CAPITOLO SECONDO I DIMENTICATI?
Inviato: martedì 4 agosto 2020, 21:12
CAPITOLO SECONDO I DIMENTICATI?
Di Alexandra Fischer
Al rumore del tuono segue quello di un pugno su una delle porte del corridoio.
Il suono è talmente forte da farsi sentire nella tempesta che scuote la fabbrica.
Fiorenza si alza dalla poltrona e chiede a Tiziano: «Chi c’è nel corridoio?»
Lui è più veloce e si dirige verso l’uscio: «Lo so io. Usciremo da questo guaio.»
Lei si dibatte, impermalita: «Come fai a dirlo, Tiziano?»
«Io sono stato qui prima di te.»
«Cosa ci sei venuto a fare?»
La risposta del fratello la sconcerta: «A rispondere a una richiesta di aiuto.»
Fiorenza sobbalza: «Di chi?»
Il fratello le rivolge un sorriso di compatimento e tocca il cilindro con il disegno: «Secondo te? Hai riconosciuto la finestra.»
Fiorenza aggrotta le sopracciglia in segno di dubbio: «E ti sei fermato qui? Nessun altro giro?»
Tiziano alza le mani: «Se credi che abbia messo a scompiglio questo posto in cerca della chiave ti sbagli. Ho solo visto la finestra.»
La sorella si aggrappa alla sacca: «Ti credo.»
La pioggia non maschera un secondo colpo che proviene dal corridoio: un nuovo pugno contro il legno.
Fiorenza fa segno al fratello di tacere e avvicina l’orecchio alla porta.
Si gira verso di lui: «È cominciato da quando siamo arrivati, vero?»
Lui torce le mani: «Sì, altrimenti avrei provato tutte le maniglie anche se fosse stato solo. Invece, c’era silenzio. E io mi sono affacciato alla finestra per vedere se il panorama corrispondeva. Perché sono sicuro che il mio non sia stato un sogno.»
Stringe i pugni e prosegue, con i lineamenti che si fanno sempre più duri per la collera: «Ti anticipo che non lo è.»
La sua espressione diventa sempre più furibonda quando i colpi riprendono con maggiore forza: «È cominciato a casa. Tu e la tua mania di intrometterti in tutto quello che faccio. È stata colpa tua se la nonna ci ha sorpresi con il quadro.»
Fiorenza scuote la testa e si mette le mani sui fianchi: «Ormai è successo. Dobbiamo capire chi c’è dietro quella porta. Fantasmi? Un segreto di famiglia?»
Tiziano scosta la porta ed esce in corridoio: «Avete sentito? Siamo qui per aiutarvi. Chi siete?»
L’unica risposta che riceve è il rumore di una maniglia: si alza e si abbassa.
Tiziano torna in ufficio: «Dammi la torcia di riserva. Devo capire in quale porta sono chiusi.»
Fiorenza gli rivolge uno sguardo sbalordito: «I ragazzi del quadro?»
«Già. Io li libererò e la nonna una volta tanto vedrà che non sono svagato.»
La sorella mette la mano sulla sacca: «È troppo pericoloso. Dovremo tornare alla scuola e spiegare cosa è successo.»
«La Hartman non ci crederà mai e ci punirà.»
Lei insiste e lui le dà uno spintone che la fa cadere all’indietro.
Si rialza e si massaggia il corpo con le lacrime agli occhi: «Avrei voluto aiutarti ma non lo meriti.»
Gli lascia la sacca: «Credo che tu abbia più bisogno di me di questa.»
Tiziano le rivolge una smorfia di disprezzo: «Non disturbarti a chiamare i soccorsi.»
Lei sobbalza per via dell’ennesimo tuono e si dirige verso l’imposta dell’edificio: la sagoma della scuola è ben visibile e lei vede una luce accesa all’ultimo piano dell’edificio.
Le viene in mente che sarebbe facile tornare a scuola dalla direttrice e dirle la verità.
Un colpo di vento scuote l’imposta in modo tale da farla saltare all’indietro.
Tiziano si innervosisce: «Cosa guardi? Vuoi andare a spiattellare la nostra scappatella alla Hartmann?»
Lei si volta, con un’espressione decisa negli occhi grigi: «Perché no? Ci sono due persone nei guai.»
Nel corridoio, ai pugni si sostituisce il rumore di una maniglia che viene provata a forza.
Tiziano la applaude sarcastico: «Così ci sospenderà e ci prenderà per visionari. E cosa credi che farà, la nonna?»
Le si avvicina e le sussurra nell’orecchio: «Ci ha già mandati qui per punizione.»
Si allontana da lei e si irrigidisce, nell’imitazione del tono della nonna: «Lo faccio per il vostro bene, nipoti cari. La Freiheit di Miron è la migliore scuola per darvi ordine e disciplina. Io stessa ne sono stata allieva.»
Fiorenza scuote la testa: «Esageri.»
Lui si tocca la tempia: «Usa la testa. Quando siamo arrivati qui, la Hartman ha salutato la nonna con grande calore. E l’ha ringraziata per le donazioni. Poi cos’ha fatto? Non appena la nonna le ha detto che i cellulari ci hanno disturbato nello studio, ce li ha confiscati. Se non è una carceriera, cos’è?»
Fiorenza si china sulla sacca e prende la torcia di riserva: «Bisognerà pure che vada a chiamare i soccorsi. Non posso lasciarti qui. Non stai bene.»
Tiziano le rivolge uno sguardo carico d’odio: «Ah, ecco. La pensi come la nonna. Credi che sia un pazzo farneticante? Allora, prima di andare, guarda questo.»
Fiorenza lo vede tracciare un disegno sul muro: un gruppo di ragazzi e ragazze vestiti nella divisa da collegiali alla marinaretta.
A poca distanza dal gruppo, c’è una ragazzina con i capelli tagliati all’altezza delle orecchie e un sorriso di superiorità.
Quell’ultima figura, tracciata con foga dal fratello, la sbalordisce: «Ma è la nonna!»
Tiziano si gira, sudato e rosso di collera: «Eh, già.»
Si mette in tasca il carboncino e si pulisce le mani sulla giacca a vento: «Non è molto migliorata da allora. Hai visto anche tu come ha cancellato i loro volti dal dipinto a olio in solaio.»
La sua espressione si fa disperata: «Ha usato la trementina. È come sfregiare un volto in carne e ossa con il vetriolo.»
La collera gli ritorna di colpo quando un tuono più forte degli altri fa echeggiare un grido di paura nel corridoio: «Credeva di averli fatti sparire, eh? Ma cosa le avevano fatto? Ho visto la sua pagella in solaio. Eccelleva in disegno. Per cosa li invidiava, mi chiedo?»
Fiorenza arretra: «Ma anche tu lo sei. Hai ricopiato a memoria la foto di classe esposta nel corridoio.»
Lo sguardo di Tiziano si accende di una luce crudele: «Lo dici per assecondarmi. Mi credi uno spostato. Come la nonna, quando ogni tanto mi veniva fuori qualche disegno di questi paraggi.»
Scuote la testa: «Per me il disegno sul muro non è venuto fuori per caso. E se fosse stata lei a chiuderli dentro? Mi dispiace solo che tu ci sia finita dentro, ma non è colpa mia se mi sei sempre stata appiccicata.»
Fiorenza alza il mento: «Sono tua sorella maggiore.»
«Solo di cinque minuti, cara. E ora vattene.»
Fiorenza si impunta: «Resto. Ti aiuterò a trovare la chiave. Ci organizzeremo. Per favore.»
Lui scuote la testa: «No, farò meglio a parlare loro attraverso la porta. Dopotutto, sono stato io a trovare il quadro. Devo sapere cosa è successo.»
Fiorenza gli rivolge uno sguardo disperato, ma si accorge che è tutto inutile; prende la seconda torcia e l’accende e la lascia sopra la sacca.
Tiziano la previene: «Guai a te se vai dalla Hartman.»
«Andrò alla cabina accanto alla posta. Dirò alla Forestale che sei qui ma non ti puoi muovere e ci sono altre persone con te. Un incidente durante l’escursione di oggi. Va bene?»
Tiziano fa un mugugno di assenso.
I tuoni e i lampi proseguono con violenza sempre maggiore e il movimento alla maniglia diviene più frenetico quando la sorella si allontana, ma lui fa passare il fascio di luce della torcia: «Calmatevi. Presto arriveranno i soccorsi.»
Gli rispondono due pianti isterici, che si alzano di tono quando si interrompe il rumore dei passi della sorella, e lui si affretta a dire: «Lo so cosa avete sofferto, ma io riparerò, ve lo giuro. Ditemi come.»
Di Alexandra Fischer
Al rumore del tuono segue quello di un pugno su una delle porte del corridoio.
Il suono è talmente forte da farsi sentire nella tempesta che scuote la fabbrica.
Fiorenza si alza dalla poltrona e chiede a Tiziano: «Chi c’è nel corridoio?»
Lui è più veloce e si dirige verso l’uscio: «Lo so io. Usciremo da questo guaio.»
Lei si dibatte, impermalita: «Come fai a dirlo, Tiziano?»
«Io sono stato qui prima di te.»
«Cosa ci sei venuto a fare?»
La risposta del fratello la sconcerta: «A rispondere a una richiesta di aiuto.»
Fiorenza sobbalza: «Di chi?»
Il fratello le rivolge un sorriso di compatimento e tocca il cilindro con il disegno: «Secondo te? Hai riconosciuto la finestra.»
Fiorenza aggrotta le sopracciglia in segno di dubbio: «E ti sei fermato qui? Nessun altro giro?»
Tiziano alza le mani: «Se credi che abbia messo a scompiglio questo posto in cerca della chiave ti sbagli. Ho solo visto la finestra.»
La sorella si aggrappa alla sacca: «Ti credo.»
La pioggia non maschera un secondo colpo che proviene dal corridoio: un nuovo pugno contro il legno.
Fiorenza fa segno al fratello di tacere e avvicina l’orecchio alla porta.
Si gira verso di lui: «È cominciato da quando siamo arrivati, vero?»
Lui torce le mani: «Sì, altrimenti avrei provato tutte le maniglie anche se fosse stato solo. Invece, c’era silenzio. E io mi sono affacciato alla finestra per vedere se il panorama corrispondeva. Perché sono sicuro che il mio non sia stato un sogno.»
Stringe i pugni e prosegue, con i lineamenti che si fanno sempre più duri per la collera: «Ti anticipo che non lo è.»
La sua espressione diventa sempre più furibonda quando i colpi riprendono con maggiore forza: «È cominciato a casa. Tu e la tua mania di intrometterti in tutto quello che faccio. È stata colpa tua se la nonna ci ha sorpresi con il quadro.»
Fiorenza scuote la testa e si mette le mani sui fianchi: «Ormai è successo. Dobbiamo capire chi c’è dietro quella porta. Fantasmi? Un segreto di famiglia?»
Tiziano scosta la porta ed esce in corridoio: «Avete sentito? Siamo qui per aiutarvi. Chi siete?»
L’unica risposta che riceve è il rumore di una maniglia: si alza e si abbassa.
Tiziano torna in ufficio: «Dammi la torcia di riserva. Devo capire in quale porta sono chiusi.»
Fiorenza gli rivolge uno sguardo sbalordito: «I ragazzi del quadro?»
«Già. Io li libererò e la nonna una volta tanto vedrà che non sono svagato.»
La sorella mette la mano sulla sacca: «È troppo pericoloso. Dovremo tornare alla scuola e spiegare cosa è successo.»
«La Hartman non ci crederà mai e ci punirà.»
Lei insiste e lui le dà uno spintone che la fa cadere all’indietro.
Si rialza e si massaggia il corpo con le lacrime agli occhi: «Avrei voluto aiutarti ma non lo meriti.»
Gli lascia la sacca: «Credo che tu abbia più bisogno di me di questa.»
Tiziano le rivolge una smorfia di disprezzo: «Non disturbarti a chiamare i soccorsi.»
Lei sobbalza per via dell’ennesimo tuono e si dirige verso l’imposta dell’edificio: la sagoma della scuola è ben visibile e lei vede una luce accesa all’ultimo piano dell’edificio.
Le viene in mente che sarebbe facile tornare a scuola dalla direttrice e dirle la verità.
Un colpo di vento scuote l’imposta in modo tale da farla saltare all’indietro.
Tiziano si innervosisce: «Cosa guardi? Vuoi andare a spiattellare la nostra scappatella alla Hartmann?»
Lei si volta, con un’espressione decisa negli occhi grigi: «Perché no? Ci sono due persone nei guai.»
Nel corridoio, ai pugni si sostituisce il rumore di una maniglia che viene provata a forza.
Tiziano la applaude sarcastico: «Così ci sospenderà e ci prenderà per visionari. E cosa credi che farà, la nonna?»
Le si avvicina e le sussurra nell’orecchio: «Ci ha già mandati qui per punizione.»
Si allontana da lei e si irrigidisce, nell’imitazione del tono della nonna: «Lo faccio per il vostro bene, nipoti cari. La Freiheit di Miron è la migliore scuola per darvi ordine e disciplina. Io stessa ne sono stata allieva.»
Fiorenza scuote la testa: «Esageri.»
Lui si tocca la tempia: «Usa la testa. Quando siamo arrivati qui, la Hartman ha salutato la nonna con grande calore. E l’ha ringraziata per le donazioni. Poi cos’ha fatto? Non appena la nonna le ha detto che i cellulari ci hanno disturbato nello studio, ce li ha confiscati. Se non è una carceriera, cos’è?»
Fiorenza si china sulla sacca e prende la torcia di riserva: «Bisognerà pure che vada a chiamare i soccorsi. Non posso lasciarti qui. Non stai bene.»
Tiziano le rivolge uno sguardo carico d’odio: «Ah, ecco. La pensi come la nonna. Credi che sia un pazzo farneticante? Allora, prima di andare, guarda questo.»
Fiorenza lo vede tracciare un disegno sul muro: un gruppo di ragazzi e ragazze vestiti nella divisa da collegiali alla marinaretta.
A poca distanza dal gruppo, c’è una ragazzina con i capelli tagliati all’altezza delle orecchie e un sorriso di superiorità.
Quell’ultima figura, tracciata con foga dal fratello, la sbalordisce: «Ma è la nonna!»
Tiziano si gira, sudato e rosso di collera: «Eh, già.»
Si mette in tasca il carboncino e si pulisce le mani sulla giacca a vento: «Non è molto migliorata da allora. Hai visto anche tu come ha cancellato i loro volti dal dipinto a olio in solaio.»
La sua espressione si fa disperata: «Ha usato la trementina. È come sfregiare un volto in carne e ossa con il vetriolo.»
La collera gli ritorna di colpo quando un tuono più forte degli altri fa echeggiare un grido di paura nel corridoio: «Credeva di averli fatti sparire, eh? Ma cosa le avevano fatto? Ho visto la sua pagella in solaio. Eccelleva in disegno. Per cosa li invidiava, mi chiedo?»
Fiorenza arretra: «Ma anche tu lo sei. Hai ricopiato a memoria la foto di classe esposta nel corridoio.»
Lo sguardo di Tiziano si accende di una luce crudele: «Lo dici per assecondarmi. Mi credi uno spostato. Come la nonna, quando ogni tanto mi veniva fuori qualche disegno di questi paraggi.»
Scuote la testa: «Per me il disegno sul muro non è venuto fuori per caso. E se fosse stata lei a chiuderli dentro? Mi dispiace solo che tu ci sia finita dentro, ma non è colpa mia se mi sei sempre stata appiccicata.»
Fiorenza alza il mento: «Sono tua sorella maggiore.»
«Solo di cinque minuti, cara. E ora vattene.»
Fiorenza si impunta: «Resto. Ti aiuterò a trovare la chiave. Ci organizzeremo. Per favore.»
Lui scuote la testa: «No, farò meglio a parlare loro attraverso la porta. Dopotutto, sono stato io a trovare il quadro. Devo sapere cosa è successo.»
Fiorenza gli rivolge uno sguardo disperato, ma si accorge che è tutto inutile; prende la seconda torcia e l’accende e la lascia sopra la sacca.
Tiziano la previene: «Guai a te se vai dalla Hartman.»
«Andrò alla cabina accanto alla posta. Dirò alla Forestale che sei qui ma non ti puoi muovere e ci sono altre persone con te. Un incidente durante l’escursione di oggi. Va bene?»
Tiziano fa un mugugno di assenso.
I tuoni e i lampi proseguono con violenza sempre maggiore e il movimento alla maniglia diviene più frenetico quando la sorella si allontana, ma lui fa passare il fascio di luce della torcia: «Calmatevi. Presto arriveranno i soccorsi.»
Gli rispondono due pianti isterici, che si alzano di tono quando si interrompe il rumore dei passi della sorella, e lui si affretta a dire: «Lo so cosa avete sofferto, ma io riparerò, ve lo giuro. Ditemi come.»