Geremia

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Ilariya_
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Geremia

Messaggio#1 » lunedì 19 ottobre 2020, 23:34

Geremia

di Ilaria Masini

Da quando in città era rimasto un solo bar, il paese appariva ancora più desolato e deserto di prima.
Sempre più ragazzi si organizzavano per dirigersi in auto verso la città e passare lì le loro serate, mentre famiglie, anziani e minorenni restavano in zona a fare la spola tra la fine del corso e la piazzetta principale.
Non che questo dispiacesse al signor Geremia, proprietario dell’unico locale dal nome esotico di “Notorius”. I suoi clienti erano diventati talmente tanti da potergli permettere di prendere in affitto l’intero piano terra dello stabile grande, quello chiuso da anni che dava sulla piazza centrale.
Per accontentare un po’ tutti, e a tutte le ore, la proposta del bar era quella classica: cornetti, cappuccini, gelati confezionati, panini al prosciutto, toast. In estate c’era la granita al caffè e da poco anche il caffè shakerato alla nocciola, vera novità dell’anno. Alcuni dicevano però che il reale cambiamento lo avesse portato Carmela, la cameriera neo-assunta che serviva ai tavoli da qualche settimana. Giravano voci che avesse una storia con il signor Geremia, voci che era difficile confermare: lui era sempre così serio e posato, lei timida e poco incline alla chiacchiera.
Una sera di fine agosto una coppia di clienti aveva visto Carmela tornare a casa con un ragazzo.
“Sai chi è?” Indagava il proprietario del locale.
“Aveva un'Alfa bianca, capelli neri, occhi scuri… un bel tipo. Dovrebbe avere circa trent’anni. Al buio non si capiva bene.”
Il signor Geremia, pur mantenendo il solito contegno, con discrezione faceva il giro dei conoscenti per capire chi fosse il nuovo arrivato.
Chiedeva soprattutto ai ragazzi, sperando di trovare qualche informazione.
“Mi sembra di averlo già visto, forse al centro commerciale.”
“Pensavo fosse un amico di mio fratello, ma mi ha detto che Carmela non la conosce.”

Dopo un paio di settimane, un amico gli raccontò di aver visto dei lavori al vecchio locale che lui aveva affittato per anni. Qualcuno imbiancava i muri.
Il signor Geremia non ci dava peso, lui aveva il Notorius.
Altri affiggevano l’insegna in legno.
Ma lui aveva il posto più grande, la piazza era sua.
Il proprietario non è del paese, gli avevano detto.
Comunque, non poteva essere così bravo.

Poi, aveva capito. Carmela non aveva l’influenza. La sua cameriera lavorava nel nuovo locale e non sarebbe più tornata a lavorare per lui. Il ragazzo si era preso Carmela.
Era uno giovane, non avrebbe potuto competere con la sua esperienza, è vero. Però non si potevano correre rischi. E poi, non poteva rubargli la cameriera. No, questo era stato un affronto. Bisognava fare qualcosa. Forse lei era innamorata, magari lui aveva proposto di pagarla qualche euro in più. Ma come aveva potuto, questo ragazzo, sfidarlo in maniera così sfrontata?
Il nuovo locale doveva sparire. Scomparire così come era nato, nell’immediato, subito.
L’unico che poteva fare questo lavoro era Dardan, lo dicevano tutti che era nel giro e, cosa più importante, che era uno discreto.

“Devi farlo bruciare, non deve riaprire più.”
“Che cosa, dove devo andare?”
“All’Inferno. Quello dove fanno i drink a due euro.”

Dardan era uno affidabile. Aveva fatto un ottimo lavoro.

Dalla sua finestra il signor Geremia si godeva lo spettacolo, le fiamme divoravano la struttura, sprigionando una colonna di fumo che metteva in allerta il quartiere.
Bruciava tutto. Bruciava il bidone della carta, bruciava la porta, bruciava anche l’insegna sul davanti: “Andremo all’Inferno, ma almeno lasciateci liberi di peccare”.



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antico
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Re: Geremia

Messaggio#2 » lunedì 19 ottobre 2020, 23:46

Ciao Ilaria! Parametri ok, buona LIVIO GAMBARINI EDITION anche a te!

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MatteoMantoani
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Re: Geremia

Messaggio#3 » martedì 20 ottobre 2020, 23:01

Ciao Ilaria, piacere di leggerti. Il tema della gara a mio avviso non è stato centrato, ma un pochino eluso. C’è un personaggio che va al bar “Inferno”, ma manca tutta la parte relativa all’esclamazione. Lo stile è quello del raccontato, c’è qualche digressione di troppo (all’inizio quando viene dato l’elenco di tutte le pietanze che vengono servite al bar) e manca un conflitto iniziale che susciti curiosità nel lettore.

Il commento puntuale

Poi, aveva capito. Carmela non aveva l’influenza.
Non viene mai introdotto il fatto che Carmela non va più a lavorare da Geremia.

“Devi farlo bruciare, non deve riaprire più.”
“Che cosa, dove devo andare?”
“All’Inferno. Quello dove fanno i drink a due euro.”

Questo pezzetto di dialogo è un pochino oscuro, ho dovuto leggerlo due-tre volte per capire che l’Inferno è il locale in questione. Forse potresti cambiare la seconda riga in: “Nessun problema. Come si chiama il locale?”

“Andremo all’Inferno, ma almeno lasciateci liberi di peccare”.
Non ho ben capito cosa significhi questa frase rapportata al racconto. Geremia è conscio di aver peccato ma non si pente delle sue azioni? C’è un doppio senso col nome del locale e io non riesco a coglierlo?

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Mauro Lenzi
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Re: Geremia

Messaggio#4 » mercoledì 21 ottobre 2020, 9:40

Ciao Ilaria,

faccio un commento "light", poi se vorrai e avrai dubbi approfondiremo.

Il signor Geremia è un personaggio la cui negatività emerge man mano e questo mi piace. Con buona fede potrei dire che questa è una discesa all'inferno, più che l'evento in sè. Però il fatto che sia tutto raccontato non mi fa entrare appieno in questa sua involuzione. Avrei inoltre visto bene un maggior coinvolgimento anche sulla sfera emotiva. La storia getta i semi di qualcosa tra Geremia e Carmela, ma rimane lì. Alla fine la motivazione della -chiamiamola così- sottrazione della cameriera, non l'ho percepita come sufficientemente forte. A meno che non ci fosse stato quel coinvolgimento emotivo che non ho visto: magari non le voleva per nulla bene, ma gli piaceva che la gente pensasse che fosse la sua amante... e ora invece lo vede come un cornuto!
È solo un esempio, per dire che ci sarebbe stato bene un maggior approfondimento della mente del protagonista: e come dicevo, mostrando tutto dalla sua testa, senza raccontare esternamente.

Spero sia utile, ciao.

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Luca Nesler
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Re: Geremia

Messaggio#5 » mercoledì 21 ottobre 2020, 14:56

Ciao Ilaria. Parti subito con un narratore onnisciente che preannuncia il fatto che il testo sarà pesante da leggere indipendentemente dalla bellezza della trama. Tutta la prima parte dove racconti diversi dettagli minori sul signor Geremia, sul bar della zona e sulle abitudini di vendita, non è interessante né utile. Visti i pochi caratteri sarebbe strategicamente vantaggioso sfruttarli per costruire una vicenda più interessante (che poi diventa la cosa ottimale in tutte le situazioni). Qui la trama è un uomo che, geloso dell’impiegata che gli portava più clienti e infuriato per il suo presunto tradimento, decide di dare fuoco al locale avversario. Di per sé non si tratta di una trovata molto stimolante, ma il problema è, a mio avviso, sempre la conduzione. Per esempio, in un racconto così, molta differenza la farebbe se mostrassi meglio il rapporto tra Geremia e Carmela. Cioè, lui fa incendiare l’altro locale, ok, ma così è meramente un fatto di cronaca a cui non siamo sensibili. Diverso è se mostri la vicenda umana facendo cogliere le conseguenze della cosa. Diventa significativo nell’esperienza del lettore. Questo solo per darti un’idea sulla formulazione in generale.
Lo stile sarebbe adatto a un testo per bambini, dove il narratore onnisciente che va avanti e indietro sulla linea temporale della narrazione e qua e là nello spazio, ha presa sui giovani lettori. Per un testo rivolto a un pubblico adulto, invece, non risulta efficace.
Ti faccio un esempio:
“Alcuni dicevano però che il reale cambiamento lo avesse portato Carmela, la cameriera neo-assunta che serviva ai tavoli da qualche settimana.” Questo “Alcuni” è vago e non avvicina alla vicenda. Dà un’informazione sterile di scarso interesse. “La cameriera neo-assunta che serviva ai tavoli da qualche settimana” ci racconta, a cose fatte, un elemento che percepisco con grande distanza e, quindi, distacco. Questo è un modo di scrivere molto vecchio che tende a non fare molta presa e a rendere la lettura lenta e pesante. Lo sforzo necessario per dare al lettore motivo di proseguire nella lettura è sempre grande, ma con questa tecnica è immenso.
Alla prossima!

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Ilariya_
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Re: Geremia

Messaggio#6 » mercoledì 21 ottobre 2020, 22:46

Grazie a tutti per i vostri commenti.
Sono nuova di questo forum e sicuramente non conosco né padroneggio le moderne tecniche di scrittura, sicuramente richiederà più sforzo la lettura dei miei testi.
Che ci siano parecchi punti deboli è certo e con più tempo avrei riconsiderato le cose. Ma questo è Minuti Contati.
Farò di meglio la prossima.

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Andrea Lauro
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Re: Geremia

Messaggio#7 » venerdì 23 ottobre 2020, 23:24

Ciao Ilaria, il racconto fila anche abbastanza liscio. Nonostante la visione da esterno, che fa empatizzare meno, comunque riesci a tenere il ritmo. Certo, c’è un bell’infodump in:
I suoi clienti erano diventati talmente tanti da potergli permettere di prendere in affitto l’intero piano terra dello stabile grande, quello chiuso da anni che dava sulla piazza centrale.
Per accontentare un po’ tutti, e a tutte le ore, la proposta del bar era quella classica: cornetti, cappuccini, gelati confezionati, panini al prosciutto, toast. In estate c’era la granita al caffè e da poco anche il caffè shakerato alla nocciola, vera novità dell’anno.


Ma tutto sommato chiuderei un occhio, il tono sembra tra lo scherzoso e l’ironico: quindi l’onniscente potrebbe starci. Man mano che si arriva allo sviluppo del dramma, però, qualcosa si incrina. Non abbiamo empatizzato col personaggio, e quindi l’atto estremo viene sentito meno dal lettore.
Il problema grosso comunque è sul finale: la chiusura dovrebbe dare il colpo decisivo. E invece non sono riuscito a contestualizzare l’ultima frase. Un bel mistero.
Buona edition!
andrea

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Giorgia D'Aversa
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Re: Geremia

Messaggio#8 » domenica 25 ottobre 2020, 11:04

Ciao Ilaria!

Mi assoccio a quanto già detto: purtroppo la lunga sequela di informazioni fornite dal narratore onnisciente non mi ha aiutato nel far fluire con scioltezza la lettura del testo, che mi è risultato un po' pesante.
Il rischio del raccontato è proprio questo: rimanendo distaccati dagli eventi narrati e non mostrandoli in presa diretta si finisce per distaccare il lettore, con risultati diversi a seconda della sensibilità del singolo. Io purtroppo fatico ad apprezzare i racconti con il narratore fin troppo presente perché mi sembra di cercare di seguire ciò che accade dietro una parete.

Poi, anche secondo me il tema non è centratissimo.
Devi farlo bruciare, non deve riaprire più.”
“Che cosa, dove devo andare?”
“All’Inferno. Quello dove fanno i drink a due euro.”

È un aggancio un po' flebile all'Inferno che ci era stato richiesto, ma a parte questo ci ho messo un po' a comprendere la frase di Geremia. Anche io ho dovuto rileggere un paio di volte per capire cosa intendesse...

Bruciava tutto. Bruciava il bidone della carta, bruciava la porta, bruciava anche l’insegna sul davanti: “Andremo all’Inferno, ma almeno lasciateci liberi di peccare”.

Anche qui con l'ultima frase ho avuto dei problemi di comprensione: per come l'hai scritto sembrerebbe l'insegna del locale, ma mi pare piuttosto inusuale. È una frase che pronuncia Geremia? Non sarebbe molto chiaro il significato anche in tal caso.

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Ivan
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Re: Geremia

Messaggio#9 » domenica 25 ottobre 2020, 21:11

Ciao Ilaria, anche se il tuo racconto non centra appieno il tema, apprezzo l’originalità della tua chiave di lettura.
Ci sono alcuni elementi che andrebbero rivisti per aumentare l’immersione.

In buona parte del primo paragrafo non vedo movimento. Solo una descrizione lunga e costosa in termini di caratteri. Cercherei di cambiare il raccontato con uno stile più mostrato, tagliando tutto ciò che non è necessario e sostituendolo con i soli elementi essenziali che ti servono per costruire una storia più interessante.

“il paese appariva ancora più desolato e deserto di prima”
Cerca di evitare le coppie di aggettivi. Meglio utilizzare un solo aggettivo per volta: quello più preciso.

“Dopo un paio di settimane, un amico gli raccontò di aver visto…”
In questa frase, sia il “dopo un paio di settimane” che il discorso indiretto “un amico gli raccontò” sanno molto di riassunto fatto a posteriori e rendono palese la presenza di un narratore, rovinando l’immersione. Stesso discorso per il “Poi” che introduce il capitolo successivo.

Per quanto riguarda il dialogo finale, avrei apprezzato maggiormente una sua drammatizzazione, contestualizzando le battute con l’uso di beat. Con una maggiore "presenza" degli attori, interazione tra Geremia e Dardan, avrebbe avuto una forza maggiore.

Alla prossima Arena! :)
Ivan

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Stefano.Moretto
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Re: Geremia

Messaggio#10 » mercoledì 28 ottobre 2020, 14:50

Ciao Ilaria,
come ti hanno già detto il tuo racconto è molto raccontato e riassunto, ma come dici tu non hai ancora approcciato uno studio serio dell'argomento, quindi cercherò di essere il più chiaro possibile su cosa "non va" nel racconto in modo che tu possa iniziare il tuo percorso nel modo più consapevole e sereno possibile.
Quello che viene chiamato "mostra, non raccontare", più famoso nella sua versione inglese "show, don't tell", è la base della scrittura immersiva ed è ciò a cui uno scrittore dovrebbe puntare per rendere i suoi lettori partecipi delle sue storie. Nel tuo racconto inizi subito con un lungo riassunto del paese, del bar, del suo proprietario e della sua cameriera. Tutte informazioni che vengono "lanciate" -permettimi l'espressione- addosso al lettore senza che egli veda effettivamente qualcosa in azione. Alla fine di tutto noi sappiamo solo che c'è una parsona che dirige un bar di paese e che nel bar c'è una cameriera, tutto il resto verrà dimenticato dal lettore immediatamente (ad esempio: quando ho fatto la seconda lettura io non mi ricordavo già più del fatto che ci fosse una lista di cornetti, panini etc presente all'inizio del racconto). Quello che hai fatto tu si chiama "raccontato" (tell).
Il "mostrato" (show) invece è descrivere quello che fa un personaggio istante per istante, come fai, ad esempio, qui:
Dalla sua finestra il signor Geremia si godeva lo spettacolo, le fiamme divoravano la struttura, sprigionando una colonna di fumo che metteva in allerta il quartiere.
Bruciava tutto. Bruciava il bidone della carta, bruciava la porta, bruciava anche l’insegna sul davanti: “Andremo all’Inferno, ma almeno lasciateci liberi di peccare”.

Questo è un ottimo esempio di "mostrato": io vedo il personaggio alla finestra, vedo le fiamme che si propagano nell'edificio, vedo la colonna di fumo. Quell "che metteva in allerta il quartiere" è migliorabile, ma già così mi posso a grandi linee immaginare le persone per strada che guardano la casa in fiamme. Il secondo pezzo, "Bruciava... bruciava... bruciava..." non è altro che lo sguardo del tuo personaggio che si sposta sul bidone della carta, sulla porta, sull'insegna, notando con piacere che era tutto in fiamme. Questo è esattamente come dovrebbe essere un racconto.
Il tuo stile di scrittura è buono, si vede che non sei alle prime armi, con uno studio serio dell'argomento sono certo che puoi puntare parecchio in alto.
Spero di esserti stato d'aiuto, in caso avessi bisogno di ulteriori chiarimenti chiedi pure.

PhilStones
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Re: Geremia

Messaggio#11 » giovedì 29 ottobre 2020, 9:45

Ciao Ilaria

concordo su quello scritto dai colleghi qui sopra. Essendo un lettore che apprezza fin troppo le ambientazioni, non soffro granché il 'raccontato': ma tre capoversi sono tantini.
Il tipo odia il concorrente non tanto perché gli ridurrà l'incasso, ma perché gli soffia la giovane cameriera. A tal punto che gli farà bruciare il locale! Essendo questo il messaggio, avrei speso qualche riga in più sull'allontanamento della ragazza dal suo bar, e sulla ricerca di Geremia, che, visto il finale, immagino frenetica e.. morbosa.
Comunque la deriva psichiatrica del signor Geremia mi è piaciuta, aggravata da lucida premeditazione. Se Dante per una donna è sceso all'Inferno, perché Geremia non può bruciare un locale appena aperto?

Filippo

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antico
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Re: Geremia

Messaggio#12 » venerdì 30 ottobre 2020, 14:34

La sensazione è che tu debba ancora imparare a gestire il tempo a Minuti Contati. Parti con una certa attenzione e un ritmo compassato, poi devi accelerare rischiando anche di omettere informazioni importanti (come il fatto che Carmela si fosse messa in malattia). Alla fine, per chiudere devi ancora più velocizzare ed ecco che la richiesta all'escutore e l'esecuzione stessa dell'incendio si risolve in un amen. Per fare funzionare la decisione di Geremia di intervenire in quel modo avresti dovuto dedicare più spazio al suo rapporto con la cameriera, ma questo ti avrebbe portato ad andare ancora più corta di caratteri. Insomma, la conclusione è che a essere sbagliata, prima di ogni altra cosa, è stata la strategia e che avresti dovuto approcciare il racconto in un altro modo perché la via da te scelta non era consona ai 4000 caratteri. Per la prossima volta t'invito a delineare una precisa scaletta di eventi prima di partire con la scrittura e di provare a visualizzartela nei 4000 caratteri. Ci sta? Bene, cominci a scrivere. Non ci sta? Bene, si trova una nuova via o si fanno degli aggiustamenti interni e la mia soluzione, in racconti brevi, è sempre quella di omettere tutta la strada che porta alla scena finale e di concentrare il racconto su quella per fare uscire, in corso di narrato, l'antefatto mediante una sapiente semina. Pollice ni a questo giro.

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