Irek

Dario17
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Irek

Messaggio#1 » martedì 19 maggio 2020, 0:50

«”Стоп!”» urlarono i due poliziotti, sbucando dall’altra parte del vicolo ed imbracciando i fucili.
Irek Vorobyov si sentì spacciato.
L’unica via di fuga era stata appena bloccata da forze dell’ordine ancora maledettamente fedeli allo Zar.
Nulla a che vedere con quel cosacco che gli aveva sorriso poche ore prima, in mezzo all'oceanica folla di operai, mentre lasciava che il fiume strabordante di scioperanti conquistasse le strade di Pietrogrado metro su metro.
Il boato generato da grida e rumori di spari si sentiva persino in quel vicoletto morto, lontano centinaia di metri da piazza Znamenskaja.
«Questo è stato il tuo ultimo sciopero, “собака”! Non avresti dovuto bastonare i miei colleghi con quello schifo di bandiera rossa che avevi in mano!» inveì uno dei due agenti.
«L’ho fatto e lo rifarei!» replicò Irek, stupendosi un istante dopo di cotanto coraggio.
Fece un passo addietro e l’edificio in mattoni alle sue spalle gli impedì di retrocedere.
Gocce di sudore ghiacciato infradiciarono la sua schiena sotto il cappotto logoro.
Chiuse gli occhi e diede un ultimo, fugace pensiero alla sua patria.
Due spari, dai lunghi echi che vagabondarono per il vicolo.
Irek aguzzò tutti i sensi che aveva a disposizione, alla ricerca del dolore che gli avrebbe tolto la vita. Aprì gli occhi.
I due poliziotti erano chini e con le gambe traballanti per il patetico sforzo di mantenere la posizione eretta. Stramazzarono a terra insieme, sconfitti.
«Irek…моя любовь…» piagnucolò una voce dietro di lui.
Da una porticina laterale di cui l’uomo non aveva sospettato l’esistenza, uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna.
Questa avanzò per andargli incontro, poi improvvisamente le forze l'abbandonarono e ricadde sul proprio fondoschiena; sembrava che il rinculo dei colpi appena sparati avesse beffardamente atteso un paio di secondi in più per farla cadere.
«Rozaliya! Sei qui!» esclamò Irek. La visione di sua moglie e la gioia di aver scampato un pericolo mortale si mescolarono nelle sue viscere, contorcendogliele per la felicità. Le prese la mano libera e la tirò su.
«Presto, raggiungiamo di nuovo la piazza, c’è ancora bisogno di noi! Kiril, Pavel e Pyots stavano conducendo un comizio poco prima che i poliziotti ci caricassero. Parlavano di successo e vittoria, pare che Nicola abdicherà questo giorno stesso!»
«Irek, amore, rimani qui con me. Per noi due il tempo degli scioperi e della lotta operaia sono finiti.»
«Cosa? Hai appena ucciso due guardie per salvarmi la vita ed ora vuoi rinunciare?»
«Sono incinta.»
Altri spari ed altre grida percorsero l’aria, ma Irek questa volta non li sentì: facevano già parte di un’esistenza lontana, di una vita precedente fatta di sogni, di speranze, di lotte e di proclami.
Prese il volto di Rozaliya tra le mani e le baciò le guance.
Nel suo cuore diede l’arrivederci al suo paese, con l’augurio di ritrovarlo più accogliente.



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Re: Irek

Messaggio#2 » martedì 19 maggio 2020, 0:52

Ciao Dario! Tutto ok con i parametri, buona ALLL STARS EDITION anche a te!

Sybilla Levanti
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Re: Irek

Messaggio#3 » martedì 19 maggio 2020, 14:25

Ciao Dario. Dunque, ho trovato intrigante l'idea del tuo racconto ma, forse per il tempo o per il limitato numero di caratteri, ho notato che la fine, che nella tua storia ha il suo punto focale, l'hai trascinata via un po' velocemente concentrandoti invece - a mio parere - troppo sull'azione precedente.
In generale resta un racconto che ha un suo ritmo e uno stile gradevole.

Well done.

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Luca Nesler
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Re: Irek

Messaggio#4 » mercoledì 20 maggio 2020, 12:01

Ciao Dario il tema è rispettato con la fine dell’era degli zar. Non male l’idea di farla terminare con l’inizio di una nuova storia personale per il protagonista. Lo trovo simbolicamente efficace.
Tuttavia, secondo me, il testo ha parecchi difetti. Come mia abitudine vado a elencarteli tutti senza alcuna cortesia (siamo qui tutti per aiutarci a migliorare). Mi permetto di suggerirti un po’ di distacco dal testo prima di leggere i commenti, per evitarti eccessivi fastidi.
Prima di tutto il cirillico: non puoi usare il cirillico per indicare espressioni russe. In primo luogo escludi del tutto la possibilità di distinguere/capire/memorizzare la parola scritta, il che la rende inutile e ingombrante. Secondo, i personaggi parlano sempre in russo, quindi perché alcune espressioni le indichi in cirillico, altre le traduci? Non ha senso e ha l’effetto di uno scarabocchio. Un po’ come usare i kanji per un racconto ambientato in Giappone. Se ci sono espressioni intraducibili avresti dovuto trasporle col nostro alfabeto.
Altri difetti del testo sono: la scelta del linguaggio, sovrabbondanza di aggettivi e informazioni, la costruzione delle frasi (spesso passiva o negativa) e l’infodump nei dialoghi. Riporto il testo con le mie considerazioni, così puoi riflettere sui passaggi e capire se hai ottenuto l’effetto che volevi oppure no e anche, se c’è qualcosa che puoi migliorare o mantenere.

[«”Стоп!”» urlarono i due poliziotti, sbucando dall’altra parte del vicolo ed imbracciando i fucili.
Irek Vorobyov si sentì spacciato.
L’unica via di fuga era stata appena bloccata da forze dell’ordine ancora maledettamente fedeli allo Zar.]
Quest’ultima frase ha quel “maledettamente” che distoglie perché aggiunge un giudizio morale che, se pur condiviso dal protagonista, è chiaramente lì per informare il lettore e rende il passaggio poco autentico, oltre che appesantire la lettura. In più è una frase un tantino ridondante visto che è lì per spiegare (raccontare) quello che vediamo sulla scena.

[Nulla a che vedere con quel (meglio col) cosacco che gli aveva sorriso poche ore prima,]
Infodump che sa un po’ di ridicolo vista la situazione. Sembra che sia in pericolo, ma si ferma a ricordare per il lettore il cosacco sorridente.

[in mezzo all'oceanica folla di operai, mentre lasciava che il fiume strabordante di scioperanti]
La folla non ha bisogno di aggettivi che la definiscano grande. Semanticamente è un sostantivo già caricato di quel significato.
Il fiume di scioperanti è ridondante, perché parli ancora della folla oceanica che, nell’insieme della frase, risulta di troppo. La frase sarebbe più leggibile se più breve e meglio organizzata, per esempio:
“Nulla a che vedere col cosacco che gli aveva sorriso mentre si liberava dalla folla di scioperanti che stavano conquistando Pietrogrado”. È solo un esempio.

[Il boato generato da grida e rumori di spari si sentiva persino in quel vicoletto morto, lontano centinaia di metri da piazza Znamenskaja.]
Questa frase è passiva e sarebbe più leggibile con una costruzione diversa. In più ci sono troppe informazioni. Il boato è generato da rumori di spari e si sente nel vicoletto. Sarebbe più facile capire “Il frastuono della rivolta arrivava fin’ lì dalla piazza.” Ho usato frastuono perché dà l’idea di un rumore meno definito del boato e più simile, secondo me, alla sensazione che volevi suscitare.
Nel mio esempio mancano elementi che tu hai inserito, ma spesso dare troppe informazioni confonde il lettore e affatica la lettura. Devi sempre partire (secondo me) dal presupposto che al lettore non interessa quello che hai da dire a priori, ma devi conquistarlo. Quindi, meno lo metti alla prova, meglio è.

[«Questo è stato il tuo ultimo sciopero, “собака”! Non avresti dovuto bastonare i miei colleghi con quello schifo di bandiera rossa che avevi in mano!» inveì uno dei due agenti.]
Questa battuta di dialogo non è credibile. Il poliziotto dice cose che non avrebbe interesse di dire, quindi io sento che lo dice per me e diventa infodump. Questo è uno dei nemici della sospensione d’incredulità per eccellenza.

[«L’ho fatto e lo rifarei!» replicò Irek, stupendosi un istante dopo di cotanto coraggio.]
Irek che si stupisce un istante dopo di ciò che ha detto suona insolito e straniante. Credo che la frase sia costruita un po’ male. Inoltre usare un termine come “cotanto” rende evidente una bizzarra scelta autoriale, minando l’immersione narrativa. E, se ci pensi, non serve a niente.

[Fece un passo addietro e l’edificio in mattoni alle sue spalle gli impedì di retrocedere.]
Frase molto brutta, vuoi per il termine “addietro” che ha lo stesso effetto di “cotanto”, vuoi per la frase negativa dove l’edificio gli impedisce di “retrocedere” altro termine insolito e indiretto che mal s’attaglia alla scena che dovrebbe trasmettere tensione immediata. Anche il fatto che sia di mattoni, se vuoi, è superfluo.

[Gocce di sudore ghiacciato infradiciarono la sua schiena sotto il cappotto logoro.]
Troppi aggettivi. Inoltre le gocce che infradiciano è un’immagine strana, perché goccia riporta a una quantità esigua, mentre qualcosa di fradicio (specie un cappotto) riporta a una quantità di liquido strabordante, quindi molto. Forse “bagnando” avrebbe attirato meno l’attenzione.

[Chiuse gli occhi e diede un ultimo, fugace pensiero alla sua patria.]
I pensieri non si danno. Forse avresti potuto dire “dedicò” oppure, meglio ancora, solamente “pensò alla sua patria”.

[Due spari, dai lunghi echi che vagabondarono per il vicolo.]
Anche qui l’aggettivo “lunghi” è di troppo nello scorrere della lettura. Il predicato “vagabondare” è troppo carico di significato per l’uso che ne fai qui. L’eco ritorna, magari rimbalza, ma sicuramente non si mette a vagabondare. La scelta autoriale mi mette nell’ottica di chiedermi perché l’autore abbia scelto quella parola (non è una scelta immediata), dunque mi metto a pensare all’autore, invece che rimanere sul testo.

[Irek aguzzò tutti i sensi che aveva a disposizione, alla ricerca del dolore che gli avrebbe tolto la vita.]
La prima frase è un po’ ridicola, perché può sottintendere che i sensi che Irek ha a disposizione siano, in quel momento (a disposizione), in numero diverso dal normale. La ricerca del dolore rimanda a un’immagine strana, nel senso che lui aspetta di sentire dolore, ma non lo ricerca o almeno non fornisci un motivo comprensibile per cui lui voglia soffrire. Anche qui una frase costruita in modo poco agile alla lettura.

[Aprì gli occhi.]
Questo è perfetto. Un’azione semplice e diretta che riporta immediatamente un’immagine chiara.

[I due poliziotti erano chini e con le gambe traballanti per il patetico sforzo di mantenere la posizione eretta. Stramazzarono a terra insieme, sconfitti.]
Questa è una delle frasi peggiori del testo e ti spiego perché. Descrivi i poliziotti come un’unica entità (addirittura stramazzano e sottolinei “insieme”), il che mi fa pensare a pigrizia (ma sì, tanto fanno la stessa cosa) e riporta un’immagine surreale, così poco credibile e lontana dal contesto, che non posso crederci (sospensione d’incredulità andata).
Poi ci sono le gambe traballanti che, oltre a fare un po’ cartone animato, sono un’immagine superflua.
Lo sforzo viene definito addirittura “patetico” che è una parola forte, carica di significati emotivi. Da chi? Perché? Questo giudizio risuona forte.
“Mantenere la posizione eretta” invece che “stare in piedi” risuona molto forte nella mente del lettore che non si aspetta parole così insolite per descrivere una situazione tanto chiara.

[Da una porticina laterale di cui l’uomo non aveva sospettato l’esistenza, uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna.]
Frase un po’ lunga, visto che ci sono molti elementi. La porticina laterale (laterale?) Irek non l’ha vista. Perché dovrebbe sospettarne l’esistenza? Infatti tu dici che non la sospetta, ma è strano che lo sottolinei se non aveva possibilità di farlo. Era meglio dire che non l’aveva notata. Inoltre dici che non l’ha vista, altrimenti ti avremmo detto che avrebbe potuto fuggire da lì. Però non risolvi il problema, perché ora mi chiedo come abbia fatto a non vederla. Certo è una “porticina”, quindi molto piccola, ma è tanto piccola da non farsi scorgere da un uomo in fuga? E come ha fatto a passare la donna? Insomma, ci sono un po’ di incongruenze.
La testa avvolta è ancora una forma passiva. Sarebbe meglio dire che aveva un fazzoletto sulla testa.
Il fucile fumante è un cliché del cinema tanto comune che dire che il fumo esce dall’uscita della canna è superfluo. Doppiamente superfluo perché oltre alla canna, citi anche l’uscita.

[Questa avanzò per andargli incontro]
Gli andò incontro

[poi improvvisamente le forze l'abbandonarono e ricadde sul proprio fondoschiena; sembrava che il rinculo dei colpi appena sparati avesse beffardamente atteso un paio di secondi in più per farla cadere.]
Sulla costruzione: gli avverbi sono quasi sempre inutili. Perché hai costruito questa scena così? Potevi farla cadere subito evitando “poi improvvisamente”. Inoltre, a meno di usare un narratore onnisciente, puoi solo ipotizzare che lei cada perché le forze l’abbandonano. Specificare che cade sul fondoschiena (“proprio” è di troppo) rende la scena un po’ ridicola e non aggiunge molto. La frase dopo sul rinculo mi risulta del tutto superflua e strana: perché Irek fa un paragone del genere? E se lo fa il narratore onnisciente, perché ha voglia di scherzare col lettore in un momento che vuole essere tanto intenso? E perché questo improvviso animismo poetico in cui addirittura il rinculo di un fucile diventa beffardo ai limiti della magia (ritarda il proprio effetto)?

[«Rozaliya! Sei qui!» esclamò Irek. La visione di sua moglie e la gioia di aver scampato un pericolo mortale si mescolarono nelle sue viscere, contorcendogliele per la felicità.]
Le viscere rimestate dalla gioia è un’immagine poco immediata e un po’ lontana dalla mia esperienza, ma forse questo è soggettivo.

[Le prese la mano libera e la tirò su.]
“La prese per mano” basterebbe, perché non ho motivo di immaginare che la prenda per la mano col fucile. Inoltre non m’interessa davvero, quello che interessa è che l’aiuti. Scopriamo il rapporto col nuovo personaggio. Magari anche un “l’aiutò a rialzarsi” sarebbe andato bene.

[«Presto, raggiungiamo di nuovo la piazza, c’è ancora bisogno di noi! Kiril, Pavel e Pyots stavano conducendo un comizio poco prima che i poliziotti ci caricassero. Parlavano di successo e vittoria, pare che Nicola abdicherà questo giorno stesso!»]
“Conducendo un comizio” e “questo giorno stesso” non sono cose che Irik direbbe alla sua donna in un discorso concitato. Rendono la battuta inverosimile.

[«Irek, amore, rimani qui con me. Per noi due il tempo degli scioperi e della lotta operaia sono finiti.»]
Refuso. Il “tempo” è “finito”.

[«Cosa? Hai appena ucciso due guardie per salvarmi la vita ed ora vuoi rinunciare?»]
Non c’è un vero nesso logico tra il salvataggio dell’amato e l’amore per la causa. Occhio alla D eufonica.

[Altri spari ed altre grida percorsero l’aria, ma Irek questa volta non li sentì:]
Allora perché le sentiamo noi? Capisco cosa intendi, ma sarebbe meglio dire che non vi badò o che risuonavano più distanti, perché se non le sente, non dovrebbero essere descritte (se stiamo nel suo PDV)

Sul finale capiamo che Irek abbandona la lotta perché diventerà padre. Questo, personalmente, non lo trovo molto credibile o sensato. Un uomo che combatte per un ideale, di solito, è fomentato dall’idea di farlo anche per i suoi figli. Inoltre mancano molti mesi al parto. Comunque è un giudizio personale.

Alla prossima!

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Laura Cazzari
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Re: Irek

Messaggio#5 » mercoledì 20 maggio 2020, 22:12

Ciao Dario, ho molto apprezzato la tua idea di ambientare la tua storia ai tempi della rivoluzione russa contro lo zar Nicola. Sicuramente per la Russia è stata una fine di un’era quindi il tema è centrato. Non so se hai voluto inserire un sotto tema minoritario per la fine di un’era di una semplice coppia che sta per diventare una famiglia. Comunque, il tuo racconto mi è piaciuto. Unica pecca, alcune frasi in russo e altre no secondo me stonano un po’, meglio tutto in italiano così non dobbiamo andare a cercare la traduzione.
Laura Cazzari

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emiliano.maramonte
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Re: Irek

Messaggio#6 » domenica 24 maggio 2020, 17:08

Ciao Dario!
E' un mio limite: conosco pochissimo questo periodo della storia. Ho letto il racconto con interesse, ma con un'antipatica sensazione di distacco, dovuto alla mancanza di riferimenti che me lo facessero apprezzare appieno. Ribadisco: non è colpa tua, hai scelto un tema sicuramente delicato e importante e lo hai narrato come dovevi.
Il testo si legge, è gradevole e compone un quadro interessante. La tensione narrativa è abbastanza costante, con un finale un pelino affrettato e lasciato in sospeso.
Alcune cose da rivedere: innanzitutto gli inserti in russo. Non che non siano utili per calare il lettore nella giusta atmosfera, tuttavia lo disorientano, creandogli il forte imbarazzo della traduzione o, almeno, di un tentativo di intuizione "a senso". Mi hanno rallentato non poco nella lettura. Inoltre hai usato due termini dal sapore "arcaico": "addietro" e "cotanto"... scelta voluta per dare, appunto, un sapore antico, o utilizzo fine a se stesso? Nel secondo caso, andavano cassati a favore di termini più fluidi. Infine qualche sfrondatura ad alcuni periodi andava fatta, diciamo un paio di riletture per alleggerire la forma in alcuni passaggi.
Ad esempio: "Irek aguzzò tutti i sensi che aveva a disposizione", frase pedante: quanti sensi abbiamo noi esseri umani? 10? No, vabbe', scusa l'ironia, però è ovvio che di fronte a un pericolo l'essere umano aguzza i sensi, senza doverlo precisare con un giro di parole pesante. Ancora: "...uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna." «Dall'uscita della canna» bruttissima e inutile aggiunta. DI solito si dice: "Pistola fumante o fucile fumante" e basta già così perché l'immagine di un'arma che ha appena sparato è chiara a tutti.
Mi fermo qui.
Racconto interessante, ma con un pollice ni per i motivi che ho sopra espresso.

In bocca al lupo!
Emiliano.

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Gennibo
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Re: Irek

Messaggio#7 » domenica 24 maggio 2020, 23:21

Ciao Dario, di questo racconto mi è piaciuta l’idea, riguardo lo sviluppo, non posso fare altro che aggiungermi alle considerazioni di Luca e di Emiliano, penso che potrebbe già migliorare di molto eliminando un terzo delle battute, guadagnerebbe in incisività, penso anche che dovresti dare delle priorità ai soggetti delle frasi.
Per esempio: «Irek…моя любовь…» piagnucolò una voce dietro di lui.
Da una porticina laterale di cui l’uomo non aveva sospettato l’esistenza, uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna.
Questa avanzò per andargli incontro, poi improvvisamente le forze l'abbandonarono e ricadde sul proprio fondoschiena; sembrava che il rinculo dei colpi appena sparati avesse beffardamente atteso un paio di secondi in più per farla cadere.

Qui il soggetto è la porticina laterale, ma secondo me il soggetto importante è la donna.
Darei a lei la priorità con una frase tipo:
«Irek…» Lui si voltò
Una donna con un foulard bianco in testa uscì da una porta laterale, aveva ancora il fucile puntato sui due poliziotti.
Irek gridò:
– Mi hai salvato la vita!
Lei crollò a terra.

Comunque, penso che l’idea sia valida e che sistemandolo potrebbe uscirne qualcosa di molto buono.

Dario17
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Re: Irek

Messaggio#8 » lunedì 25 maggio 2020, 0:18

Giusto un paio di repliche, in nome del reciproco beneficio del commento e del giudizio vigente da queste parti:

Luca Nesler ha scritto:
[Nulla a che vedere con quel (meglio col) cosacco che gli aveva sorriso poche ore prima,]
Infodump che sa un po’ di ridicolo vista la situazione. Sembra che sia in pericolo, ma si ferma a ricordare per il lettore il cosacco sorridente.


Non è affatto infodump, dato che sottolinea il fatto di come parecchi poliziotti e cosacchi durante la rivoluzione Russa abbiano appoggiato gli scioperanti e quindi hanno fatto buon viso a cattivo gioco. Danno contesto.

Luca Nesler ha scritto:[in mezzo all'oceanica folla di operai, mentre lasciava che il fiume strabordante di scioperanti]
La folla non ha bisogno di aggettivi che la definiscano grande. Semanticamente è un sostantivo già caricato di quel significato.
Il fiume di scioperanti è ridondante, perché parli ancora della folla oceanica che, nell’insieme della frase, risulta di troppo. La frase sarebbe più leggibile se più breve e meglio organizzata, per esempio:
“Nulla a che vedere col cosacco che gli aveva sorriso mentre si liberava dalla folla di scioperanti che stavano conquistando Pietrogrado”. È solo un esempio.


Tuttalpiù il sostantivo "folla" non ha bisogno di specificazioni tipo "una folla di persone", ma aggettivi che ne esaltino la risonanza e/o la vastità si possono usare eccome. "Oceanico" è l'aggettivo per definizione, oserei dire.
Il tuo esempio, con due "che" quasi consecutivi, temo sia un po' troppo faragginoso.

Luca Nesler ha scritto:[«Questo è stato il tuo ultimo sciopero, “собака”! Non avresti dovuto bastonare i miei colleghi con quello schifo di bandiera rossa che avevi in mano!» inveì uno dei due agenti.]
Questa battuta di dialogo non è credibile. Il poliziotto dice cose che non avrebbe interesse di dire, quindi io sento che lo dice per me e diventa infodump. Questo è uno dei nemici della sospensione d’incredulità per eccellenza.

Il poliziotto rivela il motivo della fuga di Irek ed il perchè si sia dovuto allontanare dalla piazza, non proprio infodump.

Luca Nesler ha scritto:[«L’ho fatto e lo rifarei!» replicò Irek, stupendosi un istante dopo di cotanto coraggio.]
Irek che si stupisce un istante dopo di ciò che ha detto suona insolito e straniante. Credo che la frase sia costruita un po’ male. Inoltre usare un termine come “cotanto” rende evidente una bizzarra scelta autoriale, minando l’immersione narrativa. E, se ci pensi, non serve a niente.

Insolito che una persona poco lucida per la paura e fomentata dagli eventi dica una parola sbagliata al momento sbagliato, pentendosi? Davvero?

Luca Nesler ha scritto:[Fece un passo addietro e l’edificio in mattoni alle sue spalle gli impedì di retrocedere.]
Frase molto brutta, vuoi per il termine “addietro” che ha lo stesso effetto di “cotanto”, vuoi per la frase negativa dove l’edificio gli impedisce di “retrocedere” altro termine insolito e indiretto che mal s’attaglia alla scena che dovrebbe trasmettere tensione immediata. Anche il fatto che sia di mattoni, se vuoi, è superfluo.


L'effetto cercato è di far sembrare gli edifici come partecipanti nell'intrappolare Irek e nel non dargli spazio per fuggire. Può piacere come non piacere in quanto tale, de gustibus, ma trovo molto meno arcaici termini come "addietro" e "cotanto" in un racconto che "attagliare" in fase di commento.

Luca Nesler ha scritto:[Chiuse gli occhi e diede un ultimo, fugace pensiero alla sua patria.]
I pensieri non si danno. Forse avresti potuto dire “dedicò” oppure, meglio ancora, solamente “pensò alla sua patria”.


I pensieri si possono dare, non a caso è consueto dire o scrivere "dare da pensare a qualcuno" nel senso di "far preoccupare".



Luca Nesler ha scritto:[Irek aguzzò tutti i sensi che aveva a disposizione, alla ricerca del dolore che gli avrebbe tolto la vita.]
La prima frase è un po’ ridicola, perché può sottintendere che i sensi che Irek ha a disposizione siano, in quel momento (a disposizione), in numero diverso dal normale. La ricerca del dolore rimanda a un’immagine strana, nel senso che lui aspetta di sentire dolore, ma non lo ricerca o almeno non fornisci un motivo comprensibile per cui lui voglia soffrire. Anche qui una frase costruita in modo poco agile alla lettura.


È ovvio che il significato di quel "tutti" e di "ricerca" non vadano presi alla lettera, se uno analizza in termini puramente stretti e didascalici praticamente bisognerebbe cestinare qualsiasi metafora, iperbole o forzatura stilistica.
Facciamo le pulci a secoli di narrativa italiana dove "i cuori finiscono in gola" oppure "perdono colpi" perchè danno un'idea ridicola e non plausibile?

Luca Nesler ha scritto:[I due poliziotti erano chini e con le gambe traballanti per il patetico sforzo di mantenere la posizione eretta. Stramazzarono a terra insieme, sconfitti.]
Questa è una delle frasi peggiori del testo e ti spiego perché. Descrivi i poliziotti come un’unica entità (addirittura stramazzano e sottolinei “insieme”), il che mi fa pensare a pigrizia (ma sì, tanto fanno la stessa cosa) e riporta un’immagine surreale, così poco credibile e lontana dal contesto, che non posso crederci (sospensione d’incredulità andata).
Poi ci sono le gambe traballanti che, oltre a fare un po’ cartone animato, sono un’immagine superflua.
Lo sforzo viene definito addirittura “patetico” che è una parola forte, carica di significati emotivi. Da chi? Perché? Questo giudizio risuona forte.


Se due persone si beccano due fucilate consecutive, è bizzarro vederli cadere allo stesso momento?
Patetico è un aggettivo che intende un sistema di elementi che suscitano pietà e/o commozione. Tentare di restare in piedi con dei proiettili nello stomaco o nelle viscere a me da proprio l'idea di uno spettacolo di quel tipo. Il giudizio lo do io narratore adottando il punto di vista di Irek, un uomo normale che non soffre di insensibilità mentale patologica e che quindi giudica "patetico" il tentativo di rimanere in piedi dei due poliziotti, sebbene la situazione vada a suo completo vantaggio.

Luca Nesler ha scritto:[Da una porticina laterale di cui l’uomo non aveva sospettato l’esistenza, uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna.]
Frase un po’ lunga, visto che ci sono molti elementi. La porticina laterale (laterale?) Irek non l’ha vista. Perché dovrebbe sospettarne l’esistenza? Infatti tu dici che non la sospetta, ma è strano che lo sottolinei se non aveva possibilità di farlo. Era meglio dire che non l’aveva notata. Inoltre dici che non l’ha vista, altrimenti ti avremmo detto che avrebbe potuto fuggire da lì. Però non risolvi il problema, perché ora mi chiedo come abbia fatto a non vederla. Certo è una “porticina”, quindi molto piccola, ma è tanto piccola da non farsi scorgere da un uomo in fuga? E come ha fatto a passare la donna? Insomma, ci sono un po’ di incongruenze.

Io posso non "notare" una macchia sulla maglietta, ma una porta con cui posso salvarmi la vita devo per forza renderla invisibile altrimenti il soggetto vi si butterebbe alla disperata.
Non ci sono elementi specifici su come sia fatto il vicolo e quindi la porta può essere stata ignorata per diversi motivi:
Contorni poco visibili?
Colore troppo simile alla parete?
Un angolo morto?
Oggetti che coprono?
Non ho voluto specificarlo ed era inutile a priori, voglio il lettore concentrato su chi esce da quella porta e cosa ha appena fatto, non dargli informazioni da passaggi segreti da Cluedo.

Luca Nesler ha scritto:[poi improvvisamente le forze l'abbandonarono e ricadde sul proprio fondoschiena; sembrava che il rinculo dei colpi appena sparati avesse beffardamente atteso un paio di secondi in più per farla cadere.]
Sulla costruzione: gli avverbi sono quasi sempre inutili. Perché hai costruito questa scena così? Potevi farla cadere subito evitando “poi improvvisamente”. Inoltre, a meno di usare un narratore onnisciente, puoi solo ipotizzare che lei cada perché le forze l’abbandonano. Specificare che cade sul fondoschiena (“proprio” è di troppo) rende la scena un po’ ridicola e non aggiunge molto. La frase dopo sul rinculo mi risulta del tutto superflua e strana: perché Irek fa un paragone del genere? E se lo fa il narratore onnisciente, perché ha voglia di scherzare col lettore in un momento che vuole essere tanto intenso? E perché questo improvviso animismo poetico in cui addirittura il rinculo di un fucile diventa beffardo ai limiti della magia (ritarda il proprio effetto)?


Non voglio nemmeno ribattere qua. Possono non piacerti le esagerazioni, ma non chiederne giustificazioni inutili in quanto autoesplicative: ci sono pechè ci sono. Stop.

Luca Nesler ha scritto:[«Presto, raggiungiamo di nuovo la piazza, c’è ancora bisogno di noi! Kiril, Pavel e Pyots stavano conducendo un comizio poco prima che i poliziotti ci caricassero. Parlavano di successo e vittoria, pare che Nicola abdicherà questo giorno stesso!»]
“Conducendo un comizio” e “questo giorno stesso” non sono cose che Irik direbbe alla sua donna in un discorso concitato. Rendono la battuta inverosimile.


come sopra.

Luca Nesler ha scritto:[«Cosa? Hai appena ucciso due guardie per salvarmi la vita ed ora vuoi rinunciare?»]
Non c’è un vero nesso logico tra il salvataggio dell’amato e l’amore per la causa. Occhio alla D eufonica.

Irek fraintende sua moglie, pensando che si voglia tirare indietro semplicemente per la apura in sè o per il terrore di essere compromessi. Da lì l'accostamento che subito dopo viene sbugiardato.

Luca Nesler ha scritto:Sul finale capiamo che Irek abbandona la lotta perché diventerà padre. Questo, personalmente, non lo trovo molto credibile o sensato. Un uomo che combatte per un ideale, di solito, è fomentato dall’idea di farlo anche per i suoi figli. Inoltre mancano molti mesi al parto. Comunque è un giudizio personale.


Ecco. È per l'appunto un giudizio personale molto opinabile. Siamo d'accordo alla grande.

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Re: Irek

Messaggio#9 » lunedì 25 maggio 2020, 9:13

Ho notato che hai la tendenza a "sfanculare" chi ti critica, solo che così disincentivi la gente a dirti la verità sul tuo testo. Il rischio è di restare una chiavica. Non ti fa paura? A me l'idea di non migliorare mi terrorizza più di aver scritto un racconto che non funziona.
Fa male sentirsi criticati all'inizio, ma se superi la cosa e ti distacchi emotivamente dal testo, puoi ricavare moltissimo dai consigli degli altri. Devi anche capire che non c'è nulla di personale nei commenti e che è più facile essere gentili che onesti.
Ho letto le tue precisazioni con grande attenzione e mi sento di tonare sui miei passi riguardo all'appunto dove Irek fraintende la moglie, ma tutte le altre le confermo.
Comunque, per buona pace di entrambi, la prossima volta mi limiterò a un commento generico che non si allontani troppo dai 300 caratteri di regolamento.

P.S. Una cosa è opinabile o non opinabile. "Molto opinabile" non ha senso.
P.P.S. Meglio se vai a rileggere cos'è l'infodump

Dario17
Messaggi: 417

Re: Irek

Messaggio#10 » lunedì 25 maggio 2020, 23:35

Non "sfanculo" proprio nessuno.
Le critiche contestualizzate le metto in cascina senza troppi patemi: l'uso del cirillico, come avrai notato, non l'ho nemmeno sfiorato perchè, oltre ad essere stato tirato in ballo anche da altri, è a posteriori un qualcosa che, rileggendo meglio, si poteva effettivamente evitare a ragion veduta.
Visto? Nessun "disincentivo" verso le critiche utili.

Quindi le mie folle continueranno ad essere oceaniche e i tentativi patetici, con il rischio calcolato di "restare una chiavica".
Tesi peraltro MOLTO opinabile.
Si, perchè opinabile è un aggettivo che può essere accompagnato da avverbi di quantità ( molto, poco, tanto, assai...)

alexandra.fischer
Messaggi: 2862

Re: Irek

Messaggio#11 » martedì 26 maggio 2020, 19:23

Tema centrato. Siamo in piena rivoluzione d’Ottobre. Irek si trova a fronteggiare la guardia dello Zar quando arriva la notizia dell’abdicazione e sua moglie Rozalya gli annuncia di essere incinta. Bel cambiamento, da militante per i diritti degli operai a padre di famiglia. Il racconto è ben scritto, si respira l’azione (vedi le intimidazioni delle guardie, la sua paura di morire, il suo salvataggio a opera della moglie, che spara alle guardie). L’atmosfera è ben resa dalle parole di Irek alla moglie (c’è stata la rivendicazione fatta dai compagni, uno sciopero per migliorare le condizioni lavorative, l'ambiguità cosacco sorridente-guardie incaricate di giustiziarle, tipica della confusione del periodo). Bella anche la resa dell’ambientazione russa attraverso il nome della piazza e della descrizione del protagonista in cappotto (fa freddo e l’indumento è logoro, per via della crisi). Devi stare attento alle parole russe, non tutti conoscono la lingua, per cui, quando rimetterai mano al racconto, dovrai inserire delle note a piè di pagina con la traduzione. Poi c’è la credibilità storica: nel corso della sparatoria contro i manifestanti, lo Zar non intendeva abdicare, ma concedere maggiori diritti (vedi la convocazione della Duma). Però quest’ultimo dettaglio, prendilo come un mio parere personale.

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giulio.marchese1
Messaggi: 79

Re: Irek

Messaggio#12 » martedì 26 maggio 2020, 19:58

Ciao Dario,
Parto sincero; il racconto non ha pizzicato le mie corde. La trama gira attorno al fatto che durante a un evento storico di rilevanza per il paese ci sia anche la storia più piccola di un ragazzo comune che partecipa alla rivoluzione. In generale mi piace molto questo tipo di accostamento, abbiamo la rivoluzione, un cambiamento epocale per la Russia, e la ragazza incinta, un cambiamento epocale per il protagonista. Quindi il tema è centrato due volte, perché allora non mi ha colpito? Secondo me c'è un tentativo troppo evidente di contestualizzare nel modo più preciso possibile: le frasi in cirillico (che a un certo punto diventano in italiano), il nome della piazza ed altri piccoli dettagli che un italiano userebbe per descrivere la Russia. Per farti capire il concetto, credo di averlo letto in Borges: nei libri arabi non si parla quasi mai di cammelli, si parla invece di acqua, se un italiano ad esempio scrive un libro ambientato in quelle zone la prima cosa che ci mette è il cammello, perché fa colore locale diciamo, mentre l'arabo non lo metterà mai perché per lui è una cosa talmente normale, talmente consueta che è ovvio che ci sia. Ecco secondo me la pecca di questo racconto è proprio questa, parli troppo di cammelli e poco d'acqua. Spero che questa mia opinione possa esserti utile.
A rilegerci!

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daniele.mammana-torrisi
Messaggi: 112

Re: Irek

Messaggio#13 » giovedì 28 maggio 2020, 0:27

Ciao, Dario!

Devo dire, leggere e commentare la tua storia per me ha un valore particolare. L'epoca in cui è ambientata è praticamente a ridosso di quella in cui è ambientata la mia, forse una manciata di mesi dopo considerando che la Rivoluzione d'ottobre qui è già in corso.
E' una trivia, lo so, ma una molto piacevole.
Più all'oggetto della storia, temo che i pochi caratteri siano andati a penalizzare quello che volevi dire. Non per essere fraintesi; la rivoluzione funziona come declinazione della traccia, è la fine di un'era e questo non lo discuto, ma la conclusione della storia cambia le carte in tavola. Da un evento globale si scende ad uno personale, che di per sé funziona, ma qui viene secondo me la nota dolente.
In sostanza, l'evento personale scavalca quello con cui inizi la storia e fa da chiusa. Scivolata in secondo piano rispetto a Irek e Rozaliya, la cui vicenda personale è per empatia più vicina agli interessi di chi legge, la rivoluzione si sgonfia un po' sullo sfondo, il che potrebbe anche essere molto bello, ma è come se fosse apparsa, avesse detto pio e la si fosse cacciata fuori dalla finestra per fare spazio ai due.
Se loro dovevano essere il punto focale sin dall'inizio, non sarebbe stato un problema. Il punto è che l'inizio della storia, almeno per come l'ho inteso, ci mostra Irek concentrato sull'evento della rivoluzione, che è quindi il cardine narrativo. Quando Rosaliya rivela la gravidanza, lascia immediatamente ogni cosa e tutta l'attenzione si sposta su quello.

Però imbattermi in una storia tanto cronologicamente vicina alla mia è stato fantastico. A rileggerci presto!

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Andrea Partiti
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Re: Irek

Messaggio#14 » giovedì 28 maggio 2020, 12:39

La scelta dell'era che finisce è originale e mi piace, ma il racconto non mi sembra funzionare bene per una serie di ragioni.

Ci sono una serie di cliché e coincidenze che tornano insieme in un tempo brevissimo.
L'inseguimento, la quasi esecuzione, gli spari che dovrebbero uccidere il protagonista ma no, è vivo e sta bene, qualcuno ha sparato agli assalitori che stanno in piedi per un ultimo drammatico momento (cinematografico ma non credibile) prima di stramazzare al suolo, è la moglie, che è incinta e l'ha raggiunto drammaticamente all'ultimo momento per fargli cambiare idea su una causa per cui fino a dieci secondi prima era pronto a morire.

E' troppo in troppo poco tempo, non c'è preparazione. Alcune sono scelte che mi aspetto da film o serie tv, con una preparazione sufficiente e anche in quel caso mi sembrerebbero telefonate.

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antico
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Re: Irek

Messaggio#15 » venerdì 5 giugno 2020, 19:17

Pollice tendente verso l'alto anche qui, ma con una importante riflessione: il taglio che hai dato alla scena raccontata è molto cinematografico, ma mi sembra mancare un approfondimento sul contesto. Approfondimento che non sarebbe solo funzionale al delineare il quadro generale, ma anche lo stesso Irek in quanto andrebbe a fornirgli motivazioni laddove sembra muoversi solo per un ipotetico ideale. Quello che sto cercando di dire è che la mancanza di approfondimento sul protagonista poi rischia anche di sminuire la sua decisione finale e anche qui si poteva fare di più perché l'importanza da lui attribuita alla nuova vita in arrivo poteva essere legata alla ricerca della libertà nella sua Nazione. Insomma, chiaro che in tremila caratteri non si possa affrontare tutto, ma di sicuro possiamo farceli bastare per cercare di capire in quale direzione dovremmo muoverci e lo dico qui anche se è un problema di molti proprio perché questo tuo testo, così ben incorniciato, mette in particolare evidenza la dicotomia forma/contenuto. Chiaro che per riempirlo di contenuto si deve alzare l'asticella della difficoltà, ma perché porci dei limiti? Chiudo con la questione del cirillico: per me non è sbagliato inserirlo, magari potevi dosarlo diversamente.

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