donna fece accomodare il detective nell'atrio.
«Lo aspetti qui»
Giordano annuì. La governante si infilò in una stanza dietro un elegante scalinata che portava al piano di sopra.
Il detective seguì con lo sguardo la linea dello scorri-mano, arrivando fino al soffitto, dove l'affresco di un cielo stellato impreziosiva la sala spoglia.
«Buongiorno detective, come posso aiutarla?»
Giordano si voltò. Un uomo attempato gli veniva incontro, con il braccio proteso, per stringergli la mano in segno di saluto.
«Dottor Profumo, mi spiace essere piombato qui senza preavviso»
«La prego, mi chiami Antonio. Non amo i convenevoli»
«Le ruberò solo qualche minuto»
«Le piace l'affresco? Un tempo questa casa era un vero museo». L'uomo sospirò.
«Ne avevo sentito parlare»
«Possedevo una raccolta di tele di Bosch»
«Se ricordo, anche uno dei quattro pannelli delle “Visioni dell'aldilà”»
«“L'inferno”, per la precisione. Lei è un fine intenditore, detective»
«Sono un cultore di arte fiamminga»
«Stupefacente!»
«Dove sono finiti i suoi quadri?»
«I miei figli... Mi hanno tolto tutto. Pensavano volessi diseredarli»
«Lo avrebbe fatto?»
«No». Sorrise. «Loro, insieme alle tele, sono tutto ciò a cui tengo...»
Giordano annuì.
«Immagino il motivo per cui lei è qui. I suoi colleghi sono già passati a farmi visita. È per la storia della droga, vero? Con loro sono stato un po' scortese...»
«I suoi figli hanno tentato di rinchiuderla in una clinica di recupero. Eppure non mostra i segni di una tossicodipendenza. Come lo spiega?»
«Covavo da tempo un certo malessere. L'olon mi ha aperto a nuove prospettive: ho abbandonato una vita di schiavitù, ritrovando me stesso»
«Olon? Allora è questo il suo nome...»
«È una medicina, detective, non una droga»
«Ho il sospetto che la sua “medicina” c’entri con la spoliazione della casa»
Profumo annuì.
«Dopo l'assunzione ho cominciato a detestare la materialità che mi circondava. Mi sono liberato del superfluo; credo dovremmo farlo tutti»
«Così, ha dato via tutto il suo patrimonio»
«Non tutto. Ho tenuto questa casa, le tele e una piccola rendita»
«E a chi ha donato la sua roba?»
«Alla persona che mi ha salvato!»
«Parla dell'uomo chiamato “il Bianco”?»
«Proprio lui»
«Il timore dei sui figli era fondato, allora?»
«I miei figli sono degli ingenui. Ma non li biasimo. Ad ogni modo, avevo pensato anche a loro. Le tele sarebbero state il mio lascito»
«Capisco»
«Posso farle una domanda, detective?»
«Certo»
«Questa indagine per chi la sta seguendo?»
«È evidente»
«Lei ne sembra coinvolto»
«È il mio lavoro»
«Mi riferisco a qualcos'altro. Riconosco la luce nei sui occhi. La fiamma dell'intelligenza soffocata dai sensi di colpa; il terrore di guardarsi dentro»
«Lei non sa proprio nulla di me»
Profumo sorrise. «In lei rivedo il me di qualche tempo fa. Quel dolore... Traspare in ogni suo movimento. Ha incubi ricorrenti, vero? Il male la tormento tutte le notti, la perseguita da tempo e ̶»
«Ora basta!». La voce riecheggiò nell'atrio.
Profumo sbatté lentamente le palpebre. «Non volevo turbarla, detective»
«Non stiamo parlando dei miei problemi. Si guardi: il suo sembra l'epilogo di un film già visto. Un peccatore redento che si rifugia nella sua tana per ritrovare sé stesso. Tutto troppo semplice. Ma di tutti quelli che vivono come vegetali e hanno abbandonato le loro famiglie, direbbe che sono degli uomini fortunati?»
«Capisco le sue perplessità, Giordano. Ma costoro si sono affacciati sull'abisso che portavano dentro, senza costrizioni. Hanno scelto di percorrere una strada che anelavano da una vita, sbarrata dalle convenzioni sociali; a questo serve l’olon. A modo loro, sono felici»
«Al prezzo della sofferenza di chi gli sta intorno»
«Detective, l'amore per il prossimo non accetta contropartite. I miei figli non lo hanno capito, e mi hanno abbandonato»
«Forse è stato lei ad abbandonare loro»
«Si sbaglia. Sono un padre migliore di quanto lo fossi prima. Ma questo cambiamento... è stato troppo per loro. È più semplice credere che abbia perso il senno, piuttosto che accettare la realtà»
«Quest'uomo, il Bianco, sembra un fantasma. Deve aiutarmi a scovarlo»
«Ne parla come di un criminale. Non è un fuggitivo, non si nasconde. Provi al vecchio molo, lì tra gli ex-magazzini della seta. Gestisce una bottega di prodotti erboristici»
«Quando dirò al mio capitano che bastava chiedere per avere una una risposta, rimarrà a bocca aperta»
«Non si illuda, detective. Non è la sua abilità da investigatore che la condurrà alla verità, ma il suo dolore. È un brav'uomo. Con i suoi colleghi sono stato poco generoso, ma lei merita una chance. Non la sprechi»
Il cancello si chiuse con un tonfo e Giordano montò in auto. Mise in moto, ma restò fermo, mani sul volante.
Ripensò alle parole di Profumo. Gli incubi ricorrenti, gli attacchi di panico. Assistere alla tortura di un dodicenne non era quello che ci si augurerebbe mai, soprattutto per un poliziotto sotto copertura. La vendetta trasversale di un narcos non segue un codice di condotta; la scelta era tra sacrificare una giovane vita e salvarne migliaia. Lui lo sapeva. Così era rimasto impassibile, quando una lama da quindici aveva reciso di netto la carotide del ragazzino. Da quel momento la sua esistenza sembrava aver perso ogni scopo.
Accese la radio. Una vecchia canzone spandeva le sue note nell'abitacolo
More than this, you know there is nothing
More than this, tell me one thing
More than this, you know there is nothing
Un singulto e Giordano scoppiò in un pianto. Oltre i cespugli, il mare calmo segnava il confine di un orizzonte terso. Diede gas e partì senza indugio.
«Ancora nulla, ispettore». Il detective parlava al telefono in viva voce, imboccando l'uscita della tangenziale, direzione “porto”.
«Si fidi di me. L’aggiornerò non appena avrò qualcosa in mano»
«Va bene, ma la avverto: un passo falso ed è fuori!»
«Devo lasciarla»
Chiuse la comunicazione e accostò l’auto in una zona in divieto, lontano dalle banchine. Si incamminò a passo svelto, tenendosi di lato alla carreggiata.
La bottega si trovava proprio alle spalle del fronte mare, «Lontano da occhi indiscreti». Entrò. Su robusti scaffali di legno, era accatastata la merce: scatole di metallo, erogatori di tè sfuso, dispense con prodotti lassativi, saponi agli oli essenziali. Nell'aria, un’orgia di profumi che ricordava il suk di una città esotica. In alto, un lucernario che inondava l'ambiente di una luce naturale. Di là, oltre il bancone in fondo al locale, una tenda si smosse. Un uomo di mezza età, dalla barba curata e una folta capigliatura bianca legata in una coda, si sporse verso il visitatore.
«Buongiorno, posso aiutarla?»
«Salve, è lei il titolare?»
«Sì. Cosa desidera?». Sorrise.
«Un amico... mi ha suggerito di chiedere di lei. È per una richiesta particolare»
«Il suo amico ignora che sono l'unico dipendente della mia attività»
Giordano si passò una mano tra i capelli.
«Di cosa si tratta?». Il bottegaio sfogliava qualcosa che assomigliava ad un registro degli ordini.
«Un antidepressivo. Si chiama olon»
L'uomo alzò la testa e fissò il detective.
«Lei è un poliziotto, vero?»
Giordano aveva la fronte perlata di sudore.
«Non so di cosa parla», e poggiò la mano sulla fondina della pistola sotto la giacca.
«Stia tranquillo. Sono solo in negozio e non possiedo armi». L'uomo roteò la testa spaziando con lo sguardo. «Sono un pacifista convinto».
«Nel nostro mestiere non ci sono concesse imprudenze»
«Eppure ne ha già commesse un paio. Se voleva essere un intervento sotto copertura, ha fallito su tutta la linea»
«Di cosa parla?»
«Chi indosserebbe una giacca come la sua con questo caldo? Lei ha l'aria di uno sveglio, detective. Far finta di essere un pessimo poliziotto è stata una mossa astuta, ma non era necessario»
«Almeno ora so con chi ho a che fare. Sa che è nei guai, vero?»
«Immagino di sì, anche se faccio fatica a comprenderne il motivo»
«Questo olon... Sta sconvolgendo la vita di molte persone»
«È un problema?»
«Lo è per le famiglie delle vittime»
«La prego, lasci stare il gergo giudiziario. Qui ci sono solo coscienti ed incoscienti, e gli incoscienti non sono quelli che crede lei. Come le ha chiamate? Sì... vittime»
«Non perderò altro tempo. Tiri fuori la roba o la bottega si riempirà di poliziotti»
«Lei non lo farà. Non chiamerà i suoi colleghi. Se avesse voluto, lo avrebbe già fatto»
«Ora mi dirà chi c'è a capo dell'organizzazione, chi sono i referenti per la distribuzione, dove avviene la produzione, e...»
L'uomo rise. «Mi ha scambiato per uno spacciatore? La mia unica attività è questa bottega. Esercito da trent'anni. Se si fosse informato, non staremmo qui a discuterne»
«E cosa mi dice dei lasciti dei suoi “clienti”? Donazioni milionarie che finiscono nelle sue tasche»
«Le donazioni sono spontanee. Le liquidazioni dei beni finiscono su un conto corrente che finanzia interventi di conservazione e recupero ambientale in Congo»
«Di che tipo?»
Il bottegaio sospirò. Prese una scaletta di legno da dietro il bancone, la aprì e ci montò su per allungarsi su uno scaffale alle spalle. Scostò un paio di barattoli e tirò fuori una boccetta trasparente. Poi scese e poggiò il contenitore sul bancone.
«La risposta è qui dentro»
«L'olon?»
«La chiamerebbe “sostanza psicotropa”, ma è molto di più»
Giordano afferrò la boccetta e la sollevò controluce.
«Si tratta di un olio essenziale, ricavato dalla corteccia di un albero che cresce nelle foreste del Congo»
«Come è arrivata a lei?»
«Sono un antropologo. Mi chiamo Manuel Del Boca. Ho vissuto anni tra le tribù, nella foresta pluviale del bacino del Congo. A quei tempi, ebbi la fortuna di incontrare un ex-legionario belga che era stato al servizio del Re Leopoldo II. Un uomo anziano, ma ancora lucido. Viveva tra gli autoctoni. Mi raccontò delle efferatezze compiute in quegli anni, e dell'inferno di violenza e soprusi a cui aveva partecipato. Poi mi parlò di questo estratto usato dagli sciamani nei riti di passaggio»
«A quale scopo?»
«Aveva vissuto a lungo, tormentato dai sensi di colpa. Quella sostanza lo aveva liberato da quel fardello. Gli avevo confidato di aver perso la famiglia a causa di un incidente stradale. Volle aiutarmi»
«Lei...»
«Oggi la deforestazione ne sta mettendo a rischio l'esistenza»
«Così raggira poveri disperati per finanziare il suo folle progetto»
«Mi spiace ne sminuisce il valore»
«Dovrà rinunciarvi»
«Lei non capisce: allevio il dolore del mondo. L'olon espande la percezione di quello che ci circonda, caricando di senso la propria vita»
«Se questa sostanza avesse una diffusione di massa, il mondo si fermerebbe»
«Si sbaglia. Tornerebbe ad avere senso. Si rende conto che viviamo come ingranaggi di un gigantesco meccanismo? Questa non è una vita degna di essere vissuta. Sono certo che lei lo sa»
«Va bene, ora basta. Questa la porto con me»
«Si fermi, la prego!»
Il bottegaio si sporse dal bancone, cercando di afferrare il detective, che con una rotazione del busto schivò la presa. Un colpo alla nuca e il Bianco si ritrovò in terra, KO.
Giordano corse all'auto. Riprese fiato qualche minuto, poi si mise al volante. Prima di partire, tirò fuori la boccetta e la tenne stretta tra le mani tremanti; afferrò il telefono e chiamò De Gennaro.
«Detective, spero abbia buone notizie»
«Ispettore, domattina sarò nel suo ufficio. Ho qualcosa di importante da comunicarle»
Il facchino sfilò via il berretto, tirò fuori un fazzoletto di stoffa dal taschino e si asciugò la fronte.
«Monsieur, vos bagages sont prêts»
«Merci»
L'uomo montò sull'auto e allungò al guidatore un biglietto. Il conducente lesse l’indirizzo e partì senza fare domande.
«Parla la mia lingua?»
«Sì, signore»
Allo specchietto, il guidatore scambiò un’occhiata di complicità col passeggero.
«L'aspettavamo, signore». L'uomo sorrise. «La poterò in albergo, poi stasera l'accompagnerò in jeep sull'altopiano»
«Bene. Avremo modo di conoscerci meglio. Resterò qui per un bel po'»
«A Kinshasa le comunicazioni sono un po' complicate. Stasera proverò a chiamare il Bianco per avvisare che il viaggio è andato bene. Vuole che gli riferisca altro?»
«Le dica solo che Giordano è arrivato, e non vede l'ora di mettersi a lavoro»