Quel bastardo rimatore

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marcello.lembo
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Quel bastardo rimatore

Messaggio#1 » domenica 19 aprile 2020, 21:19

QUEL BASTARDO RIMATORE

traccia:
'È un lavoretto di tutto riposo', dicevano.
'Vedrai, sarà una scampagnata lungo il fiume', dicevano. 'C'è un bel mucchio d'oro da arraffare, su alla tana del bigatto...'
Certo, come no? Una scampagnata...
Siete finiti in una valle dimenticata da Domineddio.
Vi hanno preso a bastonate i briganti, i tagliagole della Banda del Rospo e perfino le guardie.
Vi siete persi tra burroni e selve infestate di bestiacce.
Avete perfino svegliato il Bigatto in carne e ossa, che dormiva sul suo mucchio d'oro... Quel ramarro troppo cresciuto vi ha sbattuto via con due colpi di coda, facendovi disperdere in tutte le direzioni, e addio tesoro, addio missione di tutto riposo, addio anche ai tuoi compagni... Eh, ma il capo ti sentirà, quando ritornerai al covo! Gliene canterai quattro, sissignore... otto, perfino!
Sempre se ritornerai al covo...
A dire il vero, per adesso tale previsione non sembra molto realistica: hai perso la strada, la direzione e la sacca da viaggio, i tuoi compari sono morti o smarriti peggio di te, non hai il becco di un quattrino in tasca e sta per calare la notte.
Forse è meglio che trovi un posto tranquillo dove riposare le ossa ammaccate: lì davanti, oltre l'ultimo filare di alberi, intravedi qualcosa che sembra proprio fare al caso tuo...
Dopotutto, che altro potrebbe mai andare storto...?

“Che altro potrebbe mai andare storto?”

Ci sono domande che attendono una risposta per tutta la vita, altre che invece le risposte le trovi appena dietro gli alberi. E dopo le bastonate dei briganti, dei tagliagole e delle guardie, dopo il fiato fetido del bigatto, dopo la fuga nella selva non c’era neanche da farsi troppe illusioni. E quando dietro l’ultimo filare vedi un tabarro logoro steso sul prato, di tanti di quei colori sgargianti che è difficile cavarne un senso, capisci che sono guai, anche se non riesci ancora a immaginare la forma che prenderanno.

Ed è allora che alla strana visione fa seguito uno strano suono, quello di un liuto che peggio accordato non si può, seguito da una vocetta stridula, seguita a sua volta dalla faccia storta di un ometto loffio seduto a pochi passi dal mantello, seguita infine dal senso opprimente di una facile profezia. Eccola, la forma dei guai.

“Son Cesco, il rimatore impertinente”, se ne esce quello.
“Vo prestando la mia arte a chi la brama.
Per me gli endecasillabi son niente
ma mi destreggio pure con la lama”


“Buon per te”, rispondi. E poi silenzio, a parte i lamenti di quel povero liuto.

“Un vagabondo parco di parole
non è forse la migliore compagnia.
Di certo non dà alito alle fole
ma ‘l tacere non è d’uso, signoria,
el non ingrazia alcuna buona stella
el non aita quand’appressa sorte ria".


Si zittisce. Anche da te solo silenzio. Resta solo quel maledetto liuto. Lui ti squadra con due occhi pesti, in quella faccia storta, sopra quella figura loffia. Allunghi la mano verso il pugnale ma il pugnale non ce l’hai.
Se il Diavolo non è in giro a spennare arcangeli lo sta tenendo ancora là, infossato nel dorso del bigatto. Alla malora quella bestiaccia e pure il tuo pugnale, anche se accarezzarne il manico ti dava sempre un senso di estasi sottile, lo stesso che avevi provato quella notte al porto, quando lo avevi pescato dal fagotto di quel saraceno ubriaco che blaterava di djinn e di odalische.

“Nel mentre che si sciolga la favella”, ripiglia quello.
“se non duol narrerrotti la mia storia
Ch’è tanto strana e misteriosa e bella.
Comincia con un uom che cerca gloria
E il tesor nascosto in un forziere.
Ma se l’avido poi pecca di boria
finisce a bastonate e con mestiere
s’invola in una fuga a perdifiato
dove, dietro degli alberi in filiere,
un tabarro è steso logoro sul prato.”


La sua bocca si piega in un ghigno folle, sotto quegli occhi pesti, in quella faccia storta, sopra quella figura loffia. E poi ancora il liuto, che stona ogni nota di quella nenia infausta. Forse è ora di farla finita.

“A duo passi uno strano trovatore,
occhi pesti e faccia storta e alato
va’l pensiero rapace a quel lucore
che brilla tra le dita, di un annello,
ch’è più adatto al velluto d’un signore,
ch’al manto liso di un menestrello”.


Stavolta a guizzare sono i tuoi di occhi. Il brillio dell’argento è così palese che ti piglia uno strano senso di appetito. Il predatore è predatore in fondo, anche dopo una giornataccia passata tra guardie, tagliagole e bestie immonde. E quell’anello se n’era rimasto lì, a far spiccare i suoi riflessi tra le dita sozze di quel fesso, e manco te n’eri accorto.

“Preso d’ardore muovo un poco innanzi”, continua lui e anche tu fai per avvicinarti con passo cauto.
“ma poi d’un sol pensiero m’arrovello”

“La canzone”, sussurri sottovoce.

“E pria che di voce più non avanzi
m’accorgo di un evento tanto arcano
che nemmanco adorna poesie e romanzi”


“Questo tuo racconto è davvero strano”, te ne esci.

E ti ci vuole un secondo per capire che quella strana eco che hai udito è la voce del menestrello che ha ricalcato esattamente le tue parole.

“’Questo tuo racconto è davvero strano’
Inizia’io rivolto al figuro losco
che rimava parole a mano a mano
di cui il senso, anch’a tutt’or, m’è fosco”.


Stavolta sono i tuoi pensieri a fare eco alle sue parole. Questo rimatore infame ti confonde. Ha detto di voler raccontare la sua storia ma in qualche modo è la tua di storia a ricomporsi nella metrica forzata di quelle terzine da quattro soldi. Ancora una volta con la mano vai al pugnale e con la mente alla iella di quella giornata, al dorso del bigatto, ai randelli delle guardie, al sorriso sdentato dei tagliagole. L’occhio è invece fermo sui bagliori bruniti dell’argento che riflettono il sole d’occidente. Quei riflessi intermittenti che ti dicono “prendimi”. E poi c’è il liuto che non senti quasi più, a parte il vibrare delle corde che ti rimbomba in uno stomaco vuoto di pane e di vino, soprattutto di vino.

“’Convien ch’attenzione presti’ disse lui”.
‘Se vuoi che da quel poco che conosco
possa far sì di scamparti giorni bui
avvinti dalle trame di un incanto’”


Giorni più bui di quello non ne ricordi, al momento. Ma se il diavolo non ci mette la sua il tramonto sarà illuminato dalla luce di un bottino. “Taci”, farfugli sottovoce e muovi un passo.

E ancora un altro.

‘che con luce d’argento, sì sciocco fui,
m’ha adescato a viver nel rimpianto,
La luce, l’argento. Le corde del liuto, le sue note stonate, sono solo un ricordo impresso sullo sfondo della tua attenzione.
che sgomento, son qui in questa radura
finché la malia alcun n’avrà infranto


Malia, incanto. Di che parla quest’ometto misero, questo storpio, questa suola lorda di fango e sterco sotto lo stivale della tua vita?

e trattengo, tra i tremori di paura,
questo pianto che del liuto le mie corde
fanno un canto ch’ha il suono di sciagura.


Il liuto. È ancora lì, in sottofondo. E Il ritmo delle terzine. E i colori del tabarro che non sono più tanto stridenti e quella voce che non è più tanto stridula.

Quindi intanto, se le grida non son sorde
vienmi affianco e poi l’annello afferra.


Ti avvicini ancora e senza dartene la minima cura senti sotto i piedi la stoffa del mantello.

non piegar se sua stretta non demorde
tira via finché malia non disserra
le sue maglie dall’anima innocente”.


Ancora un passo. Le sue parole ti riempiono l’orecchio. Ti sta quasi implorando. Il ghigno folle sotto gli occhi pesti in quella faccia storta. È una sfida.

I’ prestai ascolto e mi accinsi alla guerra
convinto dai bagliori del metal lucente
dal desire inespresso di bottino


Ti fermi un attimo. Sei a due passi.

Quindi avvicinommi al messer demente

Un passo avanti.

e col muover ratto del pensier felino
afferrai quella mano col monile


E gliela blocchi la mano che fino a un attimo prima si muoveva rapida sul liuto. Lui caccia un urlo e quell’urlo prende la forma di una manciata di parole.

E dopo un urlo da animal ferino

Il liuto si zittisce. Ora nella radura regna una quiete che avevi dimenticato. Ma è solo un attimo, perché un sibilo rompe il silenzio. Il sibilo di una lama che sfrega sul rivestimento di un fodero.

L’altra mano è su una lama sottile

“L’altra mano”, pensi e reagisci con tutta la rabbia accumulata. Alla faccia del bigatto, dei tagliagole, delle guardie. E di questo scemo.

che in un istante s’affonda nella carne

E carne sia. Dopo lo stridore del liuto e il sussurro del pugnale il rumore che riempie la radura è quello delle viscere che fanno strada all’acciaio. Ma la carne non è la tua. Tua è invece la mano, l’altra. Stretta sulla lama che è riuscita a intercettare. Quel pugnale che stava per vibrare un colpo mortale e così ha fatto. Penetrando nel ventre del suo padrone. Alzi lo sguardo verso quella faccia storta e ti sorprende ancora il ghigno folle sotto gli occhi pesti. Quell’uomo sta per morire. Lascia cadere il liuto. Tu lasci andare la lama e anche se la mano è ferita la porti vicino all’altra e ti ci vuole un attimo per sfilare quell’anello. Lui sembra sgonfiarsi, si accascia, scivola piano a terra. Ma il ghigno, quello non se ne va. E neanche la sua voce che è di nuovo stridula.

Con l’ultimo sospiro e un sorriso vile
l’uom disse: “la storia, è ora di parlarne.


“Parliamone”, sussurri in una risposta e lo sai che non verrà udita.

perché tu pensi sia tua e invece è mia
son morto, come tu sarai, e che farne?
Ora sta a te decider quella via”.
Quale via, se non la via di casa. Pensi.
Così parlò l’uomo che un tempo uccisi
e che mi iniziò a questa vita ria
fatta di rime maledette e di sorrisi
ch’anco adesso non riesco a rifiutare


“Tranquillo, ti ho fatto smettere io”, rispondi con un sorriso. Ma la sua storia ancora ti confonde. Sta parlando di te? O il racconto riguarda lui. Magari un incontro di tanti anni fa, in quella stessa radura, con un altro rimatore, con il liuto scordato e quell’anello che ora stringeva tra le dita. No, è impossibile. Ridi di gusto.

e se un tempo di gusto ne risi
convinto di aver fatto un grande affare
poi tornai anni avanti in questa valle
per offrirmi in sacrificio sull’altare
del destino tristo e dell’amaro calle
che mi condurrà di presso insino ad Ade.


La risata ti si spegne in gola, anche se non sai bene perché. Senti gli occhi pesti di stanchezza. Stringi l’anello con la mano. Posi lo sguardo un’ultima volta su quella figura loffia, su quel ghigno folle che forse non era tanto folle. E che ora non sembra neanche più un ghigno, ma un sorriso venato di quiete.

Ma leggero di un peso sulle spalle
che grava più della voce delle spade.


Un respiro ed è morto. E tu sei malconcio ma la tue tasche non sono più così vuote. Non resta che rimettersi in cammino. Guardarsi dai briganti e dalle guardie. E poi la città, magari da qualche prestasoldi e poi dritto al bordello o all’osteria del porto, a fare il pieno di vinaccio, a sentire le canzoni. Sempre sguaiate ma non sgradevoli come le note di quel liuto.
Tiri un sospiro, riprendi il cammino. Il sole è sempre lì. Resta ancora qualche ora di luce. Basterà. A tornare a casa, a cancellare quella giornata. Ti senti felice, ti viene voglia di cantare.

“Il bigatto, le guardie, i tagliagole
e poi questo bastardo rimatore.
ma ora ho l’argento e c’è pure il sole”


Ancora non te ne rendi conto, ma questa è la prima terzina che componi in vita tua. Non è di certo la migliore e non sarà l’ultima. Passeranno anni, anni di rime nere e di sangue e di canzoni prima che arrivi l’ultima. In una radura illuminata dal sole



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invernomuto
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Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#2 » martedì 21 aprile 2020, 4:28

Ciao Marcello, piacere di conoscerti!

Apri con la traccia - di solito qui non lo facciamo, anche perché rischia di tagliare un po' il conto caratteri ai più prolissi di noi (tra cui non mi annovero, ma tu di sicuro sì - includendo la traccia hai sfondato il limite ufficiale di diecimila caratteri!).
Un'altra cosa piuttosto rara, da queste parti, è la seconda persona singolare presente, d'ora in poi SPSP, che nel tuo caso invece ha colpito abbastanza nel segno - restituisce quasi l'impressione di un master che ti racconta cosa succede durante la partita del gioco di ruolo del caso.
Non contento di averci stupiti con una SPSP ti esibisci in una giostra di terzine che funzionano perfettamente, ma a differenza di quanto avrebbero fatto molti altri, le rime non sono il pezzo forte del tuo racconto - le rime ingioiellano una storia che funziona davvero bene, con allusioni al passato del protagonista (vien quasi voglia di leggere l'avventura di come ha ottenuto quel pugnale) e una conclusione che secondo me funziona perfettamente.

Sei in un girone pieno di belle prove, ma la tua mia ha stupito davvero tanto - complimenti! Spero davvero di leggere presto qualcos'altro di tuo.

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Davide Di Tullio
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Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#3 » mercoledì 22 aprile 2020, 12:57

Ciao Marcello

piacere di leggerti. Non si puó dire che questo racconto non abbia una sua coerenza interna. Lo hai scritto con l´approccio di chi sa esattamente quello che fa, e questo lo si vede da una prosa senza tentennamenti. La dimensione "onirica" del racconto é centrata in pieno. L´uso dei versi contibuisce a questo effetto, anche se non é l´elemento decisivo. Originale lo definierei questo racconto, con un andamento circolare e "mutlitemporale". Forse, per tutte queste ragioni, l´ho trovato molto lento. Era inevitabile, visto il registro scelto, ma la mia é solo una notazione di gusto, che non inficia comunque il giudizio sulla padronanza del linguaggio e della tecnica.
In conclusione, non é il mio racconto preferito ma riconosco che é scritto bene.

A rileggerci!

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roberto.ferrarese
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Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#4 » venerdì 24 aprile 2020, 9:59

Ciao Marcello,
complimenti per il tuo racconto che ha uno stile sicuramente sopra le mie corde ma che ho apprezzato molto.
Non mi dilungo quindi sugli aspetti positivi che sono la grande maggioranza. Le cose che mi hanno convinto meno, ma sono inezie, sono il fatto che per quanto la coerenza nel racconto non manchi, il lettore capisce abbastanza presto come andrà a finire e secondo me, questo contribuisce ad appesantire un po' la seconda parte. La seconda cosa è un fatto di gusto personale: trovo la parola Djinn fuori luogo nel testo, non appartiene allo stesso registro. Io avrei usato Genio o usato un altro riferimento.
Sei in un girone veramente difficile e ammetto che ci sono racconti che mi sono piaciuti di più, ma ciò non toglie che la tua sia una buonissima storia!
Ro.

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Wladimiro Borchi
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Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#5 » venerdì 24 aprile 2020, 13:15

Lessi il tuo racconto con piacere
Lo trovai davvero originale
Ci son dentro due persone vere
E una maledizione letale

Ora che ci penso, oppoffarbacco
Anch'io caddi allora nel tranello
Non posso dedicarmi solo a Bacco
Anch'io son diventato menestrello.

Ora, fatta la cazzata, dedichiamoci al commento.
Anche tu, come me, hai seguito la traccia nel continuare la seconda persona. Condivido la scelta, se quello era l'incipit, perché aggiustarsela (il vero autore si vede nelle difficoltà).
L'idea è davvero carina e originale e la resa è stata deliziosa.
Non ho davvero nulla da aggiungere.
Se proprio proprio vogliamo trovarci una cosetta un po' stridente, forse troppa poesia. La trama lo richiedeva, ma, a lungo andare, mi ha stancato un po'.
In ogni caso è solo un'inezia.
Buon lavoro davvero.
A rileggerci presto.
Wladimiro
IMBUTO!!!

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Pretorian
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Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#6 » venerdì 24 aprile 2020, 19:57

Ciao, Marcello e piacere di leggerti.
Dunque, il racconto in sé ha un presupposto molto interessante, giocando in modo molto interessante con la narrazione e portando un finale abbastanza imprevedibile. Qual'è il problema? Che il presupposto, pur essendo molto interessante, risulta poco approfondito, soprattutto sul finale, e diventa confuso. Insomma, il finale fa saltare del tutto lo "show don't tell" che eri riuscito abbastanza bene a mantenere per tutta la storia, e riesce comunque (probabilmente per la mancanza di caratteri) a rimanere confuso.
Peccato, perché il presupposto c'era tutto.

Alla prossima!

alexandra.fischer
Messaggi: 2873

Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#7 » domenica 26 aprile 2020, 9:07

Niente male il racconto in rima che inframezza la traccia della storia. Il Nostro si rifà di quello che ha perso dopo la missione fallita a spese di un rimatore folle. Gli prende il talento insieme all’anello (usando il pugnale ottenuto in un’avventura esotica a base di dijn e odalische con il saraceno di turno). Interessante l’idea delle strofe profetiche del bardo (profetizza la sua morte e non si difende). E alligna l’ombra dell’Eterno Ritorno (il Nostro si chiede se il bardo non stia cantando qualcosa che si ripete). La forma è buona, ma il gioco delle rime, pur se indovinato e piacevole, non è per tutti.

AnDrITomma
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Re: Quel bastardo rimatore

Messaggio#8 » domenica 26 aprile 2020, 23:20

L'idea è carina e la padronanza delle rime sicuramente ottima, ma contemporaneamente questo formato va a penalizzare la velocità e la scorrevolezza, come già fatto notare da altri. Personalmente l'ho trovato un'ottima prova e ho apprezzato molto il coraggio di volersi approcciare con un genere così difficile, senza andare a scapito dei contenuti.

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