La classifica finale di Carmen Laterza (Libroza)

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La classifica finale di Carmen Laterza (Libroza)

Messaggio#1 » venerdì 12 giugno 2020, 17:32

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Ecco a voi commenti e classifica di Carmen Laterza (LIBROZA).
Ricordo che, per la classifica generale finale di Edizione, si sommeranno tutte e cinque le classifiche delle guest stars di questa ALL STARS EDITION!

1) La ferrovia, di Andrea Lauro
Solo un dialogo, ma al suo interno tutto ciò che serve per far capire gli antefatti, la situazione, l’ambiente, i caratteri e gli umori dei personaggi. Cosa chiedere di più da un racconto?
Se uno dei due protagonisti teme la “fine di un’era” e si sente spaesato, l’altro correttamente ricolloca la loro stessa esperienza a cavallo tra l’era attuale e quella precedente, che loro stessi hanno contribuito a chiudere. Dunque la fine non è mai solo una conclusione ed è sempre –contemporaneamente – un nuovo inizio. Basta saper guardare gli eventi nella giusta prospettiva.
E se all’inizio il lettore è portato ad affiancarsi all’opinione di Charlie, a condividerne le idee e a credere quindi che Seamus non sia in grado di capire (“A volte proprio non capisce” / “Stupido e cieco”), alla fine, dopo un lento ma inesorabile slittamento di posizione, il lettore si ritrova dalla parte opposta, cioè accanto a Seamus, di cui non può che condividere l’apertura di vedute e l’atteggiamento ottimista. Allora, l’unico che non ha capito sembra essere proprio Charlie (“Annabelle? Non ho idea di dove sia”).
La giusta prospettiva è dunque relativa e in questo gioco di ribaltamento, sottinteso ma clamoroso, sta la sottile maestria dell’autore.
Ottima prova!

2) Quantum Storyteller, di Luca Nesler
L’idea narrativa è molto divertente, perfettamente in tema con la gara, e tocca un nervo scoperto di chiunque al giorno d’oggi stia provando a “fare lo scrittore”. Gli strumenti narrativi sono utilizzati con buona padronanza: l’intreccio basato su tre scene sfasate rispetto all’ordine della fabula strizza l’occhio al genere thriller e contribuisce a mantenere alta la tensione, mentre la prevalenza di parti dialogiche stringe il ritmo e non lascia al lettore il tempo di distrarsi.
L’unico dubbio che resta è se davvero abbiamo tempo fino al 2027 o non dobbiamo cominciare a buttarci sul trash già da adesso! ;)
Attenzione alla differenza futuro/condizionale (staremo/staremmo, potremo/potremmo).
Nel complesso prova molto buona.

3) Domani, di Danilo Riccio
Brano intenso che rappresenta il vuoto che può lasciare in un uomo “la fine di un’era”, anche quando questa “era” è un’epoca di guerra, morte e desolazione.
Il pretesto narrativo è dunque efficace, ancor più perché è universale e ben si colloca in qualsiasi tempo e spazio.
Peccato solo per qualche scelta stilistica poco riuscita: il nome di entrambi i personaggi – tra l’altro gli unici due personaggi in scena – che iniziano con la stessa lettera, con il rischio di confondere inutilmente il lettore; una similitudine gratuitamente volgare (“sembra piena del piscio purulento di un malato”) che sembra solo un’esagerazione mal gestita, visto che poi quel liquido così schifosamente descritto se lo bevono; una metafora ripetuta (“ombre” per “occhi”) ma non efficace, perché chi pensa agli occhi pensa di solito a luci e non a ombre e quando si parla invece di ombre di solito le si colloca sotto gli occhi e non al loro posto.

4) Dark Factory, di Emiliano Maramonte
Il testo dimostra buona padronanza linguistica, la struttura – aperta da un incipit in medias res – è sostenuta da un buon ritmo. Ben delineati i due personaggi, nelle loro differenze sociali e caratteriali. Centrato pure il tema della gara, con la fine di un’era intesa come epoca del lavoro umano che viene sostituito dal lavoro delle macchine.
Peccato dunque per il finale, una scena in bilico tra sogno e fantasia che spreca tutta la tensione faticosamente – ma abilmente – caricata prima.
L’impressione che rimane è che l’autore sia stato molto bravo nel creare e rappresentare due personaggi realistici e complessi (il datore di lavoro-imprenditore “impomatato” e spietato, che nasconde le sue ambizioni di profitto dietro una calcolata diplomazia, e l’operaio-padre di famiglia, umanissimo e disperato) senza sapere però dove voleva portarli.

5) Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti
Il testo è ben organizzato e dimostra buona padronanza stilistica.
La tensione è dosata, la curiosità del lettore è mantenuta viva fino allo svelamento finale del nome del Capitano e il riferimento alle carte dei Tarocchi inserisce una giusta dose di “magia” e di mistero (“provare a leggere il futuro è peccato”), che colloca fin da subito il racconto in una atmosfera storica lontana, un’epoca in cui superstizione e rituali magici affascinavano tanto i mozzi quanto i Capitani.
Tuttavia non mi sembra colto a pieno il tema della gara perché qui più che la fine viene rappresentato l’inizio di un’era, l’inizio delle grandi esplorazioni geografiche e del colonialismo europeo nel continente americano.

6) Fine del sogno, di Wladimiro Borchi
Il racconto prende come spunto un fatto storico realmente accaduto a Milano il 19 novembre 1969. Si tratta di un fatto di cronaca grave che all’epoca sconvolse l’opinione pubblica e occupò le pagine dei giornali. La morte dell’agente di polizia Annarumma segnò certamente l’inizio di una stagione di violenza per il nostro paese, ma proprio per questo non mi pare riuscito l’accostamento di questo fatto storico di sangue con l’incipit della storia di tono così leggero.
Le due parti rimangono slegate e in questo mancato passaggio dall’una all’altra si gioca la (mancata, anch’essa) tensione del racconto.
Del resto il tema della gara era “la fine di un’era” e dunque se qui si voleva rappresentare la fine di “un’era di sogni” forse sarebbe stato più efficace usare il poco spazio a disposizione per portare il lettore dentro quei sogni, che però, per reggere il contraltare della scena di morte finale, dovevano essere sogni di alto livello, sogni di ideali e di principi, sogni di giustizia e di uguaglianza.
La speranza di uscire a cena con una bella ragazza non può bastare.

7) Un buon consiglio, di Davide Di Tullio
Un vecchio cinema che deve essere demolito, la fine di un’era per chi lo frequentava assiduamente e per un quartiere che sta per essere ridisegnato da un vuoto da colmare.
L’idea di partenza per questo racconto è dunque perfettamente in linea con il tema della gara, ma a mio avviso il testo non riesce a dare spazio alle emozioni che pure lascia intuire. Troppo lunga (rispetto al totale) la fase di introduzione, poco chiari i termini del confronto tra Michele e Simona, abusato lo schema della scoperta che un personaggio che si credeva reale è invece morto ed era reale solo nella fantasia del protagonista.
La parte migliore sembra essere rimasta nelle idee e nella penna dell’autore.
Insomma, uno spunto interessante ma uno sviluppo poco riuscito.

8) Margherite, di Emanuela Di Novo
Il testo è stilisticamente corretto, adeguato alle richieste, ma non convince per eccesso di didascalismo (gli antefatti vengono pedantemente raccontati dalla voce del profeta), per ripetitività (il concetto della “fine di un’era” è infatti ripetuto più volte) e per un finale fiacco.
Se il profeta è un “falso profeta”, se la protagonista ne ha scoperto le menzogne e ora inveisce “contro la creatura che li aveva ingannati”, perché dunque alla fine non disobbedisce? Il gesto di piantare i semi delle margherite è troppo debole per essere una vera ribellione e il finale risulta così un’occasione (narrativa) sprecata.

9) Se lassù qualcuno ti vuole bene, di Isabella Valerio
L’idea narrativa di base è attuale e interessante: una donna che subisce ripetutamente abusi e percosse in ambito domestico, costretta, a causa della quarantena, a restare in casa tutto il giorno con il marito violento, trova sollievo nella malattia di lui perché l’uomo viene portato in ospedale e lei può tornare a sentirsi libera.
Tuttavia non sembra colto a pieno il senso del tema della gara, perché qui il nucleo del racconto non è la fine di un’era bensì, al più, la fine di una difficile fase della vita, la fine di un brutto periodo, se non addirittura solo una parentesi. Non ci sono infatti elementi chiari che facciano emergere nel finale una determinazione nuova e definitiva nella protagonista. Anzi, l’espressione “per il tempo che mi resta” può far pensare a una libertà temporanea che duri solo il tempo della quarantena o del ricovero.
L’uso scorretto dei tempi verbali e la mancanza di una struttura narrativa solida non permettono al testo di superare il livello di un semplice sfogo diaristico.

RECAP SULLA CLASSIFICA GENERALE DOPO QUATTRO CLASSIFICHE (DI CINQUE):
Nuovo ribaltamento nella parte alta della classifica con La ferrovia di Andrea Lauro che supera Domani di Danilo Riccio e va a prendersi la prima posizione provvisoria. Rimane terzo Quantum Storyteller di Luca Nesler, ma i tre racconti sono separati da soli due punti e nell'ultima classifica può ancora succedere davvero di tutto. Tracollo di Fine del sogno di Wladimiro Borchi che vede allontanarsi forse definitivamente la possibilità di festeggiare il titolo di Campione d'Era con una vittoria: titolo che verrà festeggiato con tutti i dovuti onori una volta conclusa questa edizione. Precipitano anche Il Tredicesimo Arcano di Agostino Langellotti e Se lassù qualcuno ti vuole bene di Isabella Valerio, raggiunto da Dark Factory di Emiliano Maramonte. Più staccati, infine, troviamo Un buon consiglio di Davide Di Tullio e Margherite di Emanuela Di Novo.

La ferrovia, di Andrea Lauro, ore 23.38, 3306 caratteri 12
Domani, di Danilo Riccio, ore 22.34, 3317 caratteri 13
Quantum Storyteller, di Luca Nesler, ore 00.14, 3295 caratteri 14
Fine del sogno, di Wladimiro Borchi, ore 23.38, 3185 caratteri 19
Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti, ore 23.54, 3269 caratteri 21
Dark Factory, di Emiliano Maramonte, ore 00.40, 3332 caratteri 22
Se lassù qualcuno ti vuole bene, di Isabella Valerio, ore 00.54, 2677 caratteri 22
Un buon consiglio, di Davide Di Tullio, ore 00.59, 3190 caratteri 28
Margherite, di Emanuela Di Novo, ore 00.22, 3302 caratteri 29



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