Troppa carne al fuoco

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roberto.masini
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Troppa carne al fuoco

Messaggio#1 » martedì 22 settembre 2020, 0:03

«Signorina Mildred mi racconti di nuovo la sua storia ma sia precisa e mi racconti fatti e non fantasie, altrimenti non potrò far nulla per lei!»
«Agente McGuire, mi ascolti, la scongiuro. Io vivo qui vicino; abito al 35 di Tanner’s Close, vicino alla pensione della vedova Logue. Faccio la sarta ma anche la merlettaia e ogni tanto la vedova, anzi, la signora Margaret Laird, perché dopo poco tempo si è risposata, mi chiama per rammendare centrini. Ebbene io sospetto che da quella pensione spariscano delle persone!»
«Signorina, mi faccia dei nomi!»
«Agente, le dirò i nomi, almeno di quelli che so!»
«Le persone che non conosce per nome, li descriva, almeno!»
«Dunque il primo fu un vecchio prigioniero di guerra che doveva quattro sterline alla proprietaria. Lo sentii dire da suo marito. Il vecchio camminava ingobbito e claudicante; aveva i capelli bianchi e una cicatrice a forma d’aquila sotto l’occhio destro. Sparì a gennaio insieme a un altro uomo che si chiamava Joseph the Miller. A febbraio io vidi con i miei occhi che il marito di Margaret con un amico invitarono la vecchia Simpson a passare la notte nella pensione. Nei giorni seguenti non rividi più! Là qualche mese dopo, vidi entrare la Patterson, una prostituta. Non uscì più. Qualche mese dopo sparì anche Effie, una mendicante che stazionava sui gradini della chiesa di Portsburgh. Le ultime persone che vidi entrare, mai più uscite, furono una nonna con il suo nipote cieco!»
«Cara signorina Mildred, ora viene il bello: nessuna denuncia di scomparsa è arrivata sulle nostre scrivanie dal settembre dell’anno scorso e quindi ciò vuol dire che lei non li ha visti uscire. Lei, però, non ha montato la guardia alla porta della pensione, giorno e notte. Perciò la sua testimonianza non significa nulla. Torni a casa e si faccia una bella dormita!»
«McGuire, la prego, mi creda!» scongiurò la donna.
Il poliziotto le indicò l’uscita.

Nonostante fosse primavera inoltrata, un freddo pungente la costrinse a sollevare il bavero del trench e ad allungare il passo per guadagnare la sua abitazione nel più breve tempo possibile.
Non amava Edimburgo, non amava la Scozia; lei era gallese.
Aveva inviato una lettera alla zia di Newport, manifestandole l’intenzione di raggiungerla nel suo negozio di merceria.

Passando vicino alla pensione, vide il marito di Margaret e l’amico che parlottavano con un tipo elegante con grandi basette nere.
Lì per lì non lo riconobbe, ma quando, giunta a casa un po’ delusa perché aveva trovato la cassetta delle lettere vuota, ci ripensò su, si ricordò. Quello era il dottor Knox, un dottore che lei aveva visto all'ospedale di Edimburgo. Una sua amica le aveva raccontato che quell'uomo insegnava alla Facoltà di Medicina della città.
Il giorno dopo si recò nella pensione e fece un’incauta domanda sulla sorte della mendicante Effie.
I due amici la fecero bere e poi la strangolarono.
«Per questa chiederemo dodici sterline!» gridarono, abbracciandosi.


La donna si risvegliò ancora intontita ma viva! Aveva visto giusto: quei due delinquenti ammazzavano la gente in quella pensione. Lo scopo però non le era chiaro. Si accorse di essere completamente nuda e sdraiata su una superficie fredda. Tentò di alzarsi ma non ci riusciva. Provò a muovere le mani, i piedi. Nulla. Era bloccata. Non poteva neanche spostare le pupille Ma poteva urlare. Gridò ma dalla sua bocca non uscì nulla. La gola le faceva male. Forse nel tentativo di strozzarla le avevano lesionato le corde vocali.
Di colpo la superficie su cui si trovava supina cominciò a muoversi fino a quando una luce accecante la colpì e ascoltò una voce che diceva:
«Ora opererò un taglio a “Y” sulla cassa toracica; subito dopo taglierò i nervi e le costole in modo tale da raggiungere gli organi interni che rimuoverò, sezionerò e peserò!»

N.D.A. William Burke e William Hare sono stati due serial killer che agirono a Edimburgo, Scozia, dal novembre 1827 al 31 ottobre 1828.
Vendettero i cadaveri delle loro 17 vittime come corpi da dissezionare a scopo scientifico. Uno dei loro clienti fu il dottor Robert Knox, un docente di anatomia. Dal loro particolare modo di uccidere le vittime deriva il termine burking, che significa soffocare e comprimere il petto di una vittima.



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antico
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#2 » martedì 22 settembre 2020, 0:07

Cia Roberto! Tutto ok con caratteri e tempo, buona SARA BILOTTI EDITION!

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Sirimedho
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#3 » mercoledì 23 settembre 2020, 18:30

Buonasera Roberto,
piacere di rileggerti.

Racconto ben narrato, ma che ho trovato complessivamente freddo. Il passaggio critico, in cui la Signorina Mildred fa una domanda di troppo, porta in un istante ad essere ubriaca e strangolata. Male, peraltro, per cui la ritroviamo distesa e pronta ad essere dissezionata.
Quest’ultima parte mi sembra un po’ troppo splatter e poco aggiunge al resto del racconto, oltre che sembrare anche vagamente surreale visto che, per quanto poco capace fosse il medico, sembra strano che non si sia nemmeno accorto che la paziente era ancora viva e, qualora ne fosse complice (ma, se non ricordo male la storia, non dovrebbe essere stato così), si immagina che il primo atto sarebbe stato quella di ucciderla, anziché evitare che potesse urlare e parlare là, davanti a tutti.
Mi viene da supporre che il racconto si intrecci al burking che la polizia ha effettuato sul povero George Floyd e ne sia la dotta spiegazione dell’origine del termine, di cui ringrazio.
Ma gli strani vicini quali sarebbero? Gli assassini?

Buona gara!

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Pretorian
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#4 » giovedì 24 settembre 2020, 0:06

Ciao Roberto e piacere di leggerti.

Devo accodarmi al giudizio del buon Sir: il racconto ha un'atmosfera fin troppo asettica per poter funzionare come thriller/horror. Peggio ancora, tutta la prima parte (quella dell'interrogatorio) funziona malissimo, perché finisce per diventare nient'altro che un grande spiegone, mentre la parte sul rapimento e la successiva vivisezione della protagonista, viene portato avanti in modo troppo succinto per poter essere efficace. Oltre a questo, mi sembra di capire che sia mancata una rilettura del testo, come testimoniano i refusi (se ti serve per il mantenimento del testo, posso indicarteli) e le frasi che si scambiano la protagonista e il poliziotto si scambiano sembrano scritte in una situazione in cui hai cambiato idea su cosa portare avanti in corso d'opera («Agente, le dirò i nomi, almeno di quelli che so!» «Le persone che non conosce per nome, li descriva, almeno!»). Insomma, direi che questo lavoro è al di sotto dei tuoi lavori precedenti.

Alla prossima

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giulio.palmieri
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#5 » venerdì 25 settembre 2020, 11:56

Ciao Roberto piacere di leggerti.
Allora, di sicuro l'idea di fondo c'è; e anche la scena finale mette i brividi.
Però, il racconto non risulta immersivo: l'interrogatorio iniziale fa emergere dettagli sulla pensione e sulle persone scomparse, ma è quasi un monologo con troppi dettagli, dettagli che non emergono volta per volta nel dialogo.
Il personaggio iniziale dell'investigatore non torna più nella narrazione (quindi non ha un ruolo specifico); inoltre, la donna, dopo aver denunciato i due della pensione, per qualche motivo va a mettersi da sola in ore leonis, e senza una motivazione precisa. Insomma, il lettore è folgorato da una serie di informazioni e si vede calato all'improvviso nel corpo della ragazza nella scena finale, senza un percorso che lo abbia portato fin lì.
Secondo me, puoi tirarci fuori un racconto più lungo, perché il contesto e l'idea ci sono e sono validi.
Alla prossima.

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Andrea76
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#6 » sabato 26 settembre 2020, 12:23

Ciao Roberto, mi dispiace ma purtroppo devo dare ragione a chi mi ha preceduto. Nella prima parte cerchi di far filtrare la storia attraverso i dialoghi, ma purtroppo il racconto della signorina Mildred risulta molto lontano dal sollecitare empatia, emozioni o quant’altro. È tutto troppo detto e poco rappresentato.
Ecco perché la successiva vivisezione della signora Mildred, che in sé è scritta bene ed è ricca di buoni dettagli sensoriali, nel tuo racconto risulta decontestualizzata per via dell’abbondante “tell” che l’ha preceduta. Manca cioè della forza d’impatto visivo di cui sarebbe intrinseca. È come se fosse un’appendice al racconto più che parte del racconto stesso, e questo ne impoverisce la portata.
Peccato. Credo che l’idea di partenza fosse molto buona (due serial killer come vicini di casa!) ma l’esecuzione non è stata altrettanto avvincente. Penso che per risultare efficace la tua storia abbia bisogno di molto più respiro e di un numero multiplo di punti di vista. Forse ci sono le basi per una novella (o un romanzo) corale… Pensaci!

Dario17
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#7 » domenica 27 settembre 2020, 18:16

L'impressione, già dopo qualche riga, è quello di un vecchio giallo stile ottocentesco con il narratore esterno ed onnisciente che segue tutta la vicenda. L'impressione si è confermata alla fine della lettura.
Il racconto parecchia parecchi problemi.
la prima parte dialogata è molto costipata nel ritmo e al contempo troppo prodiga di nomi e vie che, anche perchè angoloni, non rimangono impressi nella mente ed è difficilissimo associarli ai soggetti giusti.
"Faccio la sarta ma anche la merlettaia e ogni tanto la vedova, anzi, la signora Margaret Laird, perché..." Alla prima lettura ho pensato che Mildred facesse autoironia macabra sul fatto che lei fosse rimasta vedova più volte, non che si riferisse alla proprietaria della pensione.
discorso simile qui:
"un vecchio prigioniero di guerra che doveva quattro sterline alla proprietaria. Lo sentii dire da suo marito" il marito di chi? così pare riferirsi al vecchio prigioniero di guerra.
I due si chiamano per nome e a tratti pare più un colloquio informale che un tentativo di denuncia alle forze dell'ordine.
Molto infodump andrebbe potato.
La parte finale è composta da elucubrazioni e deduzioni di una donna mazzoliata, spogliata e immobilizzata.
"Non poteva neanche spostare le pupille" è davvero una costrizione pesante, se fosse possibile andrebbe anche spiegato il come.
Epilogo con il killer che dice a se stesso o forse ad altri di cui ignoriamo la presenza cosa sta per compiere, comprensivo di terminologia tecnica.
In un contest dove i caratteri sono oro colato da gestire al pelo mi ha fatto parecchio strano vederli usati per una NDA da enciclopedia.
Non giudico la scelta un po' demodè di usare un punto di vista esterno in terza persona ( l'ho fatto anch'io sebbene solo in parte ) ma in questo caso la debolezza del costrutto generale e l'abbondanza inutile di informzazioni ne rende difficoltosa la lettura.
Il tema c'è.

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marco.roncaccia
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#8 » lunedì 28 settembre 2020, 13:10

Ciao Roberto,
Prendi spunto da una vicenda storica (interessante) per darci la tua versione dei fatti. Vado a indicarti due cose migliorabili e due punti di forza che ho individuato:

Come ti è stato fatto notare metti troppa distanza tra il lettore e il racconto. Forse narrare in prima persone potrebbe colmare il vuoto
La discrepanza di ritmo e di tono tra la prima e la seconda parte del racconto. Forse andrebbero un po’ armonizzate

I punti di forza sono per me:

la trama, il racconto ha uno sviluppo interessante e le scene sono ben montate
Il finale che svela in maniera adeguata il mistero della pensione della vedova Logue

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Pietro D'Addabbo
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#9 » lunedì 28 settembre 2020, 19:29

Ciao Roberto,

non mi dilunghero' nel ribadire quanto detto da chi mi ha preceduto, con cui sono sostanzialmente d'accordo. Credo che ambientare di fatto in tre luoghi diversi un racconto breve, per tempi di scrittura e per caratteri disponibili, abbia complicato molto la realizzazione.

Credo che l'idea sia impareggiabile, una sorta di fusione tra romanzo storico e reality-horror, percio' non la lascerei confinata a questa competizione. Prenderei pero' incipit da quello che hai scelto come momento finale, in cui la donna si ritrova stesa e legata. La lenta ripresa delle facolta' mentali della vittima ti offre il modo per evocare un lento riaffiorare dei ricordi, che ti consente di raccontare l'intera vicenda rimanendo al centro del momento di suspence che e' il fulcro del racconto.
"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)

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Andrea Lauro
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#10 » martedì 29 settembre 2020, 9:01

Ciao Roberto, conoscevo le vicende, quindi partivo avvantaggiato. Dunque, l’interrogatorio presenta un po’ di parti infodump, valuta se qualche dettaglio può essere risparmiato nella concitazione del dialogo.
Nel terzo paragrafo abbandoni quello che sembrava un punto di vista in terza soggettiva per un narratore onnisciente. Mi sono trovato stranito nel momento in cui lei viene strangolata e il racconto prosegue descrivendo i malfattori. Ora, secondo me il problema non sta nell’aver scelto l’onnisciente, ma nel far credere al lettore che si fosse in terza soggettiva e poi cambiare.
E nel quarto paragrafo l’illusione di avere la terza soggettiva ritorna, perché siamo nella testa della protagonista, che svela a poco a poco sensazioni e percezioni. Per poi tornare alla NDA, che astrae completamente dalla lettura. Insomma, prova a vedere se è possibile dare un tocco di unità al brano, perché la resa sarebbe migliore.
buona edition!
andrea

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Puch89
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#11 » mercoledì 30 settembre 2020, 16:55

Ciao Roberto, lieto di leggerti. Apprezzo sempre molto il rimaneggiamento di fatti storici o di cronaca avvenuti realmente, dare una propria versione dei fatti o l'immaginare come possano essersi svolti i retroscena o ancora la psicologia di chi ne è protagonista. E' tutto molto affascinante, ma qui onestamente non sono riuscito ad immergermi come avrei sperato.
Il dialogo iniziale è ideato e costruito un po' male, perdonami non vorrei essere troppo rude ma davvero, ho fatto fatica.
Ci sta dare informazioni sotto forma di dialogo per evitare il classico spiegone, ma ci sono informazioni non proprio utili alla fin fine e risultano messi alla rinfusa, oltre a torni sopra le righe che fanno uscir fuori dall'immedesimazione.
Il resto è sicuramente più appetibile, ma il climax arriva senza rendersene conto e questo è un altro grande peccato.
Non c'è la giusta immersione, si arriva alla fine con una certa confusione ed è un peccato perché il racconto ha molto potenziale.
Capisco poi voler spiegare l'ispirazione storica dei fatti, ma avresti dovuto elaborare un modo più fine per comunicarlo perché così è solo uno spreco di caratteri. Alla prossima lettura!

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antico
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Re: Troppa carne al fuoco

Messaggio#12 » sabato 3 ottobre 2020, 14:51

Il racconto si legge anche bene, ma è vero che tiene lontano il lettore e che i punti di svolta appaiono tutti tanto forzati. Sai che ti dico? Che leggendoti mi sembra di avere sensazioni come dalla lettura di vecchi fumetti: delinei la scena, fai parlare i personaggi, passi ad altre scene anche forzando la mano, ma sempre seguendo una linea retta ben determinata a raggiungere il suo punto di arrivo. In particolare, qui ho la sensazione che tu sia andato in affanno di tempo e prova ne è un LA che è saltato dalla sua collocazione per finire a inizio frase successiva. Gli strani vicini ci sono, la valutazione è un pollice ni tendente sicuro verso il positivo che sta davanti al racconto di Sollazzo proprio per questa sua estrema chiarezza dell'intreccio.

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