Gli occhiali di Dewey - di Sara Tirabassi
Inviato: martedì 25 agosto 2015, 0:57
Esattezza.
Inclinò un pelo il capo per liberarsi del riflesso ma nulla cambiò. Sul battente aperto della finestra del terzo piano campeggiavano, ribaltate, proprio quelle nove bianche lettere. Gli altri vetri sacrificavano la propria essenziale trasparenza in nome della conoscenza tutta. Informatica, Arte, Musica... finanche Profondità e certamente Curiosità, insostituibili tasselli dell'animo umano cui scienza e filosofia devono senza dubbio qualcosa. Esattezza, tuttavia, non era la parola che avrebbe scritto sulla finestra di una biblioteca.
Entrò.
Veloce su per i gradini guatò con acrimonia le righe nere della classificazione Dewey che risalivano ostentatamente il muro interno fino al terzo piano.
Esattezza.
Classificare Esattamente ogni libro possibile. Come no. Non era certo il primo bibliotecario a sperare fiducioso che qualcun'altro prima di lui si fosse preso la responsabilità di dare un numero all'autobiografia di Pimone, sovrano di Maldur, ritrovata e data alle stampe da uno sciamannato archeologo che avrebbe fatto minor danno passando il tempo a classificare olle in un seminterrato.
Facile. Un roboante 320: "Biografia di Pensatori Politici". Ma a leggerla, la sua vita, pareva proprio che questo Pimone pasticciasse ai fornelli tutto il giorno. Un timido 641: "Cibi e Alimenti" faceva capolino da dietro l'etichettatrice. Ma non sarebbe stato impietoso prendere quest'uomo antico, saggio, sfuggito per così poco all'oblio e metterlo accanto a Cracco? Seppure lo scaffale dei libri di cucina era stato riabilitato con un bel cartello "Cultura del Cibo". L'utente più moderno bramava vedersi ben lontano dagli antri in cui le massaie producono lasagne con la noncuranza di grosse e rumorose macchine industriali. Piuttosto, ecco, su una soglia oltre cui elevare l'ego insieme coi sensi.
Pimone invece cucinava e basta. Con un nobile scopo però.
Benevolo tiranno, sorvegliato a vista da guardie, sicari e sudditi lamentosi, voleva determinare con la massima Esattezza la ricetta dell'invisibilità.
Ma allora, è un 500: "Scienze Pure"! Magari un 540: "Chimica e Scienze Connesse". S'intende, se l'ha trovata la ricetta. Sennò, proprio a voler essere accomodanti, un 895: "Letterature Uraloaltaiche, Paleosiberiane, Dravidiche". O un bel calcio e il bollino blu dell'area "Fantascienza", senza la dignità della rituale consacrazione numerica.
Si rese conto che dovunque lo avesse messo, quel libro sarebbe stato trovato solo da chi cercava qualcos'altro.
Versò una lacrima per i libri invisibili, inclassificabili, scomparsi agli occhi del lettore che cerca indossando le lenti dell'analisi e dell'Esattezza.
La beffa è che Pimone la sua ricetta l'aveva trovata. Un piatto rustico e robusto, uno di quei sughi di spezie forti che trasudano per giorni (ancora meglio se si cammina di buon passo nei bassifondi durante la digestione). Con la puzza addosso, il sovrano non lo vedeva più nessuno. Non era Esattamente ciò che si aspettavano da un sovrano.
Inclinò un pelo il capo per liberarsi del riflesso ma nulla cambiò. Sul battente aperto della finestra del terzo piano campeggiavano, ribaltate, proprio quelle nove bianche lettere. Gli altri vetri sacrificavano la propria essenziale trasparenza in nome della conoscenza tutta. Informatica, Arte, Musica... finanche Profondità e certamente Curiosità, insostituibili tasselli dell'animo umano cui scienza e filosofia devono senza dubbio qualcosa. Esattezza, tuttavia, non era la parola che avrebbe scritto sulla finestra di una biblioteca.
Entrò.
Veloce su per i gradini guatò con acrimonia le righe nere della classificazione Dewey che risalivano ostentatamente il muro interno fino al terzo piano.
Esattezza.
Classificare Esattamente ogni libro possibile. Come no. Non era certo il primo bibliotecario a sperare fiducioso che qualcun'altro prima di lui si fosse preso la responsabilità di dare un numero all'autobiografia di Pimone, sovrano di Maldur, ritrovata e data alle stampe da uno sciamannato archeologo che avrebbe fatto minor danno passando il tempo a classificare olle in un seminterrato.
Facile. Un roboante 320: "Biografia di Pensatori Politici". Ma a leggerla, la sua vita, pareva proprio che questo Pimone pasticciasse ai fornelli tutto il giorno. Un timido 641: "Cibi e Alimenti" faceva capolino da dietro l'etichettatrice. Ma non sarebbe stato impietoso prendere quest'uomo antico, saggio, sfuggito per così poco all'oblio e metterlo accanto a Cracco? Seppure lo scaffale dei libri di cucina era stato riabilitato con un bel cartello "Cultura del Cibo". L'utente più moderno bramava vedersi ben lontano dagli antri in cui le massaie producono lasagne con la noncuranza di grosse e rumorose macchine industriali. Piuttosto, ecco, su una soglia oltre cui elevare l'ego insieme coi sensi.
Pimone invece cucinava e basta. Con un nobile scopo però.
Benevolo tiranno, sorvegliato a vista da guardie, sicari e sudditi lamentosi, voleva determinare con la massima Esattezza la ricetta dell'invisibilità.
Ma allora, è un 500: "Scienze Pure"! Magari un 540: "Chimica e Scienze Connesse". S'intende, se l'ha trovata la ricetta. Sennò, proprio a voler essere accomodanti, un 895: "Letterature Uraloaltaiche, Paleosiberiane, Dravidiche". O un bel calcio e il bollino blu dell'area "Fantascienza", senza la dignità della rituale consacrazione numerica.
Si rese conto che dovunque lo avesse messo, quel libro sarebbe stato trovato solo da chi cercava qualcos'altro.
Versò una lacrima per i libri invisibili, inclassificabili, scomparsi agli occhi del lettore che cerca indossando le lenti dell'analisi e dell'Esattezza.
La beffa è che Pimone la sua ricetta l'aveva trovata. Un piatto rustico e robusto, uno di quei sughi di spezie forti che trasudano per giorni (ancora meglio se si cammina di buon passo nei bassifondi durante la digestione). Con la puzza addosso, il sovrano non lo vedeva più nessuno. Non era Esattamente ciò che si aspettavano da un sovrano.