CAPITOLO PRIMO NUBIFRAGIO ESTIVO

alexandra.fischer
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CAPITOLO PRIMO NUBIFRAGIO ESTIVO

Messaggio#1 » giovedì 30 luglio 2020, 17:37

CAPITOLO PRIMO

NUBRIFAGIO ESTIVO di Alexandra Fischer

Il cartello è nella polvere della strada. Il sole è talmente forte da aver sbiadito le parole.
Il ragazzo si china e cerca di decifrarle.
Certo che è dura DIV…ESSO…ICOLO…ORTE.
Un’ombra lo fa sussultare, ma lui resta fermo dov’è.
«Divieto di accesso. Pericolo di morte» gli spiega una voce femminile. «Ecco dov’è finito il mio cappello di paglia. E guarda come ti sei conciato. Pantaloni corti e sandali. Ma non sai che la tempesta arriverà presto?»
Lui si volta verso la figura, alta, ossuta, con un abito a quadretti smanicato, calzine arrotolate e scarpe da escursionista.
Porta una borsa a tracolla molto capiente.
«Nessuno ti ha invitato» sbotta lui, mentre si aggiusta un cilindro di plastica che porta a tracolla.
Si alza e si toglie il cappello: «Se lo rivuoi, prenditelo.»
Lei osserva la cupola di paglia e la tesa larga: «Hai strappato il nastro con le ciliegie di plastica.»
Allunga una mano verso di lui e il ragazzo salta all’indietro, come a parare uno schiaffo imminente, ma lei gli pizzica la guancia: «Bravo così. I nostri compagni diventeranno matti quando troveranno le ciliegie e il nastro. Io ho fatto lo stesso con il tuo disegno delle montagne e un paio delle nostre bluse.»
Pesta un piede e solleva sbuffi di polvere e tossicchia, con un’espressione divertita: «Mi dispiace, era il tuo portafortuna e le bluse erano regali di mamma, ma ho dovuto disorientare i compagni e i professori, per non parlare della Hartman.»
«Hai fatto bene. Ma io ho avuto paura per il cappello e questo disegno. Devi assolutamente vederlo.»
Batte un colpetto sul cilindro e aggiunge: «Si saranno già insospettiti.»
Lei si guarda le unghie, rosicchiate per la tensione: «No, mi sono alzata prima di tutti e ho finto che ci siamo persi.»
«Bene, Fiorenza, ma sei venuta a dirmi solo questo?»
Lei scuote la testa e si sistema le mollette: «No, voglio accompagnarti nella vecchia fabbrica di porte.»
«Tu? Ma non dovevi soltanto coprirmi le spalle?»
«Ho cambiato idea, Tiziano.»
Fiorenza si inginocchia e controlla nella borsa: ne tira fuori un foglio sgualcito.
Glielo passa con un sorriso complice che a lui appare detestabile, visto come si disinteressa della loro sorte.
«Che cos’è? Di certo non ci aiuterà a ottenere un permesso premio dai nostri genitori. Vivono dall’altra parte dell’oceano.»
Fiorenza ridacchia: «Sì, certo. E loro sono troppo impegnati per noi. No, la verità è un’altra.»
Gli indica il foglio: «Leggi. Parla di una tempesta avvenuta ai tempi nonna Ida.»
Tiziano alza una mano e scorre in fretta il documento: «Sospensione e bocciatura. Per un giro in una fabbrica abbandonata in piena scuola estiva? Ma va’. E io dubito delle previsioni su Internet»
Le restituisce il foglio con un sogghigno: «Sfido quella cariatide della Hartman a telefonare ai nostri genitori.»
«Beh, io ci credo. Almeno ti aiuterò a evitarci la fine di Tazio e Fanny qui nominati.»
Tiziano si gratta il mento: «Intendi i due ragazzi dai ritratti cancellati dal quadro in soffitta? Quello per cui la nonna ci prese a ceffoni?»
«Eh, già.» replica Fiorenza e alza lo sguardo verso il cielo, dove il cielo pervinca comincia a essere macchiato qua e là da nuvoloni neri.
Il vento comincia a sollevare la polvere e Tiziano afferra la sorella per il braccio: «Andiamo di là, cartello o no.»
Lei lo provoca: «La scuola sarebbe più comoda. La Hartman ci darebbe soltanto una piccola parte della cena e ci manderebbe appena a letto più presto degli altri.»
Raddrizza la schiena: «Proprio non so come mai un secchione come te sia venuto a curiosare da queste parti. La combinaguai di casa sono io.»
Lui toglie il tappo del cilindro che porta a tracolla e srotola il foglio: «Eccotene spiegato il motivo. Per fortuna l’ho tenuto da parte.»
Le mostra due figure di spalle tracciate con il carboncino; la sorella gira il naso: «Accidenti, quanto pizzica il fissatore.»
Poi torna a guardare il disegno: «Non ti facevo così bravo. Queste due figure di spalle sono molto realistiche. Guarda, lui porta un abito alla marinaretta e lei un vestito di merletto con un cappello uguale al mio, se non fosse che ha solo un nastro scuro e che calze e scarpe. Nere così dovevano essere scomode, d’estate.»
Indica la finestra verso la quale la coppia sta guardando: il cielo è attraversato da saette e loro si stringono la mano impauriti.
Accanto al ragazzo in completo da marinaretto, c’è un baule e a quel punto Fiorenza si gratta la radice del naso: «Non ti fa pensare a un certo quadro?»
Tiziano scuote la testa, allibito e socchiude gli occhi per via delle prime raffiche di vento che fanno alzare la polvere dalla strada.
«Già» osserva lei mentre tira fuori un fazzoletto di tasca per pulirsi gli occhi. «I due ragazzi erano raffigurati di fronte nel quadro a olio.»
Tiziano strizza gli occhi: «Già. Ora che me lo dici, mi viene in mente che un risultato così si ottiene solo con la trementina. Ma perché?»
Il vento si alza sempre più forte, mischiato a gocce di pioggia.
Fiorenza prende il fratello per mano: «Andiamo a cercare riparo nella vecchia fabbrica.»
Lui ritira il disegno in fretta e furia e la segue.
Oltrepassano il cartello di divieto e passano in un angolo della recinzione di legno rovinato dalle intemperie.
Fiorenza gli indica una porta di legno che sbatte su un unico cardine: «Là.»
Le gocce di pioggia sono diventate fitte e il rumore dei tuoni è assordante: Tiziano vede l’indice della sorella e, più che sentirla, intuisce la sua indicazione.
Fiorenza tiene aperta la porta per lui e poi lo segue.
Una raffica rabbiosa di vento scardina quel che rimane e la fa cadere verso l’interno, a poca distanza da loro.
Tiziano sbarra gli occhi e si guarda intorno: ci sono parecchie porte come quella appena caduta nell’ingresso e i lampi le illuminano a intermittenza.
Si allontana d’istinto, ma la sorella ha posato la sacca e gli passa un asciugamano: «Sei fradicio. Dovresti vederti.»
Tiziano si asciuga i capelli e lei si friziona prima il volto e poi le braccia.
Infine, rivolge uno sguardo al proprio abito bagnato di pioggia e fa spallucce; si china sulla sacca e prende un paio di torce elettriche.
Le prova e Tiziano abbassa l’asciugamano: «E quelle?»
«Spaccio del paese. È utile avere una nonna che ti manda lettere tutte le settimane.»
Ne rimette una nella bisaccia e poggia l’altra a terra mentre termina di riporre gli asciugamani bagnati.
Lui sorride malizioso: «Ora capisco perché volevi sempre andare alla posta tu.»
«Non mi dirai che ci hai rimesso, fratellino.»
Fiorenza si mette a contare sulle dita: «Tavolette di cioccolato al marzapane, carboncino, fissatore, carta da disegno e quella ridicola bibita al mirtillo.»
Tiziano si stizzisce: «Non lo è. Dovresti provarla, invece di insistere con la tua spuma alla salsapariglia.»
Lei tira fuori una giacca a vento per sé e una seconda per il fratello: «Ridammi l’asciugamano e copriamoci.»
Lui le obbedisce e si sposta in un corridoio poco lontano: «Hai ragione, va molto meglio. Ma io vorrei spostarmi.»
Le folate di vento sollevano foglie secche ammucchiatesi in anni di abbandono della fabbrica e lui mulina le braccia spaventato.
La sorella si è messa un fazzoletto intorno al volto: «Sono d’accordo. È un postaccio.»
Gli indica un corridoio e accende una torcia: «Andiamo via di qui.»
«Non troppo.» azzarda lui.
La sorella si ferma e ostenta stupore: «Tu mi dici questo? Ma se ti ho visto ideare tutto il tuo giretto.»
Tocca la propria sacca: «Senza troppa organizzazione, però.»
Tiziano abbassa la testa: «Scusa, ma credo che dovresti sbrigarti a cercare un posto più asciutto e spegnere la torcia.»
«Ah, sì?» gli domanda lei con tono noncurante mentre gli fa strada lungo il corridoio, che si rivela disseminato di porte proprio come l’ingresso.
Il tono di suo fratello contiene una nota di esitazione: «La riaccenderemo quando sentiremo le voci.»
«Certo, e di chi, scusa?»
Il tono della sorella contiene una nota di ironia molto pesante; a Tiziano sembra più che mai di essere tornato in solaio e di essersi trovato di fronte al vecchio quadro deturpato, ma non intende darle la soddisfazione di sentirsi sull’orlo di un baratro come allora.
Così, usa tutta la sua capacità di autocontrollo e butta fuori: «Credo che la Hartman abbia già mandato l’insegnante di educazione fisica e quelli dell’ultimo anno alla nostra ricerca.»
La sorella annuisce con l’espressione indulgente di una maestra davanti a un allievo volonteroso ma irrecuperabilmente mediocre: «Sono andati alla baita insieme a tutto il resto della scuola. Ricerca botanica. Te ne sei già scordato?»
Tiziano impallidisce, mentre fuori i tuoni esplodono con la violenza di fucilate e la pioggia fa risuonare il tetto con il rumore di centinaia di dita che tamburellano sempre più forte.
«Su, non fare quella faccia. Già che ci siamo, cerchiamo un posto comodo e vediamo di chiarirci una volta e per tutte.»
Tiziano la segue a capo chino e si gratta i riccioli con gli occhi fissi sulle losanghe del pavimento, sporche, sì, con qualche foglia secca sparpagliata, ma di certo in uno stato migliore di quello dell’entrata.
La sorella lo riprende: «Interessante. Ma spiegabile. Guarda le porte.»
Lui le obbedisce e nota che sono verniciate in tutti i colori e con intagli a forma di stella, sole, luna e infine a lunette coperte di vetro opaco: «Ma sono nuove.»
Si avvicina alle maniglie, di ferro e ottone e le vede risplendere.
Tende una mano verso quella a fine corridoio, ma la sorella lo blocca: «Io non lo farei, al tuo posto.»
Tiziano si gira verso di lei: «Ma perché? Da qualche parte dovremo pur entrare, se dobbiamo sederci e chiarirci, come dici tu.»
Lei gli indica le scale, da dove viene il rumore di una finestra che sbatte: «Presto, prima che il nubifragio la disintegri.»
Il fratello la segue a due gradini indietro.
«Muoviti» lo esorta lei.
Tiziano accelera il passo e si ritrovano su un pianerottolo dove una finestra sbatte: ha ancora i vetri, quadrettati.
E lui la fissa a bocca aperta mentre la sorella la chiude assicurandola soltanto con un’imposta.
Fiorenza si volta verso di lui e impreca: «Dannazione.»
«Scusa, avrei voluto aiutarti.»
La sorella salta via dalla pozza d’acqua e dalle foglie portate dal vento, e poi abbraccia Tiziano: «Su, su. Non ce l’avevo con te. Ma con questa tempesta. Sta peggiorando.»
Gli indica una porta a vetri in fondo al corridoio: «Per di là. Fra poco comincerà a grandinare e il vento si è preso metà imposta. Non occorre che ti dica cosa rischiamo, vero?»
Alla prima raffica di pallini ghiacciati i vetri cominciano a incrinarsi e questo fa slanciare in avanti Tiziano.
Dietro di lui e lungo l’edificio si avverte un suono identico a quello di una mitragliatrice che spara in successione.
Fiorenza apre la porta a vetri e proietta un fascio di luce all’interno del locale: imposte chiuse, una grossa scrivania con una poltrona imponente dietro e una più piccola di fronte e armadi lungo le pareti le strappano un sospiro soddisfatto: «Ecco il posto migliore per sedersi a parlare del tuo disegno e non solo.»
«Dove siamo?» farfuglia lui.
«Nell’ufficio della fabbrica, e dove, sennò?»
Fiorenza entra disinvolta e gli indica le due poltrone: «Vuoi tu quella del direttore?»
Tiziano scuote la testa: «È tutta tua.»
Fiorenza si accomoda e intreccia le dita, con accanto la torcia.
Il sorriso divertito le scompare quando vede l’espressione sconvolta del fratello quando sente l’ennesima raffica di grandine: «Cosa c’è? Sembra che qualcuno ti abbia appena preso a schiaffi.»
Lui tira fuori il disegno dal cilindro di plastica appeso al collo: «Ed è così. Guarda questa finestra…la conosco bene.»
Fiorenza la guarda con più attenzione e si porta la mano alla bocca, dopodiché scuote la testa e sgrana gli occhi: «Le due figure coincidono con quelle del quadro, la finestra anche.»
Tiziano annuisce: «Già, e anche tu sembri conoscere bene questa fabbrica di porte. Altrimenti non saresti salita su con tanta sicurezza fino a quest’ufficio.»
Lei si attorciglia un ricciolo e muove la testa con un cenno di assenso distratto: «Uhm. Ma quello che mi stupisce è il tuo improvviso miglioramento nel disegno.»
Il fratello arrossisce e distoglie lo sguardo: «Difatti, non sono stato io.»
Fiorenza lo guarda severa e gli punta la luce della torcia contro la faccia: «Non ci provare, con me. Ti ho visto benissimo mentre lo ultimavi.»
Lui si copre la faccia: «Sì, sì. Le dita che hanno tenuto in mano il carboncino sono le mie, ma mi sono sentito guidare da qualcun altro.»
Nella sua voce vibra una nota di paura tale che Fiorenza abbassa la torcia e gli sussurra: «Ti credo.»
Fuori continua a tuonare e grandinare, ma a quel rumore se ne aggiunge un altro.
Tiziano si avvicina a Fiorenza: «Hai sentito?»
«Sì. Qualcuno sta provando una maniglia» replica lei e spegne la torcia.
***
La Direttrice Hartman, con il cellulare all’orecchio, guarda il capoclasse, fradicio e chino e lo congeda con un sorriso: «Vai pure, Grazie. Sono nella baita.»
Appena è sola, dà una manata sulla scrivania; odia mentire, ma non può permettersi un errore del genere, tantomeno con i nipoti di Leda Rosai.

Che guaio.



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antico
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Re: CAPITOLO PRIMO NUBIFRAGIO ESTIVO

Messaggio#2 » venerdì 31 luglio 2020, 18:23

Tutto ok con i caratteri. Se apporterai modifiche entro la chiusura del tempo utile per la prima traccia avvertimi che ripasso a controllare.

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Andrea Lauro
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Re: CAPITOLO PRIMO NUBIFRAGIO ESTIVO

Messaggio#3 » domenica 2 agosto 2020, 21:37

Ciao Alexandra, mi sembra che lo stile si sia evoluto, bene. Ci sono punti non chiari, spero con questi suggerimenti di darti valide dritte. Confido che riesci a vederle e sistemarle nel poco tempo prima di mezzanotte!

Metti i due punti in: “Certo che è dura: DIV…ESSO…ICOLO…ORTE”

Lui si volta verso la figura, alta, ossuta, con un abito a quadretti smanicato, calzine arrotolate e scarpe da escursionista.” Lui qui SA chi è lei. Basterebbe che lo dicesse alla fine della frase in cui la riconosce. e più tardi si scopre che è addirittura sua sorella. Esplicitalo subito, non lasciare il lettore appeso. Se ti piacciono tutti quei termini descrittivi, una via potrebbe essere questa:
Lui si volta. Fiorenza indossa un abito a quadretti smanicato, calzine arrotolate e scarpe da escursionista. Sua sorella è sempre stata ossuta.

Consiglierei di aggiungere i nomi nei dialoghi seguenti, sennò si fa fatica a capire chi parla.
“Pesta un piede e solleva sbuffi di polvere”. CHI è che pesta i piedi? Metti il nome (Tiziano o Fiorenza). Piuttosto ripeti il nome, piuttosto che non si capisca chi parla.
“Batte un colpetto sul cilindro e aggiunge: «Si saranno già insospettiti.»” questo dovrebbe essere LUI. Mettilo prima di “batte” (lui o Tiziano).
“Io ho fatto lo stesso con il tuo disegno delle montagne e un paio delle nostre bluse.” NON SERVE

Renderei meglio il passaggio del sorriso complice.
Fiorenza si inginocchia e controlla nella borsa: ne tira fuori un foglio sgualcito.
Glielo passa con un sorriso complice che a lui appare detestabile, visto come si disinteressa della loro sorte.

Mostrerei le emozioni senza raccontare quello che provano, tipo così:
“Fiorenza si inginocchia e controlla nella borsa: ne tira fuori un foglio sgualcito. Si guarda intorno, sorride e glielo passa.
Tiziano storce il naso.



Lui toglie il tappo DAL cilindro [che porta a tracolla] e srotola il foglio: «ECCO PERCHé. Per fortuna l’ho tenuto da parte.»

STORCE il naso anziché “gira il naso”

“Guarda, lui porta un abito alla marinaretta e lei un vestito di merletto con un cappello uguale al mio. MA GUARDA CHE CALZE E SCARPE! Nere così….”

“Indica la finestra verso la quale la coppia sta guardando: il cielo è attraversato da saette e loro si stringono la mano impauriti.”
“Nel disegno i bambini guardano una finestra. Saette attraversano il cielo, si stringono la mano impauriti.”

IL VENTO SI é ALZATO E SOLLEVA POLVERE SULLA STRADA. Tiziano scuote la testa, socchiude gli occhi.
«Già. COME NEL QUADRO A OLIO DI NONNA» osserva lei mentre ESTRAE un fazzoletto di tasca [per pulirsi gli occhi]. «L’UNICA DIFFERENZA è CHE IN QUELLO i due ragazzi SONO raffigurati di fronte.»

Dubbi sulla frase: “Tiziano strizza gli occhi: «Già. Ora che me lo dici, mi viene in mente che un risultato così si ottiene solo con la trementina. Ma perché?»”
Ora, da quello che capisco Tiziano:
1. ha in mano un bozzetto del quadro a olio
2. qualcuno ha modificato con la trementina il quadro a olio della nonna.
Se ho pensato giusto, questa cosa non è comunque affatto chiara. Il ragionamento deve essere esplicitato.
“Tiziano strizza gli occhi: «Se questo che ho in mano è il bozzetto finale del quadro di nonna, allora qualcuno ha modificato la versione a olio. Cosa può avere usato? Trementina?»” Se non è così, esplicita il più possibile. Oppure al contrario togli l'affermazione di Tiziano.

“SI LASCIANO ALLE SPALLE il cartello di divieto, LA RECINZIONE DI LEGNO è MARCIA E TROVANO UN PASSAGGIO.”
“Fiorenza gli indica una porta [di legno] che sbatte su un unico cardine: «Là.»”
“Tiziano sbarra gli occhi e si guarda intorno: ci sono parecchie porte come quella appena caduta [nell’ingresso] e i lampi le illuminano a intermittenza.”
“[Si allontana d’istinto, ma] la sorella ha posato la sacca e gli passa un asciugamano: «Sei fradicio. Dovresti vederti.»”
“Tiziano si asciuga i capelli. Lei si friziona prima il volto e poi le braccia, rivolge uno sguardo al proprio abito bagnato di pioggia e fa spallucce; si china sulla sacca e prende un paio di torce elettriche. Le prova.”

Tutto il pezzo che viene ora è INFODUMP, non serve. Cancellerei tutto senza ripensamenti:
“e Tiziano abbassa l’asciugamano: «E quelle?»
«Spaccio del paese. È utile avere una nonna che ti manda lettere tutte le settimane.»
Ne rimette una nella bisaccia e poggia l’altra a terra mentre termina di riporre gli asciugamani bagnati.
Lui sorride malizioso: «Ora capisco perché volevi sempre andare alla posta tu.»
«Non mi dirai che ci hai rimesso, fratellino.»
Fiorenza si mette a contare sulle dita: «Tavolette di cioccolato al marzapane, carboncino, fissatore, carta da disegno e quella ridicola bibita al mirtillo.»
Tiziano si stizzisce: «Non lo è. Dovresti provarla, invece di insistere con la tua spuma alla salsapariglia.»
Lei tira fuori una giacca a vento per sé e una seconda per il fratello: «Ridammi l’asciugamano e copriamoci.»
Lui le obbedisce e si sposta in un corridoio poco lontano: «Hai ragione, va molto meglio. Ma io vorrei spostarmi.»”

Se cancelli il pezzo prima, modifica la frase dopo in “La sorella si è messa un fazzoletto intorno al volto: «CHE postaccio.»

Il pezzo dopo è un po’ complicato da sistemare. Devo scappare a leggerne un altro, scusa davvero.

Ultima nota IMPORTANTISSIMA: cancella il finale. Fai finire il tuo incipit alla scena della maniglia. è un incipit completo, che lascia aperta la storia ma non introduce ulteriori elementi troppo complessi come la Hartmann. Ecco cosa devi cancellare:
***
La Direttrice Hartman, con il cellulare all’orecchio, guarda il capoclasse, fradicio e chino e lo congeda con un sorriso: «Vai pure, Grazie. Sono nella baita.»
Appena è sola, dà una manata sulla scrivania; odia mentire, ma non può permettersi un errore del genere, tantomeno con i nipoti di Leda Rosai.
Che guaio.”

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antico
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Re: CAPITOLO PRIMO NUBIFRAGIO ESTIVO

Messaggio#4 » lunedì 3 agosto 2020, 14:09

Ho faticato a ultimare la lettura, il tutto procede con difficoltà attraverso una sequela di azioni che, in larga parte, sembrano accessorie e poco funzionali allo scorrere della storia mentre altre, più importanti, vengono tenute nascoste, anche giustamente. Il fatto è che se la semina non è corretta non si crea neppure la curiosità nel lettore e questo porta a perdere lo slancio nella lettura stessa. I due protagonisti ci sono e il temporale anche, pur non sembrando fondante il racconto stesso. Mi spiace Alexandra, ma per me è un pollice giù e temo, a questo punto, che sia molto difficile aggiustare il racconto (anche considerato che da qui in poi non puoi correggere il testo... Andrea ti aveva già dato degli utili suggerimenti e potevi approfittarne...). Vediamo con la seconda parte, ma scorgo nubi oscure sul futuro di questo testo.

alexandra.fischer
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Re: CAPITOLO PRIMO NUBIFRAGIO ESTIVO

Messaggio#5 » martedì 4 agosto 2020, 16:31

Ciao Andrea, grazie dei suggerimenti. Ne farò testo per quando dovrò proseguire con il racconto. Mi dispiace che siano arrivati tardi.
Scusa Antico, vedrò di fare il possibile per migliorare la storia.

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