Il paiolo e il mestolo
Inviato: domenica 19 aprile 2020, 9:09
IL PAIOLO E IL MESTOLO
Di Alexandra Fischer
Qualcosa di storto? Anche di più.
Ho le ossa ammaccate e la scarsella vuota di soldi.
Mi sono rimasti i dadi e ora, dietro a quella maledetta fila di alberi, ho sentito un colpo.
Vuoi vedere che il Bigatto ha una moglie?
Tiro fuori il pugnale dallo stivale; quello, i briganti non lo hanno trovato.
Ci credo, c’è impresso il segno del Bicane, il peggior nemico del Bigatto.
Certo, non sarà dei più belli: è un’aquila bicipite in grado di sputare fuoco, ma il bidello ha fatto bene a insistere nel darmelo come premio di consolazione per aver fallito il concorso di ammissione come Custode dei Manoscritti Placatori di Demoni Rabbiosi e Streghe Idrofobe.
A proposito di streghe idrofobe: sento una voce femminile ed è gracchiante.
Dal suo tono, capisco che non è di buon umore, però ha idee interessanti su come trattare gli alberi della foresta: li vuole trasformare tutti in assassini di legno per uccidere i briganti.
Mal comune non sarà mezzo gaudio e un mezzo custode non farà l’eroe soccorritore della strega indifesa di turno, ma ho deciso di aiutarla: il nemico del mio nemico è mio amico.
Così, oltrepasso la fila degli alberi tutto zoppicante e vado da lei.
Trovo un paiolo ammaccato e un mestolo per terra e poco lontano una donna minuta dall’aspetto di bambina decenne, con un abito da principessa delle favole: seta e perline.
Lei afferra il mestolo: «E tu chi saresti? Ti invia Monocolo per derubarmi di un’altra magia?»
«Mono chi?»
Lei mi dà un’occhiata: «Certo che pesto come sei e con i vestiti strappati sei una vittima come me. Per cui, ti credo. Non tutti possono sapere il suo soprannome.»
«E ti ha rubato una magia?»
«Sì. Per rendere veloci i suoi cavalli. Io glielo ceduta, però non ho calcolato che avrei perso quella di poter volare.»
Si alza la sottana e mi mostra un paio di stivali neri decorati con il simbolo dell’arcolaio: «Li ho avuti in regalo dalla mia maestra, la Tredicesima Fata.»
Tira fuori dal paiolo un sacchetto con dentro un fuso.
«Mi sono diplomata in Magia di Spine, ma nessuno ci casca più. Così sono venuta per l’oro del Bigatto. Pensavo di fargli proseguire il sonno notturno, invece, chi ti incontro? Monocolo e i suoi.»
«Che ne è di loro?»
Lei indica un punto dietro di sé: «A dormire. Sembra si siano fatti una bella scorpacciata di arrosti.»
Penso ai miei compagni con un brivido.
«Forse potrei tentare la fortuna in qualche taverna.»
Lei mi previene: «Non ce ne sono. E in ogni caso, dai vestiti che indossi penserebbero che sei un baro. Chi manipola le creature demoniache, può truccare le partite che vuole.»
E questo mi dà un’idea: «Senti, e se distraessi il Bigatto con i dadi? Tu potresti aiutarmi ad addormentarlo con la tua magia.»
Mi rigiro fra le dita il pugnale: «Non voglio derubarlo di tutto. Solo il necessario per vivere.»
«Vale anche per me. Ho visto come tu e i tuoi compagni lo avete assalito, però.»
Allargo le braccia: «Il mio capo Spaccaossa lo riteneva un mostro sanguinario e io non potevo fiatare. Vedi, ero il suo attendente.»
***
Chiamo io il Bigatto.
Lui esce dalla caverna: «Rieccoti. E in compagnia di una strega di mezza tacca.»
Lei tiene le mani dietro la schiena e china la testa: «Proprio così. Il messere qui presente mi ha vinto una collana con la sua abilità ai dadi, ma voi, Illustrissimo Bigatto, chissà come lo batterete.»
Il Bigatto mi guarda: «Dalle spade ai dadi, eh? E quello che hai in mano?»
Gli mostro il pugnale: «Raffigura il vostro nemico.»
Il Bigatto sibila: «Vuoi uccidermi?»
«No, giocare con voi. La mia posta è il pugnale.»
Mi sento toccare sulla spalla dalla mia compagna di sventura.
Allora faccio un cenno al Bigatto: «Un momento. Dovrei consultarmi con la mia amica.»
Poi le sussurro: «Che c’è?»
«Il tuo piano mi piace. Ma fammi toccare il pugnale.»
Glielo concedo.
Lei lo sfiora e lo fa risplendere di luce rosata e si sparge un profumo da giardino stregato.
Il Bigatto frusta l’aria con la coda, sospettoso: «Ebbene? Non vorrete addormentarmi per derubarmi di tutto l’oro?»
«No, ci basta una moneta a testa» gli dico. «Se vincerete la sfida, il Bicane avrà paura di voi.»
Lui si rattrista: «Eh, sì. Colpa sua se sono confinato qui a fare la guardia a quest’oro. Fra questo mucchio si nascondono due monete maledette da lui. Ve le darò in premio.»
Io alzo un sopracciglio: «Così mangerà noi?»
«Macché. Gli piacciono gli esperti di demoni e le streghe: spera di trovarne almeno due in grado di liberarlo dai demoni che gli infestano la cuccia e non lo lasciano dormire. Il tutto è successo per colpa mia. Ero un grande mago e anche lui. Poi qualcosa è andato storto. Voi mi sembrate bravi.»
Io deglutisco e la mia compagna fischietta dondolandosi e guardando il cielo, fattosi cupo.
«Giochiamo. Il primo lancio tocca a voi» parto io deciso.
La partita continua fra lampi e tuoni.
I puntini colorati sui dadi si illuminano di blu quando vinco e di verde quando vince lui.
Continuiamo fino all’alba.
Il Bigatto si è lasciato trascinare dal gioco, ma alla fine, un gracidio lontano seguito da un cupo latrato, gli mette fretta: «Oh, no. La Banda del Rospo. E quel dannato Bicane l’ha portata dalla sua parte. Un ultimo tiro.»
Lo accontento e lui perde.
Corre a prendere le due monete: «Prendete. Si ammucchieranno nelle vostre borse. E se ucciderete il Bicane, le vostre magie saranno invincibili.»
La mia amica strega protesta: «Sarà, ma io ho il paiolo, non la borsa. E poi io so addormentare, non uccidere.»
Lui fa un gesto di stizza con l’artiglio: «Paioli, borse, quel che avete. Ma più li spenderete, più ne avrete. In cambio, fateli fuori. Avete magia e pugnale, no?»
Lei si gratta il mento e poi si dà un colpo in fronte: «Giusto Messere. Il sonno incantato può durare in eterno nel caso del Bicane. Dubito ci sia una Bicagnetta tanto coraggiosa da baciarlo, brutto com’è.»
Lo vedo scomparire nella caverna.
Guardo la borsa e vedo una grossa moneta d’oro; subito dopo sento il tintinnio metallico nel paiolo della mia amica.
Mi giro verso di lei, aspettandomi un sorriso, ma la vedo terrorizzata.
«Beh, hai paura dell’oro del Bigatto?»
Lei mi tira per la manica: «No, di quelli là, fra le fronde.»
Li vedo avanzare, giganteschi e saltellanti nelle armature verdi, con alla testa il guerriero in armatura dalla testa canina e dalla coda a serpe.
Prevedo una giornata molto lunga per me e la mia amica.
Di Alexandra Fischer
Qualcosa di storto? Anche di più.
Ho le ossa ammaccate e la scarsella vuota di soldi.
Mi sono rimasti i dadi e ora, dietro a quella maledetta fila di alberi, ho sentito un colpo.
Vuoi vedere che il Bigatto ha una moglie?
Tiro fuori il pugnale dallo stivale; quello, i briganti non lo hanno trovato.
Ci credo, c’è impresso il segno del Bicane, il peggior nemico del Bigatto.
Certo, non sarà dei più belli: è un’aquila bicipite in grado di sputare fuoco, ma il bidello ha fatto bene a insistere nel darmelo come premio di consolazione per aver fallito il concorso di ammissione come Custode dei Manoscritti Placatori di Demoni Rabbiosi e Streghe Idrofobe.
A proposito di streghe idrofobe: sento una voce femminile ed è gracchiante.
Dal suo tono, capisco che non è di buon umore, però ha idee interessanti su come trattare gli alberi della foresta: li vuole trasformare tutti in assassini di legno per uccidere i briganti.
Mal comune non sarà mezzo gaudio e un mezzo custode non farà l’eroe soccorritore della strega indifesa di turno, ma ho deciso di aiutarla: il nemico del mio nemico è mio amico.
Così, oltrepasso la fila degli alberi tutto zoppicante e vado da lei.
Trovo un paiolo ammaccato e un mestolo per terra e poco lontano una donna minuta dall’aspetto di bambina decenne, con un abito da principessa delle favole: seta e perline.
Lei afferra il mestolo: «E tu chi saresti? Ti invia Monocolo per derubarmi di un’altra magia?»
«Mono chi?»
Lei mi dà un’occhiata: «Certo che pesto come sei e con i vestiti strappati sei una vittima come me. Per cui, ti credo. Non tutti possono sapere il suo soprannome.»
«E ti ha rubato una magia?»
«Sì. Per rendere veloci i suoi cavalli. Io glielo ceduta, però non ho calcolato che avrei perso quella di poter volare.»
Si alza la sottana e mi mostra un paio di stivali neri decorati con il simbolo dell’arcolaio: «Li ho avuti in regalo dalla mia maestra, la Tredicesima Fata.»
Tira fuori dal paiolo un sacchetto con dentro un fuso.
«Mi sono diplomata in Magia di Spine, ma nessuno ci casca più. Così sono venuta per l’oro del Bigatto. Pensavo di fargli proseguire il sonno notturno, invece, chi ti incontro? Monocolo e i suoi.»
«Che ne è di loro?»
Lei indica un punto dietro di sé: «A dormire. Sembra si siano fatti una bella scorpacciata di arrosti.»
Penso ai miei compagni con un brivido.
«Forse potrei tentare la fortuna in qualche taverna.»
Lei mi previene: «Non ce ne sono. E in ogni caso, dai vestiti che indossi penserebbero che sei un baro. Chi manipola le creature demoniache, può truccare le partite che vuole.»
E questo mi dà un’idea: «Senti, e se distraessi il Bigatto con i dadi? Tu potresti aiutarmi ad addormentarlo con la tua magia.»
Mi rigiro fra le dita il pugnale: «Non voglio derubarlo di tutto. Solo il necessario per vivere.»
«Vale anche per me. Ho visto come tu e i tuoi compagni lo avete assalito, però.»
Allargo le braccia: «Il mio capo Spaccaossa lo riteneva un mostro sanguinario e io non potevo fiatare. Vedi, ero il suo attendente.»
***
Chiamo io il Bigatto.
Lui esce dalla caverna: «Rieccoti. E in compagnia di una strega di mezza tacca.»
Lei tiene le mani dietro la schiena e china la testa: «Proprio così. Il messere qui presente mi ha vinto una collana con la sua abilità ai dadi, ma voi, Illustrissimo Bigatto, chissà come lo batterete.»
Il Bigatto mi guarda: «Dalle spade ai dadi, eh? E quello che hai in mano?»
Gli mostro il pugnale: «Raffigura il vostro nemico.»
Il Bigatto sibila: «Vuoi uccidermi?»
«No, giocare con voi. La mia posta è il pugnale.»
Mi sento toccare sulla spalla dalla mia compagna di sventura.
Allora faccio un cenno al Bigatto: «Un momento. Dovrei consultarmi con la mia amica.»
Poi le sussurro: «Che c’è?»
«Il tuo piano mi piace. Ma fammi toccare il pugnale.»
Glielo concedo.
Lei lo sfiora e lo fa risplendere di luce rosata e si sparge un profumo da giardino stregato.
Il Bigatto frusta l’aria con la coda, sospettoso: «Ebbene? Non vorrete addormentarmi per derubarmi di tutto l’oro?»
«No, ci basta una moneta a testa» gli dico. «Se vincerete la sfida, il Bicane avrà paura di voi.»
Lui si rattrista: «Eh, sì. Colpa sua se sono confinato qui a fare la guardia a quest’oro. Fra questo mucchio si nascondono due monete maledette da lui. Ve le darò in premio.»
Io alzo un sopracciglio: «Così mangerà noi?»
«Macché. Gli piacciono gli esperti di demoni e le streghe: spera di trovarne almeno due in grado di liberarlo dai demoni che gli infestano la cuccia e non lo lasciano dormire. Il tutto è successo per colpa mia. Ero un grande mago e anche lui. Poi qualcosa è andato storto. Voi mi sembrate bravi.»
Io deglutisco e la mia compagna fischietta dondolandosi e guardando il cielo, fattosi cupo.
«Giochiamo. Il primo lancio tocca a voi» parto io deciso.
La partita continua fra lampi e tuoni.
I puntini colorati sui dadi si illuminano di blu quando vinco e di verde quando vince lui.
Continuiamo fino all’alba.
Il Bigatto si è lasciato trascinare dal gioco, ma alla fine, un gracidio lontano seguito da un cupo latrato, gli mette fretta: «Oh, no. La Banda del Rospo. E quel dannato Bicane l’ha portata dalla sua parte. Un ultimo tiro.»
Lo accontento e lui perde.
Corre a prendere le due monete: «Prendete. Si ammucchieranno nelle vostre borse. E se ucciderete il Bicane, le vostre magie saranno invincibili.»
La mia amica strega protesta: «Sarà, ma io ho il paiolo, non la borsa. E poi io so addormentare, non uccidere.»
Lui fa un gesto di stizza con l’artiglio: «Paioli, borse, quel che avete. Ma più li spenderete, più ne avrete. In cambio, fateli fuori. Avete magia e pugnale, no?»
Lei si gratta il mento e poi si dà un colpo in fronte: «Giusto Messere. Il sonno incantato può durare in eterno nel caso del Bicane. Dubito ci sia una Bicagnetta tanto coraggiosa da baciarlo, brutto com’è.»
Lo vedo scomparire nella caverna.
Guardo la borsa e vedo una grossa moneta d’oro; subito dopo sento il tintinnio metallico nel paiolo della mia amica.
Mi giro verso di lei, aspettandomi un sorriso, ma la vedo terrorizzata.
«Beh, hai paura dell’oro del Bigatto?»
Lei mi tira per la manica: «No, di quelli là, fra le fronde.»
Li vedo avanzare, giganteschi e saltellanti nelle armature verdi, con alla testa il guerriero in armatura dalla testa canina e dalla coda a serpe.
Prevedo una giornata molto lunga per me e la mia amica.