Sia lode a Te e così sia

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo ottobre sveleremo il tema deciso da Debora Spatola. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Eugene Fitzherbert
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Sia lode a Te e così sia

Messaggio#1 » domenica 18 ottobre 2020, 10:22

Lode a Te e così sia
Di Eugene Fitzherbert


1.
Afferro il battente della porta della chiesa e lo spingo contra la signora Santina. Lei non si toglie di mezzo. Tiene la borsetta con le mani all’altezza del petto enorme. Gli anelli affondano in mezzo alla carne delle dita. Sorride.
Mi appoggio alla porta. «Signora, devo chiudere la Chiesa. Sono le nove passate.»
«Dai, Alfio, che vuoi che siano due minuti.» I denti davanti sono sporchi di rossetto. «Dimmi, hai telefonato a Dio?» E ridacchia.
Che c’è di divertente? «Dio non è disponibile. Però gli scrivo su Whatsapp.» Mi sposto e appoggio la spalla alla porta. La signora Santina arriccia le labbra porcine in un sorriso. Ma che avrà mai da ridere? «La prego. Devo chiudere.»
«Aspetta un secondo.» Stacca una mano dalla borsetta e la avvicina alle labbra. «E chi te l’ha dato questo numero?» Sussurra.
«Me lo ha dato Padre Pietro all’orfanotrofio.»
«Posso averlo anche io? Ti prego.» Ride ancora. Le trema la faccia e gli occhi spariscono tra le guance. «Devo scrivergli.»
Chissà che ti venga a prendere e ti porti all’inferno! «Non me lo ricordo, il numero. Ce l’ho salvato sul cellulare.» Le vorrei staccare il sorriso dalla faccia con tutto il rossetto e metterglielo nella borsetta.
«Che peccato! Volevo tanto raccontargli di mio marito.» Sghignazza ancora. Odiosa. «Sai, mi tocca di notte, anche se ha una certa età. Quel mascalzone!»
Arrossisco: non si possono dire certe cose in chiesa. Per fortuna che siamo solo io e lei. «Signora Santina! Ma le pare? Si pulisca la bocca.»
Lei butta la testa all’indietro e scoppia a ridere.
Chiudo la porta e un tonfo riecheggia per tutta la chiesa. Poggio l’orecchio al battente. I passi della signora Santina si allontanano: «Il telefono di Dio… Ahah, che scemo!»
Mi imbroncio. Non sono scemo. Stupida signora Santina! Io ho davvero il telefono di Dio! E il numero lo ricordo anche a memoria: 3312718281. Tiè! Non potrai mai raccontare le tue schifezze a Dio. Dio ascolta solo me! Lode a te e così sia.
Mi sarebbe piaciuto staccarle il sorriso. Anche spezzarle le dita grasse.
Mi porto la mano alla bocca. Non pensar male, se no il male ti raggiunge. Lo dice Padre Pietro e lui ha sempre ragione.
Mi stacco dalla porta e giro per i corridoi laterali e spengo tutte le candele. Gli sbuffi di fumo odorano di cera bruciata, e prudono il naso. Le navate sono scure, ma io non ho paura. Don Pietro mi ha sempre detto che il buio nella chiesa è un posto sicuro. Non devo temere alcun male.
Mi fermo davanti alla Vergine Maria Addolorata.
La adoro: è una statua bellissima. Ha gli occhi scuri, rivolti verso l’alto, sofferenti. Le mani sono giunte in preghiera, perché lei è in comunione con Dio. Le sue vesti sono nere, con i ricami in oro. E il suo dolore è un pugnale conficcato nel cuore fino all’elsa.
Quanta sofferenza! Quanta bellezza! Lode a Te e così sia!
È tardi! Devo spegnere tutto e chiudere tutto. Un buon sacrestano non si distrae mai! È sempre pronto a fare il suo lavoro. Questo mi dice Padre Pietro. E lui ha sempre ragione.

2.
Nel letto, al buio, la signora Santini mi ride nell’orecchio, la sua faccia tremula sghignazza e i suoi denti macchiati di rossetto brillano. Mi giro sul fianco destro e metto il braccio sotto il cuscino.
Chiudo gli occhi e mi copro la faccia con il lenzuolo. La signora Santini si muove con me: la lingua le guizza fuori dalle labbra e lecca il rossetto.
La maglietta si attacca alla schiena bagnata di sudore e le gambe mi tremano: dormire è un miraggio.
Mi rigiro e allungo la mano verso il comodino. Sposto il rosario e prendo il cellulare. La luminosità del display mi acceca e cancella le immagini della signora Santini. Lode a te e così sia.
Apro Whatsapp: ci sono solo due numeri in rubrica. Scelgo Dio.
Le mie dita scivolano sulla tastiera a schermo: “Caro Dio, oggi ho commesso un peccato, credo. Ho pensato di fare del male alla Signora Santina.” Fermo il pollice prima di cliccare su invio. Dio conosce tutte le verità, dice sempre Padre Pietro. Inutile nascondersi. Aggiungo: “Le volevo strappare la faccia e spezzare le dita. Mi dispiace! Non ce l’ho fatta a trattenermi. Ma lei anche ha detto cose impure nella tua casa. Non si fa. Scusa, Dio. Faccio penitenza.”
Clicco invio. Il messaggio arriva a destinazione. Le spunte non diventano blu. Prima o poi lo saranno. Lode a te e così sia!
Rimetto il cellulare sul comodino e mi metto a sedere sul letto.
Scalzo sul pavimento freddo, muovo pochi passi in fondo alla stanza. Accarezzo il muro di fronte a me: ecco l’interruttore. Lo attivo.
Due file di candele elettriche si accendono: in una nicchia c’è una statua della Madonna Addolorata. È circa un terzo di quella della chiesa e mi arriva alla spalla ma ha gli stessi dettagli. Mi inginocchio e chiudo gli occhi. «Scusa, Maria Addolorata per ciò che ho fatto. Chiedo scusa anche alla signora Santini. Non volevo pensare quelle cose.»
Riapro le palpebre e afferro il manico del pugnale infilzato nel cuore della statua. Lo sfilo. La lama luccica alla luce delle candele.
Da un cassettino sotto la nicchia prendo una coppetta di ottone piena di ostie.
Passo il dito sulle cicatrici e sulle croste del braccio. Scelgo una zona integra e poggio il coltello. Mi taglio.
Strizzo gli occhi, il dolore bruciante mi rischiara e lava via i cattivi pensieri.
Spremo la pelle e faccio colare il sangue sulle ostie.
Fuori dalla finestra, il rumore lontano di una moto mi distrae. Qualche goccia cade fuori dalla ciotola.
Prendo due ostie macchiate di rosso. Chiudo gli occhi. «Il tuo corpo e il mio sangue. Per togliere i miei peccati.»
Lode a te e così sia.
Infilo le ostie in bocca: un sapore metallico e amaro mi invade il palato.
Il rumore della moto è altissimo, un clangore che fa vibrare le finestre.
Le ostie si sciolgono sulla lingua in una poltiglia che si appiccica ai denti.
Lo schianto in strada fa tremare pavimento sotto le ginocchia.
Ingoio il mio pasto purificatore e spalanco gli occhi. Mi lancio verso la finestra: una moto giace ribaltata sul ciglio della strada e due corpi sono riversi al suolo.
Che faccio?
Non si muovono. La moto fuma alla luce dei lampioni.
Dio, aiutami. Cosa fare?
Blip
Sul comodino il display del cellulare si è acceso. Una risposta da 3312718281: “Salvali. Salva LEI!
La scritta trema al ritmo della mia mano. Dalla bocca spalancata mi cola un filo di bava. Mi ha risposto. Mi ha scelto!
Blip Presto!”
Vado in strada in mutande, solo una maglia bianca addosso e il rivolo di sangue che mi macchia il braccio fino al polso. I due caduti dalla motocicletta sono immobili. E se sono morti? Non posso perdere altro tempo. Devo salvarli: è Dio che me lo ha chiesto. No, non me lo ha chiesto. Me lo ha ordinato. E non si lascia aspettare Dio. Me lo dice sempre Padre Pietro.

3.
Trascino per le ascelle il primo corpo.
Urto con gli stinchi il casco blu con la visiera oscurata. Come fa a vedere qualcosa di notte con quella visiera? È normale che si sia schiantato. Ben gli sta. Non si sfida Dio al gioco della morte.
Il corpo è pesante e inerte. Ha il braccio destro piegato verso l’esterno e il giubbotto di pelle nero è lacerato sulla spalla. Sotto la carne sanguina e mi macchia le mani.
Lo porto in camera mia e lo lascio vicino al letto.
L’altra è una femmina. È minuta, leggera.
La adagio di fronte alla statua della Addolorata. Anche lei ha un casco, ma la visiera è alzata: ha due occhi stupendi, rivolti verso l’alto: si vede il bianco con tante venuzze e metà delle iridi scure. Anche se il naso è macchiato di sangue e la bocca è ritorta in una smorfia, sembra una delle creature più belle del mondo. Lode a te e così sia!
Le slaccio il cinturino del casco: il suo respiro è un gorgoglio piacevole, come un fiume che saltella tra le rocce di montagna. Le libero la testa dall’elmetto e i capelli color oro si spargono sul pavimento. Striature di sangue partono dall’orecchio destra verso il collo e la mandibola è gonfia, ma è stupenda. Il petto si alza e si abbassa. La giacchetta che indossa è nera, con intarsiature color oro e borchie argentate. La cerniera è abbassata e la maglia sotto è rossa: una scheggia di vetro è infilzata nel seno di sinistra.
I jeans neri sono attillati e lo squarcio sulla gamba destra lascia scoperta le pelle graffiata. Il sangue ha fatto una pozza negli stivali alti fino al ginocchio e cola sul pavimento. Il piede punta verso l’esterno.
E ora? Che si fa?
Blip!Guardala. Chi ti sembra?
L’ho appena guardata. È una ragazza…
Il respiro mi si mozza in gola.
Gli occhi: rivolti verso l’alto. Il vestito: nero con intarsi d’oro. I capelli: dorati. Il petto: trafitto
È l’Addolorata.
Blip!Lo Spirito Santo verrà su di lei e l’ombra dell’Altissimo la coprirà dell’ombra sua.
«Cosa devo fare?»
Prendo il cellulare: clicco sul 3312718281 e ‘Chiama Contatto’.
Metto il telefono in vivavoce. Rispondi, Dio, rispondi!
«Sii il mio Spirito Santo. Scendi su di lei, Alfio.»
La voce di Dio che cita la parola di Dio. Un miracolo nel miracolo. Lode a te e così sia!
Slaccio i pantaloni di Maria, un bottone una cerniera. Li afferro per le tasche e li strattono verso il basso: vengono via con tutte le mutande. Lei geme e ruota la testa.
Mi porto le mani alla bocca. Il sesso è un ciuffo di peli rossicci alla luce delle candele finte. Deglutisco.
«Non ti fermare.» Dal telefono la voce non mi lascia scampo. La parola di Dio è un imperativo. Padre Pietro me lo dice sempre.
Mi lecco le labbra. La statua dell’Addolorata piange la sua disperazione con gli occhi al cielo. Mi dà forza.
Un’erezione mi stira le mutande. Con la punta delle dita afferro l’elastico e scopro quello che ho tra le gambe. Attento a non toccarlo con le mani (Sono atti impuri! mi dice sempre Padre Pietro), mi stendo su Maria. Sono lo Spirito Santo e scendo su di lei.
Puntello di gomiti sul pavimento accanto al volto della ragazza e muovo il bacino e spingo.
«Bravo, così!» La voce dal cellulare mi dà la forza.
Entro in un mondo morbido e caldo. È la prima volta: è umido, pulsa. Scivolo fuori e rientro. Il respiro di Maria mi solletica l’orecchio. Avvicino le mie labbra alle sue. La mia lingua assaggia il sapore metallico e sanguinolento della sua saliva.
Cos’è?
«Ci sei quasi!»
Un’esplosione di energia mi inarca la schiena. Mi stacco dalla bocca di Maria: un filo di bava rosata ci tiene legati. Digrigno i denti. Non riesco a trattenermi, tremo tutto, estendo il collo, contraggo il sedere e allungo le gambe.
«Sì! Sei il Padre!» Dall'altoparlante del telefono, la voce è trionfante.
Il cuore rallenta, il mio respiro ansimante si calma. Le gambe sono molli. Scivolo fuori dalla mia Maria e mi metto carponi su di lei. È il più bel miracolo che potesse accadermi.
Dio mi ha parlato! Capito, signora Santini? Mi ha chiamato! Sono lo Spirito Santo. Sono il Padre.
Lode a te e così sia!
Abbasso la testa sul volto della mia Maria: mugola. Il respiro è gracchiante, come legna spezzata prima dell’inverno. Un rivolo di saliva le cola dalla bocca. Lo raccolgo con un dito e lo riporto tra le labbra. Ora covi il frutto nel tuo grembo, Maria. Il mio frutto. Sei radiosa.
Una mano mi afferra la caviglia. «Ehi! Che cazzo fai alla mia ragazza!»
Con il cuore in gola, rotolo supino a destra di Maria. Scalcio: colpisco il casco del ragazzo e il dolore alla caviglia nuda mi risale fino all’anca. Mi spingo sui talloni e sulle mani. Il sedere nudo scivola sul pavimento freddo. «Eri morto!»
«Beh, non abbastanza.» Ha la visiera alzata: porta gli occhiali e una lente è crepata nel mezzo. «Sei un lurido pervertito.» La voce è soffocata dal casco. Si mette carponi, appoggiato al braccio sinistro. In equilibrio su un ginocchio, si slaccia il casco e lo tiene per la fibbia. Si guarda intorno. «Desireée. Mi senti? Cristo!»
Ha i capelli lunghi. Scuri. Le labbra piene sono macchiate di rossetto e da sotto gli occhiali colano segni neri sbavati. La sua voce è stridula. La indico: «Sei femmina!»
«E tu sei un pazzo fottuto.» Si muove verso la mia Maria. «Che hai fatto alla mia ragazza?» Singhiozza.
Dal telefono arriva la voce di Dio. «Quel che è morto deve restare morto.»
Gli occhiali con la lente crepata sono rivolti verso di me: la bocca è curvata verso il basso, le narici si aprono e si chiudono. Contrae il pugno sinistro, la mano destra è immobile lungo il corpo, gonfia.
«È un’invertita. Ricorda Sodoma.» Il vivavoce ha ragione.
«Devi restare morta, sei contronatura! Lo ha detto Dio.» Mi metto in piedi e indico il mio cellulare.
«Che diavolo dici? Continua a ripetere che il numero è inesis—»
Mi lancio verso di lei e la spingo. Cade sul sedere e la testa urta contro il comodino. Alza una gamba e mi dà un calcio allo stomaco. Mi piego in due, il respiro mozzo e due lacrime che mi scendono dagli occhi.
Prendo un respiro, faccio un passo indietro e le do un calcio in faccia con il piede nudo. Il rumore è quello di uno schiaffo dato con i guanti di pelle. Gli occhiali della ragazza volano via. Il sangue macchia le lenzuola.
Si mette carponi e le do un altro calcio sul sedere. Sbatte con la faccia contro il letto così forte da spostarlo.
«Brutto stronzo, ti uccido.» Farfuglia con la faccia a terra.
«Se Dio ha deciso che sei morta, non puoi tornare in vita.» Glielo spiego come fa Padre Pietro con me quando non capisco qualche passaggio difficile delle Sacre Scritture. «Ora te lo faccio entrare nella testa.»
Prendo il rosario dal comodino e lo lascio pendere tra le dita. Alle mie spalle, la mia Maria, la Madre del Frutto Immacolato, geme e tossisce piano. Non preoccuparti, cara, tornerò a occuparmi di te tra un momento.
Alzo il braccio e frusto con il rosario la testa della ragazza. La croce di metallo la ferisce e si impiglia tra i capelli. La strappo via e la colpisco ancora: strilla, si dimena, ma sono inesorabile come la collera divina. Qualche goccia di sangue salta via, come una coccinella a primavera. La sgualdrina si porta una mano sulla testa insanguinata, ma gliela blocco con il piede. «Senti che il concetto ti entra in testa?» Proprio come mi dice sempre Padre Pietro. Un altro colpo e la croce di metallo si pianta nella pelle dietro l’orecchio e si stacca: in mano mi resta la collana del rosario.
Mi siedo sulla schiena della ragazza. Lei geme sotto il mio peso. «E ora vai dove Dio vuole che tu vada.» Le avvolgo il rosario intorno al collo. «All’inferno, invertita!» E tiro, prima con la mano destra e poi con la sinistra. I grani del rosario grattano sulla pelle, come piccoli denti di una sega.
La ragazza emette suoni strozzati, catarrosi. Batte con la mano destra sul pavimento. Sotto di me, si dimena, scalcia, ma io sono più pesante. Tendo il rosario ancora una volta e cede. Si è rotto? Un rumore sfiatante viene dalla gola della ragazza e il suo torace si vuota all'improvviso. Non lo sento alzarsi. Sotto di lei, una pozza di sangue si allarga scura sul pavimento fin sotto il letto. Il suono gracchiante è sparito. Anzi, non emette più suoni. Fa un paio di singhiozzi, poi si accascia. Qualche bollicina rossastra si gonfia tra il collo e il giubbotto lacerato.
«Bravo! Sia fatta la parola di Dio!» Lode a Te e così sia!

4.
Mi alzo. I capelli scuri della ragazza si allargano a raggiera intorno alla testa e galleggiano nel sangue. Sorrido.
Faccio un passo indietro per non sporcarmi i piedi. Un dolore lancinante al tallone mi fa urlare. Mi afferro un piede, in equilibrio su una gamba sola: estraggo la lente degli occhiali della morta dalla pelle dura calcagno. «Dannaz—» Mi mordo la lingua.
Chi impreca offende Dio e Dio si vendica. Questo mi dice sempre Padre Pietro.
«Non ho detto niente.» Dico al telefono. «Niente.»
Abbasso la testa in segno di scuse, spero che Dio non mi abbia sentito.
Non arriva risposta. Forse sono salvo. Niente vendetta…
Il mio piede scivola nel sangue. Faccio un saltello, mulinello le braccia, ma la forza di gravità è inesorabile. Dio ci vuole tutti a terra. Padre Pietro ha sempre ragione.
Cado all’indietro. Mi schianto al suolo di schiena, e il tonfo mi toglie il respiro e mi fa chiudere gli occhi. Con il gomito destro urto qualcosa che risponde con un crack ovattato. Spero che non si sia rovesciata la statua dell’Addolorata.
Faccio un paio di respiri e il dolore si allarga dalla schiena alla spalla destra. Riapro gli occhi con un gemito e mi metto a sedere. «La vendetta di Dio è arrivata comunque, mia Maria.» Deglutisco «Me la sono meritata.» Lode a Te e così sia.
Lei non mi risponde. C’è qualcosa di sbagliato nel suo volto. Sarà un’illusione per la luce della candele finte: perché la parte destra della faccia è incavata? L’occhio è affondato nell’orbita e lo zigomo è schiacciato. La accarezzo. Sotto la pelle, le ossa sono frastagliate, come passare le dita su un pacco di riso già aperto. La faccia è cedevole, i lineamenti asimmetrici sono franati verso l’orecchio.
Il petto non si muove.
«No. Non può essere.» Il cuore perde un battito.
Questa è la vera vendetta divina. Perché ho imprecato? Perché mi hai tolto la mia Maria, Dio? Cosa posso fare per riaverla?
Mi metto seduto e mi guardo intorno.
«Rispondimi, per favore! Cosa posso fare?»
Sono solo. Singhiozzo. Dio, perché non mi aiuti? Perché non mi lasci un segno?
Le lacrime mi rigano il volto e sanno di sangue e sale.
L’uomo devoto ringrazia Dio per aver trovato la soluzione, mi ripeteva sempre Padre Pietro. E nel momento di afflizione, la sofferenza è giovamento.
Sto soffrendo! Perché non mi arriva alcun giovamento. Di solito, mi taglio, il sangue e il dolore mi curano. Ma ora? Cosa devo tagliare?
Strabuzzo gli occhi e mi porto una mano alla bocca. Eccola, la soluzione. Ce l’avevo proprio sotto gli occhi. Era Dio che mi metteva alla prova.
Lode a te e così sia!
Prendo il pugnale dell’Addolorata, ancora macchiato del mio sangue secco.
Distolgo lo sguardo dal sesso della mia Maria e mi concentro sulla pancia. Affondo la lama sotto l’ombelico. È come tagliare gomma, molliccia e inerte. Non sanguina. Traccio un solco verticale verso il pube: i lembi sono rosati in superficie e giallastri in profondità. A metà strada la lama si spezza con un clack.
Grugnisco. Lo squarcio non è sufficiente: non ci entrano neanche due dita.
C’è una soluzione: dal seno sinistro della mia Maria estraggo la scheggia di vetro. È così affilata che mi sanguina la mano. Meglio. La sofferenza è giovamento.
Il vetro trancia la carne morbida della mia Maria e il mio sangue sporca la ferita e si raccoglie nella sua pancia. Il taglio è abbastanza largo e ci infilo una mano. Dentro è come rovistare in un acquario tiepido pieno di salsicce. L’odore acre di frattaglie mi fa venire un conato di vomito.
Gli intestini gorgogliano e sciaguattano quando li sposto con il braccio infilato fino al gomito. Con la mano, tocco qualcosa di tondo e rigido: si muove sotto le mie dita! Trattengo il respiro, e quello mi sfugge. Grugnisco e cerco più in profondità.
Eccolo!
Lo sfioro appena e quella specie di ovetto si adagia nel palmo. È caldo. Chiudo le dita, ma non stringo. Estraggo il frutto del grembo: sta in un palmo della mano e all’interno di una membrana rossastra si agita una creatura a forma di girino.
E ora?
Ora la sofferenza. È naturale.
Mi sollevo la maglia insanguinata e sudata e la incastro tra i denti. Con una mano tengo il frutto del grembo, con l’altra prendo la scheggia di vetro e la punto sul mio ventre scoperto. Chiudo gli occhi, stringo i denti e affondo.
Il dolore mi risale fino al petto e mi toglie il respiro. Gli occhi si riempiono di lacrime e la fronte si imperla di sudore. La mano mi trema, ma taglio ancora un po’.
Il sangue mi bagna le mutande e si raccoglie tra le gambe. È caldo e si appiccica alle chiappe.
Appoggio l’ovetto rosato sulla breccia. Mi solletica la pelle lacerata. Rotola e entra nella mia pancia. Si adagia dentro di me, caldo e pulsante.
I contorni della stanza sono un po’ sfocati. La ragazza con la gola squarciata si volta. La mia Maria mi posa una mano fredda sulla gamba. L’Addolorata abbassa il suo sguardo disperato su di me: sorride. Il display del cellulare si spegne.
Mi tocco la pancia insanguinata.
Sono lo spirito Santo.
Sono il Padre.
E ora sono il Figlio.
Sono Dio!
Lode a Me e così sia.



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Eugene Fitzherbert
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#2 » martedì 20 ottobre 2020, 11:17

Ah, ho scordato di annunciare i bonus!

1 - Raccontato in prima persona: è palese.
2 - Personaggio stravagante: il mio protagonista è un sacrestano minus habens autolesionista con turbe educative e ossessioni di tipo religioso. Pensa di poter comunicare con Dio tramite whatsapp...

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MatteoMantoani
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#3 » mercoledì 21 ottobre 2020, 22:24

Ciao Eugene, piacere di leggerti. Ho letto il racconto con un po’ di perplessità, specie nell’ultima parte. Il protagonista è un po’ troppo delirante per riuscire a immedesimarsi in lui, c’è molta tensione che cresce durante tutto il racconto (e scandita dai vari “lode a te”) però non viene scaricata. Avrei preferito un finale diverso in cui il protagonista fa la fine che merita. Comunque l’idea è originale, il delirio religioso che porta il personaggio alla rovina mi piace come tema. Ci sono alcune cose che non mi sono piaciute, ad esempio le poche battute di dialogo che paiono artificiose (tutto segnato sotto) e tutto lo splatter finale. Non si capisce poi da dove esca il feto, forse la donna era già incinta, però manca un elemento che lo specifichi; io sul momento ho pensato che lo stupro avesse già generato un embrione, però mettendo la cosa nel contesto ho capito che è il protagonista a vederla così, ma manca una controparte più razionale. Le scene di lotta mi hanno lasciato un pochino perplesso, specie l’uso del rosario come arma (avresti dovuto arricchirlo un pochino, magari dire che la croce stessa è una lama affilata).
Lo stile è immersivo, in generale direi ben reso, a parte qualche piccola nota cui ti rimando sotto.

Ecco il commento puntuale.

signora Santina arriccia le labbra porcine in un sorriso
Perché arriccia? Quando si sorride le labbra si stirano, più che arricciarsi

Stacca una mano dalla borsetta e la avvicina alle labbra
Alla prima lettura ho interpretato che porta la borsetta vicino alle labbra, non la mano. Riformulerei in qualcosa come: “una mano si stacca dalla borsetta e si avvicina alle labbra”. Prendi questo commento con le pinze, non so se è un problema mio.

Ha gli occhi scuri, rivolti verso l’alto
Non ci va la virgola

E chi te l’ha dato questo numero?
Riformulerei in “e chi te l’ha dato il suo numero?”. Non ci sta “questo”, perché il numero non è mai stato citato prima.

i suoi denti macchiati di rossetto brillano
Ma se sono macchiati come fanno a brillare? Capisco cosa intendi, però forse è meglio riformulare un attimo questa immagine.

Lo schianto in strada fa tremare pavimento sotto le ginocchia.
Piccolo refuso: manca “il” prima di “pavimento”

una scheggia di vetro è infilzata nel seno di sinistra
Da dove arriva il vetro? Si sono schiantati in una finestra?

La voce di Dio che cita la parola di Dio
Dove avrebbe citato la parola di Dio? L’espressione usata dalla voce non è la ripetizione di un versetto di qualcosa, dice solo “scendi su di lei”, molto generico direi.

ciuffo di peli rossicci
Capelli biondi e peli del corpo rossi?

Puntello di gomiti sul pavimento accanto al volto della ragazza e muovo il bacino e spingo.
Un po’ di refusi in questa frase: “puntello i gomiti”, una virgola prima di “muovo”

Cos’è?
Ti riferisci all’orgasmo? Il personaggio non si è mai masturbato e non sa nulla del sesso? Eppure sa come violentare una donna. Manca di coerenza.

«Ehi! Che cazzo fai alla mia ragazza!»
Il personaggio sottolinea che la donna è la sua ragazza anche più avanti. Non serve, suona un pochino irreale come battuta di dialogo, specie in un momento critico.

I grani del rosario grattano sulla pelle, come piccoli denti di una sega.
Non so se esagero, ma le collanine del rosario hanno una resistenza che fa ridere: se usate per strangolare qualcuno si dovrebbero spezzare in mille pezzi prima di riuscire nell’intento. Se è una collanina speciale, meglio specificarlo. Stessa cosa vale anche per la collanina usata a mo’ di frusta (dici che la croce si stacca, per l’appunto)

A metà strada la lama si spezza con un clack.
Una lama di metallo che si spezza mentre affonda la carne? Eviterei poi di descrivere il suono con un’onomatopea.

si raccoglie nella sua pancia
“Sulla” pancia?

il braccio infilato fino al gomito.
Infila nell’inguine l’intero avambraccio? Mi chiedo se sia anatomicamente possibile farcelo stare…

Estraggo il frutto del grembo
Da dove viene? Si tratta dell’ennesima allucinazione oppure è una gravidanza in corso?

È caldo e si appiccica alle chiappe.
Per gocciolare dall’inguine alle chiappe o viola la forza di gravità o il personaggio è orizzontale e schiena a terra, però non mi sembra così.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#4 » giovedì 22 ottobre 2020, 12:12

Ciao Mantis,
grazie per il commento dettagliato.

Il protagonista è un po’ troppo delirante per riuscire a immedesimarsi in lui

Il protagonista è un autoloesionista con gravi turbe psichiatriche che fa il sacrestano in una chiesa, quindi, sì, è ossessionato dalle sue visioni religiose. L'idea era proprio di renderlo delirante. Se non riesci a starci dentro e ti crea disagio, allora è giusto che sia così.

c’è molta tensione che cresce durante tutto il racconto (e scandita dai vari “lode a te”) però non viene scaricata

Non vedo il problema. Alfio alla fine resta in balia di sé stesso, ancora più immerso nelle sue ossessioni e sta anche morendo dissanguato, visto che si è appena squarciato la pancia.

Ci sono alcune cose che non mi sono piaciute, ad esempio le poche battute di dialogo che paiono artificiose (tutto segnato sotto) e tutto lo splatter finale.

Sui tuoi gusti personali in materia di splatter non posso intervenire, a me non piace lo zucchero filato e se qualcuno scrivesse una storia su un'abbuffata di calde nuvolette dolci, bianche rosa o celesti, credo che avrei il voltastomaco. Ma questo non entrerebbe a far parte del mio giudizio. Ma pazienza.

Non si capisce poi da dove esca il feto [...] è il protagonista a vederla così, ma manca una controparte più razionale.

La storia del feto, che tanto feto non è (è un ovuletto che sta in un palmo della mano, che contiene un girino) ma è piuttosto l'idealizzazione del concepimento che ha il povero Alfio ed è abbastanza chiaro, visto che non trova nessun riscontro anatomico (all'anatomia ci arriviamo tra un attimo, poi) è tutta una allucinazione, introdotta per altro da alcuni elementi onirici e altrettanto allucinatori: il cadavere dal collo squarciato che si gira, la ragazza morta accanto che gli mette la mano sul ginocchio, la statua che abbassa lo sguardo... Che tutto sia giunto a un finale è dettato dal dettaglio del telefonino in contatto con 'DIO' che si spegne.

signora Santina arriccia le labbra porcine in un sorriso
Perché arriccia? Quando si sorride le labbra si stirano, più che arricciarsi

Giusto! My bad!

Stacca una mano dalla borsetta e la avvicina alle labbra
Alla prima lettura ho interpretato che porta la borsetta vicino alle labbra, non la mano. Riformulerei in qualcosa come: “una mano si stacca dalla borsetta e si avvicina alle labbra”. Prendi questo commento con le pinze, non so se è un problema mio.

Ha gli occhi scuri, rivolti verso l’alto
Non ci va la virgola

Anche questo è sacrosanto.

E chi te l’ha dato questo numero?
Riformulerei in “e chi te l’ha dato il suo numero?”. Non ci sta “questo”, perché il numero non è mai stato citato prima.

Qui devo contraddirti. Tutte le DUE precedenti battute di dialogo vertono sul parlare al telefono con Dio anche via whatsapp. Quindi il Questo ci sta, proprio per sottolineare l'atteggiamento offensivo e insultante (che brutta parola) della stronza della signora Santina, che tanto santina non è!

i suoi denti macchiati di rossetto brillano
Ma se sono macchiati come fanno a brillare? Capisco cosa intendi, però forse è meglio riformulare un attimo questa immagine.

I denti macchiati di rossetto non sono RICOPERTI di rossetto. La macchia è per definizione qualcosa di piccolo che colora a chiazza qualcosa di più grande. Quindi, sì, i denti brillano perché per fortuna per la maggior parte sono bianchi, avorio, gialli, come ti pare, e per una piccola parte sono macchiati di rossetto.

Lo schianto in strada fa tremare pavimento sotto le ginocchia.
Piccolo refuso: manca “il” prima di “pavimento”

Giusto.

una scheggia di vetro è infilzata nel seno di sinistra
Da dove arriva il vetro? Si sono schiantati in una finestra?

Ottima osservazione. Errore mio che ho tagliato la descrizione della moto con il suo windshield rotto. Hai ragione: era un dettaglio che avrei dovuto conservare. Siccome so già che stai per scrivere: EH ma il parabrezza non è di vetro è di chissà quale materiale :D , il mio protagonista non può saperlo. Per lui è trasparente sta davanti a una moto, quindi è vetro.

La voce di Dio che cita la parola di Dio
Dove avrebbe citato la parola di Dio? L’espressione usata dalla voce non è la ripetizione di un versetto di qualcosa, dice solo “scendi su di lei”, molto generico direi
.
Due righe Prima del dialogo c'è questo messaggio:
Blip! “Lo Spirito Santo verrà su di lei e l’ombra dell’Altissimo la coprirà dell’ombra sua.” È una citazione biblica facilmente riconoscibile dallo stile pomposo e profetico.
Due righe più giù la VOCE di DIO dice: "Sii il mio spirito santo. Scendi su di lei" Una citazione della precedente citazione.

Cos’è?
Ti riferisci all’orgasmo? Il personaggio non si è mai masturbato e non sa nulla del sesso? Eppure sa come violentare una donna. Manca di coerenza.

No, non manca di coerenza. All'inizio dell'amplesso lui dice chiaramente: è la prima volta. E poi, l'orgasmo di una sega, per quanto appagante non è niente di paragonabile a quello di una scopata. O almeno, questa è la mia esperienza e quella di Alfio.

«Ehi! Che cazzo fai alla mia ragazza!»
Il personaggio sottolinea che la donna è la sua ragazza anche più avanti. Non serve, suona un pochino irreale come battuta di dialogo, specie in un momento critico.

Anche qui, mi spiace, ma in un momento critico in cui qualcuno sta assaltando la mia ragazza, io dico: che cazzo dici alla mia ragazza, proprio per MARCARE il territorio, definire il possesso e far capire anche perché io sto reagendo così. È psicologia spicciola.

I grani del rosario grattano sulla pelle, come piccoli denti di una sega.
Non so se esagero, ma le collanine del rosario hanno una resistenza che fa ridere: se usate per strangolare qualcuno si dovrebbero spezzare in mille pezzi prima di riuscire nell’intento. Se è una collanina speciale, meglio specificarlo. Stessa cosa vale anche per la collanina usata a mo’ di frusta (dici che la croce si stacca, per l’appunto)

Uhmm, su questo probabilmente avresti ragione. Anzi, sai cos'è? Ancora meglio. Il rosario si stacca e Alfio la fa fuori schiantandole la testa sul pavimento. C'è sangue lo stesso, non alla stessa maniera, ma va bene. Il sangue mi serve per farlo scivolare, ovviamente, se no gliela facevo soffocare! ;D

si raccoglie nella sua pancia
“Sulla” pancia?

Se estrapoli e decontestualizzi la frase, potresti avere ragione. MA: Alfio ha appena squarciato il ventre della Sua Maria, quindi la pancia è APERTA, non abbastanza da metterci dentro la mano, ancora, ma abbastanza da farci COLARE DENTRO il sangue. Ed è l'unico sangue che cola, perché la ragazza è morta e il cuore è fermo e il circolo è immobile.

il braccio infilato fino al gomito.
Infila nell’inguine l’intero avambraccio? Mi chiedo se sia anatomicamente possibile farcelo stare…

Ancora una volta: Alfio ha aperto la pancia, come se stesse facendo un cesareo con l'incisione ombelico pubica, vecchio stile insomma. Una volta aperto pelle muscoli, infila il braccio nell'addome. Ti assicuro che nell'addome ci va un intero avambraccio e la sensazione è davvero così spiacevole.

Estraggo il frutto del grembo
Da dove viene? Si tratta dell’ennesima allucinazione oppure è una gravidanza in corso?

Chiaramente, come specificato da altri dettagli successivamente, siamo nel campo del delirio allucinatorio.

È caldo e si appiccica alle chiappe.
Per gocciolare dall’inguine alle chiappe o viola la forza di gravità o il personaggio è orizzontale e schiena a terra, però non mi sembra così.

Ti do ragione sulla tua perplessità. Manca un dato: Alfio è seduto a terra. Una volta, in piena estate, vestito di bermuda e basta mi sono versato per sbaglio una lattina di cocacola sulla pancia; ero seduto a terra proprio come alfio, in questa scena, mi sono sentito friccicare le chiappe, quando la coca è scivolata tra le gambe e si è raccolta a terra, tra le gambe. Ecco da dove arriva il particolare.

Rinnovo l'apprezzamento per i tuoi commenti molto dettagliati, spero di aver fugato alcuni dubbi. Se no, pazienza.

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MatteoMantoani
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#5 » giovedì 22 ottobre 2020, 19:56

Eugene Fitzherbert ha scritto:Ciao Mantis,
grazie per il commento dettagliato.

Il protagonista è un po’ troppo delirante per riuscire a immedesimarsi in lui

Il protagonista è un autoloesionista con gravi turbe psichiatriche che fa il sacrestano in una chiesa, quindi, sì, è ossessionato dalle sue visioni religiose. L'idea era proprio di renderlo delirante. Se non riesci a starci dentro e ti crea disagio, allora è giusto che sia così.

c’è molta tensione che cresce durante tutto il racconto (e scandita dai vari “lode a te”) però non viene scaricata

Non vedo il problema. Alfio alla fine resta in balia di sé stesso, ancora più immerso nelle sue ossessioni e sta anche morendo dissanguato, visto che si è appena squarciato la pancia.

Ci sono alcune cose che non mi sono piaciute, ad esempio le poche battute di dialogo che paiono artificiose (tutto segnato sotto) e tutto lo splatter finale.

Sui tuoi gusti personali in materia di splatter non posso intervenire, a me non piace lo zucchero filato e se qualcuno scrivesse una storia su un'abbuffata di calde nuvolette dolci, bianche rosa o celesti, credo che avrei il voltastomaco. Ma questo non entrerebbe a far parte del mio giudizio. Ma pazienza.

Non si capisce poi da dove esca il feto [...] è il protagonista a vederla così, ma manca una controparte più razionale.

La storia del feto, che tanto feto non è (è un ovuletto che sta in un palmo della mano, che contiene un girino) ma è piuttosto l'idealizzazione del concepimento che ha il povero Alfio ed è abbastanza chiaro, visto che non trova nessun riscontro anatomico (all'anatomia ci arriviamo tra un attimo, poi) è tutta una allucinazione, introdotta per altro da alcuni elementi onirici e altrettanto allucinatori: il cadavere dal collo squarciato che si gira, la ragazza morta accanto che gli mette la mano sul ginocchio, la statua che abbassa lo sguardo... Che tutto sia giunto a un finale è dettato dal dettaglio del telefonino in contatto con 'DIO' che si spegne.

signora Santina arriccia le labbra porcine in un sorriso
Perché arriccia? Quando si sorride le labbra si stirano, più che arricciarsi

Giusto! My bad!

Stacca una mano dalla borsetta e la avvicina alle labbra
Alla prima lettura ho interpretato che porta la borsetta vicino alle labbra, non la mano. Riformulerei in qualcosa come: “una mano si stacca dalla borsetta e si avvicina alle labbra”. Prendi questo commento con le pinze, non so se è un problema mio.

Ha gli occhi scuri, rivolti verso l’alto
Non ci va la virgola

Anche questo è sacrosanto.

E chi te l’ha dato questo numero?
Riformulerei in “e chi te l’ha dato il suo numero?”. Non ci sta “questo”, perché il numero non è mai stato citato prima.

Qui devo contraddirti. Tutte le DUE precedenti battute di dialogo vertono sul parlare al telefono con Dio anche via whatsapp. Quindi il Questo ci sta, proprio per sottolineare l'atteggiamento offensivo e insultante (che brutta parola) della stronza della signora Santina, che tanto santina non è!

i suoi denti macchiati di rossetto brillano
Ma se sono macchiati come fanno a brillare? Capisco cosa intendi, però forse è meglio riformulare un attimo questa immagine.

I denti macchiati di rossetto non sono RICOPERTI di rossetto. La macchia è per definizione qualcosa di piccolo che colora a chiazza qualcosa di più grande. Quindi, sì, i denti brillano perché per fortuna per la maggior parte sono bianchi, avorio, gialli, come ti pare, e per una piccola parte sono macchiati di rossetto.

Lo schianto in strada fa tremare pavimento sotto le ginocchia.
Piccolo refuso: manca “il” prima di “pavimento”

Giusto.

una scheggia di vetro è infilzata nel seno di sinistra
Da dove arriva il vetro? Si sono schiantati in una finestra?

Ottima osservazione. Errore mio che ho tagliato la descrizione della moto con il suo windshield rotto. Hai ragione: era un dettaglio che avrei dovuto conservare. Siccome so già che stai per scrivere: EH ma il parabrezza non è di vetro è di chissà quale materiale :D , il mio protagonista non può saperlo. Per lui è trasparente sta davanti a una moto, quindi è vetro.

La voce di Dio che cita la parola di Dio
Dove avrebbe citato la parola di Dio? L’espressione usata dalla voce non è la ripetizione di un versetto di qualcosa, dice solo “scendi su di lei”, molto generico direi
.
Due righe Prima del dialogo c'è questo messaggio:
Blip! “Lo Spirito Santo verrà su di lei e l’ombra dell’Altissimo la coprirà dell’ombra sua.” È una citazione biblica facilmente riconoscibile dallo stile pomposo e profetico.
Due righe più giù la VOCE di DIO dice: "Sii il mio spirito santo. Scendi su di lei" Una citazione della precedente citazione.

Cos’è?
Ti riferisci all’orgasmo? Il personaggio non si è mai masturbato e non sa nulla del sesso? Eppure sa come violentare una donna. Manca di coerenza.

No, non manca di coerenza. All'inizio dell'amplesso lui dice chiaramente: è la prima volta. E poi, l'orgasmo di una sega, per quanto appagante non è niente di paragonabile a quello di una scopata. O almeno, questa è la mia esperienza e quella di Alfio.

«Ehi! Che cazzo fai alla mia ragazza!»
Il personaggio sottolinea che la donna è la sua ragazza anche più avanti. Non serve, suona un pochino irreale come battuta di dialogo, specie in un momento critico.

Anche qui, mi spiace, ma in un momento critico in cui qualcuno sta assaltando la mia ragazza, io dico: che cazzo dici alla mia ragazza, proprio per MARCARE il territorio, definire il possesso e far capire anche perché io sto reagendo così. È psicologia spicciola.

I grani del rosario grattano sulla pelle, come piccoli denti di una sega.
Non so se esagero, ma le collanine del rosario hanno una resistenza che fa ridere: se usate per strangolare qualcuno si dovrebbero spezzare in mille pezzi prima di riuscire nell’intento. Se è una collanina speciale, meglio specificarlo. Stessa cosa vale anche per la collanina usata a mo’ di frusta (dici che la croce si stacca, per l’appunto)

Uhmm, su questo probabilmente avresti ragione. Anzi, sai cos'è? Ancora meglio. Il rosario si stacca e Alfio la fa fuori schiantandole la testa sul pavimento. C'è sangue lo stesso, non alla stessa maniera, ma va bene. Il sangue mi serve per farlo scivolare, ovviamente, se no gliela facevo soffocare! ;D

si raccoglie nella sua pancia
“Sulla” pancia?

Se estrapoli e decontestualizzi la frase, potresti avere ragione. MA: Alfio ha appena squarciato il ventre della Sua Maria, quindi la pancia è APERTA, non abbastanza da metterci dentro la mano, ancora, ma abbastanza da farci COLARE DENTRO il sangue. Ed è l'unico sangue che cola, perché la ragazza è morta e il cuore è fermo e il circolo è immobile.

il braccio infilato fino al gomito.
Infila nell’inguine l’intero avambraccio? Mi chiedo se sia anatomicamente possibile farcelo stare…

Ancora una volta: Alfio ha aperto la pancia, come se stesse facendo un cesareo con l'incisione ombelico pubica, vecchio stile insomma. Una volta aperto pelle muscoli, infila il braccio nell'addome. Ti assicuro che nell'addome ci va un intero avambraccio e la sensazione è davvero così spiacevole.

Estraggo il frutto del grembo
Da dove viene? Si tratta dell’ennesima allucinazione oppure è una gravidanza in corso?

Chiaramente, come specificato da altri dettagli successivamente, siamo nel campo del delirio allucinatorio.

È caldo e si appiccica alle chiappe.
Per gocciolare dall’inguine alle chiappe o viola la forza di gravità o il personaggio è orizzontale e schiena a terra, però non mi sembra così.

Ti do ragione sulla tua perplessità. Manca un dato: Alfio è seduto a terra. Una volta, in piena estate, vestito di bermuda e basta mi sono versato per sbaglio una lattina di cocacola sulla pancia; ero seduto a terra proprio come alfio, in questa scena, mi sono sentito friccicare le chiappe, quando la coca è scivolata tra le gambe e si è raccolta a terra, tra le gambe. Ecco da dove arriva il particolare.

Rinnovo l'apprezzamento per i tuoi commenti molto dettagliati, spero di aver fugato alcuni dubbi. Se no, pazienza.


Ciao Eugene.
Sono qui per imparare, il tuo feedback sui miei commenti è più che utile per me. So di essere puntiglioso al limite della paranoia su alcune cose, il feedback che mi dai serve anche a correggere un poco il tiro.
Non voglio averti dato l'impressione di aver valutato il tuo racconto in funzione dei dettagli splatter, anzi, li ho apprezzati, nel senso che mi piacciono i dettagli crudi (ho anche letto il tuo racconto nell'Arena e anche quello mi è piaciuto molto da quel punto di vista... e sinceramente mi è piaciuto un casino di più di questo racconto). Il mio commento negativo sulla parte splatter veniva dal fatto che non avevo ben capito alcuni aspetti: da dove viene il pezzo di vetro, l'avambraccio che scompare nell'inguine, la lotta con armi non proprio azzeccate, il sangue che gocciola nella pancia (ecco, dopo che mi hai spiegato che la pancia era aperta: non era meglio dire "l'addome" piuttosto che la pancia?)
Sul discorso che mi hai fatto sul "Cos'è?" ancora non mi hai convinto, per il fatto che quando uno legge deve avere l'idea lampante di quello che vuoi esprimere, anche se per il pdv è chiaro e quindi può avere un fraseggio interiore telegrafico su una data cosa. La difficoltà sta forse proprio in questo: conciliare il pdv col lettore, che deve essere in grado di percepire tutto il mondo nello stesso modo del pdv senza doverci riflettere più di tanto. Quindi piuttosto di quel "cos'é?" avrei preferito qualcosa di più verso "Oddio come godo!" (fa schifo, ma è per farti capire cosa intendo).
Sulla trama in sé: ok, allora era voluto che il lettore detestasse il pdv, però farei un po' di attenzione perché il lettore deve anche immedesimarsi (almeno in qualcosa) nel personaggio principale, percorrere un cammino insieme a lui e sentirsi coinvolto in qualcosa. Banalmente: ne "Il Padrino" ovvio che lo spettatore non può riconoscersi in Mike, che diventa pian piano il boss malavitoso più potente della famiglia, però anche se Mike è un personaggio molto negativo ha qualcosa in cui tutti noi ci riconosciamo: la pressione dell'ambiente esterno sulle proprie scelte di vita, i rapporti conflittuali con la famiglia, il fatto che le sue scelte lo portino inesorabilmente verso il male senza possibilità di redimersi... Ti ho fatto un esempio un po' così senza pensarci, ma vedi che questa parte di immedesimazione emozionale nel tuo racconto manca del tutto. Di Alfio non possiamo veramente condividere niente, nemmeno l'idea di avvicinarci a Dio (anche se in modo deviato) perché lui si sente già vicino a Dio (gli manda i messaggi al cellulare!). Allora (sempre secondo me) questo funziona se alla fine l'odio si può scaricare, cioè se vediamo il cattivone crepare nel modo più insulso e violento dei modi. Qui è vero che Alfio muore, ma muore felice e beato (addirittura si crede Dio), ma forse se in quel cellulare ci fosse stato scritto "Brucerai all'inferno" e lui fosse sbiancato, me la sarei goduta di più.
Spero che tu possa seguire queste mie riflessioni e spero che in qualche modo tu possa trovarci qualcosa di utile. Magari si tratta solo del mio punto di vista, tieni conto che mancano ancora tutte le altre valutazioni che magari andranno a contraddirmi, siamo in tanti e spesso fare tutti contenti è impossibile.

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Davide Di Tullio
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#6 » lunedì 26 ottobre 2020, 21:22

Ciao Eugene

che dire, non male! Stilisticamente mi pare che tu abbia posto parecchia attenzione all'immersione. Qua e là ci sono sbavature di poco conto. Nel complesso però lo stilema funziona. Eviterei i corsivi, spezzano l'immersione. A tratti i primi dialoghi mi sembrano un po' ingessati (soprattutto quelli della signora), ma nella seconda parte il soliloquio risulta molto convincente. La follia del protagonista è resa molto bene, è resa bene soprattutto la sua mancanza di empatia. Il crescendo della trama e l'azione funzionano piuttosto bene. Rendi bene anche la posta in gioco, il conflitto e il punto di vista tematico.

Nel complesso una buona prova!

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Polly Russell
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#7 » mercoledì 28 ottobre 2020, 10:30

Porca mise fa che bello, Eugene!
C’è qualche sbavatura, ovviamente, qualche cosa da limare qua e là, ma è davvero un gran bel racconto, evocativo e disperato. Tutto il racconto è disperato, non solo un personaggio. I miei complimenti.
Le turbe del protagonista sono descritte in modo perfetto,e considerando che lo fai dal suo punto di vista è ancora più complicato, davvero azzeccata la frase della ragazza in fondo di vita che accenna al fatto che il telefono fosse inesistente. Ci avrei visto bene anche un nell’abuso pregresso. Una psicosi come quella che descrivi ci sarebbe calzata a pennello, magari puoi aggiungere un accenno quando ricorda che non deve toccarsi, qualcosa tipo “poteva toccarmi solo padre Pietro perché era puro” o una cazzati così, però arricchirebbe tanto il background del personaggio.
Ti sei lasciato prendere un po’ la mano dallo splatter, che voglio dire, è una cosa adorabile, ma proprio non ho capito come si sia spappolata la faccia di Desireè. Le è caduta addosso la statua? Lui?, insomma questo passaggio non l’ho capito.
Nella mia testa Desireé e già morta, o muore di lì a poco, ha gli occhi aperti, rantola ma non parla, non urla... in questo senso la vedo difficile che la sua vagina possa inumidirsi. Quindi quell’umido, lo toglierei. Insisterei invece sull’autolesionismo, mi è piaciuta tanto quella parte, avrei voluto durasse di più e fosse anche un pochino più forte. Magari sempre con un rimando al prete pedofilo (ho deciso che lo sia) che oltre che pedofilo era anche sadico. Sul personaggio stravagante boh... non è stravagante è fuso! Comunque una prova incredibile!

Tecnicamente le ostie dovrebbero appiccicarsi al palato, nonostante il mio ultimo passaggio in una chiesa risalga a qualche settimana dopo la prima comunione, ben ricordo che l’ostia non vada masticata né spezzata in bocca.
Polly

Elliott
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Re: Sia lode a Te e così sia

Messaggio#8 » mercoledì 28 ottobre 2020, 18:56

l'idea è creativa. Ho sentito un'alternanza tra realtà e fantasia dovuta alla psiche del protagonista. Non è molto chiaro cosa succede alla ragazza che "fa le veci" dell'Addolorata. Si ritrova con il cranio sfondato ma non si capisce bene cosa sia successo.
Elliott Toledo

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