La sfida agli dei

Partenza: 01/07/2020
alexandra.fischer
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La sfida agli dei

Messaggio#1 » giovedì 2 luglio 2020, 9:32

Max. 20000 car
Tema un evento storico
Un personaggio deve fare/provare una disciplina olimpica (-2 punti)
Citare almeno una volta De Coubertin (-2 punti)

LA SFIDA AGLI DEI
Di Alexandra Fischer
L’uomo si aggiustò gli occhiali con la mano rugosa e fissò la telecamera: «Sì, so bene che la montagna ora è diventata nera. Una volta gli inverni duravano a lungo e la neve era alta.»
Diede una pacca sulla spalla del nipote: «Lui ha studiato la glaciologia. Ne sa più di me.»
Ridacchiò: «Io ho una sola certezza. I turisti sono stati un beneficio per noi sherpa, ma una maledizione per gli dei e noi li abbiamo sfidati parecchio.»
Si rabbuiò, poi prese in mano una vecchia fotografia che ritraeva un gruppo di uomini sulla neve e si rivolse all’operatore, gliela mostrò: «Mi trovai lì per caso. Vedete, avevo diciannove anni e vivevo in povertà quando vidi tre sherpa al mio villaggio vestiti con giacche e pantaloni eleganti. Allora seppi della spedizione dei sahib.»
Strinse gli occhi a fessura e la sua mente tornò indietro: «I tre sherpa mi dissero che i sahib volevano aiuto per portare un carico in alto, molto in alto. Il compenso era di tre rupie, per me una piccola fortuna. Sapete, all’epoca vivevamo raccogliendo funghi, radici commestibili. Non tutti avevano patate, ci si scaldava solo con il cherosene. E portare il carico in bassa quota faceva guadagnare poco.»
Sorrise all’operatore: «Ma oltre ai soldi, volevo unirmi alla spedizione perché partecipava il grande Tenzing Norgay. Aveva quasi quarant’anni ma era il migliore scalatore, tanto che lo assunsero come capo sherpa, o sirdar. Andai a casa sua con altri tre amici per farmi ingaggiare come sherpa, e lui mi assunse perché conosceva mio padre. Scartò gli altri due, malgrado io non avessi alcuna esperienza.»
Scosse la testa e ridacchiò di nuovo.
Il nipote lo invitò a proseguire: «Nonno Kancha, i signori aspettano.»
Lui riprese, facendogli un gesto pacato: «Sì, sì. Ma pazientate. Vedete, è passato tanto tempo. Non riesco a credere di essere l’unico sopravvissuto. A volte sogno di essere ancora lì, insieme a sirdar Norgay a stringere la mano ai sahib Edmund Hillary e John Hunt. Mi fecero una tale impressione, con i loro capelli biondi e gli occhi azzurri tondi. E anche quando mi corressero. Io conoscevo la montagna come Chololungma, la Madre dell’Universo, e la temevo, loro mi corressero dicendo che si chiamava Everest. Per me apparteneva agli dei. Sfidarla, per me, equivaleva a inimicarseli. Ma sono stati clementi con me: sono arrivato a ottantasei anni.»
Kancha mostrò loro il rosario che rigirava fra le dita: «Continuo a ringraziarli di questo. Ero solo un ragazzo che voleva aiutare la famiglia. Non c’era quel che c’è oggi.»
La sua mano abbracciò la stanza del rifugio Nirvana: «All’epoca non avrei mai immaginato di gestire una locanda per turisti come questa, né di prendere moglie.»
Alzò le spalle: «Ma sahib Hillary mi raccontò molto di sé: era un uomo gentile. Il suo insegnamento era di essere tenaci. Da bambino era gracile, leggeva molti libri. Poi a sedici anni scalò la sua prima montagna e continuò. Da quel posto lontano, Ruapehu, Nuova Zelanda, venne qui. Mi raccontò che lo ingaggiò John Hunt, lo stesso sahib che ci promise un premio di trecento rupie se dal campo 7 ci fossimo spostati entro due giorni al campo 2.»
Kancha fece girare i grani e li fissò, perso nel ricordo, dopodiché riprese a parlare quando arrivò la moglie con il tè.
Se ne versò un po’ e fece lo stesso con il nipote; subito dopo gli domandò: «E i sahib venuti a interrogarmi, non bevono, Tenzing?»
Il nipote scosse la testa: «Dopo, nonno. Ora vogliono sentire il resto.»
Lui sorrise e sorseggiò il tè: «Sì, hanno sempre fretta. Anche John Hunt era così. Voleva che facessimo presto con il carico: era indispensabile perché oltre alle provviste c’erano anche le bombole a ossigeno. Vedete, il campo due era a oltre settemila metri e l’aria diventa rarefatta già a quattromilacinquecento. I miei compagni e io ci eravamo abituati, i sahib no. Per questo Hunt ci offrì un premio di trecento rupie. Dovevamo portare ventitré chili a testa e questo tè, mi ricorda quello che mi offrì sirdar Norgay. I miei amici e io eravamo distrutti, ma lui insistette. Ci fece bere il tè caldo e riscaldò i nostri piedi gelati. Mi ricordo che era il 21 maggio 1953 e lui ci disse che mancava poco. Eravamo già al campo 7 e al campo due servivano gli equipaggiamenti. Portavamo anche le bombole a ossigeno. Hillary ripeté le stesse frasi e ci rifocillò. Era un uomo gentile.»
La sua espressione si fece affaticata: «Non sapevo nulla di arrampicate, ma sirdar Norgay e sahib Hillary mi istruirono con le piccozze e i rampini. I crepacci erano il vero pericolo, e li attraversammo usando dei tronchi.»
Riprese a guardare la telecamera e posò la tazza, con un’espressione seria: «Io ho accettato di parlarvi perché dovete sapere la verità. È vera la frase di Hillary riferita al Chololungma, o Everest, come lo chiamate voi. Mi fece rabbrividire, sapeva di mancanza di riguardo verso gli dei: ‘l’abbiamo battuto, il bastardo.’ Ma il resto è una bugia.»
Il cine operatore e il reporter erano rimasti silenziosi; Tenzing Chogal Sherpa, l’ottavo nipote di Kancha, era molto occidentalizzato, ed era divenuto amico di uno di loro al punto da accettare di convincere il nonno a rievocare quella che i giornali del 1953 definirono: “L’impresa impossibile”.
Ma Kancha era un uomo inquieto: voleva liberarsi di un peso, non vantarsi.
Il suo volto si fece severo quando vide il reporter aprire la bocca.
Il giovane ci ripensò.
Tenzing Chogal Sherpa sussurrò al nonno: «Di’ ai sahib cosa accadde dopo che sahib Hillary e sirdar Norgay raggiunsero la vetta.»
«Gli uomini importanti del Nepal vollero far credere a tutti che sahib Hillary e sirdar Norgay fossero arrivati insieme. No. Sirdar Norgay arrivò dietro sahib Hillary. Fu lui ad aprirgli la strada. A nessuno preme arrivare per primo quando si sale in cima. Men che meno a lui: gli importò soltanto di partecipare, capite? Scalare era la sua vita. Mi narrò le sue imprese. Conosceva bene l’Himalaya. Aveva quasi quarant’anni, ma cominciò nel 1935. Ricordo solo che fallì nello sci, in Pakistan. Si ruppe una gamba.»
Kancha si sfregò le braccia, come a scacciare il gelo di quel giorno: «Quando sirdar Norgay mi raccontò di avere sostato insieme a Hillary per lasciare le prove della scalata, rabbrividii con lui: sahib Hillary lasciò un pacchetto di caramelle in segno di amicizia, le bandiere delle Nazioni Unite, della Gran Bretagna, del Nepal, dell’ India e un gattino di pezza datogli dal sahib Hunt; sirdar Norgay, invece una matita blu e rossa di sua figlia Nima e cioccolata e biscotti come offerta agli dei. Si fermarono all’incirca un quarto d’ora. E noi eravamo in apprensione. Non c’erano trasmittenti al campo due. Dovemmo aspettare il loro ritorno e avevamo paura per loro. Vedete, per il primo giugno era atteso un monsone ed era il 29 maggio quando partirono alle nove del mattino.»
Kancha bevette un sorso di tè e riprese a raccontare: «Arrivarono in cima alle 11,30 perché si trovarono di fronte l’ostacolo di una parete di roccia di 12 metri prima della vetta. Seppi da Norgay che Hillary ruppe il ghiaccio con l’ascia.»
Sorrise: «Sahib Hillary era molto forte, aveva trentatré anni e voleva superare se stesso. Aveva il demone della paura da sconfiggere quella di finire come i sahib Bourdillon ed Evans arrivati a dieci metri dalla cima il 26 maggio alle ore 13 e poi costretti a rientrare per scarsità di ossigeno: certo, loro si erano attardati a voler scoprire tracce della spedizione del 1924, dalla quale nessuno tornò mai. Un mistero che neppure loro risolsero.»
Kancha rivolse uno sguardo penetrante alla telecamera: «Questa fu la volontà degli dei. Proprio come quella di far vincere Sahib Hillary e Norgay. Mi dispiacque solo di una cosa avvenuta al campo due, dopo che fummo rientrati: lasciammo un sacco di cibo laggiù. Biscotti, carne in scatola, tè e dolci. Ma forse, questa è stata una grossa offerta agli dei e non uno spreco, se sono ancora qui davanti a voi e altri scalatori sopravvissero dopo di noi arrivando fino in cima. Non vi pare?»
Sorrise: «Ora sarebbe bello se vi uniste a me e a mio nipote per il tè.»



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Eugene Fitzherbert
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Re: La sfida agli dei

Messaggio#2 » venerdì 17 luglio 2020, 19:09

Ciao, Alexandra! Bentrovata su Minuti Contati.
Ho letto questa tua rievocazione della celebre scalata del 1953 in forma di intervista. Il tuo racconto ha un valore per me ha un valore che supera quello puramente letterario, perché sei stata in grado di incuriosirmi. Ti confesso che ora che sto scrivendo il commento ho aperte almeno una decina di Tab sul broeser, da national geographic a wikipedia, per approfondire l'argomento. E credo che un racconto basato su un evento storico che ha questo effetto, sia un buon racconto.

Hai scelto di far raccontare la storia a uno degli ultimi sopravvissuti della spedizione, una voce roca dei cosiddetti senza nome, uno gli oltre venti sherpa che aveva accompagnato la squadra di scalatori. È interessante come il vecchio sia intimorito dalla montagna sacra e nonostante tutto trapeli tra le sue parole un certo orgoglio per l'impresa riuscita.
Se davvero devo cercare qualcosa che manca, è il vero colpo di scena, che poteva essere di qualsiasi natura, qualcosa di inventato ovviamente, che gettasse una luce diversa sulla spedizione stessa: sembrava che stesse per arrivare, ma poi, alla fine, si è rivelato un po' debole. Hai costruito tutto alla perfezione, quasi un atmosfera alla The Terror (di SImmons) e poi ti è mancato il balzo finale.

Tecnicamente, ci sono alcune virgole erratiche, ma niente di che. La scansione dei paragrafi e il ritmo sono ben tenuti, anche se all'inizio, c'è un po' di confusione nelle prime battute del dialogo, quando per un momento sembra che sia il Nipote a parlare.
A parte questo, ottima prova, come sempre.
Eventualmente pensa di allungarlo con altri particolari (è pur sempre una delle spedizioni più incredibili di sempre), devi farci sentire lo stesso freddo che sentivano Hillay e Hunt!

alexandra.fischer
Messaggi: 2862

Re: La sfida agli dei

Messaggio#3 » venerdì 17 luglio 2020, 20:47

Ciao Eugene, grazie, terrò conto dei tuoi suggerimenti (in merito a certe virgole, e al colpo di scena, ti prometto di sistemare il tutto quando rimetterò mano alla storia...anche facendo sentire il freddo di Hillary e Horgay). Perdona il PDV ballerino dell'inizio (vedi equivoco su nipote).

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Polly Russell
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Re: La sfida agli dei

Messaggio#4 » sabato 18 luglio 2020, 18:22

Ciao Ale! Ben trovata, cara. Eccoci anche in questa tenzone olimpica.
Il tema che hai scelto è davvero suggestivo, e qui ti devo tirare le orecchie, tu che sei così brava nell’evocare sensazioni attraverso le immagini, delle alte vette dell’himalaya ci mostri davvero poco. Non sento freddo, non godo della vista da sopra alle nubi. Ma capisco che il tuo intento era un altro e altrove era la tua concentrazione. Ci sta, era solo un mio vezzo.
Comunque, l’idea dell’intervista è buona e anche ben gestita, mi ha colpito tanto il modo in cui il protagonista si rapporta con la montagna, in un misto di timore e reverenza.
Purtroppo rimangono un po’ sul fondo tutti gli altri personaggi, per primo due protagonisti della scalata, cui forse avresti dovuto dare più importanza, soprattutto perché eri partita col piede giusto con la battuta riportata di Hillary.
Ho trovato la citazione, ma non lo sport olimpico, anche se accenni allo sci, mi pare un po’ poco, è appiccicato lì solo perché ce lo dovevi mettere.
Una buona prova comunque, Shanda. Complimenti e alla prossima.

Qualche considerazione in dettaglio
Il compenso era di tre rupie, per me una piccola fortuna.
qui ti sei confusa, dopo parli di trecento.

Da quel posto lontano, Ruapehu, Nuova Zelanda, venne qui.
Beh non è così lontano da lì.

rupie se dal campo 7 ci fossimo spostati entro due giorni al campo 2.
non mi piacciono i numeri scritti in cifre. Anche se in questo caso non è scorretto.

il campo due era a oltre settemila metri
e infatti...


«Non sapevo nulla di arrampicate, ma sirdar Norgay e sahib Hillary mi istruirono con le piccozze e i rampini.
qui mi viene un dubbio, se lui non era pratico, se non era mai andato fin lassù, come faceva da essere talmente abituato all’aria rarefatta da non necessitare dell’ossigeno?

di 12 metri prima della vetta.
ancora in cifre.
Polly

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StefanoPais
Messaggi: 40

Re: La sfida agli dei

Messaggio#5 » lunedì 20 luglio 2020, 9:42

Ciao, sono nuovo qui su minuti contati e non sono abituato a dare giudizi sul lavoro degli altri ma provo a fare del mio meglio.

Bel racconto, bella l'idea di fondo. Si legge piacevolmente.
Non ribadirò cose già fatte presenti, ho solo due cose da farti notare:

1) In apertura sei fuori dal punto di vista. Il protagonista conosce il proprio nome e anche in terza persona dire: "L'uomo" fa pensare che qualcuno sta guardando il vecchio.

2) Alcune battute di dialogo sono un po' troppo lunghe, spezzale con qualche azione. Cerchi di mostrare che stia parlando con molta calma con intento quasi espiatorio fagli fare dei sospiri o girare con lentezza il cucchiaino nella tazza.

alexandra.fischer
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Re: La sfida agli dei

Messaggio#6 » lunedì 20 luglio 2020, 20:36

Ciao Polly, scusa per i numeri in cifre. Per quel che riguarda i personaggi dei due scalatori, vedrò di dare loro un rilievo più spiccato quando rimetterò mano alla storia. Attenzione: per quel che riguarda le rupie, erano proprio tre a inizio ingaggio. Divennero trecento quando si trattò di accelerare i tempi in vista dell'ultimo tratto. Riguardo al problema dell'ossigeno: scusami tu. Hai ragione. Lì mi è sfuggita la verosimiglianza (nella mia mente l'ho tirata per le orecchie pensando che Horgay lo avesse temprato abituandolo a salire poco alla volta). L'incidente di Horgay con gli sci avvenne davvero, però capisco che la realtà tenda ad appiattire la fantasia. Sono contenta che la storia, nel suo complesso ti sia piaciuta.
Ultima modifica di alexandra.fischer il lunedì 20 luglio 2020, 20:41, modificato 1 volta in totale.

alexandra.fischer
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Re: La sfida agli dei

Messaggio#7 » lunedì 20 luglio 2020, 20:37

Ciao Stefano, terrò conto dei tuoi consigli su come movimentare l'azione dell'ultimo sopravvissuto mentre parla (qualche gesto in più).

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