L'ultima volta

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo ottobre sveleremo il tema deciso da Debora Spatola. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
Avatar utente
Fagiolo17
Messaggi: 519

L'ultima volta

Messaggio#1 » domenica 18 ottobre 2020, 14:05

L’ULTIMA VOLTA
di Luca Fagiolo


La ragazza nel video è bellissima: chioma bionda acconciata in una treccia voluminosa, occhi chiari valorizzati da un gioco di ombretti e matita, labbra carnose, mento fiero. Sorride rivolta alla camera e arrossisce.
«Ma non è una foto!» La voce è più acuta di quanto mi aspettassi.
Muove qualche passo verso l’obbiettivo. Il video si ferma, riparte da capo.
Appoggio il telefono sul comodino e scendo dal letto. Mi massaggio gli occhi con le dita, sono gonfi e infossati.
Pigio l’interruttore ma la luce non si accende. Mi hanno staccato di nuovo la corrente. Entro in bagno a tentoni e sollevo la tapparella. Piove. E poi mi chiedono perché odio l’autunno.
Alzo la tavoletta e piscio, puzza di alcol e curry, pessima accoppiata. Tiro lo sciacquone e prendo lo spazzolino dal bicchiere di plastica sul lavandino. Le setole sono logore. Schiaccio il tubetto di dentifricio ripiegato su sé stesso. Sono due giorni che è finito e continuo a spremerlo, come potrebbe essercene ancora? Non lo getto, magari domani avrò più fortuna.
Mi strofino comunque i denti e sputo un grumo giallognolo. Mi osservo allo specchio. Abbasso con l’indice la palpebra, i capillari sono arrossati, le occhiaie profonde. Non ricordavo di avere quest’aspetto. Fanculo. Mi accendo una sigaretta, l’ultima rimasta nel pacchetto mi fissa. Tra poco toccherà anche a te, non essere gelosa.
Spalanco l’anta del frigo e l’odore mi rigira lo stomaco sotto sopra. Lattuga marcia, uno yogurt scaduto da due settimane, cinese d’asporto ammuffito, una lattina di birra aperta. Si prospetta un pranzo coi fiocchi. Meglio ordinare una pizza. Digito il numero e avvio la chiamata. Mi siedo sul divano e raccolgo il portafoglio da terra, lo apro.
«Pizzeria Bella Napoli, buong–» Riaggancio.
Ho solo una banconota da cinque dollari nel portafoglio e devo comprare le sigarette. Nella vita ci sono delle priorità. Mi passo la mano tra i capelli unti. «Cazzo.» Scuoto la testa. Ho toccato il fondo o c’è ancora spazio per scavare?
Mi ero ripromesso di smettere, ma non ho altra scelta. Scorro le ultime chiamate. Sono passati tre mesi, solo tre mesi.
Al secondo squillo Leonard risponde.
«Sono dentro, ma è l’ultima volta.» Un sapore acido mi risale la gola.
Ride, e fa bene. Non sono credibile. Quante volte gli ho ripetuto questa frase?
«Solito posto.»

Sfilo la valigetta dal mobile del bagno, la appoggio sul wc e sblocco la chiusura. Mi spoglio e mi siedo nella vasca arrugginita. Sistemo lo specchio sulle ginocchia e sorrido al mio riflesso. «Sei pronto?»
Faccio ripartire il video della bionda che mi ha inviato Leonard e la esamino per bene, me la imprimo nella mente.
Afferro una siringa usa e getta dalla confezione e risucchio la morfina dalla boccetta mezza vuota. Me la inietto nell’avambraccio. Prima che inizi l’ottundimento agguanto il martello, fisso la testa incrostata. Chiudo gli occhi e me lo schianto sul naso. «Cazzo!» Colpisco ancora: gli zigomi, la fronte, la mascella. «Pofca puttana!»
Lascio cadere il martello che sbatte sul fondo della vasca con un tonfo. Mi porto le mani alla faccia, il sangue scorre tra le dita. Devo fare in fretta. Stringo il naso e lo rimpicciolisco, tiro il bordo degli occhi, rimpolpo le labbra, aguzzo il mento, modello la forma del viso. Sbatto le palpebre. Gli occhi passano da nero a marrone, poi castano e infine virano al verde. Spingo fuori i nuovi capelli dalla cute: ciocche sempre più chiare, lunghe e fitte. Con le forbici taglio via le punte nere.
Prendo a martellate anche le gambe e il petto, devo ridurre il costato e far crescere il seno.
Accendo il getto della doccia, l’acqua scivola sul mio corpo, brucia. Sfrego a fondo e il liquido arrossato scorre fino allo scarico trasportando residui di epidermide, peli e brandelli di carne.
Le ossa si stanno rinsaldando come le ho modellate, il dolore tenuto a bada dalla morfina. Scavalco il bordo della vasca e rabbrividisco. Abbraccio il mio corpo, l’ho mutato così tante volte nel corso degli anni che non so più che forma dovrebbe avere.
Con il palmo levo la condensa dallo specchio sopra al lavandino. Incurvo le labbra in un sorriso ammiccante. Che bionda sexy, sono un vero artista! Neanche sua madre si accorgerebbe dell’inganno.
Spulcio nell’armadio in camera da letto e indosso un vestito da donna e una giacca di pelle. Accendo l’ultima sigaretta, accartoccio il pacchetto ed esco di casa.

Sblocco il cellulare. Sono le 15:43.
Il cameriere mi fissa e si sistema il ciuffo dietro l’orecchio. O si è preso una cotta oppure si sta spazientendo perché non ho ancora ordinato niente. Accavallo le gambe. Arrossisce e distoglie lo sguardo: propendo per la cotta. Spengo la sigaretta e soffio una nuvola di fumo. Il mozzicone rotola vicino agli altri quattro nel posacenere. Sfoglio di nuovo il menù, ormai l’ho imparato a memoria. L’uomo di Leonard doveva essere qui alle 15 e io odio aspettare.
Piove a dirotto. Sulla vetrata rimbalzano grossi goccioloni. La strada è poco trafficata. Una coppia attraversa la carreggiata sotto un ombrello formato famiglia. L’uomo cinge la vita della donna impegnata a proteggersi con il bavero del giaccone i capelli freschi di piega.
«Posso sedermi?»
Un tizio sulla quarantina, barba e sopracciglia folte, sposta la sedia di fronte alla mia e si accomoda. Apre l’impermeabile e mi mostra il distintivo. Non lo conosco, deve essere stato trasferito da poco al dipartimento.
«Fai pure.»
Si ritrae quando sente la mia voce. Mi dispiace ma questo corpo mozzafiato non è mio.
«Sei in ritardo.» Sussurro. «Stavo per andarmene.»
«Ma non lo hai fatto.»
Spinge una grossa sacca vicino ai miei piedi.
«Dovrebbe esserci tutto il necessario.»
«Ordinate qualcosa?» Il cameriere si è avvicinato al tavolo. Mi divora con gli occhi, che seccatura.
«Una birra scura.» Rispondo in falsetto. «E il mio amico prende…»
«Per me niente. Spiacente, ma sono di fretta.» Tira fuori una banconota da dieci dollari dalla tasca dei pantaloni e la infila sotto al posacenere. «È stato un piacere conoscerti.»
Si alza, fa un cenno con la testa al cameriere ed esce dal bar. Il campanello della porta trilla. Una monovolume si ferma davanti al locale, l’agente sale nel lato passeggero e sparisce nella pioggia.
Il ragazzo è ancora imbalsamato davanti al mio tavolino con la comanda e la penna in mano. Cosa stai aspettando?
«Portami la birra.» Non camuffo la voce ed è sufficiente per farlo allontanare con un un’espressione disgustata in viso.

Butto giù una lunga sorsata e rovisto dentro al borsone. Ci sono dei trucchi e un vestito da sera color ottanio, una busta, un pacchetto di Winston Blue, le mie preferite, e una mazzetta da cento dollari. Prendo la busta, infilo il mignolo nell’angolo e strappo il lato corto. La lettera reca poche informazioni: un indirizzo, un orario e la frase “pensa a divertirti, signorina Sonia Drake”.
Digito l’indirizzo sul cellulare e scorro le immagini di una villa sontuosa. Tre piani di marmo bianco, colonnato all’ingresso, piscina. «Cazzo, che lusso.»
Deve essere uno di quei posti dove la gente che conta va a festeggiare. Chissà come reagirebbero gli invitati se sapessero che un mutato cammina in mezzo a loro.
Googlo anche il nome. Sonia Drake: attrice di soap opera non troppo famosa, senza scandali alle spalle. Più che sufficiente per rubarle l’identità.

Tiro l’ultima boccata dalla Winston e scendo dal Taxi. I flash mi abbagliano.
Sfoggio un sorriso sensuale e saluto con la mano verso le macchine fotografiche. Sculetto disinvolto sui tacchi comminando lungo il vialetto. La piscina all’entrata è illuminata da luci sommergibili oro e argento, ma nessuno fa il bagno, sarebbe troppo dozzinale.
Un cameriere mi passa a fianco con un vassoio pieno di calici. Ne prendo uno ringraziandolo con un cenno e ne ingollo una sorsata. Champagne. Non mi fa impazzire, ma questo non mi impedirà di berne fino a ubriacarmi.
Qualcuno mi urta, allontano il bicchiere giusto in tempo per non rovesciarmelo sul vestito. Una sciacquetta si porta la mano alla bocca. «Scusami...» Barcolla fino a un banano e vomita. In fin dei conti non c’è molta differenza tra le feste dei ricchi e quelle dei poveracci.
Mi piacerebbe sapere perché sono qui. Leonard è stato molto criptico a riguardo. Non che mi dispiaccia l’idea di godermi la festa, ma deve esserci un motivo se mi ha fatto indossare proprio l’aspetto di Sonia Drake.
Supero la porta d’ingresso.
Un vecchio seduto su un divanetto si gode un drink e mi guarda passare. Occhiale scuro, completo gessato e una ragazza che gli si arrampica sul fianco che potrebbe essere sua nipote. La mano della donna sale e scende lungo la coscia dell’uomo. Avranno almeno la decenza di appartarsi quando sarà il momento di scopare?
Le pareti sono piene di quadri, ma sono più interessato al tavolo del buffet. Ostriche, crostini ricoperti di paté, pesce fresco, verdure intagliate, frutta inondata di cioccolato fuso. Lo stomaco brontola. Allungo la mano verso un gamberetto inzuppato di salsa cocktail e me lo faccio scivolare in bocca. Squisito. Quando mi ricapitano delle prelibatezze del genere?
«Sonia, tesoro!»
Un uomo con un completo nero decorato con enormi cuori rossi mi saluta dalla cima della scalinata. Dovrei conoscerlo? Porta occhiali rotondi che lo fanno assomigliare ad un moscone, sottili baffetti e una scodella di capelli biondo platino. Si fa strada tra la folla di invitati, i suoi mocassini a punta si fermano a pochi passi da me. Mi prende la mano e se la porta alle labbra. Sul polso sottile come un ramoscello sfoggia un orologio pieno di pietre preziose.
«Incantato da tanta bellezza.» Mi bacia il dorso. «Sono felice tu abbia accettato il mio invito, sono un tuo grande ammiratore. Oh, che maleducato. Kevin O’Brian, per servirti.»
«Piacere.» mormoro.
Mi guarda sbigottito.
«Scusa la mia voce, una brutta infiammazione alle corde vocali. Mi sto ancora riprendendo.»
«Oh cara, ma che disdetta.» Si porta la mano al petto. «Credo che la soluzione migliore sia berci su!»
Schiocca le dita rivolto a uno dei domestici armato di vassoio. Mi toglie il calice vuoto di mano e lo sostituisce con uno pieno. Infila il braccio nell’incavo del mio gomito e ammicca. «Vieni, voglio presentarti alle persone che contano.»

«È stata una serata meravigliosa, Sonia.»
Kevin si è dimostrato educato e rispettoso nonostante il suo aspetto così stravagante. Non ha mai allungato le mani: è stato un vero gentiluomo. Ho riso come non facevo da anni, la testa leggera, le preoccupazioni volatilizzate. Se tutti i lavori fossero così mi farei riassumere in pianta stabile.
Mi appoggio alla balaustra della terrazza e osservo dall’alto le luci della piscina, gli invitati che ridono, la musica soffusa.
Kevin passa il braccio intorno alla mia vita. «Vorrei non finisse…» Mi stringe a sé e mi guarda negli occhi.
«Le cose belle devono finire, altrimenti non potremmo apprezzarle a dovere.» Roteo il bicchiere e il liquido ambrato danza nella coppa. Quanti ne ho bevuti?
«E se potessero durare in eterno?»
«Cosa intendi, Kevin?»
Apre le braccia e indica la festa sotto di noi. «Se tutto questo non finisse mai ti piacerebbe condividerlo con me?»
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi ramati e un sorriso mesto rovina i bei lineamenti che ho rubato a Sonia. Chissà se lei ha mai dovuto assumere questa espressione scoraggiata. Una donna così bella avrà ottenuto tutto quello che voleva dalla vita.
Kevin stringe la mia mano tra le sue.
«Dal primo momento in cui ti ho vista mi hai stregato e ora che ti ho conosciuta non posso fare a meno di te. Ti voglio, Sonia.»
Se non avessi avuto questo aspetto non credo mi avresti mai rivolto nemmeno la parola.
«Non si può.» La voce esce in un bisbiglio. È solo un lavoro, non complichiamo la faccenda più del dovuto.
Kevin mi tira a sé. «Io… io credo di amarti.»
Mi ritrovo stretto nel suo abbraccio. Le sue labbra si appoggiano sulle mie, la lingua spinge per entrare. Chiudo gli occhi, ma non ho il tempo di gustarmi il bacio. Si ritrae disgustato e si pulisce con il dorso della mano.
«Perché sai di fumo?»
«Perché… perché io fumo. Qualche sigaretta ogni tanto. Niente di cui angosciarsi.»
I suoi occhi si riempiono di odio. Che cosa ho sbagliato?
«Sonia non fumerebbe mai.»
Indietreggio di un passo.
«Suo padre è morto di cancro ai polmoni, lo ripete in ogni intervista.»
Mi strattona per il polso e me lo torce. «Chi cazzo sei?»
Il bicchiere cade sulla terrazza ed esplode in frantumi.
«Mi fai male!»
«È quello che voglio.»
Mi sbatte con la schiena contro la balaustra e spinge. Mi solleva da terra, perdo aderenza con i piedi. Rimango con il busto in bilico su un volo di tre piani. Una donna di sotto grida.
«Mi avevi quasi fatto fesso, siete due gocce d’acqua.» Mi trattiene per l’abito. «Sei una fottuta mutata, vero?»
Il rumore della stoffa che si lacera mi strappa uno strillo.
«Chi ti manda? Hernandez? O quel figlio di puttana di Pilgrim?»
Mi aggrappo ai suoi polsi.
«Non so di chi tu stia parlando! Ti prego–»
Mi schiaffeggia. Con la coda dell’occhio scorgo alcuni invitati che mi additano. Uno è al telefono, spero stia chiamando la polizia.
«Parla!» Mi sputa in faccia, il fiato gli puzza d’alcool. È inutile cercare di farlo ragionare, non mi crederà mai.
Ho una sola via d’uscita.
Rannicchio le gambe e mi puntello al suo petto. Spingo più forte che posso. Kevin non se lo aspetta, molla la presa e cado al di là della balaustra. Si sporge con la bocca spalancata. Muove le braccia nell’aria cercando di afferrarmi, apre e chiude il pugno.
Precipito per un istante infinito, poi mi schianto al suolo.

Apro gli occhi. Mi fa male dappertutto. Voglio la mia morfina.
Una faccia grassa e sudata mi ondeggia davanti. Sporgo la testa di lato: sulla terrazza non c’è traccia di Kevin, non ho molto tempo. Memorizzo i lineamenti del grassone.
Riparo con un tocco le ossa delle caviglie frantumate, la tibia destra, il ginocchio. Risistemo la spalla nel suo alloggiamento e buona parte del dolore si quieta. L’uomo mi aiuta a rimettermi in piedi. Mi guarda sbalordito. Lo spingo via e mi allontano.
«Aspetta, hai bisogno di un dottore!»
Zoppico finché le ossa non si rinsaldano del tutto. Gli altri invitati mi fissano. Percorro il resto del vialetto a passo svelto, supero il cancello e mi rannicchio tra le auto parcheggiate. Tolgo l’abito insanguinato e mi modello la vita, faccio crescere pancia e fianchi. Riporto alla mente la faccia del grassone e mi modifico i connotati, addio Sonia.
All’entrata della villa si è formato un capannello. Stanno cercando una ragazza magra e spigolosa, il più è fatto, devo solo trovare qualcosa da buttarmi addosso.

Chiudo la porta di casa e mi lascio cadere sul divano. La vestaglia troppo stretta che mi sono procurato si allarga sulla pancia irsuta.
Accendo il telefono. Ho il 3% di batteria, dovrebbe bastare.
Al terzo squillo Leonard risponde. «Pronto?»
«In che cazzo di guaio mi hai cacciato stavolta!» Urlo come se servisse a qualcosa.
«Calmati.»
«Come faccio a calmarmi? Quel pazzo di O’Brian mi ha praticamente buttato giù dal terzo piano.» Con la manica della vestaglia mi asciugo alcune gocce di sudore dalla fronte.
«È ossessionato da quella cazzo di attricetta bionda. Potevo rimanerci secco!»
«Hai svolto il tuo compito alla perfezione.»
«Ah sì?» Mi strizzo le guance grassocce. «Ma se non ho fatto altro che parlarci per ore.»
«Lo hai tenuto impegnato quanto bastava.»
Mi alzo di scatto dal divano. «Ero un diversivo?»
«Cosa ti aspettavi? Ti ho pagato profumatamente per distrarlo.»
Un tonfo lungo le scale mi fa sobbalzare. Mi avvicino alla porta e appoggio l’orecchio: dei passi pesanti.
«Sono qui! Merda, sono qui! Leonard, devi aiutarmi, mi hanno seguito!»
Infilo il telefono in tasca, non sono neppure sicuro di aver chiuso la chiamata. Corro in cucina, apro il cassetto del mobile e rovisto tra le posate. Tiro fuori un coltello da macellaio e mi rannicchio nell’angolo, con la schiena appoggiata al frigorifero. Dalle imposte filtra la luce dei lampioni.
Rimango immobile, in ascolto. Nessun rumore. Forse mi sono preoccupato per nu–
Una spallata sfonda la porta di casa.
«So che sei qui, lurida mutata.» Kevin abbassa la voce. «Controlla di là, io guardo in camera da letto.»
Dei passi strascicati si avvicinano. Un’ombra enorme entra in cucina e si guarda intorno. Tira su col naso. «La sento, capo.»
Una specie di proboscide si insinua sugli scaffali, annusa il tavolo e punta nella mia direzione. Ci mancava solo un altro mutato.
Mi scaglio su di lui col coltello proteso in avanti. Urto contro una sedia sbattendola a terra.
L’energumeno scansa il mio attacco. Meno un fendente, ma sono troppo distante. Mi avvicino di un passo e provo un affondo. Blocca il mio braccio con la mano enorme prima che la lama lo raggiunga. Mi colpisce allo stomaco e ai reni con due rapidi pugni. Mi piego per il dolore, in bocca sapore di ferro. Strattono il braccio per liberarmi dalla presa, ma non si muove di un centimetro. Mi rifila un manrovescio che mi sposta la mascella, vedo tutto nero.
Sbatto le palpebre per rimetterlo a fuoco. La proboscide gli deforma il viso in un ghigno mostruoso, ha le orecchie penzolanti, gli occhi stretti. Mi colpisce di nuovo e le gambe cedono. Mi solleva per il polso, come se fossi una carcassa appesa a un gancio. Stringo i denti e lo colpisco con una ginocchiata in mezzo alle gambe. Lo scagnozzo butta fuori l’aria e si copre i testicoli con entrambe le mani. Affondo la lama nel fianco e squarcio fino all’ombelico. Il sangue mi schizza addosso. Spingo il corpo a terra. Il manico del coltello ondeggia nel suo addome, la proboscide freme e gorgoglia.
Un frastuono improvviso, poi il dolore.
Mi porto le mani al petto. Kevin mi fissa, dall’automatica esce un filo di fumo.
«Muori, scherzo della natura.»
Ho la bocca piena di sangue, un rivolo mi scende dalle labbra. Cado in avanti sul linoleum. Una chiazza vermiglia si spande sotto al mio corpo.
I passi risuonano nel silenzio della cucina. Con il piede mi volta a faccia in su.
«Ti sei messa contro l’uomo sbagliato.» Mi appoggia la pistola sulla fronte.
«Fermo, O’Brian!» La voce di Leonard!
Kevin alza lo sguardo verso l’ingresso. Uno sparo e il suo corpo viene sbalzato a terra.
Leonard mi supera e si avventa su di lui, lo colpisce al volto una, due, tre volte.
Si sistema il ponticello degli occhiali con l’indice e riprende fiato. Solleva il corpo di O'Brian, le mani già bloccate dietro la schiena dalle manette, la spalla destra ferita. Dal naso spaccato colano moccio e sangue.
«Abbiamo abbastanza sul tuo conto per sbatterti dietro le sbarre a vita.» Leonard lo spinge verso un altro agente appena sopraggiunto. «Portalo via, Jenkins.»
La porta di casa sbatte.
Leonard appoggia un ginocchio a terra e mi sorride.
«Tirati su, Doppelgänger. Una pallottola non basta per metterti al tappeto.»
Mi sollevo sui gomiti e scuoto la testa. La stanza gira come dopo una sbornia. Dal mio petto il proiettile salta fuori con un risucchio. Lo agguanto al volo. La ferita si richiude, rimane solo un piccolo foro nella vestaglia imbrattata di sangue.
«Non usare quello stupido nome in codice, non sono un supereroe in calzamaglia.»
Leonard mi porge la mano. Lascio cadere il proiettile che tintinna sul pavimento e gliela stringo. Mi aiuta ad alzarmi e mi sorregge. Ho perso molto sangue.
«Non voglio più avere nulla a che fare con il dipartimento. Questa era l’ultima volta.»
«L’ultima fino alla prossima, Kurt.»
Dalla tasca interna della giacca tira fuori un pacchetto di Winston Blue, me ne passa una e la accende con un fiammifero. «Manderò qualcuno a sistemare questo disastro. Perché non passi qualche giorno fuori città? Ti farebbe bene.»
«Mi farebbe bene smettere con questa merda.» Indico la sigaretta e aspiro una rassicurante boccata di fumo. «Il vizio mi ucciderà prima o poi.»



Avatar utente
Fagiolo17
Messaggi: 519

Re: L'ultima volta

Messaggio#2 » domenica 18 ottobre 2020, 14:09

Punto ad entrambi i Bonus:

-Personaggio stravagante: Kevin ha un aspetto molto stravagante (per quanto anche il protagonista non sia strettamente nella norma).
-Narrazione in prima persona: tutto il racconto è gestito in prima persona.

Avatar utente
maurizio.ferrero
Messaggi: 529

Re: L'ultima volta

Messaggio#3 » venerdì 23 ottobre 2020, 9:14

Ciao Luca, piacere di leggerti anche qui.

Il tuo racconto mi è piaciuto molto. Ho sempre trovato affascinante il concept del "supereroe senza costume", e ho adorato il modo in cui il protagonista deve servirsi del suo potere. La scena in cui si prende a martellate per trasformarsi ha quel gusto splatter che mi piace.
Gusti personali a parte, ho trovato la tua storia molto ben scritta. Le descrizioni sono brevi, concise e immediate. Ottima scrittura trasparente.
A livello di trama buona risoluzione degli eventi, anche se ho trovato un po' deprimente che il protagonista venga utilizzato come mero diversivo. Con quello che sa fare potrebbe essere sfruttato in maniera molto più efficace, ma penso che sia anche questo il senso della storia: un povero Cristo in grado di fare cose straordinarie, ma che conduce una vita di merda.
Tema e bonus sono presi.

A presto!

Avatar utente
Pretorian
Messaggi: 727

Re: L'ultima volta

Messaggio#4 » venerdì 23 ottobre 2020, 22:22

Ciao, Luca e piacere di leggerti.
Il racconto è interessante ed è molto ben scritto. L'idea del mutante in grado di cambiare aspetto non è nuovissima, ma il fatto che descrivi il dolore della metamorfosi, legandolo, tra l'altro, al doversi infliggere danni fisici, è estremamente interessante. Ho apprezzato soprattutto la scena in cui il protagonista e O'Braian parlano sulla veranda, per il modo malinconico con cui hai saputo rendere il tutto, legando verità e finzione in modo eccellente. Sulla narrazione, niente da dire: in alcuni punti ti sei avvicinato molto al tell, ma hai saputo mantenerti nel complesso in un buon equilibrio. Se posso farti due appunti, direi che la scena del bar, così com'è, fornisce ben poco alla vicenda e sarebbe eliminabile quasi in blocco. Inoltre, per chi ha visto The Boys, il nome Doppenganger legato a un personaggio in grado di cambiare aspetto suona fin troppo scontato.
Dettagli per un racconto eccellente.

Alla prossima!

Avatar utente
Eugene Fitzherbert
Messaggi: 486

Re: L'ultima volta

Messaggio#5 » lunedì 26 ottobre 2020, 11:12

Ciao, Luca,
ben trovato.
Bel racconto davvero. Scritto bene, con un buon uso dei dettagli. Forse per rendere ancora migliore lo svolgimento della trama, avresti dovuto calcare un po' la paranoia di O'Brian, in modo da giustificare il suo comportamento alla festa. Sulla scena del bar, ti hanno fatto già notare che forse è un po' ridondante, visto che non aggiunge niente al personaggio: ci dà solo le informazioni sul fatto che collabori con la polizia; niente che non possa essere messo in un flusso di informazioni prima o dopo.
Sulla trasformazione dolorosa, è bella, ben resa, e mi ha ricordato un Lupo mannaro Americano a Londra, dell'imperituro John Landis. Well Done!
Il finale è una normale evoluzione della storia, anche se resta in ombra il motivo delle malefatte di O'Brian, cose che magari che ci avrebbero reso meglio la dimensione del villain di turno.
Ma d'altronde se non frega un cazzo a Kurt, perché dovrebbe fregare a noi?
Alla prossima!

Avatar utente
Giacomo Puca
Messaggi: 257

Re: L'ultima volta

Messaggio#6 » martedì 27 ottobre 2020, 22:30

Ehilà Fagiolo, bentornato nella mia rubrica "Giacomo commenta Fagiolo" XD

Tema
Il tema c'è ma forse si poteva fare un po' di più per legare l'elemento bellezza a quello disperazione.

Stile
Decisamente buono, chiaro, coinvolgente. Ci sono dei passaggi migliorabili, ne commento alcuni:

-Kevin si è dimostrato educato e rispettoso nonostante il suo aspetto così stravagante. Non ha mai allungato le mani: è stato un vero gentiluomo. Ho riso come non facevo da anni, la testa leggera, le preoccupazioni volatilizzate. Se tutti i lavori fossero così mi farei riassumere in pianta stabile.
Questo è l'esatto identico "errore" che ti feci notare in "pranzo coi vicini". Il tell riassuntivo. Lì ci poteva pure stare per i pochi caratteri, ma qui è più fastidioso. Forse sarebbe stato meglio introdurre una breve scena in cui mostri i savoir faire di Kevin piuttosto che farci un riassuntino.

Precipito per un istante infinito, poi mi schianto al suolo.
Qui è come se tu fossi uscito dal personaggio e anche dalla sua scansione del tempo. Se hai optato per una focalizzazione strettissima anche quando cadi devi descrivere le sensazioni e ciò che vedi: il parapetto che rimpicciolisce velocissimo, tutto sfocato, l'aria fredda che si infila nel vestito, la sensazione di quando ho fatto paracadutismo...

Anche lo schianto e il dolore sono scialbi. So bene che non c'è nulla di più difficile di trasmettere una sensazione fisica al lettore, ma se ci riesci (e ci sei riuscito abbastanza bene nella scena della vasca) il lettore ti amerà.
Come potresti descrivere l'impatto? Forse con delle metafore, e prendendo a piene mani dalle esperienze del tuo pdv. Hai tra l'altro la fortuna di avere un pdv sovrannaturale, per cui il fatto che sia in grado di descrivere l'impatto non è neanche troppo forzato.
Es:
Il mio schianto fa il suono di una frustata, il rumore secco di cavi d'acciaio spessi un braccio spezzati da un transatlantico in balia delle onde. Il sangue nelle vene schizza alle estremità, mi sento come una bistecca calda sbattuta su un piano di marmo gelido. Apro gli occhi, a ogni battito il dolore viaggia come un'onda. La parte posteriore nel cranio non è più rotonda, è spianata, perfettamente aderente al suolo. È come se ogni centimetro del mio corpo fosse un livido.
Ora, chiariamoci, sono cose che ho buttato così, però è per dare l'idea. Non dire che hai dolore, fai provare il dolore al tuo lettore.
Oppure fai il furbo: il personaggio sviene e non descrive nulla. Facile ma mediocre.

Anche quando parli di ossa che si saldano, sarebbe carino descrivere le sensazioni fisiche: cosa si sente quando le ossa si saldano?
Le ossa che si saldano, è come se avessero un'erezione. Lembi spugnosi che si gonfiano di sangue e linfa, si allungano l'uno verso l'altra come le corna di una lumaca. Si toccano, le strutture spugnose si intrecciano, si intersecano. Io sento le vene che vascolarizzano le cavità, sento l'osso fresco diventare secco come un ramo verde lasciato al sole.
Stesso discorso di prima, giusto idee buttate lì.

Infilo il telefono in tasca, non sono neppure sicuro di aver chiuso la chiamata.
Frase infelice:
-Prima di tutto è innaturale preoccuparsi di aver chiuso il telefono se potenziali assassini ti stanno entrando in casa. Nella realtà ti scorderesti pure di averlo un telefono.
-Come se non bastasse è un quasi-spoiler: stai apertamente dicendo al lettore di fare attenzione al fatto che la chiamata è rimasta attiva e che quindi qualcuno potrebbe andare a salvarlo.
Avresti potuto realisticamente far mettere al pdv il cellulare in tasca, mandare avanti la scena e, nel momento in cui Kevin lo gira pancia in su, fai sentire il suono del cellulare che si spegne perché scarico. A quel punto entrano i poliziotti e non devi neanche stare a specificare come sapevano dell'aggressione, perché il lettore ci arriva da solo.

Trama
Punto un po' più debole. La storia è interessante ma è un po' slegata, un po' troppo dominata dal caso.
Abbiamo questo muta-forma che lavora per gli sbirri e viene fatto infiltrare in un party di ricchi. Non viene detto cosa deve fare, ma scopre in seguito che avrebbe dovuto solo distrarre Kevin. Innanzitutto è strano che si organizzi una simile operazione senza dare all'infiltrato un compito.
Nel finale, Kevin rintraccia il muta-forma per ucciderlo ma il suo collegamento alla polizia lo salva. Non scopriamo perché Kevin andasse distratto, né i suoi crimini. Ma soprattutto Kevin viene catturato per caso, giusto perché il pdv sta al telefono quando Kevin va da lui, altrimenti pdv sarebbe morto.
Manca secondo me un filo che unisca il tutto, qualcosa che dia un senso alla vicenda, anche solo percepito e non espresso a parole.



Valutazione finale

Buona prova, come sempre ben scritta. Qualche difettuccio qui e là. La scena della vasca e il meccanismo della trasformazione è veramente interessante e originale. Bravo.
Avrei posto più attenzioni al tema: avevi un uomo nel corpo di una donna bellissima, avresti avuto vagonate di occasioni per dirci la tua riguardo il legame tra bellezza e disperazione (pensa di poter stare nel corpo di una velina, penseresti che è una vita facile ma potresti scoprire cosa significa dover frequentare certi ambienti).

A rileggerci!
Giacomo.
In narrativa non esistono regole, ma se le rispetti è meglio.

Avatar utente
Fagiolo17
Messaggi: 519

Re: L'ultima volta

Messaggio#7 » mercoledì 28 ottobre 2020, 11:01

Giacomo Puca ha scritto:Ehilà Fagiolo, bentornato nella mia rubrica "Giacomo commenta Fagiolo" XD

Tema
Il tema c'è ma forse si poteva fare un po' di più per legare l'elemento bellezza a quello disperazione.

Stile
Decisamente buono, chiaro, coinvolgente. Ci sono dei passaggi migliorabili, ne commento alcuni:

-Kevin si è dimostrato educato e rispettoso nonostante il suo aspetto così stravagante. Non ha mai allungato le mani: è stato un vero gentiluomo. Ho riso come non facevo da anni, la testa leggera, le preoccupazioni volatilizzate. Se tutti i lavori fossero così mi farei riassumere in pianta stabile.
Questo è l'esatto identico "errore" che ti feci notare in "pranzo coi vicini". Il tell riassuntivo. Lì ci poteva pure stare per i pochi caratteri, ma qui è più fastidioso. Forse sarebbe stato meglio introdurre una breve scena in cui mostri i savoir faire di Kevin piuttosto che farci un riassuntino.

Precipito per un istante infinito, poi mi schianto al suolo.
Qui è come se tu fossi uscito dal personaggio e anche dalla sua scansione del tempo. Se hai optato per una focalizzazione strettissima anche quando cadi devi descrivere le sensazioni e ciò che vedi: il parapetto che rimpicciolisce velocissimo, tutto sfocato, l'aria fredda che si infila nel vestito, la sensazione di quando ho fatto paracadutismo...

Anche lo schianto e il dolore sono scialbi. So bene che non c'è nulla di più difficile di trasmettere una sensazione fisica al lettore, ma se ci riesci (e ci sei riuscito abbastanza bene nella scena della vasca) il lettore ti amerà.
Come potresti descrivere l'impatto? Forse con delle metafore, e prendendo a piene mani dalle esperienze del tuo pdv. Hai tra l'altro la fortuna di avere un pdv sovrannaturale, per cui il fatto che sia in grado di descrivere l'impatto non è neanche troppo forzato.
Es:
Il mio schianto fa il suono di una frustata, il rumore secco di cavi d'acciaio spessi un braccio spezzati da un transatlantico in balia delle onde. Il sangue nelle vene schizza alle estremità, mi sento come una bistecca calda sbattuta su un piano di marmo gelido. Apro gli occhi, a ogni battito il dolore viaggia come un'onda. La parte posteriore nel cranio non è più rotonda, è spianata, perfettamente aderente al suolo. È come se ogni centimetro del mio corpo fosse un livido.
Ora, chiariamoci, sono cose che ho buttato così, però è per dare l'idea. Non dire che hai dolore, fai provare il dolore al tuo lettore.
Oppure fai il furbo: il personaggio sviene e non descrive nulla. Facile ma mediocre.

Anche quando parli di ossa che si saldano, sarebbe carino descrivere le sensazioni fisiche: cosa si sente quando le ossa si saldano?
Le ossa che si saldano, è come se avessero un'erezione. Lembi spugnosi che si gonfiano di sangue e linfa, si allungano l'uno verso l'altra come le corna di una lumaca. Si toccano, le strutture spugnose si intrecciano, si intersecano. Io sento le vene che vascolarizzano le cavità, sento l'osso fresco diventare secco come un ramo verde lasciato al sole.
Stesso discorso di prima, giusto idee buttate lì.

Infilo il telefono in tasca, non sono neppure sicuro di aver chiuso la chiamata.
Frase infelice:
-Prima di tutto è innaturale preoccuparsi di aver chiuso il telefono se potenziali assassini ti stanno entrando in casa. Nella realtà ti scorderesti pure di averlo un telefono.
-Come se non bastasse è un quasi-spoiler: stai apertamente dicendo al lettore di fare attenzione al fatto che la chiamata è rimasta attiva e che quindi qualcuno potrebbe andare a salvarlo.
Avresti potuto realisticamente far mettere al pdv il cellulare in tasca, mandare avanti la scena e, nel momento in cui Kevin lo gira pancia in su, fai sentire il suono del cellulare che si spegne perché scarico. A quel punto entrano i poliziotti e non devi neanche stare a specificare come sapevano dell'aggressione, perché il lettore ci arriva da solo.

Trama
Punto un po' più debole. La storia è interessante ma è un po' slegata, un po' troppo dominata dal caso.
Abbiamo questo muta-forma che lavora per gli sbirri e viene fatto infiltrare in un party di ricchi. Non viene detto cosa deve fare, ma scopre in seguito che avrebbe dovuto solo distrarre Kevin. Innanzitutto è strano che si organizzi una simile operazione senza dare all'infiltrato un compito.
Nel finale, Kevin rintraccia il muta-forma per ucciderlo ma il suo collegamento alla polizia lo salva. Non scopriamo perché Kevin andasse distratto, né i suoi crimini. Ma soprattutto Kevin viene catturato per caso, giusto perché il pdv sta al telefono quando Kevin va da lui, altrimenti pdv sarebbe morto.
Manca secondo me un filo che unisca il tutto, qualcosa che dia un senso alla vicenda, anche solo percepito e non espresso a parole.



Valutazione finale

Buona prova, come sempre ben scritta. Qualche difettuccio qui e là. La scena della vasca e il meccanismo della trasformazione è veramente interessante e originale. Bravo.
Avrei posto più attenzioni al tema: avevi un uomo nel corpo di una donna bellissima, avresti avuto vagonate di occasioni per dirci la tua riguardo il legame tra bellezza e disperazione (pensa di poter stare nel corpo di una velina, penseresti che è una vita facile ma potresti scoprire cosa significa dover frequentare certi ambienti).

A rileggerci!
Giacomo.


Ciao Giacomo! Rieccoci al nostro "solito" confronto XD
Come sempre ti ringrazio per il commento approfondito e puntuale e per i consigli assolutamente fantastici! Se l'avessimo scritto in due sarebbe uscita na bomba!
Visto che mi sono piaciuti questo personaggio e la sua storia cercherò di sistemare il racconto con più spazio e tempo a disposizione e sfrutterò sicuramente i tuoi spunti!
Grazie ancora!

Torna a “La Sfida ad Avvento”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti