Pollicina

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il due gennaio sveleremo il tema deciso da Maurizio Ferrero. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Polly Russell
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Pollicina

Messaggio#1 » domenica 15 marzo 2020, 23:07

Thumby fece scivolare il dorso della mano sulla fronte per tergersi il sudore. Si pulì gli occhi strofinandovi le nocche e strinse la stoffa attorno alla zampa del massiccio coleottero. «Toad sei un gran bastardo...» sussurrò tra sé mentre la bestia, zampe all'aria, scalciava con le cinque ancora buone. «La cavalcatura migliore di tutto il deserto!» Disse a voce alta, imitando il tono stridulo e l'accento orientale del Jitzi a cui lo aveva rubato. Rabbrividì un istante pensando a quella pelle squamosa e si strinse nelle spalle. Le dita della destra scivolarono sulle tre lunghe cicatrici che le circondavano il braccio sinistro e la mente volò ad alcuni anni prima e alla prima volta che il Jitzi l'aveva presa. «Maledetto rospo.»
Poggiò entrambe le mani sul fianco rosso acceso dell'insetto e lo aiutò a rimettersi in piedi. Gli sfiorò il dorso con dolcezza. «Invece non sei buono nemmeno come tintura per tessuti.»
Raccolse la sacca da terra, la scosse per liberarla dalla sabbia e la issò sopra alla coccinella, lo stesso fece con le due bisacce. Raccolse i capelli color oro in una coda bassa e afferrò i finimenti. «Andiamo bestiaccia» gli disse con tono scherzoso, «cerca di arrivare in città.»
Una folata di vento la costrinse a chiudere gli occhi, si scostò da un lato per non farseli ferire dalla sabbia. Attese qualche istante per volgere lo sguardo a sud: di Los Angeles riusciva a scorgere solo un'alta colonna di fumo grigio perpendicolare alla linea d'orizzonte in un mare giallo e marrone.
«Almeno non si vede quel maledetto Jitzi, è già qualcosa.»
Si voltò indietro e strinse gli occhi. Sabbia e cielo dello stesso colore, distinti da escrescenze rocciose, sparse come pustole. «Dovremmo aver messo un bel po' di chilometri tra noi e quell’anfibio e sta per fare buio. Possiamo prenderci una pausa.» Diede una pacca alla cavalcatura. «Dai, arriviamo a quelle rocce laggiù e ci fermiamo per la notte.»
Le loro ombre si andavano allungando sulla distesa ormai scura. Le rocce a pochi minuti di marcia. «C'è odore di fuoco.» Tastò l'interno di una delle bisacce e ne estrasse una piccola balestra senza calcio.
La caricò e la fissò al supporto della polsiera di cuoio. L'anello dello scatto ben stretto sotto l'anulare.
Deglutì.
«E va bene, andiamo.»
Mano a mano che procedeva distinse lo scoppiettio della fiamma e un paio di grasse risate. Quando raggiunse le rocce aveva già ben chiaro in mente chi doveva aver avuto la sua stessa idea. Almeno tre uomini a giudicare dalle voci e un paio di carri trainati da artropodi dalle impronte sulla sabbia.
Lasciò la coccinella una trentina di metri prima e piantò le redini a terra con un picchetto. Estrasse il pugnale dalla cintura e si spostò verso l’accampamento.
La prima cosa che vide furono i due grossi ragni corazzati. Le mascelle ben serrate da museruole e le zampe legate l'un l'atra da un metro di corda.
Gli uomini erano solo due, ma erano parecchio rumorosi. Entrambi seduti accanto al fuoco, mangiavano avidi dalle gavette, una poltiglia grumosa.
Uno, il più giovane, era appoggiato a una cassa. Il volto coperto da un copricapo di pelliccia e la corporatura esile lo facevano somigliare a un grosso roditore.
L'altro, faccia simile, doveva avere il doppio degli anni del suo compagno oltre che essere due volte più grosso. Prese una manciata di piccoli lombrichi dalla gavetta e se li fece cadere in bocca. Il viso puntato verso il cielo.
«Ne avete anche per me? Posso pagare.» Thumby nascose entrambe le mani dietro alla schiena, prima di mostrarsi ai due viaggiatori. Mosse un paio di passi verso di loro ma si fermò a quella che riteneva una distanza di sicurezza. «Allora?» Incalzò, quando non ricevette risposta.
Il più giovane le fece cenno con la mano, senza smettere di masticare. «Vieni avanti, sorella. Che accidente fai in giro da sola?»
«Quello che fate voi, vado a Los Angeles.»
Infilò il pugnale sotto la cintura, ma non scaricò la balestra. Li raggiunse e si sedette sopra una sporgenza rocciosa.
«Sono lombrichi di prima scelta questi, ragazzina.» Disse l'uomo più grosso, poi fischiò tra i denti, per recuperare un pezzetto di carne che vi si era incastrato. «Quanto puoi offrire?»
Lei si alzò in piedi, un passetto per non perdere l'equilibrio e con la mano libera sollevò la maglietta logora fin sotto al collo. Si mosse appena, facendo sussultare i seni sodi. «Per una porzione te lo posso succhiare.» Sorrise e si leccò le labbra carnose.
Il ragazzo tossicchiò e si mosse verso di lei. «Per una porzione devi succhiarlo a tutti e due.»
«Va bene.» Acconsentì Thumby e lo lasciò avvicinare con un cenno del capo. Lui le afferrò un seno. Per un momento sembrò quasi soppesarlo. «Non scambio nulla, senza essere sicuro che non mi stai fregando.» Lo chiuse tra le dita nodose e lo strinse. L'altra mano si insinuò sotto alla cintura.
«Ehi, ho detto che ve lo avrei succhiato, per il resto dobbiamo accordarci.»
Il ragazzo dall'aspetto da roditore non le rispose, spinse la mano sotto ai calzoni di tela, fino a sfiorarle i peli del pube.
La punta del dardo poggiata alla gola lo bloccò un secondo più tardi.
Lei gli leccò le labbra. «Non ho detto di no.» Sussurrò. «Ho detto che dobbiamo accordarci.» Divaricò un po' le gambe per permettere al ragazzo di raggiungere la propria intimità. «Un figlio di puttana Jitzi mi da la caccia.» La voce divenne un sussurro caldo. «Ed ha un sacco di amici. Voi mi scortate fino a Los Angeles e mi date un po' di soldi, giusto per rimanerci qualche giorno. Io in cambio vi faccio godere per tutta la notte.»
«E come pensi di entrare in città? Non mi sembra tu abbia soldi sufficienti per il pedaggio.»
La ragazza spostò la balestra e si abbassò sulle ginocchia muovendosi sulle dita di lui. «Questo, se permetti: non é affar tuo. Abbiamo un accordo?»
Il secondo uomo si sfilò la cintura e lasciò scivolare per terra i calzoni color sabbia. «Si, si, abbiamo un accordo. Ora datti da fare.»
Come Thumby ebbe scaricato e poggiato a terra la piccola balestra la afferrò per i capelli e la strattonò, costringendola carponi. Le schiacciò il viso sulla propria erezione e prese a muoversi con forza, un cenno al ragazzo che la arpionò ai fianchi, i calzoni già abbassati. «Poi facciamo cambio.»

L’alba spruzzò di viola il cielo carico di fumo sopra Los Angeles, le torri più alte ormai visibili, sembravano strapparlo. Thumby aveva atteso sveglia le prime luci. Raggiunse in silenzio gli artropodi, si voltò verso i due uomini addormentati. La sella di uno dei ragni era ingombra di sacchi e bisacce. Sollevò il telo che li ricopriva. Una fenice era chiusa in una gabbia troppo piccola per permetterle di muoversi. «Meravigliosa.» Sussurrò. «Sei troppo bella per essere prigioniera.»
Sguainò il coltello e liberò le zampe dell’altro ragno, poi lo colpì con forza sull’addome. La bestia avrebbe gridato se non avesse avuto le fauci serrate, con un poderoso balzo si portò a decine di metri di distanza, lasciando dietro di sé un arabesco verdastro.
L’uomo corpulento emise un rumore simile a un rantolio che la fece sobbalzare. Thumby si portò la destra al petto e si concesse un profondo sospiro quando vide che stava ancora dormendo.
Aprì la gabbia liberando la fenice e saltò in groppa all’aracnide. L’uccello dispiegò le ali color fuoco, la osservò a mezz’aria per un istante prima di sparire all’orizzonte. «Vattene via, tu che puoi.»
Afferrò le redini e mosse la bestia in direzione della città.
Il fiato spezzato e il mondo si fece nero per un istante, quello successivo rotolava nella sabbia con una corda stretta attorno al collo.
«Ci stai rubando i ragni, maledetta puttana?» L’uomo più grosso la colpì con un calcio allo stomaco, sollevandola in uno spruzzo di sabbia e detriti. La ragazza ebbe appena il tempo di caricare la balestra, ma il secondo uomo spezzò ogni suo tentativo di ribellione insieme alle ossa della mano, schiacciandogliela. Le afferrò il polso e glielo torse dietro alla schiena, la tenne a terra con un ginocchio sui reni poi le sollevò il capo strattonandola per i capelli. «Vieni qui Tunnel!» Urlò al suo compare.
Come li ebbe raggiunti le assestò un calcio alla mascella: un fiotto di sangue seguì la traiettoria del colpo e andò a raggrumarsi sulla sabbia come mercurio. Sostituì la presa sui capelli e dopo un cenno al ragazzo la issò di peso. «Questa troia ha liberato la fenice, era la nostra unica possibilità di entrare!»
Thumby cercò di dire qualcosa ma riuscì solo a vomitare sangue e un rantolio sconnesso. Tunnel le strappò la maglietta con una zampata e gliene infilò i brandelli in bocca. Spinse con entrambi i pollici, le mani aperte sul viso, finché non la sentì in preda ai conati. «Dovrai farla bene la puttana, adesso. Perché dovrai scoparti tutta Los Angeles per pagarci l’ingresso.» Si allontanò di un passo. «Ora ci assicuriamo che tu non vada da nessuna parte.» Sollevò il piede sinistro e lo abbatté sul ginocchio della ragazza. Il rumore stonato della rotula che esce di sede fu l’ultima cosa che Thumby udì.

Si svegliò con la sensazione di avere una spugna calda in bocca. Si sfiorò le labbra senza riuscire a sentire il propio tocco. La guancia e lo zigomo erano un unico ammasso grumoso, un altro rigonfiamento sulla fronte le chiudeva l’occhio. La gamba destra era stata steccata alla meglio, riconobbe anche i brandelli della sua maglietta, stretti attorno ai due tubi idraulici arrugginiti che gliela tenevano ferma. Si rese conto che non era la sua testa a ondeggiare e il senso di vertigine era dato dal passo ciondolante dell’aracnide si cui era stata caricata. L’avevano messa nella gabbia della fenice e tra le sbarre spiccava un cartello con il prezzo. Un paio di monete per dieci minuti, in cui poter fare “qualsiasi cosa”.
I due carcerieri erano in groppa alla coccinella che zoppicava in modo più evidente, qualche metro più avanti. «Sei sveglia puttana?» Urlò il più giovane voltandosi indietro. «Siamo quasi arrivati, comincia a tirare fuori la mercanzia.»
Le mura della città degli Angeli sembravano non avere fine. Si ergevano maestose dalle baracche colorate. Una cascata di liquame sgorgava da una decina di tubi, uno sopra all’altro, sul lato ovest della cinta e andava a riversarsi su un’acquitrino in cui rovistavano frotte di ragazzini.
Una via abbastanza larga da permetter loro di passare si snodava tra le baracche fatte di materiale di scarto della vecchia epoca, automobili arrugginite e cumuli di immondizia. Decine di banconi, costruiti alla meglio, la costeggiavano offrendo in vendita le cose più disparate.
«Mi dispiace.» Sussurrò la ragazza con un filo di voce non appena si furono fermati. Tunnel l’aveva raggiunta e aveva iniziato a scaricare le casse dall’aracnide. «Ti dispiace? Non avremo mai i soldi sufficienti per entrare, nemmeno se dessi il culo fino alla vecchiaia.» Poggiò le mani su una grossa cesta di raffia. La voce aveva una sfumatura triste. «Il Demone è un collezionista, avrebbe apprezzato la nostra fenice e ci avrebbe permesso di varcare quel cazzo di portone, ora non abbiamo nemmeno i soldi per comprarci da mangiare.» Le passò una borraccia di pelle, tra le sbarre. «Come pensavi di entrare, tu?»
«Cantando.»
L’uomo scoppiò in una risata sdentata. «Sai quanta gente sa cantare? Non basta avere una bella voce per impressionare il Demone.»
Thumby fece forza sui gomiti e cercò una posizione più comoda. «Io non ho una bella voce. Sono una sferia: i maschi si innamorano di me se odono il mio canto.»
Tunnel richiamò il suo compare e si avvicinò di più alle sbarre, vi infilò i gomiti in mezzo per appoggiarsi. «Non ci credo, le sferie sono sparite da anni.»
«In questa regione, non da dove vengo io. È per questo che scappavo dal Jitzi. Mi ha sentito cantare, una notte. Ero affacciata da casa di mia madre. Non è riuscito più a ragionare e mi ha rapita.»
«E perché non hai cantato anche con noi? Sarebbe stato più semplice che venderti.»
«Certo, per avere anche voi alle calcagna oltre a Toad e alla sua gente. Tu non hai idea di quanto sia potente il canto di una sferia.»
Il più giovane poggiò a terra una sacca. «Bene, canta allora, seduci qualcuno qui intorno, noi ci tapperemo le orecchie.»
Lei si spostò ancora più indietro, poggiando le spalle sulle sbarre di bamboo. «Mi avete picchiata, razza di coglione! Non riesco ad aprire la bocca.»
Il ragazzo raccolse di nuovo la bisaccia e se la caricò in spalla. «Allora non ci servi a niente.»
Tunnel lo raggiunse qualche metro più avanti e lo afferrò per la spalla. Una donna corpulenta gridava dalla bancarella di fronte: un grosso ratto decorticato tra le mani. Spacciando il proprio per il migliore stufato della regione. «Aspetta Topo, aspetta un momento e se dicesse il vero?»
«Ma davvero vuoi fidarti ancora di lei?»
«Tanto così conciata non è buona nemmeno per scopare. Lasciamo che si rimetta un po’ e intanto spargiamo la voce che possediamo una sferia, al Demone potrebbe interessare comunque.»
«Secondo me ci fregherà di nuovo.»
Tunnel si grattò il ventre prominente. «E noi la pesteremo di nuovo. Alle brutte ce la teniamo. Scopa bene e io sto invecchiando, non mi dispiacerebbe qualcuno che faccia il lavoro duro al posto mio.»
Topo scosse la testa. «È un fuscello. Che vorresti farle fare?»
«Nell’ipotesi che non riuscissimo ad entrare a Los Angeles e dovessimo tornare indietro, potrà coltivare la terra e occuparsi di noi. Sai cucinare, accendere fuochi, lavare: quella roba lì. Ci basterà una catena lunga.» Scoppiò di nuovo a ridere. «Tanto non credo che quel ginocchio tornerà mai a posto, dove vuoi che scappi?»

La corazza della coccinella era stata trasformata in una capanna con discreto successo e la sua carne li nutriva da giorni, direttamente e indirettamente dato che erano riusciti a venderne più di metà. Un fuoco acceso davanti all’ingresso scoraggiava gli insetti più grossi e i ratti e la puzza della plastica che vi bruciavano dentro a cadenza regolare, era migliore di quella dell’acquitrino di liquame poco distante, in più teneva lontane le zanzare.
Il mercato fuori dalla porta di Los Angeles sembrava non dormire mai. Stessa confusione di giorno o di notte, stesso via vai di disperati, stesse risse, stessa miseria. Durante la notte dei fasci di luce, dalle mura, illuminavano a giorno la piana sottostante e ronde di militari attraversavano l’enorme baraccopoli in turni regolari, e quasi in ogni ronda una decina di disperati ventina uccisa: chi si avvicinava troppo alle mura o chi cercava di forzare l’ingresso.
Tunnel aveva appena tolto la pentola dal fuoco e aveva passato una scodella fumante a Thumby, seduta su una cassa. Una catena sul collo e una sul polso la ancoravano a un gancio piantato al suolo. Come se la gamba steccata le avesse permesso di muoversi. «Mangia, ragazza. Questa storia della sferia ci sta comunque fruttando bene. Ho una trentina di clienti in fila per poter usare la tua bocca, e a occhio e croce mi pare tu ti sia rimessa a sufficienza per soddisfarli. Hanno pagato più di quanto mi aspettassi. Se continua così, in un paio di mesi, potremmo entrare lo stesso. Almeno io e Topo.»
Lei trangugiò la poltiglia grumosa. «Dopo tutto mi lasceresti qui?»
«Se mi fai guadagnare i soldi per entrare saremo pari, e tu potrai farlo come avevi già pensato di fare da sola. Nessun rancore, solo affari.» Si alzò con una smorfia e si mise le mani sui reni inarcando la schiena. «Vado a contrattare col primo, sbrigati a mangiare.»
Thumby annuì, lo guardò lasciare la capanna e scomparire dietro al fumo nero del falò. Allentò le bende dalla gamba, abbastanza da sfilare uno dei tubi, si morse le labbra nel farlo. Lo infilò nel gancio piantato a terra e fece leva. Lo dissotterrò in pochi istanti e arrotolò la catena sul braccio. Si voltò di scatto, la risata di Tunnel appena fuori.
Usò lo stesso tubo per spaccare la corazza, ormai secca, e lo infilò di nuovo tra le bende poi le strinse. Dall’entrata giunse fragoroso, un boato. Saltellò fuori e afferrò un palo di bamboo per appoggiarsi. Di nuovo un boato, grida e raffiche di mitra. «Sono le guardie hanno armi da fuoco, che diavolo succede?» Sussurrò e scivolò da un lato, si sporse oltre la corazza e strizzò gli occhi. Un’intera pattuglia stazionava davanti al guscio-capanna. Tunnel era riverso in una pozza di sangue e urina e Topo frignava accovacciato in un angolo con la canna di un fucile puntata alla testa. «Allora rifiuto, dove diavolo è la sferia?»
Il ragazzo sollevò l’indice tra i singhiozzi e indicò la capanna, un istante più tardi il suo cervello ne affrescava la parete.
Thumby si schiacciò contro la corazza, una mano sulla fronte, poi sullo stomaco, di nuovo sulla fronte e il respiro sempre più corto. Espirò l’ultima aria dai polmoni, poi si erse in piedi. «Non riuscirei mai a scappare.» Disse più per se stessa, poi gridò. «Sono qui! Sono io la sferia.»
Le guardie la raggiunsero in pochi istanti, le divise di metallo lucido splendevano riflettendo i fari della muraglia. «Finalmente.» Sentenziò il primo che la raggiunse. «Il Demone desidera vederti, è stato informato che quei due pezzi di sterco ti stavano usando e ha voluto salvarti. Ti scorteremo all’interno.»
Thumby tirò un sospiro tanto profondo che le girò a testa, perse l’equilibrio anche e si appoggiò a uno dei soldati.
«Sei ferita?»
«Non posso camminare.»
«Non c’è problema.» Il militare slacciò le fibbie di cuoio che bloccavano il corpetto e lo sfilò. Aiutò la ragazza a calzarlo e lo strinse. Fece un giro di cinta in più, sulla mezza sfera che era nella parte posteriore e lo mosse, per assicurarsi che fosse bene fissato. «Ora attenta.» Afferrò la mezza sfera e ne sganciò il fermo: due enormi ali di metallo lucente si dipanarono sulle spalle esili della ragazza. «Per ora non avrai bisogno di sapere in che modo manovrare, dai le mani a due degli agenti, ti guideranno loro, noi vi raggiungeremo a piedi. Ci vediamo all’interno.»
«Sapete cosa vuole il Demone da me?» Nel dirlo si sistemò alla meglio i capelli, li lisciò tra le dita e li raccolse sulla spalla.
«So solo che avevamo ordine di cercarti e di portarti a palazzo a qualunque costo.»
«A palazzo? Al suo palazzo?» Cinguettò, le labbra distese in un sorriso.
«No, certo che no. Nel palazzo delle meraviglie, dove tiene la sua preziosissima collezione.» Sfilò dalla borsa appesa alla coscia un bavaglio in metallo e cuoio. «A proposito, apri la bocca.» Glielo spinse a forza tra le labbra e lo fissò dietro alla nuca. «Il demone sta facendo preparare una teca insonorizzata per te, ma nel frattempo è meglio non correre rischi.»


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Re: Pollicina

Messaggio#2 » domenica 15 marzo 2020, 23:51

Quasi dimenticavo:
Violenza esplosiva “tra le altre, il pestaggio di Thumby”
Bestia medievale “la fenice” so che non è prettamente medievale, ma proprio nel medioevo come rappresentazione di Cristo ha una seconda gloria.
Ambientazione sporca “la baraccopoli fuori da Los Angeles
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Re: Pollicina

Messaggio#3 » lunedì 16 marzo 2020, 14:03

Mi rileggo bene il commento, non appena sarò riuscita ad accedere alle maledette classi virtuali delle mie figlie, e ti rispondo in modo esaustivo. Intanto su acquitrino con l’apostrofo sto rotolando! Ma come cacchio ho fatto?! XD!!
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Re: Pollicina

Messaggio#4 » lunedì 16 marzo 2020, 20:18

Eccomi qua, ebbene sì, faccio ammenda col capo coperto di cenere! Hai ragione su tutta la linea, con le virgole faccio una fatica assurda! E sono anche migliorata negli anni. XD devo rileggere almeno cinque o sei volte per riuscire a mettere in ordine quello che scrivo, perché il più delle volte le maledette virgole sono solo il mio pensiero che si interrompe! Questa volta, colpa di Romanelli che ha finto di chiedere la proroga (maledetto), ho riletto mezza volta è il risultato eccolo lí. :( per “l’acquitrino”, boh, penso mi sia venuta una T.I.A.! :)
Sulla mancanza di verbi, è così. Nel senso che è così che scrivo, come i pensieri brevi, quasi tronchi. Può piacere o no, ma a me piace e me lo tengo. ;)
Sono contenta che tu abbia apprezzato l’ambientazione, ma io scrivo cyber-steampunk, e post apocalittico, quindi giocavo in casa. Lo stesso dicasi per i bonus, a parte l’animale mitologico.
Grazie per tutto!
Polly

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Re: Pollicina

Messaggio#5 » lunedì 16 marzo 2020, 22:11

Certo! :)
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Re: Pollicina

Messaggio#6 » mercoledì 18 marzo 2020, 0:14

Ciao Polly e piacere (come sempre), di leggerti.

Polly, per essere una favola gore-postapocalittica il gore è limitato. Ma, a parte il gusto personale, la storia è ben scritta. Una vicenda postapocalittica che ha un po' di Mad Max, un po' di Fuga da Los Angeles e tanta farina del tuo sacco. Purtroppo, conosco molto poco della vicenda di Pollicina, quindi ho faticato a seguire molti riferimenti impliciti nella vicenda. E questo, inevitabilmente, per me diventa un malus: il fatto che Thumby sia perseguitata da un Jinni funziona come motore della storia, ma il tutto risulta così fumoso che si fa fatica a capire la portata effettiva della minaccia. In egual misura, il finale risulta monco, poiché manca qualunque riferimento effettivo a chi sia il "Demone", quali siano i poteri di una sferia e cosa ne voglia fare il dittatore. Insomma, forse servirebbe una continuazione a questa storia, altrimenti le sue grandi potenzialità (tutta la parte centrale è eccellente, eh!) andranno sprecate.

Alla prossima!

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Re: Pollicina

Messaggio#7 » mercoledì 18 marzo 2020, 0:42

Pretorian ha scritto:Ciao Polly e piacere (come sempre), di leggerti.

Polly, per essere una favola gore-postapocalittica il gore è limitato. Ma, a parte il gusto personale, la storia è ben scritta. Una vicenda postapocalittica che ha un po' di Mad Max, un po' di Fuga da Los Angeles e tanta farina del tuo sacco. Purtroppo, conosco molto poco della vicenda di Pollicina, quindi ho faticato a seguire molti riferimenti impliciti nella vicenda. E questo, inevitabilmente, per me diventa un malus: il fatto che Thumby sia perseguitata da un Jinni funziona come motore della storia, ma il tutto risulta così fumoso che si fa fatica a capire la portata effettiva della minaccia. In egual misura, il finale risulta monco, poiché manca qualunque riferimento effettivo a chi sia il "Demone", quali siano i poteri di una sferia e cosa ne voglia fare il dittatore. Insomma, forse servirebbe una continuazione a questa storia, altrimenti le sue grandi potenzialità (tutta la parte centrale è eccellente, eh!) andranno sprecate.

Alla prossima!

Lo sapevo che la dose di gore non ti sarebbe bastata. XD
In prima stesura avevo insistito sul sesso iniziale, rendendolo violento e sul pestaggio, poi ho pensato che in fondo sono una signorina e ho tagliato, e vedi? Ho fatto make! XD
Per i riferimenti alla fiaba originale hai ragione, conoscerla ti avrebbe permesso di goderne di più, o magari è una mia speranza. È una vita che ogni volta che leggo Pollicina alle mie figlie penso che la favola in sè, sia terrificante, dal rospo che rapisce questa bambina (nella favola si parla di bambina) per prenderla in moglie, al topo che se la porta in casa una volta riuscita a scappare e cerca di maritarla con un talpone! Per finire col principe che le regala un paio d’ali e decide, senza preoccuparsi di ciò che vuole lei, di cambiarle nome e sposarla! Roba da denuncia! XD Diciamo che ho solo usato parole più crude, ma l’horror c’era già tutto. :)
In questa ottica ho lasciato correre su chi fosse il Demone (principe) e sui suoi intenti, i su Toad (il rospo) confidando che fosse una fiaba nota. Ci rimetterò le mani. Grazie.
Polly

Kiljedayn
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Re: Pollicina

Messaggio#8 » venerdì 20 marzo 2020, 11:12

Ciao Polly, piacere di conoscerti!
Che dire? Hai scritto un retelling della fiaba di Pollicina che mi ha colpito positivamente, il genere del post-apocalittico è uno dei mie preferiti e vederlo applicato a una storia tradizionalmente pensata per i più piccoli è sempre una ventata di aria fresca. Ho apprezzato il fatto che Thumby, pur essendo più dura della sua controparte originale, mantenga un po' di quell'ingenuità che la caratterizza nella sua apparizione classica. Anche il fatto che non ci sia un lieto fine è perfettamente calzante con l'estetica post-apocalittica. Per quanto riguarda le critiche: fai attenzione alla punteggiatura, in alcuni passaggi necessitava di maggiore cura, a mio avviso. Mi accodo a Pretorian nel dire che avresti potuto calcare ulteriormente la mano con la violenza, ma più che una vera critica, questa è questione di gusto personale.
Ok per quanto riguarda i bonus.
In conclusione, ho apprezzato il tuo racconto, complimenti!

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Andrea Lauro
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Re: Pollicina

Messaggio#9 » domenica 22 marzo 2020, 19:44

Ciao Polly,
mi è piaciuta molto l’ambientazione fantasy che hai dipinto, in particolare i grossi insetti e aracnidi che fungono da cavalcatura. I bonus direi che ci sono tutti. Non conoscevo la fiaba di Pollicina, l'ho scoperta grazie agli altri commenti...
Rispetto a tuoi altri lavori, però, questo racconto mi sembra un po’ carente nell’intreccio.
Abbiamo una ragazza in difficoltà che cerca un passaggio per Los Angeles; abbiamo una situazione di accordo-scambio con due loschi figuri che poi lei tradisce per allontanarsi da sola. Viene beccata e poi subisce una serie di pestaggi e abusi che non le danno tregua. La salvezza che da sola non poteva trovare (perché azzoppata irrimediabilmente) arriva per mezzo di un deus ex machina che però sembra non promettere niente di buono.
Solo ora ho capito che hai voluto reintepretare la vecchia fiaba in stile post-apocalittico, e se questa era l'intenzione il risultato è apprezzabile. Però cerco di spiegarmi: c'è qualcosa che manca, qualche insegnamento che il lettore poteva trarre da tutto questo (nel bene o nel male) e che invece non c’è. La protagonista non subisce una trasformazione interiore (nel bene o nel male) che la porta a compiere/decidere/ congetturare qualcosa che all’inizio del racconto non avrebbe saputo fare.
Questa cosa mi è mancata, nella lettura, rimane in sospeso; è un peccato perché le premesse erano ottime.

sono riuscito a spiegarmi? a presto!
andrea

DA SISTEMARE:
“e zampe legate l'un l'atra da un metro di corda.” “Jitzi mi da la caccia.” “a sentire il propio tocco” “dell’aracnide SU cui era stata caricata.” “una decina di disperati ventina uccisa” “Sono (SOLO?) le guardie hanno armi da fuoco,”

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Luca Nesler
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Re: Pollicina

Messaggio#10 » lunedì 23 marzo 2020, 21:53

Ciao Polly! Finalmente mi prendo il tempo per commentare anche qui.
Mi è piaciuta molto l'ambientazione e la trama. Un racconto tragico che si conclude con un pugno nello stomaco molto intrigante, secondo me. L'unico neo è che non ci trovo un messaggio, una linea narrativa che rimane concluso il racconto. Una qualche lezione per Thumby o una "morale" che possa lasciare qualcosa in più oltre il "Alla fine l'hanno imprigionata". Anche perché, a parte la fuga dal Jitzi, non immaginiamo cosa lei stia cercando. Mi piacciono molto gli elementi che inserisci: l'escamotage della fenice, l'idea della sferia, la violenza senza uscita, il collezionista. Tutto molto ben incastrato.
Sulla scrittura ti vedo molto sicura, ma, per me, inserisci troppi aggettivi e un po' di luoghi comuni evitabili. Potresti pulire ancora un po' e penso che otterresti risultati ancora migliori dei tuoi già ottimi.
Ti faccio solo qualche esempio sparpagliato per spiegarci (ma probabilmente hai capito):

Le dita della destra scivolarono sulle tre lunghe cicatrici che le circondavano il braccio sinistro (se circondano il braccio lunghe non aggiunge nulla e, visto che hai detto che le dita sono della destra, anche "sinistro" potresti levarlo.)

Raccolse i capelli color oro (citare il colore dei capelli così a caso, quando non c'è nessuno in scena a notarlo, è un'info di Polly per il lettore e, secondo me, nemmeno così utile. Ma forse questo è personale.)

riusciva a scorgere solo un'alta colonna di fumo (se siamo lontani e scorgiamo una colonna di fumo perpendicolare all'orizzonte, è sicuramente alta. Non serve specificarlo e non serve alla storia)

un paio di grasse risate (grasse lo leverei)

«Vieni avanti, sorella. Che accidente fai in giro da sola?» (non avrei usato "accidente". Non lo dice nessuno nemmeno ora)

«Questa troia ha liberato la fenice, era la nostra unica possibilità di entrare!» (a chi lo dice? a Tunnel, no, perché lui lo sa, ma non penso che abbia interesse a farlo sapere a Thumby vista la situazione. Mi suona un po' da infodump)

Ecc. Nulla di grave, ma credo che una limatina qua e là renderebbe un testo già buono ancora migliore.

I bonus direi che ci sono tutti e tre, sia per come li intendi tu (violenza pesante) che per come li intendo io (inaspettata).
Alla prossima!

costellazione di bacco
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Re: Pollicina

Messaggio#11 » martedì 24 marzo 2020, 2:05

Ciao Polly, piacere di leggerti,
Ho letto il to racconto, mi è piaciuto molto, ma non ti nego che, nonostante la tematica, ho sperato nel lieto fine.
Non conosco la storia di Pollicina e per tal motivo sicuramente mi sono persa dei riferimenti culturali presenti nel tuo racconto: chi sono i Jinni? Cosa sono le sferie? (nel mio immaginario le ho collegate alle Sirene di Ulisse)Per qual motivo bisogna pagare il Demone?
Andando oltre posso dirti che la storia è ben scritta e suscita un grande interesse nel lettore/ice. Il racconto attira a livello emotivo, infatti ho fatto mie le emozioni della protagonista. La trama è lineare e i personaggi ben caratterizzati. Unica pecca: il finale sembra rimasto in sospeso, come se ci fosse altro da dire.
Alla prossima
Arianna

dreamscapers___
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Re: Pollicina

Messaggio#12 » mercoledì 25 marzo 2020, 1:17

Ciao Polly,
sono Dario, il giudice del tuo girone.
Originale la rivisitazione della fiaba di Andersen. L'ambientazione metropolitana, delineata con poche ed essenziali pennellate, è stata una ventata di freschezza dopo tanti racconti ambientati in epoche antiche. Mi sembra che i bonus siano stati rispettati tutti, ma sai cosa? Ho avuto la percezione che il racconto fosse un po' tronco, che avesse del grande potenziale inespresso. Mi piacerebbe saperne di più di Thumbs, delle sferie, di questa Los Angeles più sudicia che mai. Perché non provi a farne un romanzo? :)

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Davide Di Tullio
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Re: Pollicina

Messaggio#13 » mercoledì 25 marzo 2020, 20:36

Ciao Polly

complimenti per il tuo racconto. é di gran lunga quello che mi è piaciuto di più nel gruppo. Una prosa asciutta, pulita, senza fronzoli. Eppure sei riuscita a ricreare molto bene l'ambientazione. I personaggi sono ben caratterizzati, la trama è convincente. Un buon ritmo. Non mi pare ci siano punti morti o rallentamenti. Le scene di violenza sono convincenti. Questa Los Angeles post apocalittica poi è la cosa più bella. Verrebbe voglia di farci un giro. Ritrovo certe atmosfere alla Philip Dick , riminiscenze di mondi alla deriva alla Blade Runner o Mad Max (cui comunque al primo sono debitori), bestiari alla Burroughs. Credo che questo racconto posso essere la premessa per un romanzo.

a rileggerti presto!

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