Cocytos

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Pretorian
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Cocytos

Messaggio#1 » lunedì 19 ottobre 2020, 23:58

Cocytos

Notte.
Ansimo.
Mi volto. Occhi cremisi e zanne affilate. Sono così vicini che quasi posso sentirne l’odore.
Inciampo in una radice (aveva la forma di una mano? L’ho sentita afferrarmi la caviglia mentre scivolavo?) e cado. Frano lungo il fianco del colle. Mi ferisco su pietre e terra aspra. Quando riesco nuovamente ad alzarmi in piedi, gli abiti sono a brandelli. Le ferite sanguinano, ma non ci sono ossa rotte. Guardo verso l’alto: le bestie sono rimaste indietro. Gorgogliano e ringhiano al limitare della foresta. Non mi inseguono più, ma chiudono la via alle mie spalle. Davanti a me, la luna illumina le lapidi di sepolcri in rovina.


- Buonasera, efendi. Cerca qualcosa in particolare?
La bottega è piccola e le mensole sulle pareti sono ricolme di ogni genere di oggetto bizzarro. Elliot ne studia alcuni, poi si rivolge al negoziante.
- Mi manda il signor Baker. Ha detto che lei è una persona fidata…
- Ne sono lusingato – l’uomo fa un leggero inchino. La punta della barba inanellata scompare dietro il bancone. – Ha bisogno di oppio?
Elliot scuote la testa. Avanza di qualche passo.
- Quella roba non mi fa più effetto. Ho bisogno di qualcosa di più forte.
Il volto del bottegaio resta immobile. Alla luce della lanterna, Elliot nota dei segni tatuati sulla fronte e sulle guance. Sembrano lettere di qualche alfabeto, ma non riesce a riconoscerle.
- Posso darle dell’hashish. Ne ho di ottima qualità.
Il giovane raggiunge il bancone e vi batte sopra i palmi.
- Il Signor Baker mi ha assicurato che lei è in grado di darmi qualcosa di davvero forte. Qualcosa che non potrei trovare da nessun’altra parte in Inghilterra o nelle colonie.
Stavolta Elliot è sicuro di intuire un luccichio in quegli occhi scuri.
- Le costerà molto.
- Ho con me diecimila sterline, dovrebbero bastare per una porzione.
Il vecchio batte sul bancone con un’unghia lunga come un artiglio. Elliot annuisce e gli consegna le banconote.
Il denaro scompare e il negoziante si ritira dietro la tenda alle sue spalle. Quando ritorna, porta con sé un cofanetto d’ebano chiuso da un lucchetto.
- È molto rara. La persona che me l’ha venduta mi ha detto che cresce solo a Gerusalemme. Tra le rocce di una collina bianca come ossa umane…
Il lucchetto scatta. Lo scrigno si apre. Al suo interno vede una sorta di radice sanguigna, distesa su un raso nero. Il suo odore è pungente e il giovane ha la sgradevole sensazione che i suoi nodi lo facciano assomigliare a un feto deforme.
- Cocytos – mormora Elliot, allungando la mano. Il negoziante fa scattare lo scrigno.
- Chi me l’ha venduta mi ha anche detto che porta dove nessun’altra droga può portare.
- Dove?
- All’Inferno.
Elliot ride.
- Sono stato sei mesi a Verdun, vecchio. Ho visto i vermi banchettare sui cadaveri della terra di nessuno e ho strisciato nel fango sotto i lampi delle bombe – le mani si chiudono istintivamente a pugno mentre parla. – Se anche esistesse l’inferno, non avrebbe niente di nuovo da offrirmi.
- Allora prenda pure: è sua – il vecchio apre lo scrigno, mentre la sua bocca si apre in un ghigno da lupo. – Scoprirà che l’Inferno può ancora sorprenderla.

Avanzo tra le tombe. Sono così tante che non riesco a contarle.
Le loro lapidi non hanno nome. Le statue che li sovrastano sono mutilate o senza volto.
Sento un canto. Melodie dissonanti.
Una luce. Le tombe più lontane sembrano rischiarate da un riflesso rossastro.
Comincio a correre. I piedi nudi si feriscono sulle rocce. Non mi fermo: avanzo senza nemmeno chiedermi il perché.
Il riflesso aumenta. Sono sicuro che una luce stia comparendo davanti a me.
Sta sorgendo il sole? L’alba sta per rischiarare questa terra maledetta?
Allungo il passo. Cado. Mi rialzo. Continuo, fino a raggiungere il bordo di una forra.
Guardo in basso. Nessuna alba: solo una voragine di fiamme e rocce dritte come zanne. Tutt’attorno, vedo una folla che si estende in ogni direzione. Uomini in uniforme. Cadaveri putrescenti che si trascinano su moncherini carbonizzati. Sono loro a cantare. Intonano inni e marce militari, mentre distendono le braccia verso l’abisso.
Me lo stanno indicando.
Mi chiedono di raggiungere il posto che mi spetta.
Allora capisco che il negoziante aveva ragione.
C’era ancora una cosa che non avevo provato dell’Inferno.
L’eternità.


di Agostino Langellotti
Ultima modifica di Pretorian il martedì 20 ottobre 2020, 0:28, modificato 2 volte in totale.



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Re: Cocytos

Messaggio#2 » martedì 20 ottobre 2020, 0:07

Ciao Agostino! Tempo ok, ma sei sopra con i caratteri! Hai tempo fino alla scadenza per metterti in pari, altrimenti malus minimo, lo sai ;). Ripasserò a controllare.

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antico
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Re: Cocytos

Messaggio#3 » martedì 20 ottobre 2020, 0:31

Perfetto, ora è a posto anche con i caratteri! Buona LIVIO GAMBARINI EDITION!

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Ivan
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Re: Cocytos

Messaggio#4 » martedì 20 ottobre 2020, 22:12

Ciao Agostino, mi è piaciuta l’alternanza tra prima e terza persona per distinguere il trip dalla realtà, anche se forse avrei asciugato la parte iniziale per aumentare la suspance.
Per quanto riguarda la parte tra parentesi, avrei cercato di inserire quei dettagli in maniera organica nel testo, senza interromperlo. Sulla parte centrale non ho molto da dire, mi è piaciuta.
Nel finale, c’è il raccontato che fa capolino qui e là, rendendo il tutto meno vivido.
Bella la chiusura, così come ho apprezzato la tua chiave di lettura del tema.
Ivan

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MatteoMantoani
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Re: Cocytos

Messaggio#5 » martedì 20 ottobre 2020, 22:45

Ciao Agostino, piacere di leggerti. L’inferno c’è, ma secondo me il racconto ha poca attinenza col tema della gara: il protagonista va all’inferno, però lo fa per sua scelta e non c’è nessuno che ce lo manda. Inoltre trovo il racconto un pochino banale, la droga che ti porta all’inferno fa molto Hellraiser (in Hellraiser il cubo viene anche comprato in Medio Oriente, vedi il tuo effendi). Il finale mi ha un pochino deluso: se la radice porta all’inferno per l’eternità, non basterebbe suicidarsi?
Lo stile compensa le mancanze precedenti e ricalca le regole del show don’t tell: lo trovo nel complesso ben reso, i piccoli dettagli sono vividi e in genere trovo un peccato che l’idea di base del racconto non sia all’altezza di questa narrazione. Mi è piaciuta molto la descrizione della radice: una sorta di mandragola infernale. Trovo i due segmenti scritti uno in prima e uno in terza persona una buona idea per esprimere più angoscia e attesa, però l’arma è a doppio taglio e si perde un po’ di fluidità. Forse era meglio mettere tutto in prima persona, ma qui sto cercando il pelo nell’uovo.

Qualche commento puntuale:

(aveva la forma di una mano? L’ho sentita afferrarmi la caviglia mentre scivolavo?)
Perché questo pensiero tra parentesi? Lo trovo poco elegante, forse basta metterlo normalmente nella frase dopo.

Non mi inseguono più, ma chiudono la via alle mie spalle.
Toglierei la virgola

Elliot ne studia alcuni, poi si rivolge al negoziante.
Forse l’hai fatto per motivi di conteggio caratteri, però dire che ci sono oggetti bizzarri è riduttivo, mostrane un paio, magari al posto di questa frase in cui Elliot appunto ne studia alcuni.

Stavolta Elliot è sicuro di intuire un luccichio in quegli occhi scuri.
Toglierei Stavolta, poi dovresti far fare qualcosa al negoziante perché la battuta di dialogo successiva è pronunciata da lui.

Mormora Elliot, allungando la mano. Il negoziante
Attento al gerundio preceduto dalla virgola (e comunque c’è il gerundio dopo un dialogo). Porterei a capo “Il negoziante”.

Sta sorgendo il sole? L’alba sta per rischiarare questa terra maledetta?
Qui hai formulato il pensiero come avrei fatto all’inizio: una frase a parte e niente parentesi

Continuo, fino a raggiungere il bordo di una forra
Toglierei la virgola

Allora capisco che il negoziante aveva ragione
Toglierei Allora

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Giorgia D'Aversa
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Re: Cocytos

Messaggio#6 » mercoledì 21 ottobre 2020, 11:51

Ciao Agostino!
Testo in tema ma a mio avviso un po' troppo piatto nella lunga parte centrale dedicata al dialogo: so che il tuo intento era di contestualizzare quanto hai scritto in corsivo, però non mi ha catturata e ho perso un po' l'attenzione rispetto alle prime righe. Ho comunque apprezzato la scelta stilistica di dividere il testo tra prima e terza persona, rende il racconto più interessante nella sua forma. Sicuramente i due spezzoni in prima persona sono più vividi e sensoriali, avrei preferito un testo tutto su questa lunghezza d'onda per apprezzarlo di più.
Il finale invece a me non è dispiaciuto, ho apprezzato il fatto che il protagonista si mandi da solo al proprio 'Inferno personale.

Alcune accortezze.
Sono così vicini che quasi posso sentirne l’odore.
Eviterei formule vaghe come il "quasi", che annacquano la prosa e non forniscono nessuna informazione aggiuntiva al testo.
A parte un paio di avverbi in -mente e indicazioni temporali il racconto è nel complesso mostrato bene e in presa diretta.

Il suo odore è pungente e il giovane ha la sgradevole sensazione che i suoi nodi lo facciano assomigliare a un feto deforme.
Questa frase, a differenza del resto della parte del centrale, sa proprio di narratore esterno e stona con il contesto.

Allora capisco che il negoziante aveva ragione.
C’era ancora una cosa che non avevo provato dell’Inferno.

Quest'ultima parte del testo invece non sembra più narrata in un qui e ora, ma più distaccata anche per la scelta del verbi al passato: inoltre se sei in prima persona non è necessario specificare con "allora capisco", bastava un "il negoziante aveva ragione".

Buona sfida!

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Luca Nesler
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Re: Cocytos

Messaggio#7 » mercoledì 21 ottobre 2020, 14:59

Ciao Agostino. La storia di un tizio che, senza motivo apparente, è assuefatto agli effetti delle droghe comuni (tutte?) e decide di provarne una che ti fa andare all’Inferno. E ci va.
Se ci avessi messo qualche elemento psicologico o etico sarebbe stato più interessante. Tipo “la curiosità uccise il gatto”, per intenderci. Così rimane un episodio bizzarro ma insensato.
Carina l’ambientazione storica, impreziosisce. Ho apprezzato l’uso del corsivo per delineare una differente linea temporale, anche perché il testo è breve.
Ci sono parti che non funzionano. La frase “Inciampo in una radice (aveva la forma di una mano? L’ho sentita afferrarmi la caviglia mentre scivolavo?) e cado.”
Le parentesi sono dei pugni in faccia allo scorrimento e la doppia domanda risulta assurda, specie messa lì. Brutto quel mentre che spiega a me lettore, a posteriori), quando lui si è sentito afferrare. Anche l’aggiunta del “e cado” dopo le domande retoriche, quando la curiosità verso quello che accade era già scemata, non funziona bene. Capisco le tue intenzioni, ma la resa non è buona.
Il resto della prosa non mi dispiace (si vede l’esperienza), anche se sei ancora legato al tell (sei vecchio, Agostino!) Faccio un esempio:
“La bottega è piccola e le mensole sulle pareti sono ricolme di ogni genere di oggetto bizzarro (sarebbe più funzionale citarne anche solo due o tre che entrano nel campo visivo di Elliot, per dare modo al lettore di immaginare da solo che tipo di bottega è. Così sei tu che glielo dici). Elliot ne studia alcuni (anche questo è vago e non mostra dettagli concreti), poi (questo poi è da onnisciente che domina il tempo sulla scena. Indica un narrato a posteriori e non un “qui e ora” percepito) si rivolge al negoziante.”
Prima ancora c’era:
“Davanti a me, la luna illumina le lapidi di sepolcri in rovina.”
Davanti a me è tell perché lo dice per il lettore. Se descrive la luna è ovvio che la stia guardando e, se non dici che si volta, penso che guardi avanti a sé. Lapidi di sepolcri in rovina è vago e buttato lì. Lui si ritrova di fronte a ruderi e cita una manciata di sepolcri in rovina. Sarebbe più funzionale mostrare cosa vede e come lo vede.

Ho notato che sta montando un po’ di insofferenza riguardo alle regole della scrittura moderna e, in questi casi, faccio sempre la figura del talebano. Ma non si tratta di un mio feticismo, il fatto è che il raccontato annoia.
Ultima cosa: il titolo. Non lo capisco e non serve il testo. È una bazzeccola, il più delle volte è solo un’etichetta per trovare il racconto nella lista, ma può anche essere usato per fornire qualcosa prima della lettura.
Alla prossima!

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Mauro Lenzi
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Re: Cocytos

Messaggio#8 » mercoledì 21 ottobre 2020, 17:19

Ciao Agostino,
molte cose sono già state dette e sul mostrato vs raccontato sono sulla lunghezza d’onda del buon(?) Nesler. Lui però lo spiega meglio.
Comunque, ci tengo a commentare le mie prime impressioni ora, per poi eventualmente approfondire in un secondo momento, se avrai dubbi o osservazioni.

Parentesi nella prima parte, blutte. (gran commento tecnico questo, eh!)

Mi è piaciuta l’ambientazione, e come sono condotti i dialoghi. Per questo, anche se meno fantasiosa, ho apprezzato in particolar modo la parte centrale. Note stilistiche a parte, ma appunto quello sono già state evidenziate.
I dettagli ci sono, ben vividi, ma mi sfugge la direzione in cui va la storia. In sostanza la droga lo porta più vicino all’Inferno… possiamo dire, a una comprensione dello stesso? Però non mi sembra che questa droga, su cui è imperniata la storia, aggiunga qualitativamente qualcosa di più all’esperienza di Elliot.
In base alle premesse che si sviluppano a metà del racconto, mi aspettavo qualcosa di più… o a livello di visione, o di evento reale. Non è importante. Però questa discesa all’inferno meritava ancora qualche passo… la droga doveva stupire, ma possiamo dire che se fossi stato Elliot, avrei chiesto un rimborso =P

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Andrea Lauro
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Re: Cocytos

Messaggio#9 » mercoledì 21 ottobre 2020, 23:49

Ciao Agostino, bella ambientazione, riesci sempre a creare contesti affascinanti.
Per quanto riguarda il "già visto" che ho letto nei commenti precedenti: non mi è dispiaciuto, mi ha dato l'impronta di un genere che mantiene certi archetipi e che i lettori spesso sperano di ritrovare.

Per lo stile: OK, abbiamo approfondito a più riprese la necessità di lavorare sui verbi percettivi (sento un canto, vedo una folla, vede una sorta, sembrano rischiarate, allora capisco) quindi non mi dilungo. Come posso essere utile? Vediamo se qualcuno ti ha già fatto notare la frase:
"Al suo interno vede una sorta di radice sanguigna, distesa su un raso nero. Il suo odore è pungente e il giovane ha la sgradevole sensazione che i suoi nodi lo facciano assomigliare a un feto deforme."

Uhmm OK, solo Giorgia. Bene, provo a dare uno spunto cercando di rimanere nello stile:
"Elliott storce il naso, l'odore è pungente. Un feto deforme? No, è una radice. Una radice distesa su raso nero."
Vedi / senti / percepisci come ti suona...
buona edition!
andrea

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Pretorian
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Re: Cocytos

Messaggio#10 » giovedì 22 ottobre 2020, 0:13

Ringrazio tutti per le preziose osservazioni che mi state dando. è evidente che devo ancora affinare molto il mio approccio allo "show, dont' tell" e le vostre indicazioni saranno preziose.
Per quanto riguarda le parti in parentesi, era un esperimento: l'ho visto usare in alcuni racconti per introdurre pensieri in opposizione a quello dominante (insomma, per insinuare il dubbio che qualcosa no sia come accade) e ho pensato di provare a utilizzarlo per vedere se funziona. Il responso è negativo, quindi non penso che lo vedrete ancora.

Per quanto riguarda l'ambientazione, i miei complimenti a Mentiskarakorum, che ha colto la citazione a Hellraiser (in prima battuta, avrebbe dovuto essere anche più palese, in quanto il mercante avrebbe dovuto ripetere le parole che nel film vengono dette a Paul quando acquista la Configurazione del Lamento).
L'idea è che Elliot, ormai assuefatto alle droghe disponibili, cerchi un'esperienza sensoriale nuova. Il suo scopo sarebbe quello di lasciarsi alle spalle i ricordi della guerra ed è disposto a tutto per farlo. Paradossalmente, il suo inferno si dimostra una versione distorta della guerra da cui sta scappando.

Ancora grazie a tutti.

PhilStones
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Re: Cocytos

Messaggio#11 » martedì 27 ottobre 2020, 15:22

Ciao Agostino,

Come hanno già scritto, si legge tutto d'un fiato e l'ambientazione ci sta.
L'immagine delle lapidi e dei soldati che cantano e marciano a braccia tese mi è piaciuta. Il primo pezzo fatto di foreste e bestie può essere generico, ma le statue mutilate e l'abisso che aspetta i soldati è il suo inferno.
Il titolo toglie parte della sorpresa. Se l'avessi chiamato "droghe" :-) la discesa all'inferno sarebbe stata meno prevedibile.
C'è del raccontato, ma non sono abbastanza esperto per giudicare.
Visto come scrivi, la parentesi dell'inizio potevi scioglierla nel testo senza problemi.
Piccole opinioni personali:
- Non sono convinto che un veterano parlerebbe in quel modo di Verdun. Forse da 'ho visto' a 'bombe' poteva essere tolto per dare verosimiglianza.
- 'avanzo senza chiedermi il perché' e 'sono sicuro che una luce stia comparendo davanti a me' possono essere scriti meglio, ma sono sicuro che il tempo ha avuto la sua parte.

Buona gara!

Filippo

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Stefano.Moretto
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Re: Cocytos

Messaggio#12 » mercoledì 28 ottobre 2020, 10:45

Ciao Agostino,

l'intuizione alla fine del racconto, il fatto che il concetto di eternità è ciò che distingue le nostre esperienza "infernali" sulla Terra dal verso Inferno, è molto valido e interessante, forse avrei preferito addirittura che fosse il tema centrale del racconto e non il "cliffhanger".
Sulle parentesi ti hanno già detto che vanno evitate, per di più essendo la narrazione in quel punto in prima persona sono inutili perché ogni cosa che scriverai sarà comunque un pensiero, un'azione o una percezione del personaggio.
L'inizio è un po' caotico, non ci sono abbastanza dettagli da farti capire cosa sta succedendo:
Mi volto. Occhi cremisi e zanne affilate. Sono così vicini che quasi posso sentirne l’odore.

Qui ad esempio: dove sono gli occhi e le zanne? Sono lupi in una foresta, leoni in una savana, qualcos'altro? Io ad esempio mi sono immaginato le anime di Alucard in Hellsing quando libera i sigilli. La seconda parte poi sarebbe totalmente da rivedere: prima di tutto il "quasi" che non ci sta: un odore o lo senti (anche poco) o non lo senti; seconda cosa che odore sente? Occhi e zanne affilate non hanno un odore (o almeno, non un odore che io possa facilmente associare a degli occhi o a dei denti), quindi suppongo sia l'odore delle bestie, però messa così, senza neanche sapere che bestie sono, non so cosa immaginarmi.
Ci sono anche vari riferimenti temporali che andrebbero tolti per una narrazione più scorrevole (es: "Quando riesco nuovamente ad alzarmi in piedi", "Quando ritorna", "poi si rivolge al negoziante.")
Devo dire che lo stacco tra prima e terza persona mi ha lasciato un pochino stordito, ma credo che l'effetto sia dovuto più che altro al fatto che non avevi abbastanza caratteri a disposizione per renderlo adeguatamente, è probabile che senza queste limitazioni avresti saputo renderlo molto meglio.
Spero di esserti stato utile, buona gara!

Andrea J. Leonardi
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Re: Cocytos

Messaggio#13 » mercoledì 28 ottobre 2020, 23:21

Ciao! I miei commenti arrivano in ritardo e magari ho poco da aggiungere, ma cerco di giustificare quella che sarà poi la mia classifica.

Tema. Manca un po’ dell’energia di un “vai all’inferno!” vecchio stile, ma qualcuno va all’inferno e il tema è rispettato. La volontarietà del protagonista da una sfumatura di originalità.

Trama. Forse è la parte più mancante. Qualcuno vuole provare emozioni forti, e va all’inferno nella quale rimane incastrato. Manca un pizzico di conflitto, che forse non riesce ad emergere a causa delle solite restrizioni di caratteri. Bella l’idea dove la differenza tra l’inferno terrestre e quello vero è dato da un unico, grande fattore: l’eternità.

Stile. Buono stile, con poche tracce di raccontato e qualche esperimento (come le parentesi?). Consigliere di non usare le espressioni sensoriali (l’ho sentita afferrarmi…), le espressioni come “quasi” (…quasi posso sentirne l’odore? Lo sente o non lo sente?) e di accorciare i beat che separano due frasi dette dallo stesso personaggio. Altri due esempi che, a mio avviso, sanno di raccontato sono:
Sono sicuro che una luce stia comparendo compare davanti a me. (magari mostrando successivamente se il PdV si stava sbagliando)
Allora capisco cheil negoziante aveva ragione.(basta il pensiero diretto)

Una prestazione più che discreta, che ambisce ad una posizione alta.

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antico
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Re: Cocytos

Messaggio#14 » venerdì 30 ottobre 2020, 13:32

Un testo davvero solido scritto con estrema conspevolezza, ma forse con un'attenzione troppo concentrata sulla forma perché mi sembra che l'empatia con il protagonista sia piuttosto problematica. Molto buona la suddivisione in tre parti, ma, anche qui, estremamente fredda nel suo risultato finale. Elliot ci rimane sempre troppo lontano e questo porta, sulla chiusa, a non apprezzare appieno il tutto e il punto di arrivo che ti eri preposto. Non credo aiuti la terza persona della seconda parte, nonostante l'esperimento sia affascinante. Per me un pollice tendente verso l'alto, ma non in modo brillante.

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