La notte è giovane
Inviato: venerdì 18 dicembre 2020, 22:18
La notte è giovane
Respira. Conta fino a dieci, respira, conta ancora fino a dieci. Inspira, espira. Ricomincia da capo: conta, inspira, espira, conta... Facile no?
Col cazzo che era facile. Al diavolo il suo monumentale orgoglio, che lo aveva cacciato nell'ennesimo guaio.
Kej sbuffò. Si sentiva come il nuovo iscritto in odore d'iniziazione che entri nel salotto di una confraternita studentesca. Avanzò di qualche passo, le luci colorate del disco-bar che gli illuminavano a intermittenza il volto. Era solo questione di tempo, presto qualcuno l'avrebbe avvicinato, il suo aspetto attirava a lui ogni potenziale guaio nel raggio di chilometri.
In realtà la sfida era proprio quella: rimorchiare una bella fanciulla. Lui, incapace di relazioni sociali, doveva agganciare e portarsi a letto una donna.
Maledetto nanerottolo baro! Sapeva che accettare di giocare a carte con lui era un suicidio, eppure ci cascava sempre! L'idiota aveva il dono di riuscire a provocarlo nel modo giusto e indurlo a mettersi in trappola da solo, purtroppo.
Stavolta il prezzo da pagare per essersi fatto battere di nuovo era, appunto, darsi in pasto alla prima che ci stava. Perché, ovviamente, lo stupido tappo aveva scommesso che non sarebbe stato in grado nemmeno di offrire da bere alla fanciulla in questione. Meno che mai intavolare un discorso e, nella maniera più assoluta, farla andare da nessunissima parte con lui.
Si voltò verso il bancone del bar, lanciando uno sguardo omicida al suddetto nanerottolo, che seguiva ogni sua mossa con attenzione. Lo salutò agitando la mano in un modo che gli parve estremamente canzonatorio, gli innaturali capelli bianchi che brillavano come una lampada al neon ogni volta che uno dei fasci luminosi li colpiva. Da quella distanza e con le luci basse non poteva esserne certo, però gli parve che il bastardo avesse appena fatto l'occhiolino.
Prese nota di fargliela pagare molto cara alla prima occasione e squadrò il locale. Era il bar di un lussuoso albergo, avrebbe scommesso che metà delle eleganti dame presenti fossero costose escort. Dunque? Come doveva comportarsi? Avvicinare quella che a naso forse non lo era e chiederle gentilmente di aiutarlo, fingendo di bere con lui e seguirlo da qualche parte? Sarebbe stato oltremodo umiliante.
A parte la sua notoria asocialità, il vero problema era molto più invalidante da quel punto di vista: non gli interessavano le donne. In realtà, non gli era mai interessato il sesso in sé, non aveva mai sprecato il suo tempo a interrogarsi se fosse attratto dall'uno o dall'altro genere. Be', per lo meno non finché una certa persona era entrata di prepotenza nella sua vita. Da quel momento s'era accorto di provare un indiscutibile interesse per lei, un lui, cosa con la quale ancora non aveva raggiunto un accordo. Nessuno sapeva che giocasse con la squadra avversaria e non aveva alcuna intenzione di renderlo pubblico. Era conscio di poter essere gay, e questo rendeva assai improbabile per lui anche solo pensare di toccare una donna. Si concedeva il beneficio del dubbio solo perché non provava attrazione per nessun altro a parte Rob, il suo nuovo compagno di stanza al convitto.
“Tch.”
Scosse lentamente la testa. Tutto quell'arrovellarsi attorno alla sua sessualità non avrebbe cambiato la realtà dei fatti. Come al solito troppo confidente in sé stesso, aveva accettato la stessa posta chiesta da lui per la partita di poker: se avesse fallito, il prezzo da pagare sarebbe stato una drammatica rasatura di capo.
Doveva per forza scegliere una fra le ragazze sedute al bar o ai tavoli e inventarsi qualcosa per convincerla a seguirlo in un luogo appartato, dove le avrebbe detto la verità facendosi schiaffeggiare e scaricare all'istante. Che meraviglioso programma.
I suoi pensieri furono interrotti di colpo quando posò lo sguardo su una chioma rossa, la cui proprietaria pareva ammiccare proprio verso di lui. L'invitò ad avvicinarsi con un grazioso cenno della mano. Che fosse dannato.
Be', peggio di così non poteva proprio andare (o almeno credeva non potesse) per cui accettò l'invito e avanzò verso il tavolo in questione, sedendo di fronte alla donna.
Lei gli sorrise, un radioso, accattivante, ipnotico sorriso. Bizzarro, non gli era mai capitato di trovare un semplice sorriso tanto attraente, a parte quello di Rob. Scacciò il pensiero e si costrinse a dare attenzione all'oggetto della missione. I capelli, spettinati ad arte in modo da nascondere interamente l'occhio destro, le ricadevano liberi sulle spalle. Quello visibile era di un verde smeraldo che, per la miseria, lo fece pensare subito a Rob e le labbra avevano lo stesso colore cremisi della chioma.
Kej deglutì a vuoto, una strana sensazione si era appena impadronita di lui, ma non sapeva darle un nome. Il vestito che la donna indossava era vistoso ma non volgare, anche se non riusciva a definire se fosse rosso o fucsia o addirittura arancione. Era però tanto lucido da abbagliarlo quando la luce vi si rifletteva sopra e abbastanza aderente perché lo spacco sul lato sinistro s'aprisse mostrando ciò che avrebbe dovuto invece coprire. Almeno non era scollato, una provvidenziale giacca corta nascondeva in parte spalle e decoltè.
La donna parve valutare le occhiate che le rivolgeva; allargò il sorriso e d'un tratto scoppiò a ridere, nascondendo la bocca con la mano nel tentativo di mascherarlo.
“Hai una faccia ch'è tutta un programma, Kej,” disse, sforzandosi di riguadagnare, per quanto possibile, un'espressione seria.
Si bloccò all'istante, nemmeno l'avesse colpito un fulmine. Non poteva essere! Eppure la voce... La persona di fronte a lui gli prese le mani, si sporse in avanti per guardarlo dritto negli occhi e sbatté le vistose ciglia finte. Quell'occhio, così verde...
“Rob? Che diavolo significa?” ruggì, riprendendosi dallo shock e cogliendo al volo la situazione. Il nanerottolo albino l'aveva pensata bene, non poteva negarlo. Una presa in giro coi fiocchi. Lui però non intendeva stare al gioco, era una mossa sleale e l'avrebbe considerata una violazione degli accordi. Ergo, non era più obbligato a sottoporsi a quell'umiliazione. Ritrasse le mani con un gesto secco. “Tch. Così era tutta una farsa, complimenti! Da quando sei in combutta col tappo idiota?”
Rob gli piazzò un dito sulle labbra, facendolo irrigidire peggio d'uno stoccafisso. Si avvicinò ancora di più a lui, così tanto che poteva sentire il calore del suo respiro mentre gli parlava.
“Shhh!” lo zittì, aggrottando il sopracciglio visibile. “Sono qui per salvarti le chiappe, collabora o Al s'accorge che c'è qualcosa di strano!”
“Salvarmi? E come, vestendoti da donna?” sibilò, cercando d'ignorare l'estrema vicinanza delle loro labbra. “Ti sei guardato allo specchio? Come t'è venuto in mente?”
“In realtà, l'idea è in parte di Mei Lin, che m'ha dato una buona mano anche con trucco e vestito,” ammise Rob.
Avrebbe dovuto immaginarlo. Non poté evitare di chiedersi se Lin si fosse imbarcata in questo salvataggio perché sapeva che lui aveva un debole per Rob. Da quando dividevano la stanza del convitto la ragazza era diventata molto, troppo curiosa su quel che facevano dopo le lezioni, quando non uscivano tutti insieme. Si lasciò sfuggire un leggero sbuffo.
Doveva ammettere che Lin aveva fatto un buon lavoro con il trucco. Così conciato, Rob passava tranquillamente per una donna.
“Sembri Jessica Rabbit piatta come una tavola,” commentò, sforzandosi di mantenere neutro il tono della voce.
Rob fece il broncio, si tirò indietro e incrociò le braccia al petto.
“Lo prendo come un complimento, visto che con te ottenere di più è impossibile. Sta' al gioco, se vuoi salvare la tua fluente capigliatura.”
S'infilò due dita nella scollatura e tirò fuori una chiave con agganciata una targa, il cui numero non lasciava dubbi su cosa aprisse. La dondolò fra loro, sbirciando di sottecchi per esser certo che Al stesse guardando.
Kej serrò la mascella.
“No.”
“Kej, andiamo,” sussurrò Rob, alzandosi in piedi con fare provocante. “Quel che accadrà nella camera dell'hotel resterà fra noi. Al deve solo credere che ti sei portato a letto questa sventola di fanciulla.”
Sventola di fanciulla. Dannazione, ma che aveva in testa Rob, segatura? Non era divertente. Come mai vestirsi da donna gli fosse parsa questa favolosa idea, non riusciva a capirlo e di certo non intendeva spiegargli il perché lui non ne fosse affatto felice. Confessare i suoi sentimenti era fuori questione. Sentirsi ridere in faccia non faceva parte dei suoi programmi, in nessun caso.
Si alzò, deciso ad andarsene, ma Rob fu più lesto: gli fece scivolare una mano guantata di raso intorno alla vita e l'attirò a sé, torreggiando su di lui. Troppo sorpreso per reagire, Kej lo fissò posare le labbra sulle sue e il mondo divenne improvvisamente bianco.
L'evento successivo che registrò fu il torace di Rob premuto contro i suoi pugni o meglio: i suoi pugni, serrati in maniera spasmodica, che tentavano di distanziarlo dal corpo di Rob. Ricevette un'occhiata divertita.
“Rilassati Kej,” gli mormorò all'orecchio in tono suggestivo. “Hai l'aria di uno che sta per avere un attacco di cuore. Primo bacio, eh? Le tue labbra sono così serrate che stanno diventando blu.”
Kej imprecò fra sé. L'aria di uno che sta per avere un attacco di cuore. Certo, perché era quel che sarebbe successo di lì a poco se non l'avesse lasciato andare subito!
“Non ho bisogno di rilassarmi! Toglimi le cazzo di mani di dosso e sparisci!” sibilò, continuando a premere i pugni contro Rob per allontanarlo da sé più che poteva.
Rob però non era dello stesso avviso. Fece scivolare una gamba fra le sue come se stessero danzando e finì per strofinare contro una zona al momento molto sensibile per lui.
“Bugiardo,” ribatté sfoggiando un sorriso compiaciuto “qualcosa mi dice che le mie mani stiano benissimo dove sono ora. Ammetti che mi vuoi!”
Era proprio quello il problema: altroché se lo voleva, ma voleva Rob. Solo, semplicemente, Rob. Girò il viso dall'altro lato per non doverlo guardare.
“Mai!”
Rob gli piazzò una mano su una chiappa, la strizzò appena facendolo trasalire e con l'altra gli prese il mento, riportando i loro sguardi a incontrarsi.
“Al ci sta guardando,” ammonì. “Fatti baciare come si deve.”
Eh, no! Serrò labbra e mascella e Rob sospirò.
“D'accordo, ricevuto. Ci serve privacy per scioglierti un po'.”
Lo baciò sul collo a sorpresa, mordicchiandogli un orecchio con abilità sufficiente da strappargli un gemito. Avrebbe voluto ribellarsi, ma proprio in quel momento il suo sguardo incrociò quello del nanerottolo, che osservava appollaiato sullo sgabello del bar, scuotendo la testa. Contava i secondi che ci avrebbe messo a scappare, il bastardo!
L'orgoglio ebbe di nuovo la meglio su di lui e smise di resistere, accettando l'abbraccio di Rob che, con molta nonchalance, lo condusse verso l'ascensore.
Al non poté fare a meno di notare la mano della donna aggrappata al culo di Keiji e lui permettere che restasse lì. Si era lasciato baciare da lei e la stava seguendo docile in una stanza d'albergo, con l'indubbio sottinteso che avrebbero fatto sesso... Qualcosa non tornava, però non capiva cosa fosse a dargli quella sensazione di forzatura.
Si strofinò il mento, perplesso. Era certo che per Keiji sarebbe stata la prima volta, forse alla fine era un bene che avesse trovato una donna così decisa.
Qualcuno sedette sullo sgabello accanto al suo. La ragazza si passò una mano fra i capelli neri e un sorriso furbo le increspò i graziosi lineamenti orientali. Appoggiò il gomito sul bancone del bar, facendo cenno al barista di portarle da bere.
“Novità?”
Di certo aveva assistito a tutta la scena. Ricambiò il sorriso.
“Lin, ben arrivata. Hai visto la rossa che ha rimorchiato a forza Keiji?”
Lei si portò il bicchiere alla bocca e bevve un piccolo sorso.
“Sì, perché?”
Quel tono. Era così calma, per nulla sorpresa.
“Mi è sembrato, be', strano.”
Lin rise piano, coprendosi la bocca con una mano.
“Considerato che si tratta di Kej, direi reazioni nella norma. Sono sicura che muori dalla voglia di vedere come procede.”
Tirò fuori lo smartphone dalla borsa e toccò lo schermo. Altri due tocchi e lo girò verso di lui. Perché gli mostrava un video? Un momento, quello era Keiji! Inginocchiata davanti a lui c'era la rossa!
“Fammi capire bene: tu sei a posto con me che te lo succhio, ma ti dà fastidio anche solo guardarmi? Chi t'immagini?”
Riconobbe la voce e quasi fece cadere il telefono. Cercò di mettere in pausa il video, ma non ci riuscì.
“Spegnilo! Sentiranno tutti!” implorò. Lin tolse l'audio, l'aria soddisfatta. “Era... Rob?”
“Sì.”
Non riusciva a crederci. Li stava anche riprendendo!
“È... in diretta?”
Lin annuì.
Rob sembrava in ansia. Mei Lin era stata entusiasta del piano, quando le aveva chiesto aiuto. Essere la sorella del manager di un hotel di lusso aveva dei vantaggi, come poter usare la suite più bella e attrezzata. Gli mise in mano gli abiti che aveva scelto per lui e indicò il bagno.
“Cambiati, poi ti trucco.”
Si avvicinò al grande specchio di fronte al letto. Il socio del fratello le aveva detto che dietro c'era una telecamera, dopo qualche insistenza. Premette la cornice, che si aprì con un click, accese gli apparecchi dentro l'alcova e richiuse tutto. Inserì la password d'accesso nel telefono e controllò l'inquadratura. Non le restava che trasformare Rob in una figa pazzesca e il gioco era fatto.
“Come sto?”
Sì, il vestito e la parrucca gli donavano tantissimo. Aprì la valigetta dei cosmetici.
“Siediti sul letto, farò di te il mio capolavoro.”
Al non ce la vedeva a piazzare telecamere. Insomma, Lin non sapeva niente d'impianti video!
“Ti ha chiesto Rob di riprenderli?”
“No, la telecamera è lì per sicurezza. Per sorvegliare le massaggiatrici nel caso i clienti cercassero di approfittarsi di loro.”
Massaggiatrici cinesi e telecamere. A volte Lin era davvero ingenua. Avrebbe preferito non sapere che il fratello gestiva un giro di ricatti (per la mafia?), riprendendo incontri piccanti nel suo hotel. Scosse la testa per scacciare quella visione e un pensiero lo fulminò.
“Aspetta! Vuol dire che Keiji ha barato e la vittoria è mia! Oh, mio dio, Rob l'ha anche baciato in bocca... E Keiji l'ha lasciato fare! Le risate che mi farò domani quando gli dirò–”
Lin lo fulminò con lo sguardo.
“Tu non dirai nulla! Doveva rimorchiare una donna per portarsela a letto, nessuno ha detto che dovesse essere anatomicamente femmina. Ergo, Kej ha rispettato gli accordi, perché nemmeno tu hai capito che fosse Rob.”
Possibile che Lin progettasse dall'inizio di far accadere questo? Che Keiji e Rob fossero interessati l'uno all'altro, ma nessuno dei due avrebbe osato fare una mossa a riguardo senza una spintarella? Keiji certo non l'avrebbe mai ammesso, vista l'opinione che sbandierava ogni giorno riguardo Rob, e Rob, be', lui flirtava a ogni pie' sospinto. Con tutti però, quindi Keiji in nessun caso avrebbe preso le sue avances sul serio. Come questo gli fosse sfuggito, proprio non se ne capacitava; aveva un sesto senso per le debolezze della gente.
“Non è giusto,” protestò “sapere Keiji innamorato di Rob e sbatterglielo in faccia è la parte più divertente della mia vittoria, e–”
“A-ah!” esclamò Lin, agitandogli un grazioso ditino davanti al viso. “Tu hai barato a carte. Io ho barato sulla posta. È pari e patta. Azzardati a dire a Kej che sai con chi è andato a letto stasera e mio fratello saprà che mi hai portata nel bar del suo hotel a bere alcolici.
Il sorriso di Lin era così innocente mentre sbatteva le palpebre con adorabile eleganza, ma intendeva ogni parola che aveva pronunciato. Al tremò. Avesse spifferato a Chen, iperprotettivo e con il complesso della sorella minore, la bella prodezza che avevano fatto insieme incolpando soltanto lui, quello svitato l'avrebbe appeso per i gioielli di famiglia e scuoiato vivo lentamente.
“Ma Lin!” si lamentò, giungendo le mani.
“Non manderai a monte il mio piano!” ribadì lei. “Sai quanta fatica ho fatto per trovare gli abiti e preparare Rob in modo così perfetto? Mettiti comodo, non ce ne andremo finché non sarò certa che Kej ha capitolato.”
Al sospirò. Allungò una mano verso il barista, un tipo alto dall'aspetto latino, capelli corti e mossi e occhi penetranti di un castano caldo. Questi gli rivolse uno sguardo sornione, sorridendogli appena, l'aria maliziosa.
“Qual è il tuo veleno, ragazzo?” esordì, preparando un nuovo bicchiere. “Faccio meraviglie, sai?”
Sostenne lo sguardo magnetico dell'uomo: avrebbe detto fosse sui venticinque. Lui ne aveva molti meno, anche se il documento falso che presentava diceva altrimenti.
“Preparami il tuo miglior cocktail,” rispose, sorridendo di rimando. “A proposito, sai giocare a poker?”
L'uomo ammiccò e iniziò ad armeggiare con shaker e liquori.
“Certamente, da quando sono nato, ragazzo. Michele, piacere.”
“Al, piacere mio.”
Kej assunse l'espressione di chi è costretto a mandar giù una medicina molto indigesta; si voltò di lato, poi strinse le mani a pugno. Le riaprì e afferrò le coperte del letto. Serrò la mascella e abbassò lo sguardo sul pavimento. Rob assisteva rapito a quell'inaspettato sfoggio di tormento interiore e non ne comprendeva la causa scatenante. Kej scosse lentamente la testa.
“Te,” si forzò a dire “sto cercando d'immaginare te.”
“Me?” Lo fissò strabiliato. Gli prese il viso fra le mani e lo costrinse a voltarsi verso di lui. “Ma se sono qui con te! Mi vedi, no?
Kej aggrottò la fronte ed emise un altro dei suoi sbuffi irritati.
“Questo non sei tu!” esclamò in tono alterato.
“Oh,” borbottò. “Oh!” ripeté. La comprensione si fece strada nella sua mente. “Era così semplice? Sono i vestiti? Cazzo, Kej, non potevi dirlo subito? Rob, con te vestito da donna non mi si alza.”
“Tch,” fu l'unica risposta che ottenne; risposta che gli fece realizzare un'altra cosa.
“Tu vuoi me? Me come uomo?” Kej annuì come se gli fosse costato l'anima. “Credevo fossi asessuale.”
Kej pareva sempre più a disagio.
“No.”
Quella sì, che era una rivelazione.
“Meraviglioso!” strillò. Si alzò in piedi e l'afferrò per le mani per forzarlo a fare altrettanto. “Spogliami.”
“No.” Kej liberò una mano, frapponendola fra loro. “È... andata troppo oltre. Questa storia.”
Voleva rivestirsi e andarsene, ma lui lo trattenne, inginocchiandoglisi davanti.
“Kej, guardami” implorò “sono io!” Kej scosse la testa; appariva così... amareggiato; e a disagio. Pentito, avrebbe detto. “Kej, ti prego, aspetta! Dammi un minuto, uno soltanto!”
Non poteva credere d'aver fallito. La cosa peggiore era che Lin doveva aver previsto persino quello, perché gli aveva dato delle salviette struccanti. Frugò nella borsetta luccicante di paliettes, prese il pacchetto e l'aprì. Tolse la parrucca, la posò al volo sul comodino e si scompigliò i capelli per farli tornare come prima. Staccò le ciglia finte e passò la salvietta struccante su tutto il viso.
“Ora sono di nuovo io,” disse indicandosi; sfoggiò uno dei suoi sorrisi più seducenti.
Kej sbuffò, ma quando fu baciato e spinto verso il letto non si oppose.
Al guardò l'orologio: già così tardi?
“Lin?” chiamò “Sono quasi le due, tuo fratello starà dando di matto non vedendoti rientrare.”
La ragazza rise piano, si stiracchiò con grazia sullo sgabello e mostrò il telefono.
“Missione compiuta,” chiocciò e lui dovette coprirsi gli occhi nel vedere Rob e Kej, nudi sul letto in una posizione inequivocabile.
Lin prese la borsetta e si avviò verso il lussuoso ingresso dell'hotel.
“Ehi, te vai via così, da sola?”
“C'è qualcuno che mi aspetta fuori,” rivelò lei strizzando l'occhio. Sembrava compiaciuta d'averlo sconvolto. “Goditi il resto della notte col tuo nuovo amico.”
La fissò allontanarsi, incerto su come interpretarne le ultime parole e sobbalzò per lo spavento quando una mano gli si posò sulla spalla.
“Ehi, ragazzo,” l'apostrofò il barman. “Il mio turno è finito, ti va una partita? E un drink. Offro io.”
Sorrise in modo diabolico. In fin dei conti il suo tempo non era andato del tutto sprecato. La notte era ancora giovane e lui aveva un pollo da spennare.
Chi ha detto che il crimine non paga?
“Do io le carte.”
Respira. Conta fino a dieci, respira, conta ancora fino a dieci. Inspira, espira. Ricomincia da capo: conta, inspira, espira, conta... Facile no?
Col cazzo che era facile. Al diavolo il suo monumentale orgoglio, che lo aveva cacciato nell'ennesimo guaio.
Kej sbuffò. Si sentiva come il nuovo iscritto in odore d'iniziazione che entri nel salotto di una confraternita studentesca. Avanzò di qualche passo, le luci colorate del disco-bar che gli illuminavano a intermittenza il volto. Era solo questione di tempo, presto qualcuno l'avrebbe avvicinato, il suo aspetto attirava a lui ogni potenziale guaio nel raggio di chilometri.
In realtà la sfida era proprio quella: rimorchiare una bella fanciulla. Lui, incapace di relazioni sociali, doveva agganciare e portarsi a letto una donna.
Maledetto nanerottolo baro! Sapeva che accettare di giocare a carte con lui era un suicidio, eppure ci cascava sempre! L'idiota aveva il dono di riuscire a provocarlo nel modo giusto e indurlo a mettersi in trappola da solo, purtroppo.
Stavolta il prezzo da pagare per essersi fatto battere di nuovo era, appunto, darsi in pasto alla prima che ci stava. Perché, ovviamente, lo stupido tappo aveva scommesso che non sarebbe stato in grado nemmeno di offrire da bere alla fanciulla in questione. Meno che mai intavolare un discorso e, nella maniera più assoluta, farla andare da nessunissima parte con lui.
Si voltò verso il bancone del bar, lanciando uno sguardo omicida al suddetto nanerottolo, che seguiva ogni sua mossa con attenzione. Lo salutò agitando la mano in un modo che gli parve estremamente canzonatorio, gli innaturali capelli bianchi che brillavano come una lampada al neon ogni volta che uno dei fasci luminosi li colpiva. Da quella distanza e con le luci basse non poteva esserne certo, però gli parve che il bastardo avesse appena fatto l'occhiolino.
Prese nota di fargliela pagare molto cara alla prima occasione e squadrò il locale. Era il bar di un lussuoso albergo, avrebbe scommesso che metà delle eleganti dame presenti fossero costose escort. Dunque? Come doveva comportarsi? Avvicinare quella che a naso forse non lo era e chiederle gentilmente di aiutarlo, fingendo di bere con lui e seguirlo da qualche parte? Sarebbe stato oltremodo umiliante.
A parte la sua notoria asocialità, il vero problema era molto più invalidante da quel punto di vista: non gli interessavano le donne. In realtà, non gli era mai interessato il sesso in sé, non aveva mai sprecato il suo tempo a interrogarsi se fosse attratto dall'uno o dall'altro genere. Be', per lo meno non finché una certa persona era entrata di prepotenza nella sua vita. Da quel momento s'era accorto di provare un indiscutibile interesse per lei, un lui, cosa con la quale ancora non aveva raggiunto un accordo. Nessuno sapeva che giocasse con la squadra avversaria e non aveva alcuna intenzione di renderlo pubblico. Era conscio di poter essere gay, e questo rendeva assai improbabile per lui anche solo pensare di toccare una donna. Si concedeva il beneficio del dubbio solo perché non provava attrazione per nessun altro a parte Rob, il suo nuovo compagno di stanza al convitto.
“Tch.”
Scosse lentamente la testa. Tutto quell'arrovellarsi attorno alla sua sessualità non avrebbe cambiato la realtà dei fatti. Come al solito troppo confidente in sé stesso, aveva accettato la stessa posta chiesta da lui per la partita di poker: se avesse fallito, il prezzo da pagare sarebbe stato una drammatica rasatura di capo.
Doveva per forza scegliere una fra le ragazze sedute al bar o ai tavoli e inventarsi qualcosa per convincerla a seguirlo in un luogo appartato, dove le avrebbe detto la verità facendosi schiaffeggiare e scaricare all'istante. Che meraviglioso programma.
I suoi pensieri furono interrotti di colpo quando posò lo sguardo su una chioma rossa, la cui proprietaria pareva ammiccare proprio verso di lui. L'invitò ad avvicinarsi con un grazioso cenno della mano. Che fosse dannato.
Be', peggio di così non poteva proprio andare (o almeno credeva non potesse) per cui accettò l'invito e avanzò verso il tavolo in questione, sedendo di fronte alla donna.
Lei gli sorrise, un radioso, accattivante, ipnotico sorriso. Bizzarro, non gli era mai capitato di trovare un semplice sorriso tanto attraente, a parte quello di Rob. Scacciò il pensiero e si costrinse a dare attenzione all'oggetto della missione. I capelli, spettinati ad arte in modo da nascondere interamente l'occhio destro, le ricadevano liberi sulle spalle. Quello visibile era di un verde smeraldo che, per la miseria, lo fece pensare subito a Rob e le labbra avevano lo stesso colore cremisi della chioma.
Kej deglutì a vuoto, una strana sensazione si era appena impadronita di lui, ma non sapeva darle un nome. Il vestito che la donna indossava era vistoso ma non volgare, anche se non riusciva a definire se fosse rosso o fucsia o addirittura arancione. Era però tanto lucido da abbagliarlo quando la luce vi si rifletteva sopra e abbastanza aderente perché lo spacco sul lato sinistro s'aprisse mostrando ciò che avrebbe dovuto invece coprire. Almeno non era scollato, una provvidenziale giacca corta nascondeva in parte spalle e decoltè.
La donna parve valutare le occhiate che le rivolgeva; allargò il sorriso e d'un tratto scoppiò a ridere, nascondendo la bocca con la mano nel tentativo di mascherarlo.
“Hai una faccia ch'è tutta un programma, Kej,” disse, sforzandosi di riguadagnare, per quanto possibile, un'espressione seria.
Si bloccò all'istante, nemmeno l'avesse colpito un fulmine. Non poteva essere! Eppure la voce... La persona di fronte a lui gli prese le mani, si sporse in avanti per guardarlo dritto negli occhi e sbatté le vistose ciglia finte. Quell'occhio, così verde...
“Rob? Che diavolo significa?” ruggì, riprendendosi dallo shock e cogliendo al volo la situazione. Il nanerottolo albino l'aveva pensata bene, non poteva negarlo. Una presa in giro coi fiocchi. Lui però non intendeva stare al gioco, era una mossa sleale e l'avrebbe considerata una violazione degli accordi. Ergo, non era più obbligato a sottoporsi a quell'umiliazione. Ritrasse le mani con un gesto secco. “Tch. Così era tutta una farsa, complimenti! Da quando sei in combutta col tappo idiota?”
Rob gli piazzò un dito sulle labbra, facendolo irrigidire peggio d'uno stoccafisso. Si avvicinò ancora di più a lui, così tanto che poteva sentire il calore del suo respiro mentre gli parlava.
“Shhh!” lo zittì, aggrottando il sopracciglio visibile. “Sono qui per salvarti le chiappe, collabora o Al s'accorge che c'è qualcosa di strano!”
“Salvarmi? E come, vestendoti da donna?” sibilò, cercando d'ignorare l'estrema vicinanza delle loro labbra. “Ti sei guardato allo specchio? Come t'è venuto in mente?”
“In realtà, l'idea è in parte di Mei Lin, che m'ha dato una buona mano anche con trucco e vestito,” ammise Rob.
Avrebbe dovuto immaginarlo. Non poté evitare di chiedersi se Lin si fosse imbarcata in questo salvataggio perché sapeva che lui aveva un debole per Rob. Da quando dividevano la stanza del convitto la ragazza era diventata molto, troppo curiosa su quel che facevano dopo le lezioni, quando non uscivano tutti insieme. Si lasciò sfuggire un leggero sbuffo.
Doveva ammettere che Lin aveva fatto un buon lavoro con il trucco. Così conciato, Rob passava tranquillamente per una donna.
“Sembri Jessica Rabbit piatta come una tavola,” commentò, sforzandosi di mantenere neutro il tono della voce.
Rob fece il broncio, si tirò indietro e incrociò le braccia al petto.
“Lo prendo come un complimento, visto che con te ottenere di più è impossibile. Sta' al gioco, se vuoi salvare la tua fluente capigliatura.”
S'infilò due dita nella scollatura e tirò fuori una chiave con agganciata una targa, il cui numero non lasciava dubbi su cosa aprisse. La dondolò fra loro, sbirciando di sottecchi per esser certo che Al stesse guardando.
Kej serrò la mascella.
“No.”
“Kej, andiamo,” sussurrò Rob, alzandosi in piedi con fare provocante. “Quel che accadrà nella camera dell'hotel resterà fra noi. Al deve solo credere che ti sei portato a letto questa sventola di fanciulla.”
Sventola di fanciulla. Dannazione, ma che aveva in testa Rob, segatura? Non era divertente. Come mai vestirsi da donna gli fosse parsa questa favolosa idea, non riusciva a capirlo e di certo non intendeva spiegargli il perché lui non ne fosse affatto felice. Confessare i suoi sentimenti era fuori questione. Sentirsi ridere in faccia non faceva parte dei suoi programmi, in nessun caso.
Si alzò, deciso ad andarsene, ma Rob fu più lesto: gli fece scivolare una mano guantata di raso intorno alla vita e l'attirò a sé, torreggiando su di lui. Troppo sorpreso per reagire, Kej lo fissò posare le labbra sulle sue e il mondo divenne improvvisamente bianco.
L'evento successivo che registrò fu il torace di Rob premuto contro i suoi pugni o meglio: i suoi pugni, serrati in maniera spasmodica, che tentavano di distanziarlo dal corpo di Rob. Ricevette un'occhiata divertita.
“Rilassati Kej,” gli mormorò all'orecchio in tono suggestivo. “Hai l'aria di uno che sta per avere un attacco di cuore. Primo bacio, eh? Le tue labbra sono così serrate che stanno diventando blu.”
Kej imprecò fra sé. L'aria di uno che sta per avere un attacco di cuore. Certo, perché era quel che sarebbe successo di lì a poco se non l'avesse lasciato andare subito!
“Non ho bisogno di rilassarmi! Toglimi le cazzo di mani di dosso e sparisci!” sibilò, continuando a premere i pugni contro Rob per allontanarlo da sé più che poteva.
Rob però non era dello stesso avviso. Fece scivolare una gamba fra le sue come se stessero danzando e finì per strofinare contro una zona al momento molto sensibile per lui.
“Bugiardo,” ribatté sfoggiando un sorriso compiaciuto “qualcosa mi dice che le mie mani stiano benissimo dove sono ora. Ammetti che mi vuoi!”
Era proprio quello il problema: altroché se lo voleva, ma voleva Rob. Solo, semplicemente, Rob. Girò il viso dall'altro lato per non doverlo guardare.
“Mai!”
Rob gli piazzò una mano su una chiappa, la strizzò appena facendolo trasalire e con l'altra gli prese il mento, riportando i loro sguardi a incontrarsi.
“Al ci sta guardando,” ammonì. “Fatti baciare come si deve.”
Eh, no! Serrò labbra e mascella e Rob sospirò.
“D'accordo, ricevuto. Ci serve privacy per scioglierti un po'.”
Lo baciò sul collo a sorpresa, mordicchiandogli un orecchio con abilità sufficiente da strappargli un gemito. Avrebbe voluto ribellarsi, ma proprio in quel momento il suo sguardo incrociò quello del nanerottolo, che osservava appollaiato sullo sgabello del bar, scuotendo la testa. Contava i secondi che ci avrebbe messo a scappare, il bastardo!
L'orgoglio ebbe di nuovo la meglio su di lui e smise di resistere, accettando l'abbraccio di Rob che, con molta nonchalance, lo condusse verso l'ascensore.
Al non poté fare a meno di notare la mano della donna aggrappata al culo di Keiji e lui permettere che restasse lì. Si era lasciato baciare da lei e la stava seguendo docile in una stanza d'albergo, con l'indubbio sottinteso che avrebbero fatto sesso... Qualcosa non tornava, però non capiva cosa fosse a dargli quella sensazione di forzatura.
Si strofinò il mento, perplesso. Era certo che per Keiji sarebbe stata la prima volta, forse alla fine era un bene che avesse trovato una donna così decisa.
Qualcuno sedette sullo sgabello accanto al suo. La ragazza si passò una mano fra i capelli neri e un sorriso furbo le increspò i graziosi lineamenti orientali. Appoggiò il gomito sul bancone del bar, facendo cenno al barista di portarle da bere.
“Novità?”
Di certo aveva assistito a tutta la scena. Ricambiò il sorriso.
“Lin, ben arrivata. Hai visto la rossa che ha rimorchiato a forza Keiji?”
Lei si portò il bicchiere alla bocca e bevve un piccolo sorso.
“Sì, perché?”
Quel tono. Era così calma, per nulla sorpresa.
“Mi è sembrato, be', strano.”
Lin rise piano, coprendosi la bocca con una mano.
“Considerato che si tratta di Kej, direi reazioni nella norma. Sono sicura che muori dalla voglia di vedere come procede.”
Tirò fuori lo smartphone dalla borsa e toccò lo schermo. Altri due tocchi e lo girò verso di lui. Perché gli mostrava un video? Un momento, quello era Keiji! Inginocchiata davanti a lui c'era la rossa!
“Fammi capire bene: tu sei a posto con me che te lo succhio, ma ti dà fastidio anche solo guardarmi? Chi t'immagini?”
Riconobbe la voce e quasi fece cadere il telefono. Cercò di mettere in pausa il video, ma non ci riuscì.
“Spegnilo! Sentiranno tutti!” implorò. Lin tolse l'audio, l'aria soddisfatta. “Era... Rob?”
“Sì.”
Non riusciva a crederci. Li stava anche riprendendo!
“È... in diretta?”
Lin annuì.
Rob sembrava in ansia. Mei Lin era stata entusiasta del piano, quando le aveva chiesto aiuto. Essere la sorella del manager di un hotel di lusso aveva dei vantaggi, come poter usare la suite più bella e attrezzata. Gli mise in mano gli abiti che aveva scelto per lui e indicò il bagno.
“Cambiati, poi ti trucco.”
Si avvicinò al grande specchio di fronte al letto. Il socio del fratello le aveva detto che dietro c'era una telecamera, dopo qualche insistenza. Premette la cornice, che si aprì con un click, accese gli apparecchi dentro l'alcova e richiuse tutto. Inserì la password d'accesso nel telefono e controllò l'inquadratura. Non le restava che trasformare Rob in una figa pazzesca e il gioco era fatto.
“Come sto?”
Sì, il vestito e la parrucca gli donavano tantissimo. Aprì la valigetta dei cosmetici.
“Siediti sul letto, farò di te il mio capolavoro.”
Al non ce la vedeva a piazzare telecamere. Insomma, Lin non sapeva niente d'impianti video!
“Ti ha chiesto Rob di riprenderli?”
“No, la telecamera è lì per sicurezza. Per sorvegliare le massaggiatrici nel caso i clienti cercassero di approfittarsi di loro.”
Massaggiatrici cinesi e telecamere. A volte Lin era davvero ingenua. Avrebbe preferito non sapere che il fratello gestiva un giro di ricatti (per la mafia?), riprendendo incontri piccanti nel suo hotel. Scosse la testa per scacciare quella visione e un pensiero lo fulminò.
“Aspetta! Vuol dire che Keiji ha barato e la vittoria è mia! Oh, mio dio, Rob l'ha anche baciato in bocca... E Keiji l'ha lasciato fare! Le risate che mi farò domani quando gli dirò–”
Lin lo fulminò con lo sguardo.
“Tu non dirai nulla! Doveva rimorchiare una donna per portarsela a letto, nessuno ha detto che dovesse essere anatomicamente femmina. Ergo, Kej ha rispettato gli accordi, perché nemmeno tu hai capito che fosse Rob.”
Possibile che Lin progettasse dall'inizio di far accadere questo? Che Keiji e Rob fossero interessati l'uno all'altro, ma nessuno dei due avrebbe osato fare una mossa a riguardo senza una spintarella? Keiji certo non l'avrebbe mai ammesso, vista l'opinione che sbandierava ogni giorno riguardo Rob, e Rob, be', lui flirtava a ogni pie' sospinto. Con tutti però, quindi Keiji in nessun caso avrebbe preso le sue avances sul serio. Come questo gli fosse sfuggito, proprio non se ne capacitava; aveva un sesto senso per le debolezze della gente.
“Non è giusto,” protestò “sapere Keiji innamorato di Rob e sbatterglielo in faccia è la parte più divertente della mia vittoria, e–”
“A-ah!” esclamò Lin, agitandogli un grazioso ditino davanti al viso. “Tu hai barato a carte. Io ho barato sulla posta. È pari e patta. Azzardati a dire a Kej che sai con chi è andato a letto stasera e mio fratello saprà che mi hai portata nel bar del suo hotel a bere alcolici.
Il sorriso di Lin era così innocente mentre sbatteva le palpebre con adorabile eleganza, ma intendeva ogni parola che aveva pronunciato. Al tremò. Avesse spifferato a Chen, iperprotettivo e con il complesso della sorella minore, la bella prodezza che avevano fatto insieme incolpando soltanto lui, quello svitato l'avrebbe appeso per i gioielli di famiglia e scuoiato vivo lentamente.
“Ma Lin!” si lamentò, giungendo le mani.
“Non manderai a monte il mio piano!” ribadì lei. “Sai quanta fatica ho fatto per trovare gli abiti e preparare Rob in modo così perfetto? Mettiti comodo, non ce ne andremo finché non sarò certa che Kej ha capitolato.”
Al sospirò. Allungò una mano verso il barista, un tipo alto dall'aspetto latino, capelli corti e mossi e occhi penetranti di un castano caldo. Questi gli rivolse uno sguardo sornione, sorridendogli appena, l'aria maliziosa.
“Qual è il tuo veleno, ragazzo?” esordì, preparando un nuovo bicchiere. “Faccio meraviglie, sai?”
Sostenne lo sguardo magnetico dell'uomo: avrebbe detto fosse sui venticinque. Lui ne aveva molti meno, anche se il documento falso che presentava diceva altrimenti.
“Preparami il tuo miglior cocktail,” rispose, sorridendo di rimando. “A proposito, sai giocare a poker?”
L'uomo ammiccò e iniziò ad armeggiare con shaker e liquori.
“Certamente, da quando sono nato, ragazzo. Michele, piacere.”
“Al, piacere mio.”
Kej assunse l'espressione di chi è costretto a mandar giù una medicina molto indigesta; si voltò di lato, poi strinse le mani a pugno. Le riaprì e afferrò le coperte del letto. Serrò la mascella e abbassò lo sguardo sul pavimento. Rob assisteva rapito a quell'inaspettato sfoggio di tormento interiore e non ne comprendeva la causa scatenante. Kej scosse lentamente la testa.
“Te,” si forzò a dire “sto cercando d'immaginare te.”
“Me?” Lo fissò strabiliato. Gli prese il viso fra le mani e lo costrinse a voltarsi verso di lui. “Ma se sono qui con te! Mi vedi, no?
Kej aggrottò la fronte ed emise un altro dei suoi sbuffi irritati.
“Questo non sei tu!” esclamò in tono alterato.
“Oh,” borbottò. “Oh!” ripeté. La comprensione si fece strada nella sua mente. “Era così semplice? Sono i vestiti? Cazzo, Kej, non potevi dirlo subito? Rob, con te vestito da donna non mi si alza.”
“Tch,” fu l'unica risposta che ottenne; risposta che gli fece realizzare un'altra cosa.
“Tu vuoi me? Me come uomo?” Kej annuì come se gli fosse costato l'anima. “Credevo fossi asessuale.”
Kej pareva sempre più a disagio.
“No.”
Quella sì, che era una rivelazione.
“Meraviglioso!” strillò. Si alzò in piedi e l'afferrò per le mani per forzarlo a fare altrettanto. “Spogliami.”
“No.” Kej liberò una mano, frapponendola fra loro. “È... andata troppo oltre. Questa storia.”
Voleva rivestirsi e andarsene, ma lui lo trattenne, inginocchiandoglisi davanti.
“Kej, guardami” implorò “sono io!” Kej scosse la testa; appariva così... amareggiato; e a disagio. Pentito, avrebbe detto. “Kej, ti prego, aspetta! Dammi un minuto, uno soltanto!”
Non poteva credere d'aver fallito. La cosa peggiore era che Lin doveva aver previsto persino quello, perché gli aveva dato delle salviette struccanti. Frugò nella borsetta luccicante di paliettes, prese il pacchetto e l'aprì. Tolse la parrucca, la posò al volo sul comodino e si scompigliò i capelli per farli tornare come prima. Staccò le ciglia finte e passò la salvietta struccante su tutto il viso.
“Ora sono di nuovo io,” disse indicandosi; sfoggiò uno dei suoi sorrisi più seducenti.
Kej sbuffò, ma quando fu baciato e spinto verso il letto non si oppose.
Al guardò l'orologio: già così tardi?
“Lin?” chiamò “Sono quasi le due, tuo fratello starà dando di matto non vedendoti rientrare.”
La ragazza rise piano, si stiracchiò con grazia sullo sgabello e mostrò il telefono.
“Missione compiuta,” chiocciò e lui dovette coprirsi gli occhi nel vedere Rob e Kej, nudi sul letto in una posizione inequivocabile.
Lin prese la borsetta e si avviò verso il lussuoso ingresso dell'hotel.
“Ehi, te vai via così, da sola?”
“C'è qualcuno che mi aspetta fuori,” rivelò lei strizzando l'occhio. Sembrava compiaciuta d'averlo sconvolto. “Goditi il resto della notte col tuo nuovo amico.”
La fissò allontanarsi, incerto su come interpretarne le ultime parole e sobbalzò per lo spavento quando una mano gli si posò sulla spalla.
“Ehi, ragazzo,” l'apostrofò il barman. “Il mio turno è finito, ti va una partita? E un drink. Offro io.”
Sorrise in modo diabolico. In fin dei conti il suo tempo non era andato del tutto sprecato. La notte era ancora giovane e lui aveva un pollo da spennare.
Chi ha detto che il crimine non paga?
“Do io le carte.”