Deux rêves à Paris
Inviato: domenica 5 luglio 2020, 21:36
Émile si tolse il cappello e si passò il fazzoletto bianco sulla fronte, asciugandosi il sudore. Nonostante la camicia di lino, le maniche rimboccate e gli alberi che lo circondavano, il caldo stava già diventando insopportabile.
Quell’estate aveva portato una calura eccezionale, eccessiva, ma sembrava che il clima stesse volgendo al fresco. Nubi temporalesche crescevano al sud ed Émile sapeva che presto Parigi sarebbe stata allietata dalle consuete piogge che spesso mitigavano la canicola.Quel giorno, per fortuna, le gare con le mongolfiere avrebbero potuto continuare.
I palloni si sollevavano nel cielo ad altezze impressionanti. Émile si schermò gli occhi con la mano e un brivido di vertigine gli corse lungo la schiena: era incredibile che l’uomo riuscisse a dominare anche i cieli.
Tirò fuori il suo taccuino e prese qualche appunto. Avrebbe accennato anche al clima,era indispensabile per il suo articolo. Voleva che fosse una cronaca veritiera, ma con un tocco in più, che riuscisse a trasmettere la meraviglia dell’Esposizione Universale.
Erano giorni che Émile girava per le strade della capitale francese, prendendo appunti, parlando con le persone e intrufolandosi nei luoghi costruiti per celebrare la fiera d’inizio secolo, spesso così costosi per le sue tasche. Pont Alexandre III, il Palazzo dell’Elettricità, i padiglioni delle nazioni lungo la Senna; aveva fatto un salto al cinematografo di quei Lumière alla Galleria delle Macchine ed era salito sulla Grand Roue de Chicago, ammirando Parigi dall’alto. Aveva bazzicato cafè ed eventi, riuscendo anche a scroccare qualche spuntino durante le sue interviste.
La vita da giornalista non gli stava portando molta fortuna al momento.
Aveva però riempito pagine e pagine di materiale su cui poi avrebbe fatto un resoconto da vendere a qualche testata. Magari sarebbe riuscito a pagarsi qualche mese di affitto in anticipo.
Il giovane si guardò intorno, nella speranza di avere qualche altro spunto e di cogliere altro colore da aggiungere alla sua tavolozza di parole. Il Bois de Vincennes ospitava le tende dei Tuareg e le altre installazioni esotiche provenienti dalle colonie francesi, ma Émile voleva vedere altro oggi. A lui interessavano gli eventi sportivi, il Concours internationaux d'exercices physiques et de sport.
Percorse i sentieri nel parco, gettando un occhio alle stranezze di terre lontane, fino a che non fu in vista del Velodromo. Non c’era molta gente lì intorno. Sembrava che a nessuno interessassero particolarmente quegli eventi. Anche entrando nella struttura, gli spalti erano quasi vuoti.
C’era solo qualche coppia che girava in pista con il proprio tandem in vista delle gare di quel giorno.
Émile si sedette e prese il suo taccuino e la matita. Aveva camminato parecchio per arrivare lì nella speranza di vedere qualcosa di più interessante e invece c’erano pochi atleti e tanti perdigiorno che sonnecchiavano sugli spalti prima che il sole diventasse insopportabile. Appoggiò la schiena sbuffando e guardò nuovamente il cielo.
«Deluso?» disse una voce.
Émile si riscosse e guardò intorno. Un uomo distinto sulla quarantina, con degli enormi baffi, lo stava fissando. Il ragazzo scrollò le spalle: «Avevo letto che ci sarebbero state diverse gare, un campionato internazionale.»
Il misterioso uomo baffuto sospirò. Sembrava che quel tema lo sentisse suo, che ne fosse afflitto in qualche modo.
«Che giorno è oggi?» chiese l’uomo.
«Dodici agosto, perché?» rispose Émile.
La figura enigmatica ci pensò un attimo e poi disse: «Mi segua, oggi si gareggia sulla Senna…»
Émile balzò in piedi e gli si affiancò. L’individuo procedeva con passo spedito, superando le persone, senza preoccuparsi troppo di essere seguito dal giovane.
Usciti dal parco, l’uomo fece un cenno chiamando una carrozza e i due si misero comodi per il tragitto che li aspettava.
Attraversarono tutta la città ed Émile si trattenne dal commentare quanta strada a piedi avrebbe dovuto fare per tornare a casa.
«Le piace lo sport?» gli chiese l’accompagnatore dopo alcuni minuti di tragitto silenzioso.
«No... non particolarmente... E con tutte le invenzioni che ho visto qui, sono certo che in futuro non dovremo più muovere un muscolo!» disse Émile entusiasta.
«Non tutto si può demandare alle macchine» lo redarguì l’uomo. «Lo sport insegna la disciplina, l’impegno, soprattutto a voi giovani.»
Émile, un po’ in imbarazzo, fece scorrere lo sguardo fino alle scarpe, le suole consumate da quei giorni di peregrinazioni.
«L’allenamento, lo spirito di sacrificio per raggiungere un obiettivo: questi sono valori che dovremmo insegnare nelle scuole» continuò la sua nuova guida con aria sognante. «Non conta vincere e basta. Non è una vera vittoria se non abbiamo dato il massimo per raggiungerla.»
Émile si sentì coinvolto da quel discorso, sembrava che il suo ospite avesse davvero a cuore l’attività fisica e lo sport. Decise di segnarsi anche quella frase.
«Le spiace se prendo qualche appunto?» chiese il ragazzo all’accompagnatore. «Vorrei scrivere un resoconto completo sull’Esposizione Universale.»
L’uomo fece un gesto di assenso. «Siete uno scrittore?» chiese.
«Un giornalista!» rispose Émile orgoglioso. «Aspirante giornalista...» si corresse subito.
«Ah! Interessante» commentò l’uomo. «E scrivete già per qualche testata?»
Emile scosse la testa. «Il mio sogno è diventare giornalista a Le Figaro. Vorrei dare a loro l’articolo che sto scrivendo.»
«Bene, è importante avere un obiettivo alla sua età. Un sogno da raggiungere» commentò l’uomo.
Trascorsero il resto del viaggio in silenzio, osservando le strade della città che scorrevano davanti a loro. Superarono la Tour Eiffel e raggiunsero il Bois de Boulogne, dove lasciarono la carrozza e proseguirono a piedi fino alla Senna.
L’acqua scorreva lenta e il livello era basso a causa della siccità. Tuttavia imbarcazioni e persone nuotavano nelle acque torbide del fiume. Singoli individui e coppie passeggiavano su entrambe le sponde, godendosi il giorno di riposo.
«Come mai siamo venuti qui?» chiese il ragazzo all’uomo.
«Oggi ci sono le finali delle gare di nuoto delle Olimpiadi» rispose l’informato accompagnatore.
Émile lo guardò perplesso. Sapeva che quattro anni prima ad Atene si erano svolte delle Olimpiadi, ma nessuna testata che conosceva aveva accennato a un’edizione parigina durante l’Esposizione. Certo c’erano eventi sportivi, ma facevano parte del programma della Fiera. E in ogni caso, sembrava avessero poco successo.
L’uomo si voltò verso il ragazzo e vide l’espressione vacua sul suo volto: «Non mi sorprende non ne sappia nulla.»
C’era una nota di rammarico nella sua voce. Sembrava che anche lui avesse dovuto affrontare un qualche tipo di sfida e non ne fosse uscito vincitore.
«Le parlavo di lottare, dare il massimo. Io credo di essermi semplicemente arreso» aggiunse.
«Lei è uno sportivo?» gli chiese curioso Émile.
Il suo cicerone parigino rise. «In un certo senso» si limitò a dire. «Diciamo che avrei gradito che gli sport avessero più spazio durante la fiera.»
«Ma come mai non si parla delle Olimpiadi?» chiese il ragazzo al suo anfitrione. La matita già toccava il foglio, pronta a registrare la risposta.
L’uomo sorrise, amaro: «Il comitato dell’Esposizione le trova un inutile anacronismo. Lo sport non fa notizia, l’elettricità e il cinematografo sono il futuro. Venga, stanno per cominciare le finali.» tagliò corto l’uomo e riprese a camminare.
«Che gara c’è?» chiese Émile, incespicando mentre finiva di scrivere. Non voleva perdere di vista il suo accompagnatore.
«Duecento metri a nuoto con ostacoli» disse l’uomo.
Il posto era semideserto: solo i giudici e le squadre popolavano la riva in attesa di gareggiare. Émile sentì parlare inglese e tedesco. «Gareggiano anche stranieri?» chiese al suo accompagnatore.
«Non è forse lo spirito olimpico? Avvicinare le persone e gareggiare in pace, senza guerre, conoscendosi a vicenda?»
Émile voltò pagina e si annotò la frase. “Lo sport avvicina i popoli”: forse non era stata una così cattiva idea lasciarsi avvicinare da quell’uomo così appassionato. Sottolineò il pensiero più volte, gli sembrava importante.
Un giudice fischiò e il primo partecipante iniziò la sua gara che consisteva nel percorrere duecento metri a nuoto, affrontando tre ostacoli:il primo era una pertica su cui salire, il secondo prevedeva di superare tre imbarcazioni arrampicandosi su di esse e il terzo consisteva nel superare nuovamente quelle imbarcazioni, ma nuotando sott’acqua.
Il primo partecipante affrontò la pertica per poi ributtarsi in acqua. Riprese a nuotare sollevando schizzi in ogni dove e raggiunse le tre barche ancorate in mezzo alla Senna: vi si arrampicò, incerto, cercando di non perdere altro tempo. Saltando dall’una all’altra goffo come un pesce che salta su un pontile,raggiunse il lato opposto di quell’ostacolo, rituffandosi in acqua. Il nuotatore si girò e sparì sotto la superficie,riemergendo di nuovo dopo aver superato le imbarcazioni pronto a percorrere l’ultimo tratto di gara. Sbracciandosi e nuotando più in fretta che poteva, raggiunse la riva, dove il giudice prese il suo tempo. Mentre si arrampicava per salire sulla banchina sembrava che non fosse contento del suo risultato, anche se un altro uomo cercava di consolarlo con parole d’incoraggiamento.
La gara andò avanti con altri dieci partecipanti ed Émile non poté fare a meno di sbadigliare dopo il quarto. Il suo accompagnatore però sembrava preso dalla competizione. Per il ragazzo era più divertente guardarlo tifare e accalorarsi, rispetto alla gara in sé.
«Che ne dice?» chiese l’uomo alla fine, dopo che vennero premiati i partecipanti che avevano realizzato i tempi migliori.
«Non mi è sembrata emozionante, come gara. Magari se qualcuno l’avesse commentata... O magari si poteva farli gareggiare tutti insieme, come nella corsa» suggerì Émile, smorzando gli entusiasmi dell’uomo a cui comunque brillavano un po’ gli occhi.
«Sì...Sì, potrebbe essere...» convenne l’uomo. «Tra poco inizierà un’altra gara, però.»
«Ah! Cosa?» chiese Émile, sperando fosse qualcosa di più movimentato.
«Nuoto subacqueo!» rispose l’altro, «Vince chi percorre la distanza più lunga in apnea. Ci sono quattordici partecipanti. La seguirete con me?»
Émile guardò le acque opache della Senna e provò a pensare a come sarebbe stato passare il tempo nel tentativo di immaginare i partecipanti sott’acqua. Alzando lo sguardo vide che anche gli astanti che erano capitati lì per sbaglio se n’erano andati. Era desolante.
Émile scosse la testa: «Ehm... No, grazie! Vorrei andare a vedere i giochi di luce al Palazzo delle Illusioni. Vorrei parlarne nell’articolo che sto scrivendo.»
L’uomo annuì, ma Émile vide la sua delusione. «Sono sicuro che sarà uno spettacolo affascinante» si limitò a dire.
Il ragazzo strinse le labbra, salutò e si voltò. Il suo compagno d’avventura tornò a guardare la Senna, perso nei suoi pensieri. Émile fece qualche passo, pronto ad andarsene. Un po’ gli spiaceva per quell’uomo: sembrava crederci davvero, in quello che diceva. Rifletté un momento: a ben guardare lo spettacolo di luci terminava alle sei. Magari poteva guadagnare un passaggio per tornare indietro. Forse poteva anche approfittare del buon cuore di quell’uomo per pranzare. In fin dei conti era quasi mezzogiorno.
Émile sospirò e tornò indietro. «Beh, magari la gara posso vederla.»
Un ampio sorriso si aprì sul volto del suo nuovo amico.
«Ah! A proposito, non ci siamo presentati. Mi chiamo Émile Berrard» disse il ragazzo porgendo la mano.
«Piacere Émile. Io sono Pierre Fredy de Coubertin» rispose l’uomo, con una vigorosa stretta. «Benvenuto alla seconda edizione dei Giochi Olimpici.»
Quell’estate aveva portato una calura eccezionale, eccessiva, ma sembrava che il clima stesse volgendo al fresco. Nubi temporalesche crescevano al sud ed Émile sapeva che presto Parigi sarebbe stata allietata dalle consuete piogge che spesso mitigavano la canicola.Quel giorno, per fortuna, le gare con le mongolfiere avrebbero potuto continuare.
I palloni si sollevavano nel cielo ad altezze impressionanti. Émile si schermò gli occhi con la mano e un brivido di vertigine gli corse lungo la schiena: era incredibile che l’uomo riuscisse a dominare anche i cieli.
Tirò fuori il suo taccuino e prese qualche appunto. Avrebbe accennato anche al clima,era indispensabile per il suo articolo. Voleva che fosse una cronaca veritiera, ma con un tocco in più, che riuscisse a trasmettere la meraviglia dell’Esposizione Universale.
Erano giorni che Émile girava per le strade della capitale francese, prendendo appunti, parlando con le persone e intrufolandosi nei luoghi costruiti per celebrare la fiera d’inizio secolo, spesso così costosi per le sue tasche. Pont Alexandre III, il Palazzo dell’Elettricità, i padiglioni delle nazioni lungo la Senna; aveva fatto un salto al cinematografo di quei Lumière alla Galleria delle Macchine ed era salito sulla Grand Roue de Chicago, ammirando Parigi dall’alto. Aveva bazzicato cafè ed eventi, riuscendo anche a scroccare qualche spuntino durante le sue interviste.
La vita da giornalista non gli stava portando molta fortuna al momento.
Aveva però riempito pagine e pagine di materiale su cui poi avrebbe fatto un resoconto da vendere a qualche testata. Magari sarebbe riuscito a pagarsi qualche mese di affitto in anticipo.
Il giovane si guardò intorno, nella speranza di avere qualche altro spunto e di cogliere altro colore da aggiungere alla sua tavolozza di parole. Il Bois de Vincennes ospitava le tende dei Tuareg e le altre installazioni esotiche provenienti dalle colonie francesi, ma Émile voleva vedere altro oggi. A lui interessavano gli eventi sportivi, il Concours internationaux d'exercices physiques et de sport.
Percorse i sentieri nel parco, gettando un occhio alle stranezze di terre lontane, fino a che non fu in vista del Velodromo. Non c’era molta gente lì intorno. Sembrava che a nessuno interessassero particolarmente quegli eventi. Anche entrando nella struttura, gli spalti erano quasi vuoti.
C’era solo qualche coppia che girava in pista con il proprio tandem in vista delle gare di quel giorno.
Émile si sedette e prese il suo taccuino e la matita. Aveva camminato parecchio per arrivare lì nella speranza di vedere qualcosa di più interessante e invece c’erano pochi atleti e tanti perdigiorno che sonnecchiavano sugli spalti prima che il sole diventasse insopportabile. Appoggiò la schiena sbuffando e guardò nuovamente il cielo.
«Deluso?» disse una voce.
Émile si riscosse e guardò intorno. Un uomo distinto sulla quarantina, con degli enormi baffi, lo stava fissando. Il ragazzo scrollò le spalle: «Avevo letto che ci sarebbero state diverse gare, un campionato internazionale.»
Il misterioso uomo baffuto sospirò. Sembrava che quel tema lo sentisse suo, che ne fosse afflitto in qualche modo.
«Che giorno è oggi?» chiese l’uomo.
«Dodici agosto, perché?» rispose Émile.
La figura enigmatica ci pensò un attimo e poi disse: «Mi segua, oggi si gareggia sulla Senna…»
Émile balzò in piedi e gli si affiancò. L’individuo procedeva con passo spedito, superando le persone, senza preoccuparsi troppo di essere seguito dal giovane.
Usciti dal parco, l’uomo fece un cenno chiamando una carrozza e i due si misero comodi per il tragitto che li aspettava.
Attraversarono tutta la città ed Émile si trattenne dal commentare quanta strada a piedi avrebbe dovuto fare per tornare a casa.
«Le piace lo sport?» gli chiese l’accompagnatore dopo alcuni minuti di tragitto silenzioso.
«No... non particolarmente... E con tutte le invenzioni che ho visto qui, sono certo che in futuro non dovremo più muovere un muscolo!» disse Émile entusiasta.
«Non tutto si può demandare alle macchine» lo redarguì l’uomo. «Lo sport insegna la disciplina, l’impegno, soprattutto a voi giovani.»
Émile, un po’ in imbarazzo, fece scorrere lo sguardo fino alle scarpe, le suole consumate da quei giorni di peregrinazioni.
«L’allenamento, lo spirito di sacrificio per raggiungere un obiettivo: questi sono valori che dovremmo insegnare nelle scuole» continuò la sua nuova guida con aria sognante. «Non conta vincere e basta. Non è una vera vittoria se non abbiamo dato il massimo per raggiungerla.»
Émile si sentì coinvolto da quel discorso, sembrava che il suo ospite avesse davvero a cuore l’attività fisica e lo sport. Decise di segnarsi anche quella frase.
«Le spiace se prendo qualche appunto?» chiese il ragazzo all’accompagnatore. «Vorrei scrivere un resoconto completo sull’Esposizione Universale.»
L’uomo fece un gesto di assenso. «Siete uno scrittore?» chiese.
«Un giornalista!» rispose Émile orgoglioso. «Aspirante giornalista...» si corresse subito.
«Ah! Interessante» commentò l’uomo. «E scrivete già per qualche testata?»
Emile scosse la testa. «Il mio sogno è diventare giornalista a Le Figaro. Vorrei dare a loro l’articolo che sto scrivendo.»
«Bene, è importante avere un obiettivo alla sua età. Un sogno da raggiungere» commentò l’uomo.
Trascorsero il resto del viaggio in silenzio, osservando le strade della città che scorrevano davanti a loro. Superarono la Tour Eiffel e raggiunsero il Bois de Boulogne, dove lasciarono la carrozza e proseguirono a piedi fino alla Senna.
L’acqua scorreva lenta e il livello era basso a causa della siccità. Tuttavia imbarcazioni e persone nuotavano nelle acque torbide del fiume. Singoli individui e coppie passeggiavano su entrambe le sponde, godendosi il giorno di riposo.
«Come mai siamo venuti qui?» chiese il ragazzo all’uomo.
«Oggi ci sono le finali delle gare di nuoto delle Olimpiadi» rispose l’informato accompagnatore.
Émile lo guardò perplesso. Sapeva che quattro anni prima ad Atene si erano svolte delle Olimpiadi, ma nessuna testata che conosceva aveva accennato a un’edizione parigina durante l’Esposizione. Certo c’erano eventi sportivi, ma facevano parte del programma della Fiera. E in ogni caso, sembrava avessero poco successo.
L’uomo si voltò verso il ragazzo e vide l’espressione vacua sul suo volto: «Non mi sorprende non ne sappia nulla.»
C’era una nota di rammarico nella sua voce. Sembrava che anche lui avesse dovuto affrontare un qualche tipo di sfida e non ne fosse uscito vincitore.
«Le parlavo di lottare, dare il massimo. Io credo di essermi semplicemente arreso» aggiunse.
«Lei è uno sportivo?» gli chiese curioso Émile.
Il suo cicerone parigino rise. «In un certo senso» si limitò a dire. «Diciamo che avrei gradito che gli sport avessero più spazio durante la fiera.»
«Ma come mai non si parla delle Olimpiadi?» chiese il ragazzo al suo anfitrione. La matita già toccava il foglio, pronta a registrare la risposta.
L’uomo sorrise, amaro: «Il comitato dell’Esposizione le trova un inutile anacronismo. Lo sport non fa notizia, l’elettricità e il cinematografo sono il futuro. Venga, stanno per cominciare le finali.» tagliò corto l’uomo e riprese a camminare.
«Che gara c’è?» chiese Émile, incespicando mentre finiva di scrivere. Non voleva perdere di vista il suo accompagnatore.
«Duecento metri a nuoto con ostacoli» disse l’uomo.
Il posto era semideserto: solo i giudici e le squadre popolavano la riva in attesa di gareggiare. Émile sentì parlare inglese e tedesco. «Gareggiano anche stranieri?» chiese al suo accompagnatore.
«Non è forse lo spirito olimpico? Avvicinare le persone e gareggiare in pace, senza guerre, conoscendosi a vicenda?»
Émile voltò pagina e si annotò la frase. “Lo sport avvicina i popoli”: forse non era stata una così cattiva idea lasciarsi avvicinare da quell’uomo così appassionato. Sottolineò il pensiero più volte, gli sembrava importante.
Un giudice fischiò e il primo partecipante iniziò la sua gara che consisteva nel percorrere duecento metri a nuoto, affrontando tre ostacoli:il primo era una pertica su cui salire, il secondo prevedeva di superare tre imbarcazioni arrampicandosi su di esse e il terzo consisteva nel superare nuovamente quelle imbarcazioni, ma nuotando sott’acqua.
Il primo partecipante affrontò la pertica per poi ributtarsi in acqua. Riprese a nuotare sollevando schizzi in ogni dove e raggiunse le tre barche ancorate in mezzo alla Senna: vi si arrampicò, incerto, cercando di non perdere altro tempo. Saltando dall’una all’altra goffo come un pesce che salta su un pontile,raggiunse il lato opposto di quell’ostacolo, rituffandosi in acqua. Il nuotatore si girò e sparì sotto la superficie,riemergendo di nuovo dopo aver superato le imbarcazioni pronto a percorrere l’ultimo tratto di gara. Sbracciandosi e nuotando più in fretta che poteva, raggiunse la riva, dove il giudice prese il suo tempo. Mentre si arrampicava per salire sulla banchina sembrava che non fosse contento del suo risultato, anche se un altro uomo cercava di consolarlo con parole d’incoraggiamento.
La gara andò avanti con altri dieci partecipanti ed Émile non poté fare a meno di sbadigliare dopo il quarto. Il suo accompagnatore però sembrava preso dalla competizione. Per il ragazzo era più divertente guardarlo tifare e accalorarsi, rispetto alla gara in sé.
«Che ne dice?» chiese l’uomo alla fine, dopo che vennero premiati i partecipanti che avevano realizzato i tempi migliori.
«Non mi è sembrata emozionante, come gara. Magari se qualcuno l’avesse commentata... O magari si poteva farli gareggiare tutti insieme, come nella corsa» suggerì Émile, smorzando gli entusiasmi dell’uomo a cui comunque brillavano un po’ gli occhi.
«Sì...Sì, potrebbe essere...» convenne l’uomo. «Tra poco inizierà un’altra gara, però.»
«Ah! Cosa?» chiese Émile, sperando fosse qualcosa di più movimentato.
«Nuoto subacqueo!» rispose l’altro, «Vince chi percorre la distanza più lunga in apnea. Ci sono quattordici partecipanti. La seguirete con me?»
Émile guardò le acque opache della Senna e provò a pensare a come sarebbe stato passare il tempo nel tentativo di immaginare i partecipanti sott’acqua. Alzando lo sguardo vide che anche gli astanti che erano capitati lì per sbaglio se n’erano andati. Era desolante.
Émile scosse la testa: «Ehm... No, grazie! Vorrei andare a vedere i giochi di luce al Palazzo delle Illusioni. Vorrei parlarne nell’articolo che sto scrivendo.»
L’uomo annuì, ma Émile vide la sua delusione. «Sono sicuro che sarà uno spettacolo affascinante» si limitò a dire.
Il ragazzo strinse le labbra, salutò e si voltò. Il suo compagno d’avventura tornò a guardare la Senna, perso nei suoi pensieri. Émile fece qualche passo, pronto ad andarsene. Un po’ gli spiaceva per quell’uomo: sembrava crederci davvero, in quello che diceva. Rifletté un momento: a ben guardare lo spettacolo di luci terminava alle sei. Magari poteva guadagnare un passaggio per tornare indietro. Forse poteva anche approfittare del buon cuore di quell’uomo per pranzare. In fin dei conti era quasi mezzogiorno.
Émile sospirò e tornò indietro. «Beh, magari la gara posso vederla.»
Un ampio sorriso si aprì sul volto del suo nuovo amico.
«Ah! A proposito, non ci siamo presentati. Mi chiamo Émile Berrard» disse il ragazzo porgendo la mano.
«Piacere Émile. Io sono Pierre Fredy de Coubertin» rispose l’uomo, con una vigorosa stretta. «Benvenuto alla seconda edizione dei Giochi Olimpici.»