Nero in Normandia (di Raffaele Marra)

70ª Edizione, Minuti Contati saluta l'estate dedicandogli la Summer Edition. Guest Star è Livio Gambarini, in passato anche concorrente e ora lanciatissimo nel mondo dell'editoria. QUI potete visionare il trailer, potete trovarci anche degli indizi per il tema che vi aspetta. Ricordiamo: l'appuntamento è per lunedì 24 agosto dalle ore 21.00 all'una. Una singola sera, in contrapposizione alla Two Days appena conclusa.
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raffaele.marra
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Nero in Normandia (di Raffaele Marra)

Messaggio#1 » lunedì 24 agosto 2015, 23:32

Mi chiamo Johnny e cammino, mi guardo intorno, stringo i denti e il fucile. Cerco i miei, vedo il nemico. Sento il freddo della pioggia e il calore dei fuochi intorno. Odo i lamenti, le urla in ogni lingua, i boati sempre più vicini.

Un casolare diroccato. Entro. E scoppia l’inferno.

L’esplosione è assordante, da farmi salire in gola il cuore impazzito. L’ultima cosa che vedo sono i muri intorno che si contraggono in un abbraccio che mi imprigiona.

Il rombo si dilegua lentamente lasciandomi nel silenzio. E nel buio assoluto.

Ma almeno sono vivo. Credo.

Non so quanto spazio ci sia qui intorno, ma ho paura di muovermi. E poi…

Un rumore.

Dannazione! È proprio davanti a me.

Stringo il fucile e lo punto verso l’ignoto. Dal rumore capisco che anche colui che mi sta davanti fa lo stesso. Mi chiedo se abbia la stessa mia arma o uno di quei fottuti mitra tedeschi.

Lo sento ansimare. Vorrei tanto capire se è uno dei miei o un nemico.

Muove un passo, verso destra. Che rumore fanno gli stivali tedeschi?

Tira su con il naso, poi riesce a controllare il respiro.

Anche lui, come me, non sa se sparare o attendere. Non sa se siamo nemici. Forse mi ha preso per un tedesco. O forse è Sean di Chicago, o il giovane Dick di Boston, o magari Charlie, quel rompipalle di texano.

Il fatto è che non vedo niente di niente, e ho paura. Mi accorgo che sto masticando chewing-gum. Lo raccolgo con la lingua e lo nascondo lentamente dietro un molare. Mi sfilo l’elmetto e aspetto la sua mossa.

Lui sospira, poi si gratta il capo.

Qui dentro le voci dei soldati non arrivano più: ci hanno dati per spacciati e se ne sono andati. Sia i miei che i suoi, ammesso che vi sia differenza.

O forse siamo morti per davvero e questo è l’inferno peggiore che poteva capitarci.

Stringo gli occhi nel buio e riesco a intravedere una sagoma. Che forma hanno i tedeschi? Apro la bocca per parlargli, per farla finita. Cinquanta e cinquanta: se è un mio amico, almeno moriremo parlando. Se non lo è, beh, mi libererà da questo inferno prima di lui.

Richiudo immediatamente la bocca quando lo sento muoversi. Le mie mani si stringono sull’arma pronta a far fuoco. L’uomo sospira stanco, poi sento un fruscio di stoffa. Si è seduto.

Allungo una mano dietro di me e riconosco uno spuntone di muro che dovrebbe reggere. Mi siedo anch’io: almeno queste gambe la smetteranno di tremare.

Ora è di nuovo silenzio. Non so perché, ma ho l’impressione che mi stia guardando dritto negli occhi.

Respira, un respiro che potrebbe benissimo essere tedesco. Ma a volte si blocca e comprendo che in quegli istanti gli passano per la mente i miei stessi pensieri.

Non resisto più. Cinquanta e cinquanta.

Prendo un fiammifero dalla giacca e lo sfrego. Un solo lampo, per vedere i suoi occhi.

In un istante leggo la paura, la stessa che ho io. Ma non sono riuscito a vedere la sua divisa.

Un secondo lampo, molto più rapido, un rumore secco e un dolore al cuore.

Cado nella polvere e chiudo gli occhi, tanto nel buio non mi serviranno.

E no. Non ero morto. Non ancora.

 



Fernando Nappo
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Messaggio#2 » mercoledì 26 agosto 2015, 10:01

Ciao Raffaele,
l'ambientazione del tuo racconto è chiara fin da subito, complice l'aiuto dato dal titolo.

In questo passaggio:
i muri intorno che si contraggono in un abbraccio che mi imprigiona.
il riferimento all'abbraccio (per definizione qualcosa che stringe) mi ha fatto immaginare il tuo protagonista immobilizzato sotto le macerie. Vederlo poi muoversi, puntare il fucile, eccetera, per un momento mi ha fatto pensare di aver perso un passaggio e mi ha costretto a rileggere.

Ho trovato molto bello questo passaggio:
Vorrei tanto capire se è uno dei miei o un nemico.
Muove un passo, verso destra. Che rumore fanno gli stivali tedeschi?


Mentre invece trovo che questo sia meno indovinato:
Stringo gli occhi nel buio e riesco a intravedere una sagoma. Che forma hanno i tedeschi?
L'immagine che evochi mi fa venenire in mente la forma così particolare e distintiva dell'elmetto delle truppe tedesche, che di sicuro nella situazione descritta non è facilmente identificabile, ma che comunque mi fa suonare la frase meno naturale che nel passaggio precedente.

Esprimo qualche dubbio sulla capacità del protagonista di capire, vista la situazione, che l'altro si sta grattando la testa o si sta sedendo, ma qui ti sto facendo le pulci, me ne rendo conto.

Un buon racconto, che centra il tema, ben scritto e con una buona dose di suspanse che spinge a leggere fino all'inatteso finale (di solito muore sempre l'altro). Ma poi l'altro è tedesco o no? Non è imprtante.

F.T. Hoffmann
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Messaggio#3 » mercoledì 26 agosto 2015, 18:56

Ciao Raffaele,

Racconto efficace e che affronta il tema in modo davvero originale. Il tema della guerra è subito chiaro grazie al titolo, ma il meglio lo dai tu con la tua prosa furiosa al fulmicotone. Fammi dire: davvero gran bella prova. Ho un unico però: il finale, che mi lascia un po' confuso. Perchè usa dei fiammiferi? e perchè non è morto? se lo specifichi deve esserci un motivo, credo.

Lo stile generale, ripeto, è molto buono e ben si adatta al contesto. Due appunti: la prima frase non mi piace, ha poco mordente e la prosa è brutta. "Mi chiamo Johnny e cammino fra le macerie, stringendo i denti e il fucile. Mi guardo intorno, cercando i miei compagni, ma vedo solo nemici." così secondo me suona meglio.

e poi:
"Un casolare. Non ho scelta. Entro...
E sono all'inferno." così la dinamica migliora

infine la figura del muri che si chiudo in un abbraccio non la capisco. c'è un esplosione o un crollo? perchè c'è buio? perchè sente silenzio e non il fischio dei timpani?

ritornando ai fiammiferi, un soldato non mollerebbe mai la propria arma per usare fiammiferi( che poi fanno pure una luce 1 così fioca da essere inutili e 2 abbastanza luminosa da far impallinare il fiammiferaio.

Quindi, buon racconto ma rivedi il finale.

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AmbraStancampiano
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Messaggio#4 » mercoledì 26 agosto 2015, 19:09

Ciao Raffaele,
non ti nego che - tra i racconti del girone che ho letto finora - il tuo è quello che preferisco.
Il tema (l'invisibile è invisibile perchè è buio) è trattato in maniera originale, lo stile è perfetto, e tutto il discorso sulle differenze tra l'americano ed il tedesco (che forma ha un tedesco? il respiro potrebbe anche essere tedesco ecc ecc) che può essere inteso in generale come un discorso sull'uguaglianza tra gli uomini (e che mi ricorda un po' "la guerra di Piero") lo trovo molto sensato e molto bello.
Che dire? Complimenti.

Alla prossima!
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

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raffaele.marra
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Messaggio#5 » mercoledì 26 agosto 2015, 23:06

Grazie Fernando per il tuo commento. Condivido, almeno in parte, i tuoi dubbi su quelli che sono i punti sui quali io effettivamente avrei preferito riflettere con più calma (e più caratteri).

Grazie anche a te Fabio per il tuo commento. Permettimi di difendere la scelta del fiammifero che, se è vero che allontana di poco il racconto da una intransigente credibilità, d'altro canto, se mi concedi, aggiunge un tocco di "poesia" alla scena finale. Insomma, mi piaceva l'idea di questo soldato che, per un attimo, compie un gesto molto distante dalla pratica militare, quasi un gesto domestico che però gli costa la vita.

Ambra, grazie mille per i complimenti. Devo ammettere che anche io, dopo aver scritto il racconto, mi sono chiesto quanto mi avesse influenzato "La guerra di Piero". Credo che ci sia molto, poiché sono cresciuto ascoltando le canzoni-racconti del maestro. E questo, credimi, per me è un grande onore.

 

marina81
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Messaggio#6 » giovedì 27 agosto 2015, 13:05

ciao Raffaele
Il tuo racconto è davvero molto bello. Scritto in maniera, lineare, semplice ci si immerge subito nella situazione. Sembra di essere li' con quel soldato e poter partecipare in prima persona alle sue emozioni. Ricco di suspance, di dettagli che rendono sempre vivo il racconto. Complimenti davvero un buon lavoro.

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angelo.frascella
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Messaggio#7 » sabato 29 agosto 2015, 0:47

Ciao Raffaele.

Era da tanto che le nostre strade non si incrociavano qui su MC. Davvero bello il tuo racconto, in pratica un “gioco di specchi” fra i due personaggi basato sull’impossibilità di capire chi ci sia dall’altra parte della stanza. Il buio confonde tutto, ma mette in evidenza come l’altro uomo, nemico o amico che sia, non è altro che un essere umano con le stesse paure e speranze del protagonista. La tensione resta alta per tutto il racconto. Unico dubbio, la frase finale, che non sono sicuro di aver capito: vuol essere un finale aperto o suggerire altro?

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raffaele.marra
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Messaggio#8 » sabato 29 agosto 2015, 9:14

Grazie Marina per il tuo commento.

Grazie anche a te, Angelo. In effetti è da un po' che non ci incrociavamo. Questa volta, invece, sembra di essere tornati nel lontano 2014 ;)

Riguardo alla frase finale, è una constatazione amara e un po' ironica del protagonista che, morendo, si rende conto che quella prigione buia dove era rimasto fino a quel momento era la vita e non l'inferno come egli stesso, in qualche istante, aveva dubitato.

 

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chiara.rufino
Messaggi: 147

Messaggio#9 » lunedì 31 agosto 2015, 15:14

Ciao Raffaele,

Tolto che questo è un racconto meraviglioso ho solo due domande; perché "Nero in Normandia"? Perché proprio il nome Johnny? Dopo quello di Fenoglio di Johnny, mi sembra un'ottima citazione, o un atto di "pigrizia", magari inconsapevole. Complimenti per il racconto,  ben scritto e ben reso, anche a livello strutturale.
404 Patience Not Found

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eleonora.rossetti
Messaggi: 553

Messaggio#10 » martedì 1 settembre 2015, 16:40

Ciao Raffaele,

racconto molto ben sviluppato, ci si cala subito nei panni del protagonista, si vive ogni suo pensiero e si respira assieme a lui, nell'ansia di sapere se si potrebbe essere sotto fuoco nemico o amico.

Sul dettaglio del fiammifero lì per lì ho pensato "no, pirla! che fai!" cosa che mi ha fatto un po' storcere il naso sulla credibilità, ma è un dettaglio di non troppo conto.

Più che buono lo stile, come sempre.
Uccidi scrivendo.

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alessandra.corra
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Messaggio#11 » mercoledì 2 settembre 2015, 12:16

Ciao Raffaele,
ho apprezzato la cura con cui hai scritto il tuo racconto. Uno stile semplice, ma assolutamente efficace che porta a un'immediata comprensione del testo, immergendo il lettore da subito nella vicenda.
La trama e'accattivante, peraltro credibile.
Mi e' piaciuta molto l'immagine del protagonista che, poco prima di essete ferito (forse mortalmente), accende un fiammifero e, nella luce, scorge per un attimo gli occhi del suo nemico. Da un tocco di poesia a una vicenda molto amara. Bravo!

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raffaele.marra
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Messaggio#12 » mercoledì 2 settembre 2015, 20:35

Ciao Chiara e grazie per il commento. "Nero in Normandia" credo che sia un titolo appropriato, per via del "nero" che è il colore dominante della storia e per la "Normandia" che evidentemente è il luogo dove essa è ambientata. Devo aggiungere anche che con "nero" mi piaceva fare riferimento anche al "noir", non nella connotazione giallistica di questo genere letterario ma spiccatamente nella caratteristica introspettiva che il buon noir non nega mai. Il nome Jhonny è il primo nome che mi è venuto in mente: probabilmente hai ragione, sono stato un po' pigro nella scelta!

Ciao Eleonora e grazie anche a te. Il protagonista è un po' pirla, in quel momento, hai ragione. Ma a me piace un sacco questa gente imperfetta che vive e sguazza nei miei racconti rendendoli un po' meno scontati.

Ciao Alessandra e grazie per il tuo commento. Grazie soprattutto per aver colto la poesia. Complimenti.

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antico
Messaggi: 7172

Messaggio#13 » domenica 6 settembre 2015, 12:51

Il titolo si disvela nel finale, quella fioca luce del fiammifero capace d'illuminare brevemente i volti. Il protagonista che cerca la divisa del capire, il suo compagno di sventura al quale è sufficiente il colore della pelle per sparare. Una finezza davvero d'altro livello che chiude un racconto condotto con maestria in cui l'invisibile si manifesta nelle assurde categorizzazioni che rendono due uomini nemici. Pollice su con convinzione.

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