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Ombre

Inviato: lunedì 24 agosto 2015, 23:55
da maria rosaria
OMBRE di Maria Rosaria Del Ciello

La targa in ottone recava la scritta: Dottor Stuart Miller.
Era lui l’uomo che avrebbe risolto il mio problema?
Suonai il campanello.
- Il dottore arriva subito.
Un intenso odore di lavanda e talco unito a un tac tac di un bastone da passeggio introdussero l’arrivo del medico che, zoppicando, mi accompagnò nel suo studio.
Mi presentai, sedetti ed esposi il problema.
- Lei è fortunato, sa? Sono in pochi a vedere questi segni sul proprio corpo. – affermò dopo avermi ascoltato.
- Quindi anche altri ce li hanno? – chiesi con sollievo.
- Certo. Tutti ce li abbiamo – piegò le labbra in un sorrisetto malizioso.
- Cosa si può fare per eliminarli? – chiesi. – Mi sembra che ogni giorno che passa aumentino di numero. Il mio volto sembra una ragnatela.
L’uomo strinse gli occhi neri in due fessure come per studiare meglio la mia faccia.
- Non si può fare molto. Possiamo solo rallentarne l’avanzare.
- Come? – ero impaziente di arrivare alla soluzione.
- Cominciamo dal modo più semplice. Prendere il sole. Esca, vada al mare, potrebbe aiutarla. Poi, tra un paio di mesi, torni da me e vediamo come vanno le cose.
Avrei preferito una compressa miracolosa, da prendere mattina e sera. O delle iniezioni, persino.
Perciò mi alzai e lo salutai. Insoddisfatto e ancor più depresso.

 

Alcuni giorni dopo l’incontro con il dottor Miller mi accorsi che non riuscivo più ad aprire la bocca e la fitta rete di ombre si era propagata dal viso al collo. Dal collo era scesa alle spalle per arrivare alle braccia e alle mani, paralizzandole.
Una ragnatela invisibile si stava impadronendo di me.
Consultai molti specialisti, nessuno dei quali, tuttavia, vedeva ciò di cui ero da anni testimone: la rete di ombre che mi stava avvolgendo.
Un disegno oscuro, visibile solo ai miei occhi.
- Batti le palpebre. – disse Clara un giorno. - Una volta per dire sì, due volte per dire no – e terminò la frase con un singhiozzo soffocato.
Fu un crescendo. Di dolore e di perdita di speranza.
Battevo gli occhi per un sì, due volte per un no.

 

Quella mattina Clara si era svegliata prima del solito.
Il rumore dei suoi passi mi fecero voltare verso la porta. Fu allora che mi accorsi di essere sprofondato nella più totale oscurità.
La rete di ombre che aveva paralizzato parte del corpo, si era ora impadronita degli occhi. Non riuscivo a vederla, Clara, ma la udii entrare, avvertii il suo alito caldo vicino alla mia guancia. Pensai volesse baciarmi. Finsi di dormire perché alla disperazione si era aggiunta la vergogna di ciò che ero diventato.
Un altro rumore si aggiunse ai passi di Clara. Non era sola.
- Ciao. Me ne vado. – sussurrò.
Provai ad allungare le braccia nel tentativo di afferrarla ma lei era già via. Le braccia immobili, ferme e pesanti come macigni e le palpebre, per quanto mi sforzassi, incollate.
L’ultima cosa che sentii fu uno strano tac tac, come di un bastone che si allontanava per le scale del palazzo e un odore. Quell’odore. Talco e lavanda nella stanza, nella casa. Nell’oscurità in cui ero piombato.

Inviato: martedì 25 agosto 2015, 21:27
da alexandra.fischer
OMBRE di Maria Rosaria Del Ciello Mi piace moltissimo l’invisibilità vista come malattia progressiva, che allontana chi ne è colpito dalla vita e dall’amore sotto forma di ragnatela di ombre che lo cancella. Ho partecipato al dramma del protagonista, il quale mi sembra fregato dal medico che dovrebbe curarlo: gli consiglia di prendere il sole per ritardare la malattia, intanto gli frega Clara (moglie o compagna che sia). Potente l’immagine del rumore del bastone da passeggio e del profumo di talco e lavanda associato al dottore. Non è un’epidemia, tutti hanno questi segni, bella come metafora del rischio di diventare invisibili davanti a coloro che amiamo.

Inviato: mercoledì 26 agosto 2015, 18:03
da valter_carignano
Stile stringato, asciutto, tenuto bene fino alla fine. Complimenti.
La vicenda, secondo il mio personalissimo parere, poteva essere un poco più approfondita. Per esempio, mi sono chiesto se magari lui fosse stato in qualche modo avvelenato dalla moglie, e perché non si renda conto che il medico gli mente quando dice che 'ce l'abbiamo tutti' (al di là del fatto che l'inizio della malattia sia poco visibile per la maggioranza).
Ma in fondo sono piccolezze, il tempo e il numero dei caratteri sono sempre pochi. Cmq credo sia un buon lavoro.

Inviato: mercoledì 26 agosto 2015, 22:26
da Flavia Imperi
Ciao Maria Rosa!
Un racconto splendido. Questa ragnatela invisibile che mano a mano avanza, come un’angoscia silenziosa, che depriva un uomo della sua normalità. Mi ha fatto pensare a come vivono alcune persone la depressione. Una storia surreale, che si legge d’un fiato.
Non mi è chiaro però perché lui alla fine senta l’odore dello studio del dottore e il rumore del bastone: il dottore gli porta via la moglie?
Il personaggio del dottore, che hai caratterizzato con questi particolari, desta una curiosità che rimane in parte inappagata. Sembra un po’ il diavolo di quei racconti noir.
Forse avrei finito la storia al paragrafo prima, con lui che rimane solo, proprio perché si è vergognato di chiedere aiuto alla compagna, un bel colpo di scena.
Pollice in su, decisamente.

Inviato: giovedì 27 agosto 2015, 9:22
da maria rosaria
Grazie dei commenti.
Sì, il racconto poteva essere ampliato e in realtà questa è la versione "ridotta" di un originale ben più lungo.
Per quanto riguarda il finale mi piaceva (a dire la verità su questa cosa c'ho un po' il chiodo fisso) chiudere il cerchio.
L'uomo non segue i consigli del medico (diavolo?) e quello gli toglie la moglie.

maria rosaria

Inviato: giovedì 27 agosto 2015, 23:36
da Omaima Arwen
Ciao Maria Rosa, il racconto che hai postato è davvero ben scritto! Mi piacciono molto le idee che hai inserito, molto originali e ben strutturate. Sei riuscita a scrivere un racconto davvero scorrevole, che si legge tutto d'un fiato. Ho apprezzato la parte finale.(Sarebbe bello leggere la versione più lunga) Nel complesso un ottimo testo!!

Inviato: lunedì 31 agosto 2015, 11:50
da ceranu
Ciao Maria Rosaria.

Tecnicamente il tuo racconto è scritto bene, ma personalmente non ho capito il racconto. Cos'è questa "tela nera" che attanaglia il protagonista? Perché se ne accorge solo lui? È forse una metafora per parlare della depressione? Se fosse così, però, gli specialisti dovrebbero accorgersene.

Non lo so, temo che tu abbia fatto un grosso errore (almeno nei miei confronti). Hai fatto sentire stupido il lettore (me), perché se arrivo alla fine e le domande sono più delle risposte mi sento inadeguato.

Mi dispiace, ma, nonostante un'ottima prosa, non posso giudicare positivamente il racconto. So che è un mio limite.

Inviato: lunedì 31 agosto 2015, 12:55
da maria rosaria
Dispiace a me, Francesco, averti provocato questa sensazione.
Se ti ho fatto sentire stupido vuol dire che l'ho combinata veramente grossa: non ho saputo trasmettere un'idea come andava fatto.

Grazie del commento.
Mi servirà per rielaborare e riscrivere meglio il racconto.

maria rosaria

Inviato: giovedì 3 settembre 2015, 1:29
da Il Soldato
 

Lo trovo un testo moderatamente discreto. Nel senso che ci sono dei punti a sfavore e dei punti a favore. Il colpo di scena finale è azzeccato ed imprevisto, originale, seppur , da lettore, quasi lo trovo privo di senso. Inoltre, un punto a sfavore abbastanza evidente direi, è il fatto che in genere in ogni testo , almeno nella parte finale, c'è un fondo di speranza. Qui no. C'è solo una forte linea depressiva che regna sovrana per tutto il corso della narrazione. E questo conferisce al testo più che suspense, prevedibilità . Tranne per la parte finale, come ribadisco. Riguardo al modo di scrivere, è scritto benissimo. E mi scuso se il commento risulta un po' sgradevole, ma premetto che questo non influenza per niente il voto. Commento solo facendo notare più cose possibili, sono abituato così, da bravo B. Reader :)

 

Inviato: giovedì 3 settembre 2015, 11:56
da maria rosaria
Ringrazio ancora una volta tutti dei preziosi consigli.
Premesso che, secondo me, il lettore ha sempre ragione, vorrei solo rispondere a Damiano quando scrive
"in genere in ogni testo , almeno nella parte finale, c’è un fondo di speranza".
Non ho capito se ti riferisci ai testi di questo Gruppo o ai racconti in generale.
Secondo me alla fine di un racconto può esserci come non esserci un fondo di speranza. Dipende da quello che uno vuole raccontare.
Io ho voluto raccontare una storia buia (che poi non ci sia riuscita è un'altra storia) in cui qualcosa può essere visibile a pochi e invisibile a molti. Questa invisibilità ai molti porta il mio personaggio verso un abisso di solitudine senza speranza.
Ma era un mio preciso intento.

Il fatto che non ti sia piaciuto mi dispiace, comunque.
Potevo fare di meglio. Va be', io un fondo di speranza ce l'ho sempre. ;-)
Alla prossima, Damiano, e ancora grazie per la lettura.

:-) :-)


Inviato: giovedì 3 settembre 2015, 12:43
da Serena
Ciao Maria Rosaria! La depressione è un male affamato, che una volta insiadotosi disfficilmente lascia scampo... nella tua stroria, il protagonista si lascia inghiottire da questo male oscuro e ramificato. Scritto bene, eppure qualcosa mi stona. Probabilmente è colpa del poco spazio, che obbliga lo scrittore a stipare idee e azioni rendendole troppo compresse. Però il protagonista mi sembra troppo vittima... di se stesso, della compagna, del medico... è comunque un buon lavoro!

A presto!

Inviato: giovedì 3 settembre 2015, 13:46
da beppe.roncari
Ciao Maria Rosaria, ben trovata!
Allora, il tuo racconto non mi convince appieno, perché non si capisce cosa succede. Sembra che nel finale e con il particolare del dottore con il bastone che fa tac tac tu voglia forse allude al fatto che il Dr Miller sia il diavolo? Ma perché? E cosa gliene viene in tasca dall'immobilizzare il povero protagonista? Perché la moglie lo lascia? Non che nella realtà queste cose non capitino, ma in un racconto ci vuole un motivo per ogni dettaglio, altrimenti non si capisce la trama.
Ciao, alla prossima!

Inviato: giovedì 3 settembre 2015, 15:15
da Adry666
Ciao Maria Rosaria,

il tuo racconto è scritto molto bene: buon ritmo, buona prosa.
Tuttavia a una prima lettura risulta essere piuttosto ermetico. Ci sono dei punti oscuri difficili da dipanare; ho letto che si tratta di un racconto che fa parte di un progetto più esteso, forse è quello il problema. E’ difficile fare la sintesi di un racconto senza perdere dei pezzi importanti.

Strana la figura del “medico” che sembra sottovalutare la malattia da una parte, e dall’altra sembra considerare più l’ipotesi di una malattia mentale. Poi si scopre che il povero protagonista è affetto da una malattia degenerativa grave (mi ha ricordato la sindrome” locked-in”; ho letto un bellissimo libro in merito: “Lo scafandro e la farfalla” di Bauby Jean-Dominique) e viene abbandonato improvvisamente dalla moglie.
La presenza del medico (?) vicino al suo letto che significato ha? Lo stava assistendo, o aveva un qualche tipo di rapporto con la moglie?

Comunque molto brava!

A presto
Adriano

Inviato: giovedì 3 settembre 2015, 23:07
da maria rosaria
Ciao Adriano,
ti ringrazio del commento.
Cercherò il libro che hai citato di cui non ero a conoscenza.

Alla prossima

maria rosaria
:) :)



Inviato: venerdì 4 settembre 2015, 12:45
da willy
Racconto che, pur scritto bene e scorrevole risente del poco spazio a disposizione. Le scene sono fotografie che non si fa in tempo a mettere a fuoco, subito sostituite da altre che lasciano il lettore perplesso. La figura del medico è inquietante, ma non ben definita come ruolo. Diventa amante della donna? L'ha aiutata a liberarsi di lui? E poi, dove cominciano le metafore e dove invece c'è il vero racconto?
Mi sono piaciute le pennellate descrittive e gli odori che rendono più vive le scene, si sente una buona mano che sa scrivere con proprietà.

Inviato: lunedì 7 settembre 2015, 21:56
da antico
Racconto scritto molto bene, ma la lettura di una tua risposta mi ha portato a pensare che ci sia qualcosa che non vada. Tu sostieni che il dottore sia il diavolo e si sia portato via la moglie quando io ci ho visto un uomo, il protagonista, caduto in depressione (e quindi l'ombra diventa una metafora del suo male), un male invisibile incompreso da chi lo circonda, compresa la moglie che resiste fin quando riesce, ma che alla fine lo abbandona a se stesso. Non preoccuparti, la posizione in classifica non è influenzata dal tuo commento perché ti avrei comunque chiesto di rivederlo per declinare il tutto in modo meno vago (qualcosa già mi sfuggiva). Al momento è un pollice ni tendente all'alto, ma il laboratorio e i suoi 2000 caratteri in più ti aspettano. Ps: se posso intromettermi e consigliarti, valuterei bene la deriva della depressione.

Inviato: martedì 8 settembre 2015, 9:11
da maria rosaria
Grazie a tutti per i commenti.
Grazie a te, Antico.
Non so se riuscirò a riscrivere la storia in un modo migliore, ma ci proverò.
Quello che ho provato a fare (ma credo di non esserci riuscita) è stato un po' un esperimento, un racconto ligottiano (con tutto il rispetto per Ligotti). Una storia oscura, cupa, senza speranza, in cui qualcosa che vediamo solo noi, ma è invisibile agli altri, può portarci alla morte.

Grazie ancora a tutti e a prestissimo.
:-) :-)