Illusioni metropolitane
Inviato: lunedì 17 agosto 2020, 23:40
Anna salì sull’ultima corsa. La carrozza era semivuota e le bocchette dell’aria calda non soffiavano. Si infilò le maniche della maglia nei guanti, sigillando ogni apertura.
Si sedette in fondo alla carrozza vicino a una delle porte e appoggiò la borsa sul sedile a fianco. Tirò su il cappuccio a coprire le orecchie.
Appoggiata a un bracciolo osservò gli altri passeggeri.
Una madre con un bambino: muoveva con gesti automatici il passeggino, ma il dondolio e il rumore grigio dei binari avevano già fatto effetto.
Una ragazza con gli auricolari: oscillava in una danza interna mal repressa. A Sara sembrò di sentire i bassi della musica.
Una coppia di anziani che si teneva per mano: lui compilava un cruciverba, lei leggeva un tascabile. Usavamo una sola mano senza fatica, erano un ingranaggio perfettamente rodato.
Al lato opposto del vagone, un uomo con un impermeabile grigio che la guardava con intensità. Anna abbassò lo sguardo come se l’avesse sorpresa a spiare. Controllò il riflesso nel finestrino. Lui la fissava ancora. Era cattiveria quel che vedeva?
Prese la borsa e la strinse in grembo. Ci infilò una mano dentro. Un libro, gli occhiali, fazzolettini. Il mazzo di chiavi.
Anna aspettava il capolinea. Forse l’uomo sarebbe sceso prima.
Scese il ragazza con gli auricolari. La porta si aprì e saltellò fuori a passo di danza, senza perdere un battito.
L’uomo la guardava.
Scese la madre col bambino. Uscì all’indietro tirando il passeggino che si incastrò sobbalzando.
L’uomo non distolse lo sguardo.
Scese la coppia di anziani. Lui la aiutò ad alzarsi puntando i piedi ed erano pronti di fronte alla porta quando scivolò di lato.
Erano rimasti soli.
Gli altoparlanti annunciarono la penultima fermata. Anna si alzò, e si diresse a passo deciso verso la porta. Appoggiò il piede sul marciapiede, sospesa. L’uomo l’avrebbe imitata? Sarebbe sceso? Al suono di chiusura fece un balzo indietro e tornò al suo posto.
Alzò lo sguardo: era ancora lì.
Il treno ripartì con uno scossone.
Sentì una larga curva a sinistra, si avvicinavano al capolinea. Sarebbe stato deserto, come ogni giorno?
Si alzò in piedi, stringendo le chiavi dentro alla borsetta come punte di un tirapugni. Fissò il cemento della galleria che scorreva. Prese fiato, lo affrontò: — Cosa vuoi da me?
La bocca gli si schiuse in un abbozzo di sorriso.
— Lasciami in pace!
Il treno iniziò la frenata. Sobbalzò, si fermò.
Anna si lanciò verso le la porta, spingendosi a forza nel varco. Corse verso le scale. Arrivata ai primi gradini della rampa si voltò a controllare. La banchina era vuota. Il treno ripartiva verso il deposito notturno, scorrendole a fianco.
L’uomo era seduto al suo posto. Ancora fissava con occhi che, avvicinandosi, le sembravano non minacciosi ma appannati e spenti. La pelle era grigia come l’impermeabile sotto alle luci blu. La mascella era caduta inerte, in quello che a degli occhi spaventati poteva sembrare un ghigno.
Anna rabbrividì per il freddo, mentre il treno e il suo ospite scomparivano nella galleria.
Si sedette in fondo alla carrozza vicino a una delle porte e appoggiò la borsa sul sedile a fianco. Tirò su il cappuccio a coprire le orecchie.
Appoggiata a un bracciolo osservò gli altri passeggeri.
Una madre con un bambino: muoveva con gesti automatici il passeggino, ma il dondolio e il rumore grigio dei binari avevano già fatto effetto.
Una ragazza con gli auricolari: oscillava in una danza interna mal repressa. A Sara sembrò di sentire i bassi della musica.
Una coppia di anziani che si teneva per mano: lui compilava un cruciverba, lei leggeva un tascabile. Usavamo una sola mano senza fatica, erano un ingranaggio perfettamente rodato.
Al lato opposto del vagone, un uomo con un impermeabile grigio che la guardava con intensità. Anna abbassò lo sguardo come se l’avesse sorpresa a spiare. Controllò il riflesso nel finestrino. Lui la fissava ancora. Era cattiveria quel che vedeva?
Prese la borsa e la strinse in grembo. Ci infilò una mano dentro. Un libro, gli occhiali, fazzolettini. Il mazzo di chiavi.
Anna aspettava il capolinea. Forse l’uomo sarebbe sceso prima.
Scese il ragazza con gli auricolari. La porta si aprì e saltellò fuori a passo di danza, senza perdere un battito.
L’uomo la guardava.
Scese la madre col bambino. Uscì all’indietro tirando il passeggino che si incastrò sobbalzando.
L’uomo non distolse lo sguardo.
Scese la coppia di anziani. Lui la aiutò ad alzarsi puntando i piedi ed erano pronti di fronte alla porta quando scivolò di lato.
Erano rimasti soli.
Gli altoparlanti annunciarono la penultima fermata. Anna si alzò, e si diresse a passo deciso verso la porta. Appoggiò il piede sul marciapiede, sospesa. L’uomo l’avrebbe imitata? Sarebbe sceso? Al suono di chiusura fece un balzo indietro e tornò al suo posto.
Alzò lo sguardo: era ancora lì.
Il treno ripartì con uno scossone.
Sentì una larga curva a sinistra, si avvicinavano al capolinea. Sarebbe stato deserto, come ogni giorno?
Si alzò in piedi, stringendo le chiavi dentro alla borsetta come punte di un tirapugni. Fissò il cemento della galleria che scorreva. Prese fiato, lo affrontò: — Cosa vuoi da me?
La bocca gli si schiuse in un abbozzo di sorriso.
— Lasciami in pace!
Il treno iniziò la frenata. Sobbalzò, si fermò.
Anna si lanciò verso le la porta, spingendosi a forza nel varco. Corse verso le scale. Arrivata ai primi gradini della rampa si voltò a controllare. La banchina era vuota. Il treno ripartiva verso il deposito notturno, scorrendole a fianco.
L’uomo era seduto al suo posto. Ancora fissava con occhi che, avvicinandosi, le sembravano non minacciosi ma appannati e spenti. La pelle era grigia come l’impermeabile sotto alle luci blu. La mascella era caduta inerte, in quello che a degli occhi spaventati poteva sembrare un ghigno.
Anna rabbrividì per il freddo, mentre il treno e il suo ospite scomparivano nella galleria.