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Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 17 novembre 2020, 2:12
da antico
BENVENUTI ALLA SCILLA BONFIGLIOLI EDITION, LA TERZA DELL'OTTAVA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 147° ALL TIME!Questo è il gruppo NERO&ZAGARA della SCILLA BONFIGLIOLI EDITION con SCILLA BONFIGLIOLI nelle vesti di Guest Star. Gli autori del gruppo NERO&ZAGARA dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo L'ULTIMA SOGLIA.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo TULLO OSTILIO. Questo è un gruppo da NOVE racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da SCILLA BONFIGLIOLI. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso. Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti
RANK D'ERA, a seguire ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso del
RANK ALL TIME (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ottenuto punti nel corso dell'Era in corso e che non hanno acquisito punti nel RANK ALL TIME sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). Importante accorgimento: in quest'Era il gruppo con il Leader della classifica non potrà mai essere quello con più racconti, motivo per cui quando ci sarà un numero diverso di racconti per gruppo, come in questa edizione, gli ultimi racconti verranno assegnati saltandolo.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo NERO&ZAGARA:Fallo entrare, Winston, di Andrea Lauro, ore 23.44, 3727 caratteri
Amo i miei mostri, di Marco Roncaccia, ore 00.56, 4026 caratteri
Tremate, mostri!, di Giorgia D’Aversa, ore 00.52, 4181 caratteri
Il frutto proibito, di Alessio Magno, ore 00.41, 4228 caratteri
Blues, di Andrea Spinelli, ore 23.06, 4104 caratteri
Una mano amica, di Stefano Moretto, ore 00.40, 4200 caratteri
Sabato sera, di Stefano Impellitteri, ore 22.35, 2503 caratteri
Il lago, di Giuliano Cannoletta, ore 23.33, 4186 caratteri
Notte da favola, di Alessandro Randone, ore 00.52, 3983 caratteri
Avete tempo fino alle 23.59 di giovedì 26 NOVEMBRE per commentare i racconti del gruppo L'ULTIMA SOGLIA. Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 27 NOVEMBRE, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti.
NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo L'ULTIMA SOGLIA e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora:
date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro. Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo:
– 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri.
– 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri.
– ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo. Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me.
Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la
classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo L'ULTIMA SOGLIA.
Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti. BUONA SCILLA BONFIGLIOLI EDITION A TUTTI!
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 17 novembre 2020, 9:22
da alexandra.fischer
Buongiorno, ecco i miei commenti e relativa classifica:
FALLO ENTRARE, WINSTON di Andrea Lauro Tema centrato. Il mostro è un essere umano, ma con una deformazione al volto tale da impedirgli di parlare. Winston è il tipico assistente del Grande Chirurgo, figura di stampo ottocentesco. L’ambientazione della storia, infatti, con il suo anfiteatro colmo di professori e studenti ad assistere all’intervento, mi fa pensare all’epoca positivista. Come pure, i dubbi del Grande Chirurgo, il quale si fa coraggio nel finale (consapevole forse di avere strumenti inferiori a quelli che servirebbero ma disposto comunque a tentare di correggere la deformità del paziente). Ottima la scrittura.
AMO I MIEI MOSTRI di Marco Roncaccia Tema centrato con una piccola folla di mostri. La protagonista rimane sullo sfondo, ma si capisce che è una di loro. Prima descrive Bruno, il poco attraente libraio pedofilo-voyeur fissato con le ragazzine, poi passa ad Ana (donna delle pulizie in banca) dall’impulso umanitario nei riguardi dei barboni assiepati sotto i portici della piazza (sì, lo vedo così. L’acqua sporca con la quale li lava a suo modo, e anche quell’ultimo gesto, il contenitore di vino alla candeggina offerto al barbone. Mi ha fatta pensare a “Uomini e Topi” di Steinbeck, con l’omicidio del ritardato. Un modo di far smettere di soffrire; che poi ci sia anche una ritorsione nei riguardi del patrigno stupratore, ci sta, dà una certa complessità al personaggio). Poi, si passa al serial killer Matteo, specialista nel sezionare immigrati dell’est Europa e maestro della Nostra (grazie anche all’esperienza nel mattatoio). Lei ha imparato bene la lezione (e ha messo in pratica il detto: “Uccidi il maestro”), e ora, sul finale, è alle prese con una vittima. La storia è ben scritta, ma le manca un po’ di collante (ti spiego: siccome c’è una vittima finale alla quale la Nostra si rivolge, dovresti partire con qualcosa tipo: “Non agitarti, finirà presto. Non sono poi così cattiva, ho degli amici anch’io, ad esempio, Bruno…”; oppure potresti dare un volto alla vittima: può anche essere una ragazzina che ha offeso Bruno, un barbone che vuole denunciare Ana, un immigrato che manca da una lista lasciata da Matteo). Oppure è lei stessa una vittima di abusi da parte di un patrigno alcolizzato e straniero e cerca vendetta. Prendili come umili consigli.
TREMATE, MOSTRI! di Giorgia d’Aversa Tema centrato, in un contesto fantasy carino. Si vede che è originale (penso al fantomatico bisso galeto, talmente brutto da morire se si guarda nello specchio e la cui morte dovrebbe essere taumaturgica per il difetto alla palpebra del protagonista, ma anche al resto del corpo: in realtà inganno dell’eroe eunuco per sentirsi bello e sedurre Boris Palpebra Cascante). Questo, malgrado malgrado l’ambientazione abbia un che di medievale ed echi di Terry Brooks nel mostrare un nano che ti pianta in asso e un orco sputacchione, oltre al giro di monete offerte dal protagonista per cercare un eroe che lo aiuti ad acchiappare il mostro che lo farà stare...tranquillo per un po’. Mi piace il personaggio dell’eroe che accorre in suo aiuto (un eunuco sfigurato da una serie di brutte ustioni e dalla mano mutilata). Bello il finale. Alla fine, il bisso galeto è inutile. Di mostro taumaturgo ce n’è già uno, L’Eunuco Monco e Sfigurato e il Nostro Boris dalla Palpebra e dal Corpo Ballerini è disposto a non lasciarselo scappare (malgrado non sia gay come l’eunuco) per via delle carezze curative.
IL FRUTTO PROIBITO di Alessio Magno Tema centrato. In un racconto complesso. Dapprima, mi ha portata a pensare a una scienziata pazza, alle prese con freaks da dissezionare in un misto di sofferenza e crudeltà, poi ho pensato a una suora alle prese con demoni (forse fuorviata dal riferimento al Serpente e a Eva). Infine, tu spieghi che si tratta di una madre che vendica la figlia stuprata (e presumo uccisa) rapendo ed evirando uomini (non tutti. Vedi i prigionieri nelle gabbie della cantina). Molto bella la ricostruzione della cantina (con echi di quella rigurgitante follia e disperazione del lovecraftiano Joseph Curwen de “Il caso di Charles Dexter Ward) e la contrapposizione del quotidiano (la station vagon) all’orrore puro (il bisturi arrugginito, la vittima trasformata in cena per i compagni di sventura).
Attento, ti riporto sotto le parti corrette:
per Sua Grazia
il Serpente
BLUES di Andrea Spinelli Tema centrato. E in che modo sottile. Blues è la Depressione. E hai anche usato il nomignolo che Winston Churchill, il quale ne soffrì per tutta la vita, benché alternata a euforia maniacale, utilizzava per definirla: “Il cane nero”. Mi piace come la personifichi, sotto le sembianze di questo cagnone che ruba la vita al protagonista e gli interessi (ragazze, fantacalcio, gite in camper con gli amici, il basket) e lo induce al tentato suicidio (meno male che il baffuto dottore di Traumatologia lo indirizza alla psichiatra Susanna, così, il Nostro riesce a domare il cagnone riducendolo alle dimensioni di un chihuahua e poi ne ridimensiona le forze a quelle di un peluche). Insomma, malgrado l’idea iniziale del Nostro, con quel cagnone lì non si rimorchia affatto. Ottima la scrittura. E anche lo spunto.
UNA MANO AMICA di Stefano Moretto Tema centrato. Bella l’idea della chimera uomo-leone contrassegnata da un numero e coperta di ferite per domarla in vista della consegna a un ricco cliente collezionista di mostri. Il personaggio del medico dall’indole gentile, che si prende cura della creatura curandola con zelo e arrivando persino ad accarezzarne la chioma, si fa amare dal Lettore, come pure la chimera (gli occhi tristi malgrado l’aspetto temibile danno una stretta al cuore; il vero mostro è il cliente, che la tratta da oggetto da riparare e acquistare il prima che si può). Originale il finale: il medico è un uomo camaleonte camuffato. Piacevoli anche i dialoghi fra il medico e il capo reparto, anche lui solidale nei riguardi del mostro ingabbiato.
Attento, segno le parte corretta sotto:
Una folta criniera le circonda il volto umano (il soggetto è la chimera)
SABATO SERA di Stefano Impellitteri Tema centrato. I mostri sono rappresentati dallo spank, dalla seritina e chissà quali altri stupefacenti usati dalla venticinquenne in vena di sballo del sabato sera salvata dal medico Silvia e dal collega di lei, determinato a mettere in guardia la giovane donna. Si è salvata solo grazie al tempestivo uso del defibrillatore, ma lei appare strafottente. Ha deciso di autodistruggersi per sfuggire a una vita opprimente (in questo, i mostri sono onesti: ti “avvisano” delle conseguenze, ecco questo è un pensiero davvero profondo).
Attento a, ti segnalo le parti corrette, attento a non abusare dei punti esclamativi, danno fastidio agli editor:
Via capo equipaggio (fuorvia il Lettore Medio, sa di SF. Meglio l’autista dell’autoambulanza)
Cazzo, Davide, avvisa quando mi devo tenere.
Fidati, è spank.
Sì, ma il giorno in cui morderà al punto di uccidermi, morirò comunque con l’illusione di avere vinto io
IL LAGO di Giuliano Cannoletta Tema centrato. La povera Eva muore per via dei troppi mostri che l’hanno portata al lago di notte (la droga pesante e il fidanzato violento). Io trovo che sia mostro anche il Commissario Zanetti: per lui è un semplice caso di suicidio da overdose di routine, e sembra di vederlo mentre si frega le mani all’idea del lavoro risparmiato. Mostri il suo cinismo con maestria (vedi la sigaretta schiacciata accanto al corpo senza vita di Eva). Il mostricino del lago, invece, pur nella sua bruttezza da bambino annegato e rimasto troppo a lungo nell’acqua, ha un che di poetico e si dimostra affettuoso nei riguardi di Eva dopo che lo ha accarezzato. Per me simboleggia una guida dell’aldilà.
Attento alla virgolettatura della frase: Quell’uomo è un mostro.
Meglio usare i trattini o i caporali (li trovi in Inserisci Simboli di Word).
Rivedrei la frase a proposito del fidanzato arrestato, così: «E’ stato il fidanzato, arrestato ieri sera dopo averla riempita di botte.»
NOTTE DA FAVOLA di Alessandro Nandrone Tema centrato. Ettore e sua madre vivono in un universo dittatoriale e stanno per essere espropriati della loro casa (da dove passerà la strada per ordine del governo). La fiaba materna, della principessa che ammansisce ogni genere di animale pericoloso, ma non gli uomini, ha un che di sinistro. Difatti, l’arrivo del drappello di militari crudeli incaricati di far sloggiare madre e figlio, conferma il finale della favola (la madre si sacrifica per salvare il figlio). Il racconto termina con la carezza di Ettore al gattino; si rialza, certo straziato e distrutto dentro, perché trova conferma delle parole della madre nella domesticità dell’animale. I mostri vengono dal governo. Forma secca, concisa, ma scorrevole nel complesso, tuttavia, c’è qualcosa da sistemare.
Attento, ti scrivo la forma corretta di alcune parti:
Perché, mamma?
Ce l’hanno con noi. Vogliamo restare qui dove loro intendono costruire una strada, un giorno verranno e ce la faranno pagare.
Fa cenno di no con la testa, non le presto attenzione, mi lancio in avanti e grido: «Fermo!»
Ora si comincia a giocare, marmocchio.
Scappa, Ettore.
Cagna, muori.
Piccolo mostro, vieni qui. Ti lascerai accarezzare, vero?
La mia classifica è soffertissima, siete tutti bravissimi autori:
BLUES di Andrea Spinelli
UNA MANO AMICA di Stefano Moretto
FALLO ENTRARE, WINSTON di Andrea Lauro
TREMATE, MOSTRI! di Giorgia d’Aversa
IL FRUTTO PROIBITO di Alessio Magno
AMO I MIEI MOSTRI di Marco Roncaccia
IL LAGO di Giuliano Cannoletta
SABATO SERA di Stefano Impellitteri
NOTTE DA FAVOLA di Alessandro Nandrone
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: sabato 21 novembre 2020, 13:38
da Alfabri
Ecco i miei commenti:
Fallo entrare, Winston, di Andrea Lauro
Ciao Andrea, piacere di leggerti e di commentarti (credo sia la prima volta).
Il racconto scivola bene per la prima metà, creando la giusta ambientazione e atmosfera. Poi qualcosa si inceppa nelle tue scelte espressive, e il filo conduttore viene un po' perso.
Dal mio punto di vista il primo punto di snodo, quando cioè il Chirurgo chiede all'assistente se tutti gli spettatori hanno pagato, è superato egregiamente (anche perchè evidenzia l'imperituro conflitto insito nel mestiere del professionista della salute tra aspetto economico e aspetto di cura). La bontà compassionevole che il chirurgo trasudava viene picconata per la prima volta.
Il problema viene dopo: "Oggi celebreremo l’ennesimo trionfo dell’Uomo." cozza troppo con "Non so se avrò successo, me ne rendo conto." se l'obiettivo era mettere in evidenza l'aberrante megalomania del chirurgo, e per contrasto generare il turning point tra l'iniziale mostruosità del paziente e la vera mostruosità del medico.
Inoltre ho intuito che volessi chiudere il cerchio carezze al presunto mostro-(auto)carezze al vero mostro con la frase finale, purtroppo anche questa non si addice affatto al chirurgo "mostruoso" che volevi tratteggiare.
Con qualche ripensamento potrebbe risultare un buon racconto, per quanto non particolarmente eclatante.
Alla prossima!
Amo i miei mostri, di Marco Roncaccia
Ciao Marco e piacere di leggerti.
C'è un qualcosa che non mi torna al 100% in questo racconto, ma non riesco a metterlo bene a fuoco. L'idea è che una personalità disturbata faccia da "giustiziere", segregando e uccidendo malamente alcune persone, sulla base di comportamenti ignobili che esse hanno messo in atto. Però nel contempo queste persone devono essere "un'umanità ferita, in cerca di riscatto", e nel contempo la protagonista stringe un legame che pare sincero con loro... Non so, percepisco un cortocircuito di fondo ma non riesco a scioglierlo chiaramente. Forse mi viene difficile collegare l'affinità elettiva tra killer e vittima con l'omicidio... Si può uccidere perchè ci si rivede in qualcuno?
Vabbè sto diventando tedioso e pignolo, per il resto di posso dire che la lettura scorre con piacere e attira parecchia curiosità fino alla fine, dove comunque riesci con la chiusa a seminare un po' di inatteso (la protagonista svela che noi siamo la prossima vittima).
Avrei tagliato solo questa frase, veramente superflua: "Sia che volessero lasciare i libri dell’anno precedente in conto vendita, sia che dovessero acquistare i libri dell’anno scolastico in corso". Il discorso poteva ripartire direttamente da Bruno.
Alla prossima!
Tremate, mostri!, di Giorgia D’Aversa
Ciao Giorgia, piacere di leggerti e di commentarti! (credo per la prima volta)
Una storia leggera, narrata con verve e senza evidenti incertezze, che gioca sulla definizione di mostro e sull'ambiguità sentimentale del nuovo compagno del protagonista. Un po' "freak" la scelta del portacipria con tanto di citazione della sorella in un contesto fantasy di orchi e nani, nel computo finale di una storia volutamente sopra le righe, devo dire che ci sta. L'idea per la chiusa finale mette il punto con coerenza ad un racconto che non si prende troppo sul serio, ma per questo si fa notare.
Brava, alla prossima!
Il frutto proibito, di Alessio Magno
Ciao Alessio, piacere di leggerti e di commentarti.
Prima considerazione: cattolicesimo e sete di vendetta fanno irrimediabilmente a pugni tra loro, quindi ci serve un chiaro elemento di follia nel tratteggiare la donna per riuscire a far quadrare il cerchio e questo manca, anzi la sua felicità sembra "naturalmente" frutto della vendetta ottemperata. Rendere evidente la follia della donna farebbe fare un bell'upgrade al racconto (e di motivi per essere impazzita ne ha ben donde!).
La seconda considerazione è sicuramente sull'eccessiva prolissità della prima parte, che probabilmente voleva spiegare il contesto della vicenda nelle tue idee, ma non fa altro che appesantire il racconto. "Era passato così tanto dall’ultima volta, aveva quasi dimenticato cosa si provasse. Quell’adrenalina, quello spasmodico e vorace senso di giustizia rimasto fin troppo a digiuno. Poi finalmente, ne aveva trovato un altro. Per sua grazia era tornato il tempo di banchettare." e "Era felice per loro. In fondo gli permetteva di condividere il loro dolore, una condivisione mascherata da sollievo, che in realtà non faceva altro che amplificarlo. Per questo ne era felice." son due mazzate sulla lettura difficili da digerire, e, benchè capisca che volessero veicolare certi messaggi, sono totalmente superflui allo scopo, specie in un racconto così breve.
Terzo appunto, occhio ad alcune scelte lessicali: "Per sua grazia" funziona solo come riferimento diretto a Dio ("Per Sua grazia"), ma non sono sicuro che volessi dire quello; "Era estatica." non è sbagliato, ma mi suona molto artefatto; "erano alla stregua tra la vita e la morte" invece è proprio sbagliato, alla stregua è un sinonimo di come, quindi superfluo in questo contesto.
Infine una nota sul tema: l'idea di accarezza dei mostri era difficile da declinare, per cui te lo concedo, ma l'accarezzare i mostri per come l'hai collocato te è veramente forzato, mi sarei aspettato anzi feroce rabbia e repulsione.
Dopo tutte queste critiche, ti dico che nel complesso il racconto non è comunque da buttare, anzi, è una prova comunque sufficiente!
Alla prossima!
Blues, di Andrea Spinelli
Ciao Andrea, piacere di leggerti e commentarti.
Vado controcorrente e ti dico che il tuo racconto mi è piaciuto così com'è.
E' vero, non c'è show ed è tutto tell, ma la verità è che l'unica chiave con cui avresti potuto comunicarci tutto quello che desideravi comunicarci (e con un po' di malizia, centrare il tema con le carezze finali al mostro, frutto della risoluzione della vicenda). Eppure è un racconto profondo, che riesce a tratteggiare con cura, e direi persino classe, una delle più gravi malattie dei nostri tempi moderni. Serve sicuramente una pazienza e uno sforzo intellettuale per calarsi nei panni del protagonista, ma fatto questo sforzo, la soddisfazione è massima, perchè non c'è una sola frase banale in questi 4000 caratteri; inoltre, dopo aver letto questo racconto, conosco molto meglio Andrea Spinelli di quanto non lo conoscessi prima, e credo che già questo sia un risultato non da poco per uno scrittore.
Aggiungo che se fossi partito dallo studio della psichiatra, difficilmente avresti potuto attraversare tutte le fasi della malattia, in particolare la guarigione, e il racconto ne sarebbe risultato "monco".
Complimenti e alla prossima!
Una mano amica, di Stefano Moretto
Ciao Stefano, piacere di leggerti e commentarti.
Ho essenzialmente qualche perplessità sulla trama: la chimera deve essere acquistata da un facoltoso cliente come scorta. Quindi deduco che sia un prodotto del laboratorio, rivenduto poi al cliente finale. In questo senso non mi è chiaro perchè la troviamo lì così malamente ferita. Come se fosse stata di un precedente cliente che l'ha restituita, oppure come se fosse stata catturata in natura, ma tutto questo non quadra con il resto del racconto. Questo dubbio mi tormenta parecchio e non mi fa godere appieno del racconto, che di per sè è anche ben condotto (mi piace il legame che hai creato tra il mostro e il medico, che poi riveli essere anche lui un mostro sotto mentite spoglie).
Attenzione sul finale: "la mano riacquista il colore roseo con cui mi travesto dagli umani." Scegli: o scrivi "con cui mi travesto da umano" oppure "con cui mi nascondo dagli umani".
Nel complesso, una buona prova, complimenti!
Alla prossima!
Sabato sera, di Stefano Impellitteri
Ciao Stefano, piacere di leggerti e commentarti!
Il racconto parte ben, con ritmo serrato, direi quasi adrenalinico. Anche i primi dialoghi funzionano. Poi arriva di botto il finale, in cui il racconto si incarta su sè stesso scadendo nel didascalico. Sembra come se avessi finito le buone idee per andare avanti, e allora hai pensato di chiuderla con un messaggio in pillola, il quale purtroppo però sa tantissimo di artefatto (questo genere di consapevolezza nelle riflessioni non ce la vedo affatto in bocca ad una appena resuscitata dai morti dopo un viaggio da sostanze).
Alla prossima!
Il lago, di Giuliano Cannoletta
Ciao Giuliano piacere di leggerti e di commentarti!
Mi accodo al commento di Maurizio, questo è un bel racconto. Diciamo che le prime righe erano in parte evitabili, ma poi con l'apparizione del mostro la vicenda si delinea con la necessaria calma e delicatezza. La vita di questa ragazza è soffocata da mostri: il ragazzo, la droga. A posteriori, anche il cinico commissario. L'unico mostro che la riesce a consolare, è quello del suicidio. Un racconto denso di significato, misurato nello stile e nei toni, cupo ed emozionante al punto giusto.
Per me risultato centrato, complimenti.
Alla prossima!
Notte da favola, di Alessandro Randone
Ciao Alessandro, piacere di leggerti e commentarti!
Mi unisco anch'io alla "caccia al luogo ed epoca del racconto": secondo me questa ambientazione è perfetta per un villaggio di un Paese centroafricano sotto dittatura... Peccato che difficilmente lì troveremo soldati di nome Rocco :-) Quindi, sul setting si poteva fare di meglio.
Ci sono qua e là un po' di aspetti da rimaneggiare in questo racconto. In primis non scorre lineare come dovrebbe, a tratti impone di fermarsi e tornare indietro a rileggere. Questo soprattutto per un uso un po' approssimativo di lessico e punteggiatura. Ad esempio, la frase “Non c’è mostro che non mi sia venuta voglia di accarezzare, diceva la principessa agli orchi della foresta poi gli si avvicinava e gli porgeva la mano, questi si ammansivano, poi era la volta dei leoni, poi dei lupi, infine degli uomini, ma questi la catturavano e se la portavano via.” è molto caotica, manca di virgole e due punti che ne regolarizzino il ritmo ed è troppo farcita di avverbi di tempo. Lavorando di cesello sul testo su questi aspetti, la piacevolezza della lettura e di conseguenza la qualità generale del racconto ne trarrebbe parecchio giovamento.
Buon lavoro, alla prossima!
Ed ora, la durissima classifica:
1) Blues, di Andrea Spinelli
2) Il lago, di Giuliano Cannoletta
3) Una mano amica, di Stefano Moretto
4) Amo i miei mostri, di Marco Roncaccia
5) Tremate, mostri!, di Giorgia D’Aversa
6) Il frutto proibito, di Alessio Magno
7) Fallo entrare, Winston, di Andrea Lauro
8) Sabato sera, di Stefano Impellitteri
9) Notte da favola, di Alessandro Randone
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: domenica 22 novembre 2020, 9:49
da MatteoMantoani
I miei commenti.
Fallo Entrare, Winston. Di Andrea Lauro
► Mostra testo
Il tuo racconto è molto evocativo, giochi molto con l’effetto scenico della luce che scompare e ricompare a svelare un segreto nascosto. L’episodio mi ricorda molto l’ispezione medica dell'uomo elefante e rispettivo film in bianco e nero di Lynch (anche tu non menzioni dei colori a parte il nero, quindi il parallelismo col film di Lynch viene facile). Il colpo di scena del pubblico è ben riuscito, le descrizioni e le azioni dei personaggi sono realistiche, quindi sulla narrazione nulla da dire.
La cosa che mi ha deluso un pochino è come hai costruito l’interiorità del protagonista. Mi spiego: per quanto il colpo di scena della lezione con pubblico sia ben riuscito, avrei accentuato un pochino di più l’inversione della natura del protagonista (da buon dottore che aiuta i poveretti, a mero scienziato che agisce solo per il suo interesse e vanità). La prima parte del racconto infatti lascia intendere che il medico sia mosso da spirito compassionevole, la seconda rivela la sua vera natura… ma è una natura mostruosa? Il suo accarezzarsi alla fine e il tema della gara lasciano intendere che tu la pensi così, ma il lettore qualsiasi non ci arriva. A mio avviso dovresti calcare la mano di più e polarizzare meglio questi opposti. Il dottore potrebbe ancora di più cercare di convincere il paziente riluttante con false lusinghe, belle frasi e magari affetto e pietà, mentre nella seconda parte potresti aumentare il distacco con qualche frase di disprezzo in più o un fraseggio mentale che sottolinei le sue vere intenzioni.
C’è da dire che la natura tenebrosa del dottore è scandita dal servitore, Winston, che non viene descritto ma su cui comunque il lettore associa una figura “alla Igor”. Che dici se invece Winston fosse stata una bella studentessa di medicina? Questo avrebbe potuto aggiungere qualcosa al gioco della trasformazione interiore del dottore: la bella donna dall’aspetto angelico che convince il malato a fidarsi e che poi invece si rivela essere una arrivista che sfrutta la sua bellezza per ingraziarsi il dottore (avremmo un altro mostro simbolico al pari del dottore stesso); avrebbe anche aiutato ad accentuare la vanità del dottore, con qualche frase della serie “la studentessa gnocca mi fa sempre guadagnare applausi in più”.
Nel finale non si capisce bene se il dottore si debba assentare per riprendersi dall’eccitazione o per trovare il coraggio di operare. Propendo per la prima ipotesi, perché la seconda andrebbe a snaturare il racconto. Toglierei quindi quel “ce la farò”, per evitare fraintendimenti.
Comunque bella idea, difficile da rendere in così poco spazio e questo ti dà una menzione d’onore in più.
Amo i Miei Mostri. Di Marco Roncaccia.
► Mostra testo
Ciao Marco, piacere di leggerti. Il tuo racconto segue una traccia molto lineare, tre ricordi che vengono evocati allo scopo di descrivere la natura della voce narrante, una specie di riedizione del protagonista del telefilm di Dexter. L’impianto regge fino alla fine, i tre episodi sono cupi e ben resi. Purtroppo già dopo il primo ricordo ho capito dove volevi andare a parare, quindi leggere gli altri due non è stato così rivelatorio, ma una conferma graduale dell’idea che mi avevo fatto. Forse il difetto sta proprio in questa prevedibilità, complice anche il fatto che conosco Dexter. Per il resto non ho molti appunti da farti, la lettura procede dall’inizio alla fine senza intoppi, non sono dovuto tornare indietro a rileggere per capire meglio e questo è necessario in una narrazione scorrevole. Avrei messo i due punti al posto della virgola, qualche volta, per esempio nella primissima riga: “Amo i miei mostri, per esempio: Bruno”. Forse qui ci stava anche senza niente.
Non so se ha senso, ma forse togliere le ultime righe dei paragrafi che vanno un pochino ad anticipare il colpo di scena, ad esempio: “Accarezzavo la parte glabra della sua testa, lui si rilassava e si apriva con me.”
In generale il racconto mi è piaciuto, ma gli mancherebbe quella spinta in più per rendere la lettura più coinvolgente.
Tremate Mostri. Di Giorgia d'Aversa
► Mostra testo
Il tuo racconto ha dettagli ben curati e un’idea simpatica, avendo letto moltissimi fantasy non trovo granché di originale nella tua ambientazione, ma va bene così. Le scene reggono bene, c’è una buona dose di umorismo che tiene alta l’attenzione e non trovo granché da segnalare nello stile (magari fai attenzione alla prima battuta di dialogo, la battuta è di Herbert e lo specificherei subito altrimenti sembra che sia il protagonista a parlare). Di certo il poco spazio ha limitato un pochino la tua narrazione: avrei gradito qualche dettaglio in più, soprattutto sulla natura della maledizione del tic e sua risoluzione attraverso il contatto con un mostro; avresti magari potuto inserire un fraseggio mentale o una battuta di dialogo per spiegare come mai il protagonista soffre di questa strana malattia.
Ci sono altri piccoli difetti di coerenza delle scene: quando ho letto che l’eunuco ha la barba sono andato a chiedere conferma al mio amico Google, e lui mi ha confermato quello che sospettavo: ovvero che agli eunuchi non cresce la barba. Arriverei ora a quello che identifico il difetto più grosso del tuo racconto: ovvero il modo in cui mostri (o meglio: non mostri) come Lucius si dichiari al protagonista. Quando ho letto la frase “È per sentirmi bello quando sono con altri uomini… soprattutto se affascinanti come te” non ho pensato che Lucius stesse cercando di sedurre il protagonista, ma piuttosto che stesse lanciando una specie di ironica presa in giro, o comunque una frase scherzosa. Qui manca a mio avviso un piccolo dettaglio che specifichi le vere intenzioni di Lucius, magari puoi farlo arrossire, guardare per terra, abbassare la voce… tutte le cose che uno timido fa quando si dichiara.
Per il resto direi che il racconto mi ha divertito, grazie e alla prossima!
Il Frutto Proibito. Di Alessio Magno.
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Premetto che questo racconto ha una forte dose di dettagli macabri e morbosi, cose che apprezzo. Il tuo racconto è molto lineare, una singola scena che si svolge senza troppi impedimenti e colpi di scena. Sì: avevo capito già alla quarta riga che i mostri non erano proprio mostri, ma magari persone cattive. Il colpo di scena finale quindi non mi è arrivato, se volevi insinuare qualche dubbio in più avresti forse potuto limitare l’uso di dettagli relativi a oggetti ordinari, come l’automobile, e forse descrivere fin da subito l’aspetto peloso della vittima, o farci sentire qualche grugnito o rantolo animalesco.
In genere quindi la trama purtroppo non mi ha preso più di tanto, ma ho apprezzato il finale grandguignolesco, proprio perché mi piacciono queste cose…
Se c’era un riferimento o un gioco rispetto agli elementi della Genesi, come il frutto, Eva, serpente eccetera, ho paura di non averlo colto. A mio avviso hai inserito questi riferimenti un po’ per dare una natura religiosa al sentimento di vendetta della protagonista, ma il racconto avrebbe funzionato lo stesso se avessi messo “Genoveffa” al posto di “Eva”, proprio perché manca un legante allegorico che colleghi questi riferimenti alla trama del tuo racconto. Devo anzi dire che ho dovuto leggerlo due volte per capire che “Eva” non era quella della Genesi, ma una ragazza con lo stesso nome e la vittima il suo stupratore, quindi la ricerca di un significato più profondo (che poi non c’era) mi ha un momentino confuso.
Sullo stile avrei delle cose da consigliarti: usi il narratore onnisciente in terza, ovvero hai scelto il narratore che per antonomasia riceverà più critiche perché poco immersivo; ti consiglio di studiare un po’ di show don’t tell e cercare di integrare il tuo stile con un po’ di mostrato in più: la tua narrazione non farà che giovarne in immediatezza e facilità di interpretazione.
Un consiglio che do molto spesso (a costo di sentirmi anche rimproverare) è di sfoltire. Hai inserito spesso delle frasi che vanno ad aggiungere dettagli a quelle precedenti, senza reale necessità. Per questo il tuo stile, per i miei gusti, è un pochino ridondante. Il ritmo parte lento e si accelera andando verso la fine, solo che secondo me parte troppo lento. C’è qualche digressione di troppo che rischia di allontanare l’attenzione del lettore, sfoltirei le parti raccontate che hai messo all’inizio.
A mio personale giudizio quindi hai delle potenzialità, però devi curare un pochino di più lo stile per renderlo più immediato e immersivo, e se inserisci dei dettagli allegorici devi creare un’allegoria che sia facilmente interpretabile. Tutto sommato comunque ho letto il tuo racconto con piacere. Alla prossima!
Blues. Di Andrea Spinelli.
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Devo dire che mi trovo un poco in imbarazzo a commentare il tuo racconto, perché non l’ho capito. O meglio, ho capito che Blues è un'llegoria che identifica qualcosa (e il commento di Alexandra mi dà una mano enorme a identificare quel qualcosa con la depressione), però senza un aiutino non ci sarei arrivato… avrei preferito che tu avessi inserito qualche piccolo indizio in più a chi non conosce la metafora del cane nero di Churchill (ancora grazie ad Alexandra), però lo stesso alla fine della fiera il racconto non mi ha preso molto. Non a causa del suo significato simbolico, ma per la mancanza di qualcosina in più. Se avessi magari inserito non solo il cane ma qualche altro mostro, per esempio un canarino a simboleggiare l’invidia, allora magari avrei percepito di più un conflitto interiore portato verso l’esterno con la manifestazione di qualcosa (c’è un riferimento al daimon di Pullman, o sto viaggiando troppo con la fantasia?). Però… però… capisco le tue intenzioni e mi dispiace ammettere che non sono un grande fan di racconti di questo tipo.
Sullo stile ho poco da dirti, la voce narrante è un personaggio che si siede sul palco e fa un monologo a una platea invisibile (peraltro usando anche una costruzione delle frasi un pochino gergale a volte, ma ci sta); il tuo intento era questo e l’hai raggiunto, quindi non voglio aggiungere nulla.
Non ho proprio capito cosa intendi con alcune frasi, ad esempio: “Blues era un uragano, un uragano violento con nomi di donne lasciate da sole”, fai riferimento al fatto che danno nomi di donna agli uragani? Non capisco proprio cosa vuoi dire.
In definitiva mi dispiace ma sebbene apprezzi l’idea di base (dopo che me l’hanno spiegata) fatico a farmi piacere il tuo racconto, questione di gusti, mi perdonerai.
Una mano amica. Di Stefano Moretto.
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. Ho iniziato il tuo racconto con interesse, lo scenario che descrivi (anche se già visto altrove) è intrigante, una società in cui vengono creati dei mostri in laboratorio per essere poi venduti come animali domestici (o da guardia, in questo caso). C’era un episodio di “Masters of SciFi” in cui veniva descritto un futuro molto simile a questo.
Il colpo di scena finale è ben reso, anche se mi aspettavo qualcosa del genere e quindi non ho provato la giusta dose di sorpresa. Forse a parte l’empatia con la bestia, la voce narrante potrebbe esprimere qua e là il disprezzo per gli umani, e comunque non si capisce quale sia il fine per il mutante camaleontico si traveste da umano (un pizzichino di spiegazione in più non avrebbe guastato, anche nelle battute finali, della serie “Presto gli umani saranno al tuo posto in gabbia”).
Dal punto di vista tecnico usi un buon uso del mostrato, ho notato qualche piccola imperfezione qua e là (in poche frasi ripeti la parola “porta” cinque volte) però sono piccoli difetti dovuti al poco tempo e al poco spazio, quindi a mio parere non contano molto.
In definitiva ho letto il racconto senza dover tornare indietro a rileggere pezzi che non si capiscono (come deve essere) e ho apprezzato la trama e il colpo di scena finale. A mio parere è un buon lavoro, anche se un pochino banale, ma che si legge volentieri.
Sabato Sera. Stefano Impellitteri.
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La prima cosa che ho notato del tuo racconto è la brevità, cosa rara. Hai usato poco più dello spazio disponibile, e qui secondo me hai fatto un errore. La tua idea è buona, però ho sofferto la mancanza di qualche dettaglio in più. La scena di Pulp Fiction che preferisco è proprio quella in cui Travolta trapassa lo sterno di Uma Thurman con la siringa di adrenalina, qui tu liquidi questo dettaglio così godibile con un “faccio la manovra”. Visto che avevi spazio perché non darmi qualcosa in più?
La ragazza si risveglia dall’overdose, ed è così pimpante da conversare col paramedico e addirittura ostentare dettagli tecnici. Ovvio che è abituata a questo genere di cose, però il modo in cui esprime è troppo razionale e senziente per uno che si risveglia da un’overdose. Anche qui avevi lo spazio per farla risvegliare nel modo giusto, per farle farfugliare frasi senza senso, sorridere al paramedico e balbettare le sue frasi. La velocità con cui si riprende rende il tutto un po’ macchinoso e poco realistico. Anche il suo dialogo verso la fine in cui esprime il suo desiderio di sballarsi e provare tutti i “mostri”, ci sta ma è poco credibile che un drogato si metta a discutere delle sue motivazioni in ambulanza. Mi spiace, sebbene trovi l’idea molto buona, l’avrei sviluppata con un po’ più di pazienza e respiro per farla evolvere e decantare di più (ho visto che hai postato alle dieci e mezza… forse avevi poco tempo). Tutto sommato comunque ho apprezzato il racconto. Sullo stile non ho molto da dire, cerchi di rispettare le regole del mostrato e ci riesci quasi sempre: ci sono un paio di movimenti che non ho colto subito, come Silvia che si allunga sul corpo della paziente per guardarmi in faccia… visto che non avevo idea di dove fosse Silvia ho dovuto collocarla in un posto mentre immaginavo la scena. Altra piccola stonatura è proprio nelle frasi iniziali: “Il capo equipaggio inchioda di colpo, se non fosse stata per la paratia mi sarei ritrovato sul cruscotto” le parole “equipaggio” e “paratia” mi hanno portato su una nave pirata, poi ho capito che eravamo in un’ambulanza, però meglio se lo capivo alla prima battuta.
In definitiva, per quanto mi risulti poco credibile e poco sviluppata, la tua idea mi è piaciuta. Spero di leggere ancora un tuo pezzo. Alla prossima!
Il Lago. Di Giuliano Cannoletta.
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Subito dopo le prime righe mi accorgo che per i miei gusti il tuo stile è un pochino acerbo. Spezzi le frasi in molti segmenti usando virgole che magari non servono, usi il narratore onnisciente che per definizione è il narratore più facile per chi scrive ma il più difficile per chi legge, e fai qualche errore qua e là: fai mugolare il vento (per quanto “mugolare” sia un verbo un po’ ardito per il vento, non riesco proprio a figurarmi il suono che descrivi); a metà racconto descrivi dei colori (le macchie violacee delle cicatrici) anche se l’azione si svolge di notte.
La frase finale mi confonde, cosa vuol dire che anche il commissario è un mostro? Cosa aggiunge alla trama e al contesto? Forse avresti potuto concludere in altro modo, facendo provare più odio per il commissario e più empatia per Eva, che ne so: il commissario che tocca la testa della ragazza con la scarpa per girarla e guardarla in faccia.
Insomma, sebbene la trama e l’idea mi siano piaciute, ti consiglio di curare un pochino di più il tuo stile per rendere ciò che scrivi più immediato e leggibile. Spero di rileggere un tuo lavoro, alla prossima!
Notte da Favola. Di Alessandro Randone.
► Mostra testo
Ho paura che sebbene le scene che descrivi siano forti e producano molta empatia, la sensazione è quella di “già visto”. A mio avviso infatti il tuo racconto contiene un po’ di cliché, dal villaggio del protagonista distrutto e conseguente fuga fino alla mamma che implora i soldati di risparmiare il figlio. Anche il paesino distrutto per far spazio alla strada compare in numerose opere di fantasia: da “Amici Miei” a “Guida Galattica per Autostoppisti…
C’è anche il problema che non riesco a figurarmi l’epoca in cui è ambientato il racconto: da come descrivi lo stato dittatoriale, mi viene da pensare a una specie di impero medievale, però fatico a pensare a strade asfaltate nel medioevo, quindi dobbiamo essere ai giorni nostri… però fai riferimento a fiabe di principesse e orchi e soldataglia che invade i villaggi… non so.
Lo stile è di raccontato, ti direi che qui non ho nessun appunto da darti oltre a quelli che ti ho dato durante l’edizione precedente, però ci sono delle piccole stonature che vorrei farti notare: “vado in cortocircuito”, qui ho pensato che la voce narrante fosse un robot e il villaggio distrutto fosse un villaggio di automi antropomorfi (e qui ho pensato “ecco qualcosa di originale”) però poi ho capito cosa volevi dire.
Non ho capito il finale, lui uccide il gattino o no? Gli dà una “pacca”, ma è un contatto violento o una pacca affettuosa? Perché mai il gattino dovrebbe essere un mostro? Il protagonista è impazzito al punto da pensare al gattino come una minaccia?
Mi dispiace, ma sebbene abbia letto il tuo racconto con piacere, specie per le scene di empatia che hai creato, purtroppo non riesco ad apprezzarlo del tutto. Ad ogni modo, ricordo il racconto che avevi postato nell’edizione precedente e qui secondo me ci sono dei miglioramenti. Spero molto di rileggere ancora un tuo lavoro! A presto!
La soffertissima classifica.
1) Fallo Entrare, Winston
2) Una mano amica
3) Amo i miei mostri.
4) Tremate Mostri.
5) Sabato Sera.
6) Blues.
7) Il frutto proibito.
8) Il Lago.
9) Notte da favola.
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: domenica 22 novembre 2020, 18:59
da Dario17
Fallo entrare, Winston
Ha ancora un senso dare un giudizio sul tuo stile di scrittura? Probabilmente no, ma lo faccio lo stesso: cinematografico, pulito, convincente. Forse nel penultimo spicchio c'è un piccolo eccesso di ritmo sincopato per una persona che si dilegua tra gli applausi di una platea, sebbene stia per essere travolto dalle emozioni ma ancora non ci è stato svelato.
"l'applauso non si ferma. Faccio un inchino, due passi all’indietro e ancora uno. Che mi adorino. Gli studenti si sono alzati in piedi, sono tutti con me. Alzo le mani, ringrazio e intanto indietreggio. Raggiungo la porta, la apro e me la chiudo dietro. Lo scroscio si attenua."
Il succo del racconto mi convince meno.
Passi la megalomania che così bene mi mostri, però la trovo un tantino fine a se stessa e sopratutto poco sfruttata nella prima parte dove a tutti gli effetti il dottore sembra proprio un professionista serio e distaccato.
Il racconto si chiude e mi rimangono troppe domande ancora aperte, un protagonista ancora non delineato, con il conflitto apparecchiato (proprio come il paziente sul tavolo e il fedele Winston a prepararlo) e abbandonato troppo precocemente.
E te lo dice uno che coi finali lascia parecchio a desiderare, tutto nero su bianco coi miei racconti presenti e passati.
Un piccolo dubbio: tra la platea e la sala operatoria non ci sono barriere, giusto? Possibile quindi che nella prima parte il dottore non senta niente provenire da essa? Nemmeno uno strusciare di tacchi sul pavimento o un colpo di tosse?
La comparsa del pubblico ti serve come piccolo colpo di scena però la cosa è un po' irrealistica, temo.
Tema al 100%.
Amo i miei mostri
Il monologo da psicologo-serial killer che si rovescia improvvisamente col twist finale è un classico, ma devo dire che il tuo stile senza sbavature opera una discreta esecuzione del tutto.
Qualche piccolo dubbio sulla sospensione dell'incredulità per quanto riguarda il maniaco sessuale protagonista della prima trance; d'accordo la compulsività del gesto e la tecnica del soprabito, ma che riesca sistematicamente a "scaricarsi" addosso alla gente con comprendente foto ricordo senza farsi beccare da una delle ragazzine sembra poco plausibile. La seconda e la terza vittima sono già più realistiche e forse anche più banalotte.
Cominciare con "per esempio, Bruno", oltre a far trapelare un monologo orale, è una scelta opinabile e anche un po' goffa. Partire con nome ed età l'avrei preferito.
Il racconto l'ho bevuto dall'inizio alla fine tutto di un fiato e l'ho gradito, ma non mi ha lasciato particolari segni o anche particolari nitidi su cui far stagnare i miei pensieri una volta finito.
Tema al 100%
Tremate, mostri!
Un'idea molto originale!
Il worldbuilding è un po' fiacchino e classico ma un protagonista costretto a cercarsi un mostro (di quelli classici data l'ambientazione) non mi fa pesare assolutamente la lettura di certi clichè obbligatori in storie come questa e mi invoglia a fare altri passi nella lettura. Magari avrei subito mostrato al lettore tramite pensieri del protagonista che la palpebra che balla è solo un primo e pessimo segnali di un disagio molto più grave, non avrei aspettato di vederlo trascinare una gamba nel secondo spezzone del racconto, avrebbe sottolineato un conflitto con una necessità più impellente da sborgliare.
Il bosco della seconda parte manca di particolari ben chiari e quindi rimane un po' troppo vago. Ok i dialoghi anche se avrei evitato di far cadere a terra Boris dalle risate, me lo fa sembrare troppo "cartoonesco" anche se può essere plausibile date le sue condizioni fisiche.
Carino il twist finale.
Oltre alla ripetizione mostruoso-mostro troppo vicine, non credo vada specificato tramite il pensiero indiretto che Boris abbia capito il perchè carezzare Lucius sia stato terapeutico, le descrizioni precedenti fanno il loro lavoro per tutto il narrato.
Bella la frase finale che mi lascia da pensare: Boris è forse già convinto di scendere a "patti" col mostro in cambio della sua salute?
Tema al 100%.
Il frutto proibito
Lo stile è zoppicante e pervaso da molto, molto racontato.
Inserisci dettagli molto concreti e questo delinea molto bene cosa bisogna immaginarsi durante la lettura però inciampi più volte in clichè letterari ormai abusati e stantii: chiavistelli arrugginiti, luce che inondano, silenzi ovattati, tubature che gocciolano, sapori amari come fiele ( fa troppo "vangelo secondo..." quest'ultima), ecc...
Quando la protagonista accende la luce fredda e asettica (anche qui una scintilla in più di originalità avrebbe giovato) mi attendo dettagli visivi e non quelli uditivi dei mugolii e dei respiri.
Benino la sequenza splatter del sezionamento anche se, come sopra, troppo raccontata e con una protagonista di cui, arrivati alla fine, sappiamo solo che sia una donna.
Spiegone finale troppo sui generis.
Appunto sulla veridicità del testo: Uomini mutilati così brutalmente temo non riescano a sopravvire quel tanto che basta per vivere un giorno di più, espletare i propri bisogni ed arrivare ad avere fame degli "scarti" delle operazioni chirurgiche.
Fosse possibile, ogni volta che la donna entra nel suo mattatoio dovrebbe sentire ben altri odori che la muffa. Oppure non dare attenzione a nessun odore in particolare se ben abituata ad essi.
E qui mi da da pensare che cotanto macabro sia piuttosto gratuito e quindi mal congeniato.
Tema beccato.
Blues
Il flusso narrativo da diario/confessione funziona, nulla da dire.
Magari qualche piccola pecca su alcune espressioni fiacche.
Un esempio:
"Blues era un uragano, un uragano violento con nomi di donne lasciate da sole."
La ripetizione è superflua e in questa forma ha poco senso seppur si ricolleghi alla frase prima.
Una volta svelato l'originale escamotage narrativo-figurativo sulla sovrapposizione di Blues come cane da compagnia/depressione patologica e rileggendo il primo paragrafo si incappa in una incoerenza a livello di plausibilità.
Il narratore parla del cane, ma come fa a considerarlo "un motivo di vanto, qualcosa da esibire, una scusa in più per invitare le ragazze a casa e convincerle a venire a letto con me."? Si può dire una cosa del genere di un cane vero e su questo vuoi reggere il gioco "ingannevole" del testo, ma non della depressione di cui la voce narrante conosce benissimo la reale forma sebbene la animalizzi. Da quando in qua palesare una condizione del genere faccia aumentare il numero di rapporti sessuali di un uomo?
Le metafore successive sono più giuste e coerenti col messaggio che vuoi mandare.
Il buco di questo racconto è uno solo: il tema.
Non è rispettato.
Tralasciando il fatto che nel racconto il protagonista non accarezzi nemmeno una volta il cane metaforico ma al massimo lo stringe tra le braccia mentre dorme, il tema indica una chiara pluralità di mostri con cui bisogna avere a che fare ed è chiaro tramite la doppia negazione.
"Non c'è mostro che non mi sia venuta voglia di accarezzare" lascia intendere più rapporti con i mostri e non solo uno continuativo come accade nel tuo svolgimento.
E cacchiarola è proprio un peccato, perchè la tua idea mi è davvero piaciuta molto ed è stata una delle migliori del tuo gruppo.
Bastava moltiplicare i mostri: un cane un gatto e un criceto per la depressione, l'inappetenza e la solitudine. E dovevano essere accarezzati tramite la metafora.
Il mio è un esempio a cacchio ovviamente, solo per farmi capire.
Una mano amica
Discreta prova.
Le descrizoni, i dialoghi, le azioni. Tutto ben amalgamato e senza particolari refusi.
L'ambientazione e le percezioni sensoriali, se proprio vogliamo spaccare il capello (o in questo caso il pelo) in quattro non hanno la stessa profondità e qualità degli elementi sopra.
Ecco, qualche indizio infilato qua e la per preparare il lettore alla rivelazione finale lo avrei collocato proprio tramite le percezioni, facendolo focalizzare su cose un po' bizzarre ma attinenti al suo essere "rettile" nella genetica.
"La temperatura è scesa nel laboratorio, i miei movimenti rallentano" ( animale a sangue freddo)
"Alle mie spalle, il cliente si infila le dita nel naso"
Cose così. (occhi capaci di ruotare di parecchio)
Ma le mie sono opinioni molto personali, trattale come tali.
La domanda del capo reparto e relativa risposta sono un po' vacue.
Il capo dovrebbe chiersi come mai il protagonista non si sia mai fatto male nell'accarezzare tutte le creature, anche le più violente. E il pg avrebbe dovuto svicolare con qualche scusa più plausibile del "sono buono e faccio del bene" per coprire la sua natura animalesca.
Inciampo sul finale:
"Riallineo i cristalli fotonici dei miei geni camaleontici, la mano riacquista il colore roseo con cui mi travesto dagli umani."
Lui non deve ripetersi dentro di se e raccontarci che si sta mimetizzando con gli umani, noi lettori lo capiamo dal mostrato.
Tema centrato in pieno.
Sabato sera
L'eccessiva brevità è un'arma a doppio taglio. E in un contest dove i caratteri a disposizione sono 4242 molto di più.
Con "capo equipaggio" e "paratia" ho pensato ad una nave. Poi con la sirena(ripetuta due righe più in basso) e i lampeggianti mi sono allineato alla giusta ambientazione: un ambulanza.
Ho dedotto che certi termini quindi siano specifici anche in quel contesto e hanno evidenziato la mia ignoranza. Non so valutare se sia più colpa mia o del narratore per questo equivoco.
Io mi sarei tenuto su termini più generici.
Molto buona la sequenza d'azione e il risveglio, ottimi dettagli sensoriali.
Poi però il racconto perde veridicità in picchiata e si parte con dei discorsi un po' artificiosi.
Come può essere così lucida una ragazza appena agguantata per le penne da una morte per overdose tanto da dare consigli pratici a uno del 118 specializzato?
Poi la discussione verte sulla frase precisa del tema del contest, che già di per se è parecchio artificiosa e non è facile da collocare in un discorso diretto tra due persone.
Non sono molto d'accordo sulla logica del discorso ma parliamo di una ragazza ventenne strafatta e qui si ricollega al discorso sulla palusibilità di certi discorsi.
Il personaggio di Silvia scompare nello sfondo seppur ancora presente.
Quei caratteri inutilizzati ti avrebbero fatto comodo per dare un contesto maggiore all'opera e magare operare uno stacco in cui la ragazza, dopo ore, avrebbe potuto dire la sua.
Il tema è un po' spinto a forza, ma ci starebbe pure.
Il lago
L'approccio favolistico della prima parte non è una cattiva idea, sebbene i soggetti in questione e lo sviluppo successivo scadano un po' nel banale. È tutto troppo facile ed etereo, quasi a comando. Non era meglio fargli scambiare inizialmente la visione del mostro acquatico come conseguenza delle droghe?
Per coincidenza il racconto è finito insieme ad uno che tratta più o meno gli stessi temi.
Esce una specie di Kappa (o almeno l'ho immaginato così) benigno dall'acqua e la protagonista non si spaventa? Paragona l'attrattività che gli suscitano gli uomini violenti a quella di mostri marini mai visti in vita?
"Soffocò un singhiozzo mentre cercava di controllare i tremori del corpo. Avrebbe dovuto vestirsi di più; ma non era il freddo a scuoterla a quella maniera."
Se non è il freddo a scuoterla, perchè rimugina sul fatto di essere troppo poco vestita?
Il tremare di paura o di rabbia anzichè di freddo è un po' un clichè.
Sullo stile vi è un solo problema ma continuativo per tutta la prosa: tendi a fare periodi lunghi e spezzettarli con virgole quasi equidistanti. Stila frasi corte e lunghe a seconda delle necessità.
L'agente e il commissario sbucano fuori per lo spiegone di turno molto facilone, affossando il finale.
In definitiva non è un brutto racconto, il dialogo è discreto e ha il suo perchè.
Va ritoccato, però.
Notte da favola
Seppur dotato di una sufficiente immersività grazie alla prima persona, non ho trovato dettagli visivi che mi aiutino a delinearmi bene il dove e il quando.
Soldati e guerra, favole e mamme. Sono tutti elementi validi ma senza dei particolari vividi rimangono sfocati.
No, proprio non riesco ad unire tutti i puntini per capirne la trama.
Lo stile c'è anche se andrebbe fatta una pulizia di alcune sbavature qua e là.
"L’ultimo sopravvissuto di un villaggio maledetto, non racconterò a nessuno ciò che ho visto. Gli altri sono rimasti indietro. Provo a ricordare, non mi viene in mente niente..."
Come può un uomo giurare di non rivelare niente di quello che sa e subito dopo ammettere dentro di se di ricordare ben poco?
Questo pezzo manca di logica e messo nell'incipit mi fa dubitare dellea visione d'insieme del racconto troppo presto.
Il tema c'è, anche se messo giù un po' scolasticamente facendo una citazione parola per parola e infilandola in una fiaba.
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1)Una mano amica
2)Tremate, mostri!
3)Amo i miei mostri
4)Fallo entrare, Winston
5)Il frutto proibito
6)Notte da favola
7)Blues
8)Il Lago
9)Sabato sera
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: domenica 22 novembre 2020, 19:56
da antico
Avete ricevuto quattro classifiche e sono regolari.
Dovete ancora ricevere cinque classifiche.
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: lunedì 23 novembre 2020, 9:44
da maurizio.ferrero
Fallo entrare, WinstonA questo giro sono rimasto un po' spiazzato dal tuo racconto. Come sempre è scritto in modo evocativo e tecnicamente ottimo, un bell'affresco che però, a lettura ultimata, mi ha fatto pensare "e quindi?". Manca qualcosa, un conflitto, un colpo di scena, che imprima al lettore l'idea del racconto.
Sei riuscito a caratterizzare bene il personaggio del dottore, anche se l'ho trovato troppo teatrale per apprezzarlo del tutto. Questo però è un gusto personale.
Il tema è centrato in maniera originale.
Ho un solo dubbio su un passaggio:
«Bene.» Annuisco. Mi avvicino a Winston, gli sussurro all’orecchio. «C’è qualcuno che non ha pagato?»
Scuote il capo. Anche la sua voce è bassa. «Nossignore. Nessuno si azzarderebbe.»
Di chi stanno parlando? Del pubblico? Non sapevo che gli studenti di medicina pagassero per assistere alle operazioni.
Amo i miei mostriSei riuscito a descrivere una serie di personaggi disgustosi, uno peggiore dell'altro. Molto più facile raccontare di personaggi belli e virtuosi. Per questo, ti faccio i miei complimenti.
Hai impostato la narrazione con il preciso intento di creare un crescendo, ma la cosa funziona solo in parte. Purtroppo ho intuito già dalla fine della descrizione del primo personaggio dove saresti andato a parare, intuizione che poi si è rivelata corretta.
L'idea e l'obiettivo che ti eri prefissato sono comunque andati in porto, non fraintendetemi. Solo, non al 100%, dato che l'intuire il finale mi ha spezzato il ritmo.
Ti rinnovo il plauso alla descrizione dei personaggi che hai fatto, vero pezzo forte del tuo racconto. Ognuno racconta una piccola storia sporca, imbastita ad arte per farli alla fine cadere nelle mani di questa Dexter al femminile.
Tremate, mostri!L'ironia la fa da padrone nel tuo racconto, anche se con un ritmo un po' incostante. La storia parte come un classico fantasy senza nulla di particolarmente originale, e solo nella seconda parte si rivela il sottotesto umoristico. La prima risulta forse anche troppo lunga, la contrattazione sulla paga poteva essere ridotta.
La prova è un generale buona, anche se con qualche piccolo difetto qua e là.
Mi hanno ad esempio stonato un po' la coesistenza di orchi, nani e i nomi dei personaggi (tipici del classico fantasy di origine inglese o germanica) con la presenza del bisso galeto (di origine italiana). Forse sarebbe stato più coerente scegliere un'unica mitologia di riferimento e legare tutto a quella.
La trovata del tic alla gamba è buona e fa ridere, ma manca la motivazione scatenante. Sarebbe stato interessante sapere come un disturbo tanto strano sia nato nel personaggio.
Il tema è centrato.
Il frutto proibitoIl racconto è buono, anche se lo stile di narrazione utilizzata non sempre lo fa brillare.
La prima parte è lenta, getta le basi per ciò che verrà ma lo fa in maniera un po' zoppicante.
Ci sono delle parti molto tell che rallentano la narrazione, ad esempio proprio all'inizio con
Era passato così tanto dall’ultima volta, aveva quasi dimenticato cosa si provasse. Quell’adrenalina, quello spasmodico e vorace senso di giustizia rimasto fin troppo a digiuno. Poi finalmente, ne aveva trovato un altro. Per sua grazia era tornato il tempo di banchettare.
Rende subito molto pesante il tutto.
Più si va avanti e più il racconto migliora. Il pezzo finale è molto concreto e te la sei cavata molto bene con le descrizioni macabre.
Mi è piaciuta l'allegoria (non so se volontaria o meno) tra Eva e questa madre vendicatrice che trasforma in serpenti peccatori gli uomini che l'hanno tentata (letteralmente, tagliando loro i legamenti).
Ho un solo dubbio su quanto il tema sia stato centrato. I mostri ci sono, ma non mi torna molto l'idea dell' "accarezzare". Per come l'ho intesa è un verbo che implica qualche tipo di interazione positiva, ma in questo caso non l'ho vista.
BluesHai descritto in maniera molto convincente una metafora sulla depressione.
I riferimenti che fai ci stanno tutti: dall'utilizzare il proprio stato mentale come motivo di vanto (comportamento tipico degli adolescenti, per cui solitamente essere depressi equivale a essere il bel tenebroso, quando non è assolutamente così) alla successiva metafora dell'occuparsi di un cane che diventa sempre più ingombrante e dispendioso in termini di tempo ed energie.
Se da un lato ti faccio un vero plauso per come hai affrontato l'argomento, dal lato tecnico del racconto sono un po' meno convinto. Il fatto che sia tutto raccontato come un breve riassunto, senza dialoghi diretti, lo rende un po' pesante alla lettura. Imbastire il racconto in maniera totalmente differente, magari come una seduta psichiatrica in cui il protagonista avesse iniziato a parlare di questo cane che poi si rivelava essere una malattia mentale, forse gli avrebbe dato più luce. Ma per farlo avresti dovuto prendere una strada iniziale completamente differente.
Buono il finale e tema centrato.
Una mano amicaHai creato uno scenario interessante, un laboratorio in cui vengono prodotti e venduti mostri. La tecnica del mostrato che utilizzi è buona, anche se con qualche imperfezione: ad esempio le ripetizioni che ti hanno già fatto notare.
Un altro dettaglio che non mi è piaciuto è la frase di attacco: "Prendo la penna dal taschino del camice e batto la punta due volte sulla cartella che tengo in mano."
È troppo minuziosa e dà l'idea di un inizio lento. Nella tecnica del mostrato credo sia importante dire tutto ma senza esagerare: se un dettaglio non è fondamentale, può essere l'immaginazione del lettore a crearlo. In questo caso: il battere due volte e il "che tengo in mano" sono superflui.
In ogni caso sono dettagli.
Il racconto è buono e il tema è centrato, anche se ho avuto l'impressione che mancasse un po' di succo alla storia. È buono il colpo di scena finale, ma getta sull'intera storia una luce da "lungo incipit" che potrebbe essere parte di un racconto più lungo.
Sabato seraIl tema del racconto è centrato, ma nell'insieme ho trovato un po' di cose che mi stonano.
La prima è la reazione della ragazza alla botta di adrenalina: una siringata del genere dovrebbe come minimo farti svegliare urlando, ma lei si limita a tossire e ansimare un po'.
Poi ho trovato molto forzato il successivo dialogo tra lei e l'infermiere: è teatrale e lei parla decisamente troppo per essere una che è appena stata strappata da una morte per overdose.
A parte questo, il racconto si legge piuttosto bene, anche se data la situazione avrei esagerato un po' di più con le descrizioni di vomito e bava. È un gusto personale, niente di importante.
Dato che avevi molti caratteri a disposizione avrei allungato un po' i tentativi degli infermieri di salvarla, magari con qualche inconveniente al fine di creare una maggiore tensione nel racconto.
Il lagoHo trovato il tuo racconto interessante e ben costruito. Un altro utente del tuo girone ha avuto un'idea molto simile (ovvero trattare la droga come un "mostro da accarezzare"), ma tu sei riuscita a gestirla molto meglio, impostando una scena delicata e allo stesso tempo triste nel finale. I dialoghi sono ben costruiti e la storia ha il potere di cullarti fino a quasi alla conclusione.
Dico "quasi" perché il pezzo finale, con il commissario cinico che commenta l'accaduto, mi ha spezzato un po' la magia che fino a quel momento si era creata. Ha l'effetto di dare un bel colpo allo stomaco del lettore, ma spezza tanto l'emozione che era venuta a crearsi fino a quel momento.
In ogni caso è un buon lavoro, e il tema è ovviamente centrato.
Notte da favolaHo avuto qualche perplessità a leggere il tuo racconto. La prima è stata di natura temporale: non sono riuscito a capire in che epoca sia ambientato. La parte iniziale, con il villaggio e la favola raccontata dalla madre, suggerisce un'epoca passata.
Poi però parli di uomini del governo. L'arrivo dei soldati con i fucili spianati mi hanno fatto pensare alla seconda guerra mondiale, ma anche lì ho dei dubbi...
A parte questo, ho trovato il racconto tutto sommato ben scritto, a monte di qualche refuso, ma senza guizzi particolari. Il bambino ha una reazione molto blanda alla morte della madre, questi flash di ricordi gli arrivano senza una causa scatenante. Forse sono dettati dalla stato di shock, dal fatto che lui si ricordi le cose man mano che il tempo passa, ma nel caso fosse così lo avrei esplicitato con più chiarezza.
A proposito di chiarezza, non sono molto convinto dal finale. Sarebbe stato di maggiore effetto una conclusione in cui il bambino, seguendo il consiglio della madre, decide di non seguire le orme della principessa e non accarezza il gatto.
CLASSIFICA1.
Amo i miei mostri di Marco Roncaccia
2.
Il lago di Giuliano Cannoletta
3.
Il frutto proibito di Alessio Magno
4.
Blues di Andrea Spinelli
5.
Tremate, mostri! di Giorgia d'Aversa
6.
Fallo entrare, Winston di Andrea Lauro
7.
Una mano amica di Stefano Moretto
8.
Notte da favola di Alessandro Randone
9.
Sabato sera di Stefano Impellitteri
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 24 novembre 2020, 9:35
da Mauro Lenzi
Un gruppo che ho trovato piuttosto equilibrato. Chiaramente non dal primo all’ultimo racconto, ma ho visto racconti che, per una qualità o l’altra, sono di un valore complessivo molto vicino ad altri. Per questo qualcuno è finito in zona mediobassa della classifica pur con un racconto apprezzabile. In ogni caso complimenti a tutti i partecipanti: lupi della tastiera, esordienti su MC, chi si sta mettendo in gioco. Grazie a tutti del tempo speso per donarmi momenti di meraviglia.
Ecco in ordine:
- Racconti in ordine di presentazione di questo topic, con un sunto dei miei commenti dai rispettivi topic
- Criteri di elaborazione della classifica
- Classifica
Fallo entrare, Winston
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A livello stilistico ben poco da dire, ma ti segnalo che quel cade il nero l’ho trovato originale ma non immediatamente intuitivo. Forse poteva essere più adatto “cala”, che ricorda più un sipario; ho pensato che potesse essere la sensazione che volevi dare.
L’idea del dottore che si rivela essere il mostro va bene, ma secondo me necessitava di maggiori contrasti, soprattutto nella seconda parte. In particolare, per me l’inghippo potrebbe essere qui:
Saprò curarlo? Le probabilità sono scarse. Ma io devo… devo farlo. Sono la sua unica possibilità.
Credo che soprattutto l’ultima frase stoni: se il dottore è un mostro, suppongo che a lui importi ben poco di essere l’ultima possibilità del poveretto: eppure si evince un moto compassionevole. Probabilmente basterebbe togliere quest’ultima frase.
In una seconda stesura taglierei qualcosa della prima parte… ad esempio potresti rimuovere Winston, che non è fondamentale ai fini del racconto (introduce l’elemento “venale” del Dottore, che però secondo me è fuori contesto), e rendere più approfonditi e netti due aspetti.
Uno (in misura minore), l’aura di successo del Dottore, che così appare un po’ gratuita. Far capire come fingendosi chissà chi, riesca a turlupinare le masse. Eri sulla strada giusta, ma concordo con Maurizio quando dice che così è troppo teatrale. Forse in questo caso il suo non so se avrò successo lo trovo inadatto a un uomo così di successo. Meglio un accenno al destino, o a Dio o viceversa al diavolo, della serie: “io sono un grande luminare, se qualcosa non funziona non è colpa mia.”
Più importante, è far assaporare al lettore l’abisso di mostruosità che è la mente del Dottore, i suoi scopi (mantenendo la sua insicurezza di fondo, che non credo necessiterebbe di lunghi approfondimenti).
So che sapresti farlo senza infodump.
Amo i miei mostri
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Il rivolgersi al lettore è un espediente che non incontra i miei gusti, ma ho apprezzato l’idea. Non mi ha spiazzato perché, essendo tutto in tell, mi sentivo implicitamente già l’interlocutore. E qui volevo arrivare: questa scelta stilistica porta comunque a un monologo sospeso, e per arrivare al twist finale si è sacrificata l’immersione sensoriale del lettore / vittima. A mio giudizio questa è il principale problema di questa tua scelta. Ma l’hai fatta consapevolmente e con un certo coraggio. E direi che l’hai anche gestita bene, pur che ho qualcosa da farti notare, che spero ti sarà utile.
Bruno per me rappresenta il pezzo forte del racconto, e lo prendo a paragone degli altri. Nota: è definito: “brutto, grasso e untuoso”; ho avuto il dubbio che per untuoso intendessi rimarcare il fatto che fosse unto, quando in realtà untuoso vuol dire viscido. Però, untuoso come viscido non lo vedrei bene, perché si sta associando una aspetto caratteriale ad altri estetici. Nulla di grave, però in questa fase si sta spingendo sul creare una sorta di empatia per il “mostro”, e se può essere visto come ingiusta la sua sofferenza per motivi estetici, se viene invece allontanato in quanto persona viscida, l’empatia viene a cadere.
Per cui, io leverei untuoso. Non lo sostituirei neppure con unto, perché si è capito e comunque due aggettivi sono già sufficienti. Oppure, meglio ancora, dì come lo soprannominavano. Che so, lumaca. Rende l’idea e suona più concreto di un elenco di aggettivi.
Ana non ha dettagli altrettanto approfonditi e vividi. Eviterei che la voce narrante commenti: “quegli ubriaconi maledetti” perché sembra che sia una considerazione dell’assassina, e non di Ana. In questa fase si sta creando disgusto per Ana, per cui meglio togliere questo genere di dubbi. In più, per quanto possa aver fatto cose peggiori di quelle fatte da Bruno, non risultano altrettanto forti. In parte perché sono delineate meno, in parte perché ai sensi del lettore non arrivano le conseguenze dirette di quel che ha fatto: vede una mano che prende il vino, poi sta a lui ipotizzare cosa sarebbe successo. Per esempio, fai contorcere il barbone nell’indifferenza dei passanti, fagli sputare muco e sangue mentre i soccorsi in ritardo lo portano via. E magari poi Ana non l’ha più visto, o lo ha rivisto rovinato e tremante per sempre, e ne ha goduto. Così è veramente peggio di un Bruno.
Per Matteo la situazione è ancora in calare, per quanto sia il peggiore di tutti, manca un elemento importante. Il perché lo fa. È l’elemento disturbante, il fatto che ognuno di quei “mostri” sia così per un motivo. Su Matteo non è stata costruita nessuna empatia. Il “e alla fine mi sono decisa” è chiaro, però molto vago. Può darsi che per te sia un bene lasciare il lettore nel dubbio, ma io invece avrei preferito un dettaglio più chiaro sulla sua fine, che aumentasse il mio disagio.
Fatico a dare un giudizio complessivo dell’opera; da un lato la tua scelta non rappresenta quello che mi piace leggere. Ciò nondimeno ne hai avuto un buon controllo, e questo è per me apprezzabile. Nel bilanciamento positivo / negativo la vedo comunque bene. Tra l’altro ha una centratura della traccia che mi pare sopra la media delle opere qui mostrate, e non era facile.
Tremate, mostri!
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a prima parte è dove sarebbe prioritario intervenire. È molto classica, al punto che i lettori più esigenti si aspetterebbero un qualche stravolgimento che spezzi i cliché del genere, invece non arriva nulla di nuovo; in più risulta eccessivamente lunga per il contributo che dà all’opera, quando dovrebbe essere una semplice introduzione.
Se ci pensi tutta questa prima parte poteva essere riassunta con poche battute di dialogo tra il nostro Boris e Varys Clegane… pardon, Lucius! ;D approfondendo le origini del disturbo di Boris e con esso creando empatia nei suoi riguardi.
Una forma di empatia l’ho comunque provata per il povero Lucius: diversamente da Mentis, avevo trovato chiara la sua avance, per quanto goffa (e ci sta)
Il titolo l’ho trovato simpatico, ma fatico a trovare il nesso con la storia. Centratura del tema, mostri che non si stanca di accarezzare… ni. Però era una traccia impegnativa e anche seguirla parzialmente per me è ok.
Dal mio punto di vista il racconto ha due grossi pregi. È in mostrato, e ha una bella chiusa. Ho apprezzato molto l’ironia della vicenda, ma anche una certa tenerezza. Così il mio lettore “cuore” è stato contento e il mio giudizio è positivo. Il racconto si presta facilmente a miglioramenti (la mia impressione è che per qualche motivo tu abbia potuto metterci meno concentrazione e/o energie rispetto ad altre tue opere), ma è stata una lettura gradevole; come quei biscotti che sembrano i classici biscotti della nonna, te li gusti ma senza strafogarti, però alla fine ti lasciano in bocca un sapore buono.
Il frutto proibito
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a livello stilistico dovrai incassare le mie critiche sul raccontato, che è poi quello che mi impedisce di sentirmi veramente dentro alla vicenda.
Per me il tema è sufficientemente centrato se non per un dettaglio: le carezze ci sono e arrivi anche a parlare di coccole, e per me può anche essere un aguzzino a fartele, ma mal si sposano col completo disprezzo che lei prova per le sue vittime. Se li fa a pezzi non provando ormai nulla, mi è difficile vederla credibile mentre li carezza e li coccola.
Le vittime che sono tratteggiate in modo così impersonale, come fossero oggetti che si muovono sullo sfondo, che non riesco né a compatirle, né a godere nel vederle punite. La protagonista parla poco, ma se togliamo il riferimento al frutto proibito e la sua battuta finale, le sue frasi sanno un po’ di stereotipato. Il fatto che lei vendichi la figlia arriva, però non stupisce (ma non penso che comunque fosse l’intento) ed è ormai nascosto da tutta la sua inumanità. Penso che una madre vendicatrice che ancora prova ribrezzo per quel che è, ma spinta da un senso del dovere verso le ragazze che non dovranno patire quel che ha passato Eva, mi turberebbe di più.
Il racconto nasce da un’idea non granché originale nella sua base (l’aguzzina vendicatrice), ma declinata invece con rimandi biblici che ho apprezzato. Mi è anche piaciuta la mentalità della protagonista che emerge sul finale: nulla di stravolgente, ma cattura comunque la curiosità. Buoni anche alcuni dettagli di tortura, (ma anche qui a volte solo detti e lasciando i dettagli all’immaginazione del lettore, vedi es. “Lo evirò in un gesto plateale”) che però restano un po’ sospesi per il problema della mancanza di empatia che ti ho segnalato prima.
Penso di non stupirti se il mio consiglio è: concentra i tuoi sforzi di apprendimento nell’affinare lo stile, per una migliore resa delle tue idee di base e della tua fantasia. Che a quanto posso vedere qui, non mancano.
Blues
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Tema: "non c'è mostro che non mi sia venuta voglia di accarezzare". Mi sembra che questo Blues sia un'altra cosa, mentre la traccia si riferisce, direi, a una pluralità di mostri e al piacere, o bisogno, di accarezzarli: mentre mi pare che alla fine qui sia più un'accettazione. Però era un tema difficile e, insomma, c'è un tentativo di andare in quella direzione.
Sugli aspetti generali credo di non avere granché da aggiungere rispetto a quanto ti ha detto chi mi ha preceduto.
Neppure io avrei capito da solo che parli della depressione. Con questa chiave di lettura, il racconto tocca le mie corde emotive. Ma per come è “raccontato”, ormai lo sai, continua a farlo da una certa distanza.
In un’ipotetica revisione questo racconto potrebbe nascere in mostrato dalla seduta con Susanna. In più curerei con attenzione i problemi che causa Blues dando un’idea netta di crescendo, che in parte c’è, ma credo andasse delineata un po’ di più.
Giudizio? Questo racconto mi lascia con quel senso di amaro che hai quando torni a casa da un appuntamento con “una persona” (tie!) che ti ha raccontato cose interessanti, e che ha anche saputo parlarti di sentimenti… ma sono rimasti lì, tra voi non è scattata una sintonia. E la serata si conclude come un commento di Agostino Langellotti: con un “peccato”.
In altre parole è un racconto che offrirebbe un bellissimo potenziale emotivo nel suo essere agrodolce, ma che è stato tutto raccontato, per cui ti rimane solo l’eco di quel sapore.
Una mano amica
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quando una storia non mi viene raccontata e mi si permette di viverla dal di dentro, ne sono già contento.
Nell'addentrarmici, ci sono state due cose che ho particolarmente apprezzato: i dettagli, come la confusa sofferenza della chimera, e la sensibilità profonda ma discreta del protagonista. Riesci a far capire bene l'emotività di questi due personaggi senza eccedervi. Gli altri appaiono sullo sfondo, e sono poco tratteggiati (ma non ho la pretesa che tu lo facessi), per il caporeparto c'è qualche dettaglio in più, ma nulla che mi sia rimasto impresso.
Ma anche se la storia procedeva bene, aleggiava quel senso di "ok, e allora?" che con parole migliori delle mie ha saputo, credo, descriverti Maurizio Ferrero. Insomma, non capivo dove volessi arrivare; se non alla fine. Ecco, la conclusione l'ho trovata ottima. Senza di essa, avrei trovato la storia un po' scialba, se escludiamo l'empatia per la povera chimera: il cui legame emotivo è però minato dalla sua forte bestialità.
A livello stilistico credo ci sia da affinare qualcosa:
- nelle battute dei comprimari, che potrebbero avere più incisività.
- nella spaziatura; in linea generale prova a usare di più brevi azioni per introdurre una battuta, e tra i due non andrai a capo.
- nello stile mostrato, che con la pratica potrai rendere più fluido. In relazione a questo, attenzione all'eccessivo spezzettamento delle frasi, soprattutto se di simile lunghezza.
Comunque sono finezze, nel complesso ho apprezzato lo stile, che considero uno dei punti di forza di questo racconto, assieme alla cura dei dettagli e al finale. Finale di cui ho apprezzato non solo la rivelazione, ma ancor di più la frase di chiusura.
Di contro, nelle tue prossime opere, ti suggerirei di mettere più conflitto, in modo da calamitare di più l'interesse del lettore.
Sabato sera
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Stile mostrato, quindi per me lodevole a prescindere. I dialoghi suonano un filo troppo didascalici per suonare veramente realistici, questo è quanto ho sentito già nel primo scambio di battute.
La mia impressione è che tu abbia demandato ai dialoghi di "farcire" il racconto al posto di accadimenti che ne avrebbero invece dovuto costituire l'ossatura. Insomma, la storia è quella di una ragazza che viene salvata per i capelli in un'ambulanza, ma oltre questo non va. La brevità del racconto è stata comunque una soluzione indovinata e necessaria per non trascinare troppo il racconto.
Il tema "droghe mostri da accarezzare" è azzardato e non mi convince appieno, ma ne apprezzo l'originalità.
Ormai credo che tu abbia ricevuto molti suggerimenti per migliorare, ma riassumendo il mio pensiero, per i prossimi racconti ti suggerisco di sviluppare maggiormente la trama, inserendo conflitto e, se puoi, qualcosa che il lettore non si aspetta e che renda il racconto non lineare.
Le basi comunque per me ci sono.
Il lago
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Tema ok e non era facile. Bella la storia, per me con le giuste dosi di disperazione e tenerezza.
Come ti è già stato fatto notare, la narrazione onniscente rappresenta un problema. Le emozioni, punto di forza de "Il lago" sarebbero più potenti se il lettore potesse immergersi completamente nelle sensazioni di Eva.
Questo però ti porterebbe a un secondo problema: la struttura così come è stata concepita, con la protagonista che muore e la storia che va avanti, passando a un altro punto di vista. Questo spezzerebbe l'immersività che hai faticosamente creato, e ti porterebbe al dover ripensare il finale della storia, se vuoi catturare chi ti legge dall'inizio alla fine.
Riguardo il mostro, non so se era voluto, ma la tenerezza che suscita dalle sue battute e dalle reazioni di Eva non sono riuscito a conciliarla col senso di ripugnanza che mi evocava.
Inoltre dalla reazione così tranquilla di Eva, ho pensato che lei fosse veramente avvezza ai mostri. Dopo ho capito che si riferiva a un genere molto più umano.
Spero di averti fornito qualche spunto di miglioramento. Stilistico, come vedi, perché la storia in sé è bella e l'hai saputa trattare bene. Il finale è un'insidia, però capita nei racconti in cui la voce deve passare a un altro personaggio. Mi domando come sarebbe stato vivere la scena ancora dal punto di vista di Eva.
Notte da favola
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Nella frase della fiaba della mamma, oltre a quanto ti ha già indicato Alfabri, aggiungerei questo suggerimento di modifica: ...infine degli uomini, ma questi la catturarono e se la portarono via. L'imperfetto che hai usato suggerisce una continuità dell'azione che, se ho ben capito, non dovrebbe esserci.
Non metterei nomi di persona se poi non servono, vedi es. "Rocco". Il lettore pensa che deve tenerlo a mente perché avrà una qualche rilevanza, e invece no.
Evita anche verbi descrittivi come "vedo un soldato alto", "sento il vomito che mi sale"... mostra direttamente il soldato e l'acidità senza raccontare che vede e sente.
A livello più ampio, il racconto incentrato sul ricordo per me non funziona a dovere: rivedrei la struttura della storia con una più lineare.
Per esempio avresti potuto iniziare con la storia introduttiva (così ci si fa subito un'idea di chi è il protagonista), l'attacco al villaggio, i governativi che lo chiamano marmocchio. Magari il villaggio è stato già attaccato, loro si sono nascosti e la mamma cerca di tranquillizzarlo prima del rastrellamento.
Poi la fuga, anche se a quel punto il grosso del racconto si è già svolto, e o ti inventi qualcosa di meglio del gatto, o la storia può concludersi con la fuga disperata... eventualmente facendo vedere che sono sulle sue tracce, e lasciando il dubbio se ce la farà o no.
Valuta anche se sostituire degli elementi di pura malvagità nel comportamento dei cattivi con, diciamo, dei "cattivi ragionevoli" che tendono a risultare più credibili.
Spiazzante il titolo, mi è piaciuto!
Criterio di elaborazione della classifica, per chi fosse interessato.
► Mostra testo
I miei preferiti sono stati tre racconti che ho apprezzato tecnicamente, un po’ meno per la storia. Però erano tutti racconti che ho trovato ben fatti e esenti da grossi difetti. Di questi, due avevano un certo guizzo nella trama. Tra questi due, uno aveva maggior attinenza al tema.
Nel “tier” intermedio c’è la maggior parte dei racconti, tra cui storie belle ma raccontate in un modo che non mi ha coinvolto, oppure uno stile che non mi è dispiaciuto ma con una storia che non mi ha entusiasmato. In ogni caso opere con del potenziale.
Tra queste mi è stato subito chiaro quale fosse la mia preferita, perché ha saputo stupirmi ed emozionarmi, e se fosse stata scritta in altro modo avrebbe guadagnato il primo posto.
Dietro di lei una che ha caratteristiche simili, che ho apprezzato di più come stile e pur andando nella stessa direzione di quella che l’ha preceduta, non è riuscita a farlo con la stessa magia. Ma è comunque apprezzabile. Per cui, prima le opere che mi hanno emozionato.
Seguono poi due opere che mi hanno coinvolto meno, e tra queste ho privilegiato una che, per quanto non mi sia piaciuta nello stile (ma non perché fatto male), ho apprezzato per originalità e attinenza al tema. L’altra è venuta dopo.
Nel terzo tier ci sono opere che ho valutato apprezzabili in certi aspetti, ma che ancora non riescono a stare in piedi. Tra una che aveva più storia, e l’altra narrata meglio ma con poca trama, ho privilegiato la prima.
Classifica
1) Una mano amica, di Stefano Moretto
2) Tremate, mostri!, di Giorgia D’Aversa
3) Fallo entrare, Winston, di Andrea Lauro
4) Blues, di Andrea Spinelli
5) Il lago, di Giuliano Cannoletta
6) Amo i miei mostri, di Marco Roncaccia
7) Il frutto proibito, di Alessio Magno
8) Notte da favola, di Alessandro Randone
9) Sabato sera, di Stefano Impellitteri
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 24 novembre 2020, 11:06
da wladimiro.borchi
NOTTE DA FAVOLA
Ciao Alessandro,
stile discreto. Salvo per l'incipit, che mi ha fatto temere di trovarmi davanti a un brano tutto raccontato ("Sono in marcia da non so quanto tempo, non ho il coraggio di voltarmi. L’ultimo sopravvissuto di un villaggio maledetto, non racconterò a nessuno ciò che ho visto.").
Il registro cambia subito dopo, entrando bene nella storia e mostrando il mostrabile, ancorché si tratti di ricordi del protagonista.
Venendo al tema: la favola della madre serve a chiarire l'attinenza, ma lo fa con un'evidente didascalia di cui, forse, non c'era bisogno e che avresti potuto provare a rendere altrimenti con un po' più di coraggio.
Il racconto resta assolutamente godibile, salvo per la reazione un po' troppo leggera del protagonista alla morte della madre, che, in ogni caso ti hanno già fatto notare.
Potremmo giustificarla con lo shock e il "corto circuito", ma una volta superato il trauma iniziale e giunto in un luogo sicuro, forse, il ragazzo poteva lasciarsi andare a un pianto disperato con le ginocchia che non lo reggono e lo fanno genuflettere nel fango. Sarebbe stata un'immagine di tutt'altra forza rispetto a quella del gattino.
In ogni caso una prova discreta.
A rileggerci presto.
W
IL LAGO
Ciao Giuliano,
ancora un racconto con il "mostro" droga.
Bellissima tutta la prima parte, fino al momento in cui la ragazza viene "portata" dove i mostri (sia il fidanzato manesco, sia la droga) non potranno più trovarla.
La seconda parte, oltre a essere uno spiegone inutile (è chiaro che il posto in cui Eva verrà portata non è niente di terreno), rompe la magia che eri riuscito abilmente a costruire nel rapporto tra la protagonista e la creatura.
Anche in quella prima parte, forse, ci sono una serie di passaggi che avresti potuto approfondire di più, gestendo un po' più accuratamente il passaggio tra lo spaesamento iniziale di Eva, forse la sua paura, fino all'attrazione per la creatura. Lì i passaggi sono stati un po' troppo repentini, almeno a gusto mio.
Eliminerei del tutto la parte con gli sbirri e sfrutterei i caratteri avanzati per curare il passaggio fra le varie sensazioni e determinazioni di Eva.
A rileggerci presto.
W
SABATO SERA
Ciao Stefano,
bell'idea, ma gestione un po' troppo azzardata di pensieri e parole dei personaggi.
Non ho mai assistito a un'iniezione di adrenalina direttamente nel cuore, ma, quando facevo servizio civile, l'utilizzo del "Narcam" per la gente in overdose da eroina era abbastanza frequente.
Di regola la reazione del tossico era di delusione: «No, m'avete fatto il narcam? Porca troia m'ero dovuto fare due autoradio per farmi!».
Subito dopo, se non cominciavano a sgambettare per liberarsi e andare di nuovo fuori a farsi, si accucciavano un po' per provare a riprendersi.
Mai nessuno che si lasciasse andare a dialoghi filosofici sull'uso delle sostanze e sul senso della vita.
Non ho trovato, pertanto, la seconda parte del tuo lavoro troppo credibile.
Forse avresti potuto ovviare con uno stacco temporale, in tal modo avresti potuto dare il medesimo messaggio in maniera un po' meno sopra le righe.
Per il resto una prova discreta, che però non eccelle.
A rileggerci presto!
W
UNA MANO AMICA
Ciao Stefano, piacere di leggerti.
Allora, salvo che per le ripetizione che ti hanno già fatto notare e per l'inizio un po' lento, il racconto non è male.
Manca un po' di "divenire": una vera e propria vicenda.
Apprendiamo l'esistenza di un laboratorio dove si creano mostri per ricchi rompicazzo e, nel twist finale, sappiamo che anche quel sentimentale del protagonista è un mostro pure lui.
Ambientazione molto intrigante, ma la storia?
La sensazione che si ha alla fine è che manchi qualcosa. Potrebbe essere un favoloso "incipit" per un romanzo o un racconto lungo, ma così lascia un po' col senso di irrisolto.
Una prova comunque discreta.
A rileggerci presto.
W
BLUES
Stupenda allegoria della depressione, in salsa "tell".
L'idea è geniale e il concetto arriva in maniera convincente.
Ma, ahimé, il racconto non è altro che un lungo resoconto del rapporto con "Blues", dalla sua comparsa, alla crescita, fino al suo ridimensionamento.
Ora, non discuto che ci siano scrittori di tutto rispetto che nell'Ottocento abbiano scritto racconti esattamente con la medesima tecnica, che sono tutt'ora considerati capolavori della letteratura. Penso al "Gatto nero" o "Il corvo" di Poe, che hanno infinite attinenze con quello che hai scritto.
La narrativa però, oggi, è un po' cambiata.
I racconti citati, seppur pietre miliari per l'epoca in cui sono stati scritti, oggi non troverebbero il placet di alcun editore.
Nel tuo racconto manca ogni possibilità di immersione, non assistiamo a una storia, ci viene raccontato e quindi non empatizziamo, non soffriamo la stessa depressione del protagonista e quindi non ci emozioniamo.
Magari lo sai già e la tua era una scelta voluta, ma te lo dico lo stesso, nel caso ti mancasse questa informazione. C'è gente che ci ha studiato, anche con veri e propri test medico-scientifici, e si è accorta che il modo migliore per far vivere una storia al lettore è quello di renderla in maniera "immersiva".
Di tecniche per scrivere in questo modo ce ne sono infinite e si apprendono in corsi o su manuali (tra l'altro alcuni anche gratuitamente disponibili sul web).
Il concetto di fondo è quello di non raccontare "tell", ma di mostrare "show", attraverso il punto di vista del protagonista (PDV).
Questo in linea generale, poi ci sono tutta una serie di "segreti" per calare questa regola aurea nelle scelte narrative che si affrontano durante la scrittura.
Se sei digiuno di tutto questo, ti consiglio almeno la lettura del manuale del Duca di Baionette, lo trovi liberamente disponibile sul web, e di continuare a giocare con noi qui su MC.
Se invece sono cose che sai già e la tua era una scelta. Mi scuso e mi dileguo.
A rileggerci presto.
W
IL FRUTTO PROIBITO
Ciao Alessio,
il racconto è godibile e la declinazione del tema c'è tutta.
Quello che non lo fa brillare è, in prevalenza, lo stile utilizzato. Apri con un registro un po' troppo aulico ("caccia" "spasmodico" "vorace" "banchettare"), tanto che ci aspetteremmo tutt'altra ambientazione (personalmente credevo che avrei assistito a una battuta al drago), invece spuntano l'autovettura e il portabagagli. Il registro, in ogni caso, non cambia ("lo scantinato era saturo di esalazioni fetide").
Il racconto c'è, la vicenda arriva tutta, ma un po' per lo stile, un po' per aver curato alcuni dettagli al posto di altri (secondo me più importanti) non arriva.
Non sentiamo affatto la fatica dello spostamento del corpo (una persona che trascina un uomo incosciente sputa un polmone, lo raccatta e poi lo risputa), non entriamo fino in fondo nella disperazione della madre a cui hanno violentato (o anche ucciso?) la figlia.
Se tu ci avessi dato dei flash incomprensibili nella sua mente, che arrivavano dolorosi un po' alla volta e avessimo ricostruito così la vicenda, il risultato (almeno secondo il mio parere) sarebbe stato senz'altro migliore.
Ti dilunghi sulla fase precedente all'evirazione, quando abbiamo già capito che le cose prenderanno quella piega.
Racconto carino, ma non il tuo più riuscito.
A rileggerci presto
W
TREMATE, MOSTRI!
Ciao Giorgia,
racconto discreto e declinazione del tema molto originale.
Stilisticamente nulla da eccepire, al solito, salvo quelle due stupidaggini che ti hanno già segnalato.
Confermo anche il fatto che la prima parte, per gli amanti del fantasy è davvero un po' troppo classica. In un forum di nerdoni impenitenti come noi nessuno accetta di buon grado la classica taverna, con il classico personaggio in cerca di avventurieri a cui affidare una missione: suona davvero troppo di già sentito.
Dove il racconto decolla davvero è nella seconda parte dove apprendiamo il "fatal flaw" del protagonista e il suo bisogno di superarlo.
Il finale, in cui si accettano i compromessi per vivere alla meglio e superare il problema spiazza positivamente e risulta molto divertente.
A rileggerci presto
W
AMO I MIEI MOSTRI
Ciao Marco,
declinazione del tema non originalissima ma presa in pieno.
Trattandosi di un monologo della protagonista, all'atto di incidere l'ascoltatore, il racconto è tutto "tell" e poco immersivo.
Sei riuscito comunque a farci percepire chiaramente il personaggio "narrante" mediante le espressioni utilizzate.
Il crescendo funziona e, sì, concordo con gli altri, ha la pecca di svelarsi troppo presto.
C'è un twist che, comunque, a me è arrivato inatteso: il momento in cui scopriamo di essere noi lettori quelli legati al tavolo operatorio (qui secondo me recuperi in punti sorpresa).
A rileggerci presto.
W
FALLO ENTRARE, WILSON!
Ciao Andrea,
Tecnicamente, ancora una volta, ineccepibile, ma stavolta, davvero, non ho capito dove volevi andare a parare.
Qual è il conflitto? Quale messaggio vuoi darmi?
Il deforme si affida a uno che gli si palesa come "buono", ma in realtà il medico è solo in cerca di vana gloria?
A me è passato solo questo. E da te, ormai, mi aspetto taaaaaaanto di più.
Ma, sicuramente, è colpa mia. Di solito non sono sufficientemente sensibile per capire le sfumature.
Attendo "spiegone", prima di ragionare su valutazioni e classifiche.
W
1) Blues
2) Il lago
3) Tremate Mostri!
4) Fallo entrare Wilson
5) Una mano amica
6) Il frutto proibito
7) Amo i miei mostri.
8) Sabato sera
9) Notte da favola
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 24 novembre 2020, 15:41
da RobertMass
I miei commenti, condizionati come sempre, da un parte dall'aderenza al tema e dall'altra dalla mia capacità o incapacità di comprendere le pieghe delle varie storie.
Fallo entrare, Winston
Ciao, Andrea.
L'ennesimo bel racconto con un tema centratissimo. L'atmosfera inquietante determinata dall'alternanza di buio e di luce sembra accentrarsi sulla mostruosa creatura da guarire da parte del buon dottore il quale però non è così buono. Il coup de theatre finale ci rivela chi è il vero mostro. L'assistente Winston è funzionale alla descrizione dell'animo del medico e quindi mi sembra azzeccato. Nonostante sia chiaro che il dottore si assenti perché la vanità lo sconvolge un poco, anch'io toglierei la frase: "Ce la farò". Stile apprezzabile.
Una mano amica
Ciao, Stefano.
Ottimo racconto e tema centrato. Una storia fantascientifica che scorre senza intoppi, prospettando un mondo di "pet-mostri" dove i veri mostri sono gli acquirenti. Il colpo di scena finale mi ha sorpreso, concentrato com'ero sulla chimera. Quindi ha funzionato. Concordo con chi ti ha suggerito che il camaleonte avrebbe potuto dimostrare maggior disprezzo degli uomini ma nessun altra anticipazione doveva essere utilizzata per non guastare il riuscitissimo finale. Buon uso dei dialoghi. Complimenti!
Il lago
Ciao Giuliano.
Originale e nello stesso tempo delicato racconto sulla droga, aggettivi che non sempre compaiono in un commento su questo tema. Il mostro è proprio la droga ma il finale ( che io ho apprezzato) insinua che nella società, che bolla i drogati di essere mostri, esiste qualche altro mostro: l'uomo senza cuore che non ha senso né di legge né di giustizia. Le ardite espressioni non gradite ad alcuni sono per me accettabili. Se il vento fischia può anche mugolare. Rinvio tranquillamente al dizionario! Bella prova! A rileggerci!
Amo i miei mostri
Ciao Marco.
Come diceva Nietzsche: "Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro". La protagonista che rende striscianti i mostri che combatte, è lei stessa un mostro, per sua stessa ammissione, quando dice di aver imparato dal sezionatore d'immigrati dell'Est Europa. La storia è ben scritta. Non ci sono dialoghi ma questo, secondo me, non appesantisce affatto la narrazione che sembra appunto la lunga confessione della vendicatrice. E il mito dell'acqua purificatrice sappiamo già che non funzionerà!
A rileggerci.
Tremate, mostri!
Ciao, Giorgia.
Una storia fantasy divertente dove si affastellano echi di leggende medievali con orchi e nani. Lo stile è scorrevole, la dote migliore del racconto. Forse, se lo spazio fosse stato più rilevante, la storia avrebbe reso di più. Tutto sommato comunque una buona prova, L'unico vero dato irreale è certo l'eunuco con la barba che poteva essere un'idea assurda ma interessante e che comunque andava in qualche modo presentata con una spiegazione anche se fantasiosa. Il tema è centrato, naturalmente.
A rileggerci!
Notte da favola
Ciao, Alessandro.
Dialoghi secchi e concisi rendono magistralmente il tema dei mostri che non sono quelli che accarezza la principessa e che rende mansueti: sono i militari, decisi a far sgombrare la madre e il figlio Ettore dalla loro casa perché lì dovrà passare una strada. Il termine favola è perfetto (come lo è pure il termine fiaba riferito al racconto della madre sulla principessa) perché c'è una morale che si riferisce al sacrificio dela madre per salvare il figlio dai mostri che sono sempre gli uomini e non il "sinistro2 gattino.
A rileggerci
Il frutto proibito
Ciao, Alessio.
Bellissimo racconto macabro. Non condivido le critiche sui cliché del bisturi e della cantina. Secondo me tutto funziona anche se c'è molto raccontato e non mostrato. Ho anche apprezzato i riferimenti biblici a Eva e il serpente che non sono sicuramente casuali. Ma secondo me c'è un ma rispetto al tema del racconto. Non viene rispettato perché non si accarezza nessun mostro neanche metaforicamente. A meno che non s'intenda il termine in maniera eufemistica per "picchiare". Ma mi sembra una mia spiegazione tirata per i capelli e che non ha riscontro nella storia che non utilizza molto l'ironia. Peccato! A rileggerci.
Blues
Ciao, Andrea.
Ho letto il tuo racconto con molta fatica e questo costituisce sempre un limite per i miei sempre opinabili giudizi. Anche se alla fine ho intuito che non c'era nessun cane, che Blues era la sindrome depressiva del protagonista, sono stato fuorviato completamente dall'incipit della storia che parlava di un cane vero che poteva essere usato per rimorchiare le ragazze. Solo una FINTA depressione poteva fare altrettanto. Comunque la convivenza con questo malessere non è stata pacifica, anche se poi c'è stata una conclusione positiva che ha partorito un chihuahua. Qui il mostro della disforia non è mai stato accarezzato! Tema non centrato, secondo me!
A rileggerci.
Sabato sera
Ciao, Stefano.
La scarsità di spazio di questo contest è sempre stato il nostro cruccio. >perciò abbiamo accolto con favore l'innalzamento a 4242 caratteri spazi inclusi. Tu invece non te ne sei curato. La laconicità è sicuramente un pregio, come pensavano gli Spartani, ma a volte no. In questo caso la scena "Tarantiniana" della siringa di adrenalina doveva, secondo me, essere gestita con dovizia di particolari. Il risveglio doveva essere un po' più complicato di così. Utilizzando pochi caratteri ti sei privato di quello spazio che ti avrebbe consentito, non di allungare il brodo, bensì di colorare il racconto La prossima volta sviluppa di più la tua idea. questa era comunque buona! A rileggerci.
CLASSIFICA
1) Fallo entrare, Winston di Andrea Lauro
2) Una mano amica di Stefano Moretto
3) Il Lago di Giuliano Cannoletta
4) Amo i miei mostri di Adriano Roncaccia
5) Tremate, mostri! di Giorgia D'Aversa
6) Notte da favola di Alessandro Randone
7) Il frutto proibito di Alessio Magno
8) Blues di Andrea Spinelli
9) Sabato sera di Stefano Impellitteri
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 24 novembre 2020, 20:51
da antico
Al momento non considero come valida la classifica di RobertMass perché non so chi sia. Dovrebbe trattarsi di secondo account di Roberto Masini, ma attendo conferma direttamente da lui. Pertanto avete ricevuto sette classifiche e devon ancora arrivarvene due.
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 25 novembre 2020, 0:06
da RobertMass
antico ha scritto:Al momento non considero come valida la classifica di RobertMass perché non so chi sia. Dovrebbe trattarsi di secondo account di Roberto Masini, ma attendo conferma direttamente da lui. Pertanto avete ricevuto sette classifiche e devon ancora arrivarvene due.
Sì, sono io, Roberto Masini. Ho due account di Google, uno con l'indirizzo GMAIL e uno con l'indirizzo ALICE. Ho sempre usato quest'ultimo e fino a pochi giorni fa cliccando su Google Chrome potevo scegliere. Invece da qualche giorno si apre automaticamente l'altro profilo. Controllerò la prossima volta. Scusate!
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 25 novembre 2020, 0:32
da Roberto Masini
Penso di essere riuscito a ripristinare il mio profilo!
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 25 novembre 2020, 11:58
da antico
Molto bene, con la classifica di Masini siete a otto classifiche ricevute e sono tutte regolari, ve ne manca solo una.
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 25 novembre 2020, 22:49
da SaraPerrone91
Buonasera, ecco i miei commenti:
“Tremate, mostri” – Giorgia d’Aversa
Ciao, Giorgia!
Il tuo racconto mi ha strappato un sorriso: ho apprezzato molto la vena ironica da te utilizzata. L'ambientazione e i personaggi mi hanno ricordato molto varie serie tv fantasy che ho visto, il che ha appagato molto il mio lato nerd.
Trovo che tu abbia sviluppato il tema in maniera originale, sia per la scelta del genere fantasy, sia perché lo hai interpretato in maniera letterale, cosa che però è risultata coerente con la storia da te creata. Non era un tema facile, eppure ti sei saputa destreggiare bene.
Il finale, poi, mi ha lasciata sorpresa: già mi aspettavo una scena d'azione, ma ecco il colpo di scena: Boris non deve cercare alcun mostro, ce l'ha lì davanti ed è l'eunuco. Non me lo aspettavo, onestamente.
Sara
“Blues” – Andrea Spinelli
Ciao, Andrea!
Il tema mi sembra centrato; ho dovuto rileggere il racconto una volta prima di capirlo appieno, di comprendere che non si trattava di un cane in carne ed ossa ma di una rappresentazione della depressione. Con questa consapevolezza, ho potuto apprezzarlo molto di più.
Detto ciò, devo dire che hai colto molto bene gli aspetti della depressione: hai descritto molto bene ciò che le persone provano in questa condizione e l’associazione a Blues è un pugno nello stomaco. Normalmente ad un animale domestico associamo affetto e tenerezza.
Ho apprezzato molto anche la fase della guarigione e il non voler abbandonare completamente Blues: è comunque un qualcosa che ha reso il protagonista la persona che è, ed è un bel messaggio da trasmettere,
A presto,
Sara
“Il lago” – Giuliano Cannoletta
Ciao, Giuliano!
Trovo che tu abbia rispettato molto bene il tema della sfida.
Il racconto si dipana senza particolari intoppi e ci fa calare in un'atmosfera surreale, da racconto fantastico: abbiamo Eva, questa ragazza sola e ferita, e quello che potremmo definire un mostro, ma che in realtà sembra volerla solo aiutare.
Poi, però, il paragrafo finale ci catapulta nella realtà; Eva è morta annegata, è una tossicodipendente che vive una relazione malsana e il lettore resta con un dubbio. La parte iniziale è dovuta ad un elemento sovrannaturale oppure si tratta soltanto di un delirio indotto dagli stupefacenti?
Ecco, ho apprezzato proprio questo, nel tuo racconto. E anche il fatto che il vero mostro non fosse "il mostro del lago", ma il fidanzato di Eva, la quale forse ha trovato pace.
Mi è piaciuto molto.
Sara
“Una mano amica” – Stefano Moretto
Ciao, Stefano!
Trovo che tu abbia centrato il tema.
Inizialmente pensavo di trovarmi davanti ad un classico medico che ha a che fare con un classico paziente, ma poi ho colto l’ambientazione fantascientifica che hai voluto dare al racconto e che lo ha reso molto particolare.
Il colpo di scena finale, poi, non me lo aspettavo. Anche il dottore è una chimera, ma di diverso tipo, presumo. Peccato per il limite dei caratteri, perché sarebbe stato interessante scoprire qualcosa di più su di lui.
La chimera mi ha fatto molta tenerezza e mi chiedo come mai fosse così ferita. È stata la guardia che ha aggredito a ridurla in quello stato?
Anche l’intervento del cliente è molto calzante: fa capire in che tipo di società ci troviamo e perché esistono le chimere, in questo contesto. Non sono altro che merci.
In sostanza, mi è piaciuto.
A presto,
Sara
“Amo i miei mostri” – Marco Roncaccia
Ciao, Marco!
Ho letto il tuo racconto con piacere, anche se devo ammettere che ho dovuto rileggere la frase finale un paio di volte prima di capire bene il senso. Mi riferisco in particolar modo alla penultima frase: “ Una cosa diceva sempre, quando finisco mi faccio una doccia e insapono con delicatezza tutta la superficie del corpo.”
È stata pronunciata da Matteo, giusto? Se è così, sarebbe stato meglio segnalarlo tramite delle virgolette o con l’uso del corsivo, così da rendere più agevole la lettura.
Passando alla descrizione dei personaggi, devo dire che nella loro “mostruosità” li ho trovati ben tratteggiati: ti confesso che ho avuto un moto di ribrezzo per Bruno, una simpatia per Ana e un sentimento contrastante per Matteo.
Un po’ meno ho inquadrato la protagonista: non capisco quale sia il suo movente. Matteo le ha fatto da maestro, ma mi sarebbe piaciuto avere qualche informazione in più su di lei, non solo sui suoi mostri, anche se comprendo bene che il numero dei caratteri possa aver influito.
Il tema, comunque, è stato ben rispettato.
A presto!
Sara
“Fallo entrare, Winston” – Andrea Lauro
Ciao, Andrea!
Il tema mi sembra centrato: il mostro c’è, così come la carezza. E ti dirò, all’inizio avevo pensato che il mostro fosse il paziente, poi ho capito che in realtà era il chirurgo.
Il tuo racconto mi è piaciuto e si svela piano piano; ad esempio, mai mi sarei aspettata che l’operazione si svolgesse davanti ad un pubblico. Il colpo di scena inserito a metà funziona, così come lo stile. Apprezzo molto l’uso che fai della paratassi.
Per quanto riguarda i personaggi, un po’ ho empatizzato con il paziente, all’inizio. Il chirurgo non l’ho inquadrato del tutto: mi è parso si capire che sia un megalomane, che operi non per fare del bene, ma soltanto per soddisfare le proprie mani di grandezza e godere degli applausi del pubblico. Il momento di incertezza (quel “Ce la farò”, unito all’agitazione) quindi non l’ho ben capito. Nulla da dire su Winston, ben tratteggiato nel suo ruolo di assistente.
A presto!
Sara
“Notte da favola” – Alessandro Randone
Ciao, Alessandro!
Non ho ben inquadrato l'epoca in cui si svolge il tuo racconto, perché inizialmente ho pensato che si trattasse di un racconto storico o di un fantasy, ad ambientazione medievale, ma poi abbiamo dei riferimenti ad un governo, a delle armi da fuoco e ad un plotone di esecuzione che fanno quasi pensare ad un futuro post-apocalittico. Mi chiedo se sia voluto o meno.
Un'indicazione temporale, comunque, avrebbe potuto aiutare.
Il tema è stato inserito (anche se non l'ho colto appieno) e trovo interessante la citazione che ne fai, inserendo la frase in una fiaba della buonanotte. I veri mostri, però, in realtà sono i soldati. Ho avuto poi un moto di tenerezza quando Ettore si rivolge al gattino chiamandolo "mostro"; sebbene sia appena fuggito dal proprio villaggio e abbia visto la madre morire, ha comunque modo di dimostrare un po' di umanità nei confronti di questo esserino.
Buono anche l'espediente del flashback, che ci spiega cosa sia successo al bambino.
Attenzione a quando usi la punteggiatura nel discorso diretto, come già ti è stato fatto notare.
In sostanza, ho apprezzato il tuo racconto, ma avrei potuto coglierlo un po' meglio inquadrandolo nell'epoca corretta.
A presto,
Sara
“Il frutto proibito” – Alessio Magno
Ciao, Alessio!
Il tema è stato rispettato, anche se non ho trovato molto originale l'idea del mostro nelle vesti di giustiziere di altri mostri. La precisazione finale, inoltre, secondo me è superflua: si capisce subito che anche la voce narrante non è poi tanto diversa dalle sue vittime, sebbene i motivi che la spingono ad agire sono ben diversi.
Per tutta la durata della lettura mi sono infatti chiesta che cosa portasse la protagonista a comportarsi in quel modo, perciò ho apprezzato la parte finale in cui spieghi il movente, anche se avrei preferito conoscere qualche dettaglio in più. Non ho infatti capito che fine abbia fatto la figlia, ad esempio.
Interessanti i riferimenti religiosi e buona la descrizione che fai dello scantinato, che sono riuscita ad immaginare molto bene.
Sara
“Sabato sera” – Stefano Impellitteri
Ciao, Stefano!
Ho trovato il tuo racconto molto breve e in questo caso è un peccato perché avresti potuto approfondire un po’ di più alcuni concetti, a parer mio.
Ad esempio all’inizio, quando citi l’equipaggio. Pensavo si trattasse dell’equipaggio di una nave, non di un’ambulanza. Avresti potuto magari iniziare dicendo, che so, che l’ambulanza stava avanzando a sirene spiegate e poi citare l’equipaggio, così non ci sarebbe stato l’equivoco.
Ho apprezzato invece che i mostri in questo racconto siano incarnati dalla droga. La ragazza purtroppo li conosce bene; anche in questo caso, sarebbe stato interessante approfondire i motivi che la portano a farne uso, i veri mostri che presumo la spingano all’autodistruzione.
Il dialogo tra la ragazza e il soccorritore è abbastanza interessante, anche se forse si lascia andare a toni un po’ troppo solenni, specialmente per una ragazza che fino a poco prima era in fin di vita.
Insomma, con qualche battuta in più il discorso avrebbe potuto essere un po’ più ampio.
A presto,
Sara
Ecco infine la classifica:
1) “Tremate, mostri” – Giorgia d’Aversa
2) “Blues” – Andrea Spinelli
3) “Il lago” – Giuliano Cannoletta
4) “Una mano amica” – Stefano Moretto
5) “Amo i miei mostri” – Marco Roncaccia
6) “Fallo entrare, Winston” – Andrea Lauro
7) “Il frutto proibito” – Alessio Magno
8) “Notte da favola” – Alessandro Randone
9) “Sabato sera” – Stefano Impellitteri
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: giovedì 26 novembre 2020, 18:40
da antico
Avete ricevuto tutte le classifiche.
Re: Gruppo NERO&ZAGARA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 2 dicembre 2020, 18:42
da antico
Ecco a voi i miei commenti e classifiche, grazie per le letture.
1) Amo i miei mostri, di Marco Roncaccia
Molto bello, davvero. Mi fermo al pollice quasi su solo perché, come ha evidenziato anche Lenzi, presenti situazioni di qualità calante quando invece non dico che dovrebbe essere a salire, ma perlomento mantenere il livello. Si legge tutto benissimo e con gran gusto, ma la mia percezione è stata quella sin dal racconto di Ana. Sono consapevole che così rischio di perdere il racconto per la Vetrina, ma aggiungo anche un altro aspetto che andrebbe migliorato: i riferimenti al lettore. Molto bene farlo sul finale, ma credo che se tu dedicassi qualche semina qua e la nel testo non potrebbe che giovarne. In ogni caso: complimenti.
2) Una mano amica, di Stefano Moretto
Un'idea molto buona per una realizzazione efficace anche se passibile di miglioramenti. Condivido con Ferrero l'appunto sull'incipit. Concordo sulla mancanza di informazioni riguardanti il contesto quali il perché dell'essere lì del protagonista e un qui di base più profondo. Di contro, ottima resa del tema. Per me un pollice tendente verso l'alto in modo brillante e in classifica finisci davanti al parivotato racconto di D'Aversa per una maggiore coerenza interna.
3) Tremate, mostri!, di Giorgià D’Aversa
Credo che la prima parte sia meno funzionale rispetto alla seconda a causa di un disequilibrio nel tono: vero che anche nella prima tendi a utilizzare molta ironia, ma forse sei stata anche più attenta alla forma e questo ha creato un contrasto, paradossalmente, meno leggero di quello della seconda parte. In pratica, la mia ipotesi è che la stanchezza, in questo caso, abbia operato a tuo favore, o perlomeno a favore delle intenzioni del racconto, facendoti allentare il controllo aumentando in tal modo l'elemento comico. Detto questo, il testo funziona e per me è un pollice tendente verso l'alto in modo brillante, non di più perché ritengo che con una riscrittura potresti focalizzarlo meglio e farlo rendere in modo più efficace.
4) Il lago, di Giuliano Cannoletta
Fino allo stacco era da pollice su con l'unica pecca di un riferimento poco concreto della ragazza ai mostri della sua vita, mi è sembrato un pelo forzato per andare verso il tema. Pessima la parte finale: ok il creare una situazione che mettesse in chiaro la drammaticità dell'accaduto, ma si dilunga troppo e la frase finale è inutile e dannosa. In fase di riscrittura ci starebbe qualcuno che guardasse la superficie del lago... No, nessun riferimento al mostro, va benissimo che non riappaia, ma un qualcosa che ci ricordi che è lì che osserva ci andrebbe perché, fondamentalmente, questo è un racconto horror e come tale devi trattarlo. Concludendo: per me un pollice tendente verso l'alto che piazzo davanti a tutti gli altri racconti pari votati del gruppo per quella splendida prima parte, che poi è il settanta percento del testo.
5) Blues, di Andrea Spinelli
Non c'è dubbio che il racconto sia uscito quasi esattamente come lo avevi immaginato e pianificato e questo è assolutamente un pregio. Ho però rilevato due problematiche che non mi hanno convinto: 1) il tema non mi sembra preso in pieno, ma in tanti lo avete interpretato di striscio in questa edizione e 2) nel tuo sviare il lettore insierisci degli indizi non coerenti con la depressione, o perlomeno non secondo quella che è la percezione derivante dal mio vissuto di persona che non ha conoscenza diretta della problematica. Riassumendo e concludendo, sicuramente un pollice tendente verso l'alto che non va oltre per mio mero gusto personale. In classifica finisci davanti ai pari votati racconti di Lauro e Magni proprio per la coerenza interna del racconto, molto in linea con quelle che erano li intenzioni iniziali.
6) Il frutto proibito, di Alessio Magno
Per me questo è un racconto bello che pecca, però, sul fronte tema per una eccessiva tendenza a inserirlo a forza. La parola MOSTRO ripetuta così tante volte mi è sembrata eccessiva: una volta capito il giochetto avresti dovuto alternarla. Il concetto stesso del tema rientra a fatica, ma lo accetto. Manca anche un po' di semina sul background della protagonista, robe che avresti potuto inserire in corso d'opera per aumentare anche la consapevolezza della sua pazzia con conseguente perdita di controllo. Detto questo, la scena descritta è molto forte e ben s'imprime nella mente del lettore. Occhio anche al rimando biblico perché non mi sembra inserito in modo ottimale nel contesto. Concludendo: un pollice tendente verso l'alto anche se non in modo brillante e in classifica finisci davanti al racconto di Lauro, più pulito, ma meno definito.
7) Notte da favola, di Alessandro Randone
Parto dalla tua ultima risposta: ci sta che, essendo opera inventata, tu non sia interessato, anche giustamente, al dove e al quando, ma nel momento in cui fornisci al lettore un contesto italiano è normale che scatti la ricerca di un periodo storico e che, non trovandolo, il lettore stesso si ritrovi spiazzato. A inizio racconto ho pensato a un contesto cinese, ci sta anche il suggerimento di contesti africani, ma se vuoi rimanere decontestualizzato, allora dovresti ambientarlo in un fantasy facendo bene uscire dalla lettura che di fantasy si tratta e poi via a tutto ciò che vuoi. Del resto il fantasy non è solo Harry Potter e in questo periodo sto leggendo Erikson e ti assicuro che un contesto del genere sarebbe perfetto. Detto questo, passiamo al racconto e devo dire che mi è piaciuto e che ho trovato la tua conduzione molto buona. Il tema è presente e rilevo qualche problema giusto in apertura perché mi arrivava la voce di un adulto e non di un bambino. Da rivedere un poco anche la chiusa perché una volta recuperata la memoria e rientrato nella situazione, temo che la chiusa corretta sarebbe quella in cui viene raggiunto e ucciso. Tirando le somme, per me un pollice tendente verso l'alto, l'ennesimo di questo gruppo. Come piazzarti? Se più focalizzato del racconto di Lauro, ma il problema sul contesto influenza pesantemente la lettura e quindi finisci dietro a quello di Magno. L'invito e a revisionarlo perché c'è già tutto, va solo sistemato.
8) Fallo entrare, Winston, di Andrea Lauro
Un racconto che ti è rimasto in canna. Intendiamoci, lettura piacevole e valutazione da pollice tendente verso l'alto, ma senza brillare perché ci sono davvero troppi MA. Partiamo dal titolo con Winston centrale quando poi tale non si rivela, passiamo al dottore e a questo tuo voler nascondere il pubblico pagante, con lui che si accerta che sia davvero pagante andando così a riempire un calderone informe fatto di attenzione per il paziente, senso della sfida, voglia di emergere, cinismo e chi più ne ha più ne metta che davvero va a caratterizzare male il protagonista. Infine, questa chiusa con lui che esce da una porta che, praticamente, appare dal nulla. La mia impressione? Che tu ti sia adagiato su alcuni aspetti pensando che il lettore avrebbe riempito, ma così facendo hai esagerato nel buttare dentro roba e ne è uscito un testo poco focalizzato. Capita anche al Lauro ;)
9) Sabato sera, di Stefano Impellitteri
Un racconto che parte bene, ma che poi accelera in modo improvviso. La mia idea è che tu abbia avuto poco tempo e pertanto ti sia trovato con l'acqua alla gola perché fino a quando procedi regoalare il tutto è funzionale e piacevole. Da quando la ragazza si sveglia, invece, ti lanci in un messaggio NO DRUGS fin troppo diretto, per di più perdendo totalmente il personaggio di Silvia e il tutto è poco verosimile e convincente. Per me un pollice ni tendente verso il positivo.