Cap. 1: Serve naso per i ricordi

Luca Vitali
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Cap. 1: Serve naso per i ricordi

Messaggio#1 » domenica 2 agosto 2020, 16:45

«Come preferisce che la chiami?»
L'imputato, dall’altra parte del tavolo, deglutisce e mi sorride.
«In che senso, scusi?»
Ha una voce nasale ma non acuta, è particolare.
Mi sposto una ciocca ribelle dalla fronte e sorrido a mia volta.
Prima regola, metti a suo agio l’ospite.
«La posso chiamare signor Philip, signor Daugtrey, solo Philip, Phil…»
Fa segno di sì col capo, suoi tratti aguzzi si rilassano un poco.
«Solo Philip va bene, signorina.»
«Me lo deve dire lei.» Prendo la tazza di caffelatte dal tavolo e bevo. «Questa è la sua mente, dopotutto.»
Il caffè si sente a malapena con tutto il latte e lo zucchero che ci ho messo.
Philip muove i suoi grandi occhi neri per la sala e si accarezza il pizzetto.
L’aroma dei dolci e del caffè è così forte che mi viene l’acquolina.
La Hall della sua memoria sembra il bar di un hotel di lusso, un misto tra art nouveau e brutalismo. Muri di cemento grezzo sono attraversati dalle sinuose linee dorate di lampade con il paralume di vetro colorato.
Philip si sforza di sorridere, di sembrare rassicurante.
«Non mi ricordavo tutto questo cemento.» Si stringe nella giacca color prugna. «Dovrebbe esserci del marmo, sembra il Luxor di New York.»
La parete che sta guardando, di fianco al bancone, si macchia di bianco con venature nere. Come se fosse liquido, il marmo ricopre tutto il muro.
Lui sgrana gli occhi.
«Wow! Non pensavo di poterlo fare.»
Imito il suo sorriso.
«Torni a guardare me un momento.»
«Certo, ma…»
«Ora guardi di nuovo là.»
La parete è tornata di cemento grezzo. Gli altri avventori continuano a leggere il giornale e bere il caffè.
Vanno e vengono. Si siedono, bevono e si rialzano.
Sembra di stare in un placido formicaio umano.
«M-ma come…»
Bevo un altro sorso di caffelatte.
«Philip, quando una persona entra nella mente di un’altra non fa mai piacere. Specie all’inizio.»
Si irrigidisce, ma senza smettere di sorridere. I suoi occhi cercano i miei.
«Signorina, io non vorrei mai che lei pensasse che non la voglio qui, ecco.»
«Philip, si calmi. È normale. Trattare questi effetti è il mio lavoro. La sua mente non mi vuole, non le piace che le si frughi dentro. Si rinforza, si indurisce. Da qui il cemento e a pioggia fuori.»
Philip guarda verso le grandi vetrate alla nostra destra e il suono di sottofondo della pioggia che batte sul vetro si insinua nel bar.
Scuote appena al testa.
«Io… mi spiace signorina.»
«Mi può chiamare Cass, se le va. Gli amici mi chiamano Cass.»
Il suo sorriso si allarga un pochino. Appoggia gli avambracci sul tavolo.
«Signorina Cass va bene lo stesso?»
«Certo.» Ammicco ai dolci sul tavolo. «Le dispiace se mangio?»
Per un attimo non capisce, poi fa una risatina.
«No no, ma certo, si figuri.»
Gli faccio l’occhiolino.
«Sa, sono una tale golosa di dolci che se li mangiassi nel mondo esterno diventerei una palla.»
Prendo un bombolone alla crema e lo azzanno. La consistenza deliziosa della pasta e della crema mi accarezza la lingua, ma il sapore è sbiadito.
Mastico e lo finisco in altri due bocconi, butto giù una sorsata di caffelatte e mi lecco le dita.
«Non le piacciono i dolci, Philip?»
«No, non molto.»
«Lo immaginavo. Non se li ricorda molto bene.»
Si stringe nelle spalle e distoglie lo sguardo, imbarazzato.
«Mi scusi.»
«Non deve scusarsi, Philip. Io sono qui per aiutarla. Ricorda tutto del Tribunale, vero?»
Annuisce.
«Il mio lavoro è quello di aiutarla a ricordare. A superare il Trauma.»
«Sì, lo so. Vi hanno dato un nome poco lusinghiero.»
«A me Pulisci-soffitte piace, se devo dirla tutta. È quello che facciamo. Lei non ha una soffitta, come molti altri, lei ha un intero hotel. È notevole.»
Arrossisce appena, congiunge le mani e se le stringe.
«Grazie. Ho preso lezioni sa, per ordinare tutto.»
«Questo ci aiuterà molto nella nostra ricerca.» Divoro in un boccone un bignè, in gusto di nocciola si sente appena.
Pazienza, ne mangerò di più.
Philip mi guarda divorare la schiera di pasticcini uno dopo l’altro.
«Signorina Cass, come faremo a trovare il blocco? Il Trauma, intendo.»
«A naso, Philip. I ricordi sono collegati maggiormente all’olfatto. Noi seguiremo il suo naso.»
«Come un segugio.»
Tiro indietro la sedia e mi alzo.
«Esatto, Philip. Lei sarà il mio segugio.»

***

I corridoi dell’hotel alternano una finissima carta da parati azzurra con disegni di fiori dorati ad angoli in cui il cemento è decorato solo da quadrati concentrici che gli scavano dentro.
Philip si ferma, la lingua guizza fuori a leccare le labbra.
«Sento un odore.» Annusa l’aria col suo anso aquilino. «Un odore strano.»
Liscio il mio bomber di pelle e ne approfitto per tastare la tasca interna.
L’Archetipo ha ancora la forma di una penna a sfera, ma sento che si fa più pesante.
«È piacevole?»
«No, non è un buon odore. È come… pasticche di antibiotico alla fragola.»
«Le prendeva da bambino?»
Philip scuote la testa. Le sue labbra sono strette, gli occhi si agitano per il corridoio, saltano da una porta all’altra.
«No, ma è quel saporaccio di fragola chimica che…»
Il rombo di un tuono spezza la sua frase. Il pavimento vibra appena.
Una delle lampade del corridoio ronza e si spegne.
L’Archetipo, nella tasca, pesa sempre di più.
Lo estraggo.
Come al solito, è solo la silhouette grigio statico di una penna, non una penna vera.
Lo lancio in aria e ruoto il polso, lo riprendo al volo.
Ora il peso è giustificato, si è trasformato in una lunga torcia da sorvegliante, di quelle grosse come un manganello, sempre grigio statico.
Un altro tuono.
«Venga con me, Philip.»
Torno indietro a passo svelto, gli anfibi che battono ovattati sulla moquette, e torno alla finestra che abbiamo passato poco fa.
Fuori, si avvicinano le nuvole. Nuvole basse e nere, che si illuminano di lampi tra l’azzurro e il violetto.
Si avvicinano veloci, e sotto di loro l’ombra è così densa che non si vede nulla.
«Oh cazzo.»
Un terzo tuono fa vibrare non solo il pavimento, ma anche le pareti e il vetro della finestra.
Philip si aggrappa all’angolo del muro.
«Cos’è quello?»
«Sembra una tempesta.»
Un signore distinto, in impermeabile nero e la cravatta rossa, esce dal corridoio con una valigetta in mano.
Ci guarda appena.
«Buongiorno.»
«Salve.» Philip gli sorride e lo saluta con un cenno del capo. Torna su di me, deglutisce e tenta di sorridere anche a me.
Non gli riesce bene.
«C-ci sono le tempeste, qui? Sono pericolose?»
«Sì, e parecchio. Ma la notizia positiva è che abbiamo trovato la Meccanica del Trauma. È quella che blocca i suoi ricordi.»
«Ma noi… moriremo? Voglio dire, siamo nella mente, è come in quei film dove se muori qui…»
«No Philip, non siamo in quei film.» Scuoto il capo e mi avvicino a lui, gli stringo la spalla.
Sotto la mia mano si rilassa, abbassa lo sguardo si lecca ancora le labbra.
Meglio non dirgli che la mente ha modi molto peggiori della morte di faci finire.
O meglio, di far finire me. Sono io l’intrusa.
Brandisco la torcia come un testimone della corsa.
«La notizia negativa, Philip, è che dobbiamo muoverci. Ce la fai ad accelerare il passo?»
Annuisce, energico.
«Bene. Andiamo allora.»
E speriamo che il suo naso funzioni bene quanto il mio addestramento. O viceversa.

***



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Re: Cap. 1: Serve naso per i ricordi

Messaggio#2 » lunedì 3 agosto 2020, 0:53

Tutto ok con i caratteri.

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Re: Cap. 1: Serve naso per i ricordi

Messaggio#3 » mercoledì 5 agosto 2020, 16:13

I due protagonisti ci sono e la tempesta è in arrivo, il lancio verso la seconda parte c'è... Però a fronte di una buona partenza mi sembra che il tutto sia sia appiattito: gli stessi protagonisti non sono approfonditi in modo adeguato e il contesto ci rimane lontano a causa di una semina, allo stato attuale, insufficiente. Molto buona l'idea anche se non si può certo definire originale a causa di una certa deriva da INCEPTION (è diverso, ma neanche troppo), il problema è che non mi sembra che ci lavori molto intorno limitandoti a introdurla. Ora, magari la strategia che hai scelto porterà a un arricchimento successivo che giustificherà anche la tua scelta di non eccedere con i caratteri in questa fase, ma i tanti refusi sparsi mi trasmetto l'idea di fretta nella realizzazione. Vediamo cosa succederà con la seconda parte. Per il momento direi un pollice tendente verso il positivo, ma al pelo pelo.

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