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Pietro D'Addabbo
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Messaggio#1 » martedì 20 ottobre 2020, 0:55

Questo è il posto che preferisco: isolamento completo, silenzio assoluto, roccia grezza. La più remota propaggine della miniera, il mio angolo di paradiso.
Venire qui durante le pause è sempre d’aiuto. Schiarisce la mente restare da solo, mentre si ascoltano solo gli stillicidi competere in cadenza con il pulsare del cuore ed il dilatarsi dei polmoni. Il cuore non vince mai, rallenta invece. La calma del luogo è contagiosa, entra nell’anima e placa ogni livore, ottunde ogni spigolo, scioglie ogni raptus.
Restarci l’intero turno di riposo, invece, è un desiderio ancora irrealizzato. Forse è la volta buona. Come ordine di servizio, ispezione del condotto C al livello 9, proprio il luogo che preferisco. D’altra parte Knut fa sua la massima “non chiedere ad altri quel che non saresti disposto a fare tu stesso”. E’ un buon capo.
Ho avvertito casa, con tono afflitto “Cara, non torno stasera, trasferta in profondità. Ci rivediamo quando risalgo, fra quarantotto ore. Non posso esimermi. Mi spiace.”.
Mia moglie ha abbozzato, non credo ricordi la periodicità dei miei turni. Anche fosse, ha casa a disposizione per sé e le sue ospiti del tressette. In mia assenza, le basterà giocare col morto, come altre volte. “Vai, Einar. Vai.”, il solito saluto.
Così ora mi trovo in paradiso e lei non saprà mai cosa si perde.
Non devo dimenticare che, comunque, sono qui per lavoro. Conosco questa zona dello scavo, ma l’occhio che guarda le pietre ora non cerca solo la bellezza ma i segni di qualche fragilità. Mi sposto nelle tante gallerie, alternando a volontà lavoro e riposo.

Il turno è quasi finito, ancora un paio di punti da rilevare e topografare, poi potrò stendere il sacco a pelo. Ispeziono alcune colonne naturali, in mezzo ad una selva di stalattiti. Come dita si protendono a tentare di toccare quelle più corte, tracagnotte, che si ergono dal suolo.
Un colpetto col martello da geologo, la colonna più grande risuona nel modo migliore.
Un secondo colpo e comincia a vibrare addirittura come un gigantesco diapason. Troppo.
“Non sono stato io.” un puerile tentativo di autoironia, di convincermi che non stia accadendo.
Intorno la roccia si frantuma, i cunicoli tutto intorno sbuffano nuvole di calcite verso l’antro che mi ospita, imbiancando gli abiti. Piccoli boati precedono di qualche istante ogni nuvola, come il colpo di tosse di un mitico drago.
Una piccola faglia comincia a dilatarsi, la terra a tremare, stalattiti e stalagmiti secolari cedono le armi. Abbraccio la colonna, lei rimane fredda, incurante… eppure non siamo sposati.
L’ironia è una compagna fedele, ma fugge alla scossa seguente. Subentrano i ricordi.
Nessun guerriero che si rispetti deve mai vacillare. L’addestramento è la sua àncora, fisica e mentale. Il rischio di fallire è contemplato, ma mai accettato, mai supinamente accolto. Quando anche la speranza muore, il guerriero combatte ancora, mulinando l’arma senza sosta.
C’è stato un tempo in cui ripetere il mantra del coraggio era fondamentale. Ora non ho un’arma, nè un nemico che possa affrontare. Il motto ha smesso d’essere d’aiuto da tempo, ma continua a riecheggiare, ciclico, nelle orecchie.
E’ retorica. Nient’altro che credibile, avvolgente, languida retorica.
Avevo smesso di darvi retta, ora credo sia ciò che mi impedisce di cedere.
La terra trema ancora, gli occhi sono spalancati.
Finché tutto si ferma.
Osservo i cunicoli, alcuni passaggi hanno smesso di soffiare ben prima di questa tregua. Probabilmente dei crolli devono averli ostruiti, inutile cercare scampo di là. Il pulviscolo disegna vortici nell’aria, è quella la via. Il vero soffio del drago, la terra che respira ancora. Dove passa l’aria, passerò anche io.
Ho un’arma, il martelletto. Dovrò solo mulinarla abbastanza a lungo.

Non ho idea del tempo trascorso, ma loro sì. I compagni che sentono i miei richiami dal fondo del pozzo d’uscita dal livello uno hanno gli occhi sgranati. Le pacche sulle spalle non sono le solite, sono senza vigore, forse temono di piegare con le loro badilate chi ha saputo vincere un terremoto.
Mi offrono conforto, chiedo solo spazio e, possibilmente, silenzio.
Mi accontentano tutti… tranne una.
Mi viene la voglia di tornare al mio inferno.


"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)

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Re: Sottosopra.

Messaggio#2 » martedì 20 ottobre 2020, 0:58

Ciao Pietro! Caratteri e tempo ok, buona LIVIO GAMBARINI EDITION!

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Proelium
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Re: Sottosopra.

Messaggio#3 » martedì 20 ottobre 2020, 16:49

Ciao Pietro,
piacere di leggerti e commentarti. A proposito di scavi e miniere, trovo che il tuo racconto sia da lucidare ma prezioso. Un mix di avventura e intimità che non mi ha fatto annoiare. Ho apprezzato la storia e il ribaltamento di senso, ben telefonato nel titolo, tra inferno e paradiso. Suggestiva ed emozionante la descrizione del sottosuolo tra dannazione e beatitudine. Buona anche l’impronta che hai dato al protagonista. La moglie, invece, è un po' sfuggente, forse perché si accenna a lei in maniera offuscata. Trovo si possa lavorare un po’ sulla sintassi, da alleggerire o affilare in certi punti: es. “Schiarisce la mente restare da solo, mentre si ascoltano solo gli stillicidi competere in cadenza con il pulsare del cuore ed il dilatarsi dei polmoni” è piuttosto pesante; la cit. del Guerriero della luce ce la si può risparmiare e magari sostituire con qualcosa di tuo; il finale, con quel “tranne una” che non riesco a interpretare con certezza (è la moglie? La vita? La voce della miniera che odia e ama?), di cui apprezzo la fulmineità, va però reso più univoco. Da lucidare, ma buono!

alexandra.fischer
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Re: Sottosopra.

Messaggio#4 » martedì 20 ottobre 2020, 18:56

SOTTOSOPRA Di Pietro d’ADDABBO Tema centrato. Einar il minatore vuole vincere la sua battaglia contro la miniera (lo strato più difficile da aprire). Pertanto, è disposto a rimandare il ritorno in famiglia (vedi la telefonata alla moglie) e a restare lì, con i compagni sempre più sfiduciati; lui, però, non lo è. Rimane fino alla fine e per me la lei che lo tradisce, alla fine è la miniera stessa. Però c’è da chiedersi quale possa essere l’inferno di un uomo così fedele al suo pericoloso lavoro e al capo (vedi la massima di Knut). Io lo trovo comunque un racconto interessante e scritto bene.

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Pietro D'Addabbo
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Re: Sottosopra.

Messaggio#5 » mercoledì 21 ottobre 2020, 10:42

~Proelium~ ha scritto:Ciao Pietro,
piacere di leggerti e commentarti. A proposito di scavi e miniere, trovo che il tuo racconto sia da lucidare ma prezioso. Un mix di avventura e intimità che non mi ha fatto annoiare. Ho apprezzato la storia e il ribaltamento di senso, ben telefonato nel titolo, tra inferno e paradiso. Suggestiva ed emozionante la descrizione del sottosuolo tra dannazione e beatitudine. Buona anche l’impronta che hai dato al protagonista. La moglie, invece, è un po' sfuggente, forse perché si accenna a lei in maniera offuscata. Trovo si possa lavorare un po’ sulla sintassi, da alleggerire o affilare in certi punti: es. “Schiarisce la mente restare da solo, mentre si ascoltano solo gli stillicidi competere in cadenza con il pulsare del cuore ed il dilatarsi dei polmoni” è piuttosto pesante; la cit. del Guerriero della luce ce la si può risparmiare e magari sostituire con qualcosa di tuo; il finale, con quel “tranne una” che non riesco a interpretare con certezza (è la moglie? La vita? La voce della miniera che odia e ama?), di cui apprezzo la fulmineità, va però reso più univoco. Da lucidare, ma buono!


Grazie Proelium per i tuoi commenti.
Scrivere sotto scadenza mi porta a considerare chiari alcuni passaggi scritti maggiormente 'di pancia'. Come appassionato speleologo la frase che citi è una situazione/sensazione a me cara che ha mille sfaccettature, renderla in una sola riga non mi ha aiutato ad essere lineare. Speravo arrivasse di più.
A mente fredda, sono d'accordo anche con il considerare la 'citazione' superflua. Devo precisare però che è una finta citazione. È farina del mio sacco, non estrapolata da internet o da un libro. È entrata nel mio racconto perché avevo pensato il protagonista, inizialmente, non come un minatore ma come un personaggio fantasy, un nano guerriero che viene tradito dalla montagna e dalle sue cavità, cui è tradizionalmente legato, quando si scatena il terremoto. Nel semplificare la storia mi è sembrato che la citazione 'filosofico marziale' potesse rimanere per giustificare la caparbietà con cui Einar non si dà per vinto e viene fuori dalla terra dopo i crolli che lo avevano seppellito.
Il 'tranne una' finale è stato volutamente lasciato in sospeso. Nella mia mente ha una effige ben precisa, che è quella della moglie, ma volevo lasciare al lettore proprio il dubbio che hai espresso. Spero che anche gli altri commentatori si esprimano in merito così da fare un bilancio fra pro e contro di questa scelta.

alexandra.fischer ha scritto:SOTTOSOPRA Di Pietro d’ADDABBO Tema centrato. Einar il minatore vuole vincere la sua battaglia contro la miniera (lo strato più difficile da aprire). Pertanto, è disposto a rimandare il ritorno in famiglia (vedi la telefonata alla moglie) e a restare lì, con i compagni sempre più sfiduciati; lui, però, non lo è. Rimane fino alla fine e per me la lei che lo tradisce, alla fine è la miniera stessa. Però c’è da chiedersi quale possa essere l’inferno di un uomo così fedele al suo pericoloso lavoro e al capo (vedi la massima di Knut). Io lo trovo comunque un racconto interessante e scritto bene.


Grazie anche a te, Alexandra.
Mi fa molto piacere il tuo commento positivo, però il modo in cui esponi la sinossi del mio testo mi fa temere di non essere stato sufficientemente chiaro nel raccontare.
Il protagonista è un uomo che trova il suo 'paradiso', cioè ciò per cui più gli piace vivere, nel percorrere le cavità della miniera in cui lavora. È addirittura lieto di avere la scusa per non dover tornare a casa, dalla moglie e dalle sue compagne di gioco.
Il terremoto, tuttavia, rischia di intrappolarlo là sotto per sempre, di ucciderlo. Il paradiso diventa quindi un inferno da cui uscire, armato di sola piccozza da geologo. Quando infine ce la fa, rivede all'esterno la moglie, una delle ragioni per cui amava la solitudine sottoterra e, nonostante la permanente pericolosità di una miniera appena dopo un terremoto, vorrebbe tornare a immergersi in quei cunicoli 'infernali'.
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Davide Di Tullio
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Re: Sottosopra.

Messaggio#6 » mercoledì 21 ottobre 2020, 21:56

PietroD'Addabbo ha scritto:Questo è il posto che preferisco: isolamento completo, silenzio assoluto, roccia grezza. La più remota propaggine della miniera, il mio angolo di paradiso.
Venire qui durante le pause è sempre d’aiuto. Schiarisce la mente restare da solo, mentre si ascoltano solo gli stillicidi competere in cadenza con il pulsare del cuore ed il dilatarsi dei polmoni. Il cuore non vince mai, rallenta invece. La calma del luogo è contagiosa, entra nell’anima e placa ogni livore, ottunde ogni spigolo, scioglie ogni raptus.
Restarci l’intero turno di riposo, invece, è un desiderio ancora irrealizzato. Forse è la volta buona. Come ordine di servizio, ispezione del condotto C al livello 9, proprio il luogo che preferisco. D’altra parte Knut fa sua la massima “non chiedere ad altri quel che non saresti disposto a fare tu stesso”. E’ un buon capo.
Ho avvertito casa, con tono afflitto “Cara, non torno stasera, trasferta in profondità. Ci rivediamo quando risalgo, fra quarantotto ore. Non posso esimermi. Mi spiace.”.
Mia moglie ha abbozzato, non credo ricordi la periodicità dei miei turni. Anche fosse, ha casa a disposizione per sé e le sue ospiti del tressette. In mia assenza, le basterà giocare col morto, come altre volte. “Vai, Einar. Vai.”, il solito saluto.
Così ora mi trovo in paradiso e lei non saprà mai cosa si perde.
Non devo dimenticare che, comunque, sono qui per lavoro. Conosco questa zona dello scavo, ma l’occhio che guarda le pietre ora non cerca solo la bellezza ma i segni di qualche fragilità. Mi sposto nelle tante gallerie, alternando a volontà lavoro e riposo.

Il turno è quasi finito, ancora un paio di punti da rilevare e topografare, poi potrò stendere il sacco a pelo. Ispeziono alcune colonne naturali, in mezzo ad una selva di stalattiti. Come dita si protendono a tentare di toccare quelle più corte, tracagnotte, che si ergono dal suolo.
Un colpetto col martello da geologo, la colonna più grande risuona nel modo migliore.
Un secondo colpo e comincia a vibrare addirittura come un gigantesco diapason. Troppo.
“Non sono stato io.” un puerile tentativo di autoironia, di convincermi che non stia accadendo.
Intorno la roccia si frantuma, i cunicoli tutto intorno sbuffano nuvole di calcite verso l’antro che mi ospita, imbiancando gli abiti. Piccoli boati precedono di qualche istante ogni nuvola, come il colpo di tosse di un mitico drago.
Una piccola faglia comincia a dilatarsi, la terra a tremare, stalattiti e stalagmiti secolari cedono le armi. Abbraccio la colonna, lei rimane fredda, incurante… eppure non siamo sposati.
L’ironia è una compagna fedele, ma fugge alla scossa seguente. Subentrano i ricordi.
Nessun guerriero che si rispetti deve mai vacillare. L’addestramento è la sua àncora, fisica e mentale. Il rischio di fallire è contemplato, ma mai accettato, mai supinamente accolto. Quando anche la speranza muore, il guerriero combatte ancora, mulinando l’arma senza sosta.
C’è stato un tempo in cui ripetere il mantra del coraggio era fondamentale. Ora non ho un’arma, nè un nemico che possa affrontare. Il motto ha smesso d’essere d’aiuto da tempo, ma continua a riecheggiare, ciclico, nelle orecchie.
E’ retorica. Nient’altro che credibile, avvolgente, languida retorica.
Avevo smesso di darvi retta, ora credo sia ciò che mi impedisce di cedere.
La terra trema ancora, gli occhi sono spalancati.
Finché tutto si ferma.
Osservo i cunicoli, alcuni passaggi hanno smesso di soffiare ben prima di questa tregua. Probabilmente dei crolli devono averli ostruiti, inutile cercare scampo di là. Il pulviscolo disegna vortici nell’aria, è quella la via. Il vero soffio del drago, la terra che respira ancora. Dove passa l’aria, passerò anche io.
Ho un’arma, il martelletto. Dovrò solo mulinarla abbastanza a lungo.

Non ho idea del tempo trascorso, ma loro sì. I compagni che sentono i miei richiami dal fondo del pozzo d’uscita dal livello uno hanno gli occhi sgranati. Le pacche sulle spalle non sono le solite, sono senza vigore, forse temono di piegare con le loro badilate chi ha saputo vincere un terremoto.
Mi offrono conforto, chiedo solo spazio e, possibilmente, silenzio.
Mi accontentano tutti… tranne una.
Mi viene la voglia di tornare al mio inferno.


Ciao Pietro

piacere di leggerti. Questo è il tuo secondo racconto che leggo. Mi pare di capire che tu prediliga i soliloqui, i dialoghi interiori.
Non è che abbia avversione per i soliloqui, ma qui credo che tu abbia sbilanciato la narrazione sulla voce interiore, tanto da non capire molto dell'ambientazione. L'unica cosa che credo di aver capito è che il protagonista è in una grotta. Non si capisce esattamente chi sia (è un minatore, è un geologo?) o cosa faccia lì. Non ho capito nemmeno cosa accada alla fine della storia. Un terremoto, ok. Ma poi cosa succede? Chi sono quelli che sono venuti a salvarli? e poi a chi ti riferisci quando dici "tranne lei"?

Nel complesso la storia non mi ha coinvolto molto per le ragioni di cui sopra

buon contest!

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Re: Sottosopra.

Messaggio#7 » giovedì 22 ottobre 2020, 1:22

Davide Di Tullio ha scritto:Ciao Pietro
piacere di leggerti. Questo è il tuo secondo racconto che leggo. Mi pare di capire che tu prediliga i soliloqui, i dialoghi interiori.
Non è che abbia avversione per i soliloqui, ma qui credo che tu abbia sbilanciato la narrazione sulla voce interiore, tanto da non capire molto dell'ambientazione. L'unica cosa che credo di aver capito è che il protagonista è in una grotta. Non si capisce esattamente chi sia (è un minatore, è un geologo?) o cosa faccia lì. Non ho capito nemmeno cosa accada alla fine della storia. Un terremoto, ok. Ma poi cosa succede? Chi sono quelli che sono venuti a salvarli? e poi a chi ti riferisci quando dici "tranne lei"?
Nel complesso la storia non mi ha coinvolto molto per le ragioni di cui sopra
buon contest!


Ciao Davide,
il modello a cui mi piace tentare di ispirarmi è "Sentinella" (Sentry) di Fredric Brown, un racconto completamente intimista ma folgorante al punto che ricordo ancora la pagina del sussidiario di scuola su cui lo trovai e lo lessi, da ragazzino. Senza scomodare questo modello, resta comunque vero che mi piacciono i soliloqui per una questione caratteriale. Mettendo un po' di me nei personaggi cui dò vita tendono ad assomigliarmi troppo in alcuni aspetti.
Per quanto riguarda la trama, mi dispiace che non ti sia arrivata, forse può aiutarti leggere la risposta che ho dato ad Alexandra in cui la espongo per come speravo fosse colta. Riassumendo superfast: un geologo minatore preferisce stare in miniera piuttosto che a casa con la moglie; a causa di un terremoto deve trovare la forza, soprattutto di volontà, per salvarsi; quando esce viene accolto dai compagni di lavoro ma, rivedendo la moglie, desidera ritornare indietro per farsi bloccare in miniera dal terremoto.
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Re: Sottosopra.

Messaggio#8 » giovedì 22 ottobre 2020, 1:23

PietroD'Addabbo ha scritto:... messaggio duplicato ...
Ultima modifica di Pietro D'Addabbo il giovedì 22 ottobre 2020, 23:38, modificato 3 volte in totale.
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Re: Sottosopra.

Messaggio#9 » giovedì 22 ottobre 2020, 23:27

Ciao, Pietro e piacere di leggerti.
Dunque, il racconto è scritto bene, ma presenta qualche problema non di poco conto. Il primo è l'attinenza al tema: a parte la frase finale, non vedo come ti possa ricollegare alla specifica dell'inferno. Anche se il protagonista ha rischiato di essere seppellito, hai impiegato tutta la prima parte per evidenziare come fosse a suo agio nelle profondità, anzi che le ricercasse per trovare la pace. Dove sarebbe l'inferno? Certo, sarebbe stato diverso se tu avessi mostrato un protagonista spaventato dalla sua situazione, magari persino propenso a non tornare più sottoterra, ma tutto questo manca. Anche se è sepolto da un terremoto il protagonista non mostra alcuna paura, nè preoccupazione e alterna battute di spirito a citazioni al Manuale del Guerriero della Luce (ho colto bene?). Insomma, non proprio quello che farebbe una persona sprofondata all'inferno. Insomma, se posso darti un consiglio, ripensa l'approccio del protagonista al crollo: in questo modo otterrai non solo di rendere più sensato il finale, ma otterrai un gradevole effetto di contrasto con la prima parte.
Alla prossima!

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Re: Sottosopra.

Messaggio#10 » venerdì 23 ottobre 2020, 0:02

Pretorian ha scritto:Ciao, Pietro e piacere di leggerti.
Dunque, il racconto è scritto bene, ma presenta qualche problema non di poco conto. Il primo è l'attinenza al tema: a parte la frase finale, non vedo come ti possa ricollegare alla specifica dell'inferno. Anche se il protagonista ha rischiato di essere seppellito, hai impiegato tutta la prima parte per evidenziare come fosse a suo agio nelle profondità, anzi che le ricercasse per trovare la pace. Dove sarebbe l'inferno? Certo, sarebbe stato diverso se tu avessi mostrato un protagonista spaventato dalla sua situazione, magari persino propenso a non tornare più sottoterra, ma tutto questo manca. Anche se è sepolto da un terremoto il protagonista non mostra alcuna paura, nè preoccupazione e alterna battute di spirito a citazioni al Manuale del Guerriero della Luce (ho colto bene?). Insomma, non proprio quello che farebbe una persona sprofondata all'inferno. Insomma, se posso darti un consiglio, ripensa l'approccio del protagonista al crollo: in questo modo otterrai non solo di rendere più sensato il finale, ma otterrai un gradevole effetto di contrasto con la prima parte.
Alla prossima!


Ciao Pretorian, grazie per i commenti.

Fin dal titolo ho tentato di sottolineare la relatività della visione di ciò che possa essere piacevole o spiacevole, quindi di ciò che può essere visto come paradiso e come inferno. Quello che in molti considererebbero un 'seppellirsi da vivi' al protagonista invece piace, tanto da essere un paradiso, un luogo che preferisce alla sua casa. Nel racconto, però, questo luogo viene stravolto da un terremoto, diventando il luogo da cui uscire con gran fatica e forza di volontà, superando nove livelli (avrei dovuto forse usare il termine gironi) di miniera. Il 'paradiso' per Einar diventa un inferno da cui fuggire. Tranne poi voler tornare in quell'inferno perchè anche come inferno è comunque meglio che stare fuori, con sua moglie.
Mi dispiace non essere riuscito a comunicare tutto questo.
Ultima modifica di Pietro D'Addabbo il venerdì 23 ottobre 2020, 17:15, modificato 1 volta in totale.
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Dario17
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Re: Sottosopra.

Messaggio#11 » venerdì 23 ottobre 2020, 17:14

Ho fatto fatica ad arrivare fino alla fine. Di certo non per la qualità della scrittura che è più che degna anche se a volte scade nella metafora più lussuriosa, ma per il fatto che sia un brano interamente raccontato da una prima persona come se fosse lontana e distante, anche nelle scene più concitate in cui il narratore/protagonista rischia la pellaccia.
Sfiora la poesia in pezzi come questo:
"La calma del luogo è contagiosa, entra nell’anima e placa ogni livore, ottunde ogni spigolo, scioglie ogni raptus"
Il narratore è un po' troppo smanioso di commentare.
C'è della proprietà di linguaggio nella tua penna ma non è sfruttata bene. Da una persona in una miniera che alla fine crolla mi aspetto di essere bombardato da percezioni sensoriali del pov, invece è come se lui fosse impermeabile.
È un bel monologo, ma poco incisivo e mi lascia con poche cose alla fine della lettura.
Il tema non è centrato, d'accordo che lui autodefinisca Inferno la vita fuori dalla pace e dalla solitudine, ma nessuno gli intima di farlo in maniera imperativa come la frase "vai all'Inferno!" suggerisce.

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Pietro D'Addabbo
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Re: Sottosopra.

Messaggio#12 » venerdì 23 ottobre 2020, 17:30

Dario17 ha scritto:Ho fatto fatica ad arrivare fino alla fine. Di certo non per la qualità della scrittura che è più che degna anche se a volte scade nella metafora più lussuriosa, ma per il fatto che sia un brano interamente raccontato da una prima persona come se fosse lontana e distante, anche nelle scene più concitate in cui il narratore/protagonista rischia la pellaccia.
Sfiora la poesia in pezzi come questo:
"La calma del luogo è contagiosa, entra nell’anima e placa ogni livore, ottunde ogni spigolo, scioglie ogni raptus"
Il narratore è un po' troppo smanioso di commentare.
C'è della proprietà di linguaggio nella tua penna ma non è sfruttata bene. Da una persona in una miniera che alla fine crolla mi aspetto di essere bombardato da percezioni sensoriali del pov, invece è come se lui fosse impermeabile.
È un bel monologo, ma poco incisivo e mi lascia con poche cose alla fine della lettura.
Il tema non è centrato, d'accordo che lui autodefinisca Inferno la vita fuori dalla pace e dalla solitudine, ma nessuno gli intima di farlo in maniera imperativa come la frase "vai all'Inferno!" suggerisce.


Ciao Dario,
grazie per il tuo commento e i tuoi apprezzamenti.
Dalla frase con cui chiudi mi rendo conto che il saluto della moglie, il suo “Vai, Einar. Vai.” non arriva sufficientemente sarcastico. E' lei che gli augura con questo saluto di "andarsene all'inferno", ma non ho voluto scriverlo esplicitamente per non citare pedissequamente il Tema. Lui inconsapevolmente realizza il desiderio di lei, andando in una miniera e rimanendo vittima del terremoto.
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Filippo Santaniello
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Re: Sottosopra.

Messaggio#13 » sabato 24 ottobre 2020, 12:36

Ciao Pietro,
leggerti è stato come scavare la roccia, difficoltoso ma corroborante.
Più che scrivere muovi sassi.
Si sente un po' la fatica della scrittura, come se non avessi scritto di getto ma ponderando parola per parola, il che ha reso la lettura non scorrevolissima.
E' un racconto ambivalente. Da un lato respinge, dall'altro vuoi immergerti sempre di più nelle sue profondità.
Diciamo che non mi ha fatto impazzire però c'è qualcosa nella tua scrittura di davvero potente. Preferisci concentrarti sulle sensazioni del protagonista rispetto a ciò che vediamo intorno a lui. E' una storia interiore. Io invece prediligo l'esteriorizzazione dei sentimenti raccontati attraverso immagini e accadimenti. Qui il problema è accade molto poco. Quasi nulla. Si resta imprigionati in una frana di parole. Se ne esce storditi.

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Pietro D'Addabbo
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Re: Sottosopra.

Messaggio#14 » sabato 24 ottobre 2020, 14:32

Ciao Filippo,

grazie per il tuo commento quasi poetico.
Forse dovrei prenderlo come una corposa critica, ma mi fa piacere come fosse un grande complimento.
È di fatto un mio 'istinto' quello di essere cervellotico, non voglio rinnegarlo, ma tenterò di farlo trasparire meno.
Cercherò di migliorare arricchendo ulteriormente d'azione e di comprimari i prossimi racconti.
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Ilariya_
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Re: Sottosopra.

Messaggio#15 » sabato 24 ottobre 2020, 14:47

Ciao Pietro,

non riesco bene a giudicare il racconto. Da un lato ho apprezzato molto le descrizioni del luogo di lavoro del protagonista ed è ben resa la solitudine che lui prova. Dall'altro c'è questo dialogo interiore che lascia impliciti troppi dettagli che servirebbero al lettore per capire meglio la situazione e gli avvenimenti. Ne risulta un monologo un po' confuso.
La trama di un minatore la cui vita è minacciata da un terremoto è una buona idea, con qualche accorgimento ne potrebbe uscire una buona storia.
Non è molto chiara la frase: "Abbraccio la colonna, lei rimane fredda, incurante… eppure non siamo sposati.”

Charlesdexter
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Re: Sottosopra.

Messaggio#16 » lunedì 26 ottobre 2020, 11:09

Ciao Pietro, il racconto è scritto in uno stile elegante, le massime utilizzate dal protagonista sono calzanti, la vicenda interiore è sviluppata bene. Il senso di solitudine mistica di chi discende negli abissi è resa efficacemente, così come il disadattamento che segue il ritorno in superficie.
Di seguito alcune noiose e pedanti note:
“Intorno la roccia”: inserirei una virgola dopo “intorno”.
Dopo “afflitto” andrebbero usati i due punti, obbligatori quando s’introduce un discorso diretto.
“Vai.”, qui non ci andrebbe alcun punto o alcuna virgola (in questo caso la parola successiva andrebbe scritta con l’iniziale maiuscola).
Inserirei una virgola dopo “bellezza”.
“Stato io.”: qui niente punto o maiuscola.
“Nè” va scritto con l’accento acuto.
“Tutto intorno”, “intorno” è una ripetizione, da eliminare.

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Pietro D'Addabbo
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Re: Sottosopra.

Messaggio#17 » lunedì 26 ottobre 2020, 18:20

Ilariya_ ha scritto:Non è molto chiara la frase: "Abbraccio la colonna, lei rimane fredda, incurante… eppure non siamo sposati.”


Ciao Ilaria, grazie dei tuoi commenti.
Questa frase voleva essere una battuta per far trasparire l'opinione dell'uomo sul suo matrimonio, in particolare sulla freddezza di sua moglie di fronte a manifestazioni d'affetto come un abbraccio. Sicuramente troppo criptica.

Charlesdexter ha scritto:Di seguito alcune noiose e pedanti note


Ciao Alessandro, grazie anche a te per i commenti ed anche per le note. Sono utili, aiutano a ricordare di focalizzare anche sui dettagli la rilettura nonostante i tempi risicati di questa competizione.
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Giulio_Marchese
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Re: Sottosopra.

Messaggio#18 » martedì 27 ottobre 2020, 20:31

Ciao Pietro,
mi spiace ma non sono riuscito ad immergermi nel tuo racconto, proverò a razionalizzarne le ragioni ma tieni sempre presente che si tratta in primis di gusti personali.
Quello che succede, purtroppo, non mi coinvolge. Non c'è un reale motivo per cui dovrebbe interessarmi a causa di una certa mancanza di conflitto. Forse quel conflitto c'è stato, un grande struggimento interiore, ma non è attualizzato nel racconto che sembra arrivare ex post, a vicenda conclusa.
Anche la prosa non mi è parsa propriamente scorrevole, non è male ma alcuni passaggi li ho trovati ripetitivi. In più le immagini che mi ha restituito sono state abbastanza esigue.
Per migliorare il testo sarebbe necessaria intanto una maggiore costruzione dell'empatia, e poi qualche limatura stilistica per rendere il tutto più sensoriale. Non è necessario cambiare tutto, aggiungere più azione o cose del genere, sarebbe sufficiente snellire periodi un po' baroccheggianti e aggiungere sensazioni provate dal personaggio qui e ora, magari ad intermezzare il monologare interiore.
Non posso dire che mi sia piaciuto ma ci vedo del potenziale.

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antico
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Re: Sottosopra.

Messaggio#19 » sabato 31 ottobre 2020, 21:05

Mi è piaciuto molto proprio per questo tuo stile lento, ragionato, solido, però sul finale vai troppo veloce e l'uscita dall'inferno si risolve in poche righe non permettendo al lettore di "sentire" quella parte in modo potente quanto la prima. La chiusa, poi, non funziona perché il riferimento alla moglie dovrebbe essere più chiaro e il suo sentimento contrastante nei suoi confronti più evidente ancora. O, forse, tutto il problema sta proprio nella velocità con cui lo fai salvare e avesse tribolato di più sarebbe sembrato tutto più giusto. Per me un pollice tendente verso l'alto in modo convinto nonostante quel problema finale.

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Pietro D'Addabbo
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Re: Sottosopra.

Messaggio#20 » domenica 1 novembre 2020, 11:52

Grazie a entrambi, Giulio e Antico, per i vostri commenti.

Proverò a tenere conto di entrambi, anche se apparentemente puntano in direzioni opposte.
Inizialmente avevo pensato di introdurre il minatore direttamente durante il terremoto, ma nel breve tempo a disposizione per scrivere mi sono trovato sprovvisto di idee sul modo migliore di dipingere il 'paradiso' che quel posto rappresentava in precedenza per il protagonista senza scadere nell'infodump.
Perciò ho scelto di partire da un'intro che lo descrivesse, emotivamente e solo dopo passare al terremoto.
Devo imparare a dare più equilibrio fra le varie parti ed anche ad essere più sensoriale, con descrizioni non solo emotive ma anche ambientali più dettagliate.
"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)

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