L'odore delle bugie
Inviato: domenica 20 dicembre 2020, 3:27
L’odore dell’erba tagliata impesta tutto corridoio. La porta dell’aula è aperta, i miei compagni di classe sono già entrati. Michael sta guardando il monitor del suo banco. I capelli sono arruffati come sempre, adoro la loro tonalità castana, così simile alla mia. Si passa una mano davanti alla bocca per sbadigliare.
Mi passo le mani tra i capelli, sono in ordine. Scorro le dita sulle mie lunghe orecchie da San Bernardo. Anche quelle sono in ordine. La mia coda si dimena come un’ossessa, sembra che debba spazzare il pavimento. Devo calmarmi prima di entrare, non posso farmi vedere scodinzolare. Sarebbe tutto più facile se fossi anch’io umana. Un paio di primini mi fissano dall’altro lato del corridoio. Non riesco a sentire cosa dicono, di sicuro parlano di me. Immagino non ci fossero tante chimere da dove arrivano. Per fortuna questo è l’ultimo anno per me.
Prendo un respiro ed entro in aula. Michael si volta verso di me, mi sorride e alza la mano per salutarmi. A ogni passo verso di lui il cuore batte più forte. La coda ha ripreso ad agitarsi e di sicuro sono rossa con un pomodoro. Mi siedo accanto a lui. Si è messo un forte profumo agrumato.
«Ciao Michael.»
«Ciao Prisca, come sono andate le vacanze estive?»
I suoi occhi verdi si piantano nei miei.
«Una noia mortale, dai miei nonni non c’era niente da fare. Te?»
«Le solite cose.» Scrolla le spalle. «Sai, nel gruppo si è sentita la tua mancanza.»
Accendo il monitor della mia postazione per distogliere lo sguardo da quegli occhi ipnotici. Lo schermo nero impiega diversi secondi a illuminarsi.
Lancio un’occhiata al resto della classe. Claire sta guardando la sua immagine riflessa nello specchietto del portacipria. I capelli corvini le arrivano appena al collo, se li è tagliati quest’estate? Si volta verso di me e assottiglia gli occhi.
Michael mi poggia una mano sulla spalla. Devo trattenere la coda dallo scodinzolare ancora.
«Lasciala perdere, non le piace essere osservata.»
Torno a fissare il monitor. «Sì, lo so.»
In classe entrano il professor Aurelio e una ragazza che non avevo mai visto prima. Ha i capelli rasati ai lati della testa, mentre dalla cima della fronte fin dietro di lei sono tenuti lunghi e raccolti in una treccia che le arriva fino alla vita. I suoi occhi gialli hanno un taglio felino. Ci fissa con un ampio sorriso, gira la testa per scrutare tutta l’aula. Sul lato del suo collo, appena sopra il colletto della camicia, spuntano i tagli delle branchie. Una chimera.
Si gira verso di me, i suoi occhi indugiano per un istante, il suo sorriso si fa più ampio e mi fa l’occhiolino.
Il professor Aurelio si schiarisce la voce.
«Quest’anno avrete una nuova compagna. Il suo nome è Venice, i suoi genitori si sono trasferiti da poco in città. Vedete di andare d’accordo.»
Di poche parole come sempre.
Venice raggiunge il mio banco e si china verso di me. Cosa vuole? Vuole sedersi qui? Emana un odore di salsedine che copre il profumo di Michael.
«Era da un sacco che non vedevo un’altra chimera!» I suoi denti sono acuminati come pugnali e disposti su più file, sembrano volermi divorare a ogni parola. «Come ti chiami?»
Provo a rispondere, ma le parole mi muoiono in gola. La sua mano si avvicina alle mie orecchie.
Il professore dà un colpetto di tosse.
«Socializzerete durante la ricreazione. Ora iniziano le lezioni.»
Venice si gira e solleva la mano in segno di scusa. «Certo, scusi prof.»
Salvata dalla rigidità del professore.
«Ehi.» Michael mi sussurra all’orecchio «La nuova ragazza sembra forte, eh?»
«S… sì. Sembra… simpatica.»
Lo sguardo di Michael segue Venice fino in fondo alla classe. Le sue labbra sono inarcate in un sorrisetto. Non si sarà preso una cotta per la ragazza squalo?
-
La campanella copre le parole del professor Aurelio con il suo suono acuto. Premo sul monitor per chiudere l’ebook Storia del Secondo Impero Romano.
Michael si alza e si dirige verso il fondo della classe. Alcuni compagni di classe stanno accerchiando il banco di Venice, Chris si appoggia al suo banco.
«Venice, come la città italiana?»
Lei accavalla le gambe. Sorride ancora come quando è arrivata in classe.
«In famiglia abbiamo tutti nomi che richiamano il mare. A me è andata bene, mia sorella l’hanno chiamata Oceano.»
Tira la testa all’indietro e ride. I ragazzi attorno a lei ridono. Michael ride. Anche le ragazze si alzano per andarle vicino, attorno al suo banco si crea uno stormo di ragazzi, non riesco neanche più a vederla. Claire è rimasta al suo posto, ha tirato fuori il portacipria e ci si sta specchiando. Gira la testa a destra e a sinistra fissando lo specchietto, come se cercasse la minima imperfezione.
«Prisca.» Uno dei ragazzi sta pronunciando il mio nome. «Si chiama Prisca.»
La testa di Venice spunta da sopra quelle degli altri, i suoi occhi viaggiano per la classe e si piantano su di me.
«Prisca!» Si fa largo tra i ragazzi. «È da un bel po’ che non vedo un’altra chimera! Di che generazione sei?»
Si siede sopra il mio banco e mi sorride con i suoi lunghi denti acuminati. Attorno a noi si accalca il resto della classe.
«Terza… terza generazione. Mio nonno è stato il primo, lo hanno creato qui in città.»
Venice sgrana gli occhi e avvicina il suo volto al mio.
«Terza? Ecco perché sei così vistosa. Io sono della sesta, ormai non mi restano tanti tratti. I miei dicono che il bisnonno aveva pure una grossa pinna tra le scapole!»
I suoi capelli in effetti ricordano una pinna per come sono acconciati. Forse li tiene per questo.
Una mano si poggia leggera sulla mia testa. Michael è dietro di me, le sue dita passano delicate sopra le mie orecchie da San Bernardo.
«Oggi pomeriggio volevamo portare Venice a fare un giro della città, vieni anche tu Prisca?»
Ho ripreso a scodinzolare. Blocco la coda anche se il contatto con la sua mano non me lo rende facile.
«Certo!»
La campanella suona di nuovo, i ragazzi si disperdono. Venice mi sorride, i suoi denti sembrano più affilati ogni volta che li vedo.
«Grande!»
Torna al suo posto, i ragazzi la guardano passare e scorrono lo sguardo dal basso all’alto come se dovessero scansionarla.
Michael si risiede accanto a me.
«Sei contenta che adesso c’è un’altra chimera a scuola?»
Non lo so. È così estroversa e spaventosa.
«Sì, credevo che non ne avrei viste fino all’università.»
Michael sorride e io mi sento al sicuro.
-
Mi rigiro nel letto, il dischetto olografico se ne sta nel palmo della mano, spento. Neanche una lucina. Stringo il pugno e lo agito. Dammi un cenno di vita. Ti prego.
Il centro del disco emette un flash blu. Ha risposto. La chat viene proiettata in aria.
Chris: Ehi Prisca, cosa fai stasera?
Sbuffo e chiudo la sua chat. Sa che mi piace Michael, perché insiste?
Il dischetto si illumina di nuovo, questa volta è lui
Michael: Scusami Pri, ho promesso a Venice di accompagnarla a vedere i fuochi stasera.
Lo aveva promesso anche a me un mese fa, se n’è dimenticato?. Non è giusto che ora lo monopolizzi. Sollevo la testa dal cuscino e avvicino il dischetto alla bocca.
«Lo avevi detto anche a me. Non possiamo andarci tutti insieme?»
Le mie parole compaiono sotto le sue. Ributto la testa sul letto.
Un altro flash azzurro.
Michael: È che volevo stare un po’ con lei, sai non si è ancora ambientata, non volevo stressarla con troppa gente.
«Passate molto tempo insieme ultimamente.»
Michael: Non fare la gelosa, lo sai che sei la mia cucciolina.
Scodinzolo. Sono la sua cucciolina.
Un altro flash blu.
Chris: Stasera fanno i fuochi, ti va di andarci insieme?
Spengo il dischetto.
-
Michael sta chiacchierando con Venice fuori dalla classe. Ridono. Una fitta al petto mi attanaglia.
Claire si guarda nel suo portacipria. Cos’ha da fissarlo tanto? Cosa ci vede dentro? Si volta verso di me e mi lancia un’occhiataccia. Sostengo il suo sguardo. Nessuna delle due vuole cedere per prima. Chiude il portacipria con uno colpo secco.
«Che vuoi?»
Sorrido. Ho vinto io.
«Se continui a usare quello specchio durante le lezioni te lo sequestreranno di nuovo.»
«Fatti gli affari tuoi.»
Lo riapre e torna a guardarcisi.
Chris passa accanto al suo banco e le poggia una mano sulla spalla.
«Nervosa, oggi?»
«Dille di non fissarmi.»
Chris passa lo sguardo su di me con un sopracciglio alzato. Gli faccio la linguaccia.
«Provaci.»
Lui solleva le mani e se ne va. Bravo, non ti mettere in mezzo.
Michael rientra in classe, mi si siede accanto e fissa il monitor. Odora di salsedine.
«Com’è andata ieri sera?»
Scrolla le spalle.
-
Chiudo piano la porta del bagno e raggiungo il lavandino. I miei occhi riflessi allo specchio sono lucidi. Devo farmela passare prima che riprendano le lezioni. Sono contenta di essere un San Bernardo: le orecchie stanno giù di loro, non devo preoccuparmi di non farle apparire tristi.
La porta del gabinetto dietro di me si apre. Mi giro, Claire è davanti a me. Metà del suo volto è verde e screpolato come fosse fatto di squame. No, è davvero fatto di squame verdi. Mi fissa con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta. Le squame assumono una tonalità giallastra.
Sono pietrificata. Vorrei dirle qualcosa, ma non riesco a formulare una frase. Socchiude gli occhi e mi fissa col suo solito sguardo astioso. La sua pelle passa dal giallo al rosso e si attenua fino a tornare alla sua solita carnagione pallida. Le squame si richiudono, la sua pelle è di nuovo perfetta.
«Sei una cagna o un cerbiatto?»
«Cosa… cosa?»
Sbuffa. «Mi fissi come se io fossi un camion e tu aspettassi di essere stirata. Mi chiedevo se magari avevi un po’ di sangue da cervo nelle vene. Però visto che non ti ho sentita entrare magari sei solo un topolino.»
Come fa ad essere così calma?
«Tu… tu sei…»
«Già.»
«E non hai mai—»
«Senti.» Sbatte la mano sul lavandino. «Se vuoi andare in giro a dire che sono un camaleonte, fallo. Magari se lo fai Michael tornerà a guardarti in faccia per cinque minuti. Potrebbe pure farti pat pat sulla testa. Ti piaceva tanto, vero?»
Abbasso lo sguardo.
«Non lo farei mai.»
Ride.
«Certo che no. Tu sei la brava cagnolina, non faresti mai nulla per ferire gli altri.»
Gli occhi mi si inumidiscono, le piastrelle del pavimento si fanno sfocate.
«Perché… perché sei così cattiva con me?»
«Cattiva?» Il suo volto diventa violaceo. «Lascia che ti racconti una storia, cagnolina.»
-
Jackie aprì la porta di casa sua. Le pareti del salotto erano coperte da mobili rossi e gialli pieni di libri, custodie colorate di film e, in alto, miniature di antiche navi a vela. In un angolo c’erano tre spade ricurve impilate una sull’altra, i foderi erano verde smeraldo.
«Vieni Claire, andiamo in camera mia.»
Mi prese per mano e mi trascinò via. Le pareti di camera sua erano tappezzate di poster degli Sky Apogee. Quelli sopra il suo letto ritraevano la band in costumi dai colori sgargianti in posa con i loro strumenti. Sopra la scrivania erano appesi quelli del cantante Chad, il suo preferito.
Mi avvicinai a lei per sussurrarle all’orecchio.
«Ehi Jackie, hai chiesto ai tuoi se ci accompagnano al concerto di Maggio?»
Lei sorrise e annuì.
«Sì, ci porta lei! Domani prendiamo i biglietti!»
Gli Sky Apogee dal vivo, per la prima volta! Dovevo cambiare colore del volto, non potevo restare pallida, un rosso tenue sarebbe stato più spontaneo.
Jack smise di sorridere, i suoi occhi spalancati erano fissi su di me. Mi portai una mano al viso, i polpastrelli toccarono il bordo di una squama. Persi un battito.
«Aspetta Jackie, posso spiegarti.»
«La tua faccia.»
Si allontanò da me, anch’io indietreggiai.
«Sì, io… non sono… cioè, ecco—»
«Chimera.»
Pregai che riuscisse a gestire la notizia. Che potessimo continuare a essere amiche.
Jackie lanciò un urlo disumano.
Mi portai le mani alle orecchie e mi accovacciai per terra. Persi il controllo della mia pelle, tutto il mio corpo divenne squamoso e verdognolo come una lucertola.
La madre di Jackie corse in camera e la prese tra le braccia.
«Che succede piccola?»
Si girò e mi vide. Sgranò gli occhi, sollevò Jackie e la portò via dalla stanza.
-
Gli occhi di Claire sono lucidi. Emana un tenue odore salato.
«Rimasi da sola in quella stanza finché mia madre non venne a prendermi. Non rividi più Jackie, le cambiarono scuola.»
Vorrei dirle qualcosa, ma anche la mia coda è immobile a sfiorare il pavimento.
«Dici che sono cattiva con te, ma ti permetti il lusso di giudicare senza sapere niente degli altri. Guarda chi è davvero il tuo padroncino.»
Si estrae un dischetto olografico dalla tasca e me lo porge. Lo prendo e la sua chat si materializza a mezz’aria.
Michael: Esci oggi?
Claire: Vi portate dietro la cagnolina?
Michael: Certo.
Claire: Non ti sei stufato di portartela dietro?
Michael: Ti diverti anche tu a vedercela gironzolare attorno.
Claire: Neanche un po’.
Michael: Dai, la convinco a mettersi un guinzaglio.
Claire: Credi di essere divertente?
Michael: Ti preoccupi per lei?
Claire: Mi dà fastidio che ci perdi tempo dietro.
Michael: Dai, lo sai che sei tu la mia cucciolina.
Claire: Non chiamarmi così.
Mi tremano le gambe. Claire si è portata il portacipria al viso e si sta guardando ogni angolo della pelle.
«Ora hai capito? Gli umani sono tutti così.»
La sua pelle è candida come la neve. Afferro uno dei miei orribili orecchi da San Bernardo e lo tiro.
«Perché?» La mia voce è rotta. Il volto di Claire e tutto il bagno sono sfocati. «Perché ho questi cosi? Se fossero normali—»
«Piantala di piagnucolare.»
Lascio la presa. Claire mi fissa accigliata.
«Dovresti essere contenta che si è staccato da te. Adesso tormenterà Venice e tu passerai la fine dell’anno tranquilla.»
Mi passo le maniche della camicia sugli occhi. Mi guardo allo specchio, ho ancora gli occhi rossi.
«Credi che Venice lo sappia?»
«Non so e non mi importa.»
Mi passa accanto, le nostre spalle si sfiorano.
«E pensare che a qualcuno piaci sul serio.»
-
Venice sta con le spalle poggiate contro lo stipite della porta dell’aula, osserva il corridoio a braccia incrociate. Solleva una mano per salutarmi. L’odore di salsedine è più forte del solito. Mi sale la nausea.
«Ehi, Prisca. Oggi andiamo al centro commerciale, vieni con noi?»
Sorride. I suoi denti acuminati emergono come tante file di soldati pronti alla carica. Anche se mi fa paura è l’occasione per metterla in guardia.
«Certo, dovevo giusto comprarmi un paio di cose.»
«Fantastico! Ci ritroviamo alle cinque davanti al negozio di animali.»
«Devi prendere qualcosa lì?»
Mi fa l’occhiolino.
«Il mio ragazzo vorrebbe prendere un cagnolino, pensavo di fargli un regalo.»
«Non sapevo avessi il ragazzo.» È la prima volta che parlo di questo argomento con un’altra ragazza. «Che tipo è?»
«Oggi pomeriggio lo vedrai, viene anche lui.»
Claire arriva dal corridoio e si ferma davanti a noi. In mano ha il portacipria aperto a cui lancia occhiate di sfuggita.
«Vi spostate? Devo entrare.»
È uscita prima di me dal bagno, dov’è stata finora?
Mi faccio da parte e chino la testa. Venice le sbarra il passaggio.
«Ehi Claire, stavo giusto dicendo a Prisca che oggi andiamo al centro. Vieni?»
Claire mi guarda con gli occhi socchiusi, le sorrido. Tira un sospiro.
«Se proprio devo.»
«Grande, allora alle cinque.»
Venice si scansa e Claire entra in classe.
-
Il corridoio del centro commerciale è deserto. Venice è già davanti al negozio, ha una busta di carta in mano. Lancio un’occhiata all’orologio appeso alla vetrina: siamo in anticipo di un quarto d’ora.
«Ciao Prisca. Sei in anticipo.»
Mostra quel sorriso pieno di denti.
«Anche tu.» Indico la busta. «Hai già preso il regalo?»
Emette un mugolio di assenso ed estrae dalla borsa un grosso collare rosso.
«Ti piace? Ha pure il guinzaglio estensibile fino a cinque metri.»
L’odore del cuoio è forte, si sente che è nuovo di zecca.
«È grande. Che cane vuole prendere il tuo ragazzo?»
«Ha detto che gli piacerebbe un Setter.»
«Carino.»
Non è ancora arrivato nessuno, è il momento perfetto per parlarle.
«Senti Venice, riguardo Michael, ecco—»
«Hai paura che te lo rubi?»
«Cosa?»
«Ho visto come lo guardi.» Mi fa l’occhiolino. «Non ti preoccupare, non è il mio tipo. E poi anche lui è preso da te.»
Il corridoio attorno a noi si fa sfocato. Cosa significa? Michael ha mentito anche a lei? E se Claire mi avesse mostrato un dischetto falso? Perché sto scodinzolando ora?
«Non è questo.» Scuoto la testa. «Il fatto è che ho paura che si prenda gioco di me perché sono una chimera, e non vorrei che…»
«Che lo facesse anche con me?»
Annuisco. Il sorriso di Venice si fa più ampio.
«Capisco. Non ti devi preoccupare, so badare a me stessa. Oh, ecco che arrivano.»
I nostri compagni di classe stanno risalendo il corridoio. Michael è in testa al gruppo e in disparte c’è anche Claire. Venice va verso di loro.
«Ehi Michael, guarda qua.»
Prende il collare e glielo agita davanti.
«Ooh.» Michael lo afferra e gioca con l’apertura. «È perfetto, grazie Venice!»
Cosa sta succedendo? Non era per il suo ragazzo?
Michael si gira verso di me.
«Ehi Prisca, perché non te lo provi?»
I nostri compagni di classe ridono. Il sangue mi si gela nelle vene
«Eh?»
«Dai, provalo. Non è perfetto per un Setter?»
Setter. Un Setter. Per lui io sono un Setter.
La parola rimbomba nella mia testa come una pugnalata.
Non ha neanche idea di chi io sia.
Claire mi osserva dietro al branco con uno sguardo triste e scuote la testa.
Faccio un passo indietro.
«Non sono un Setter.»
«Che?»
«Non sono un Setter!»
La mia voce esce fuori acuta come un latrato. La classe scoppia a ridere. Il volto di Michael si contorce in un ghigno.
«Che carina la cagnolina quando si arrabbia.»
Per loro solo una cagna. Mi si bagnano gli occhi, i loro volti si fanno sfocati. Aveva ragione Claire, non avrei dovuto fidarmi di loro.
Qualcuno esce dal gruppo e si avvicina.
«Piantala Michael.»
«Che vuoi Chris? Stiamo solo giocando.»
Chris si pianta tra me e lui.
«Ti sembra che lei si stia divertendo?»
«Che ti frega? È solo una cagn—»
Chris lo colpisce al volto con un pugno. Michael vola a terra, il collare rotola via.
La classe si zittisce. Venice scoppia in una risata sguaiata, così forte che deve tenersi la pancia.
Mi asciugo gli occhi con le maniche per essere sicura di ciò che sto vedendo. Claire si è avvicinata, mi poggia una mano sulla spalla e mi spinge via. Michael si tiene la mascella e si gira verso Venice.
«Fai qualcosa invece di ridere, stronza!»
«Scusa, tesorino.» Venice ha le lacrime agli occhi dal ridere. «È che sei così patetico in questo momento.»
Dal negozio escono due uomini della sicurezza.
«Cosa succede?»
Chris si gira, il suo sguardo è apatico come se non fosse successo nulla.
«Ho pestato quello stronzo.»
-
Chris è seduto al banco accanto al mio. Tiene i gomiti piantati sul banco e la testa poggiata sulle mani. Le nocche sono fasciate. Ha un tenue odore dolce.
Mi siedo al mio posto.
«Cosa ti hanno detto gli agenti?»
Scrolla le spalle.
«Gli ho spiegato la situazione e all’esterno del negozio c’erano le telecamere di sorveglianza. Mi hanno sgridato un po’, niente di che.»
«Non avresti dovuto.»
«Non l’ho mica fatto solo per te.»
«Che intendi?»
Con un cenno del capo mi indica l’altro lato della classe. Claire è seduta al suo posto, la sua pelle è verde e squamosa. Il portacipria è a terra aperto, il vetro è incrinato.
«È entrata stamani, ha sbattuto quel coso a terra e ha cambiato colore senza dire una parola.»
«Tu lo sapevi?»
«L’ho beccata l’anno scorso, quando eravamo compagni di banco. Ti ricordi quando il prof le sequestrò il portacipria? Tenere sotto controllo la pelle senza lo specchio per ore non dev’essere facile.»
Claire mi guarda e sorride, la sua pelle si tinge di giallo.
«Immagino che vedere Venice così spontanea, anche nel suo essere una stronza, le abbia fatto venire voglia di essere se stessa.»
In fondo alla classe Venice ride fissando il monitor. Mi saluta con un cenno della testa. Sembra che ieri non sia successo niente.
Non vedo Michael in classe.
Chris apre sul monitor la cartella con gli ebook.
«È stata Claire a dirmi che ti stavi cacciando nei guai, ieri. A quanto pare ha passato un sacco di tempo a cercare di scollarti quegli stronzi di dosso.»
Il suo sguardo passa da me al monitor. Il suo odore si fa più intenso, sta provando un’emozione forte.
«Posso fidarmi di te?»
«Dovresti imparare da sola a decidere di chi fidarti, non credi?»
Ha ragione. Per la fiducia ci sarà tempo, questa volta.
Scodinzolo.
Mi passo le mani tra i capelli, sono in ordine. Scorro le dita sulle mie lunghe orecchie da San Bernardo. Anche quelle sono in ordine. La mia coda si dimena come un’ossessa, sembra che debba spazzare il pavimento. Devo calmarmi prima di entrare, non posso farmi vedere scodinzolare. Sarebbe tutto più facile se fossi anch’io umana. Un paio di primini mi fissano dall’altro lato del corridoio. Non riesco a sentire cosa dicono, di sicuro parlano di me. Immagino non ci fossero tante chimere da dove arrivano. Per fortuna questo è l’ultimo anno per me.
Prendo un respiro ed entro in aula. Michael si volta verso di me, mi sorride e alza la mano per salutarmi. A ogni passo verso di lui il cuore batte più forte. La coda ha ripreso ad agitarsi e di sicuro sono rossa con un pomodoro. Mi siedo accanto a lui. Si è messo un forte profumo agrumato.
«Ciao Michael.»
«Ciao Prisca, come sono andate le vacanze estive?»
I suoi occhi verdi si piantano nei miei.
«Una noia mortale, dai miei nonni non c’era niente da fare. Te?»
«Le solite cose.» Scrolla le spalle. «Sai, nel gruppo si è sentita la tua mancanza.»
Accendo il monitor della mia postazione per distogliere lo sguardo da quegli occhi ipnotici. Lo schermo nero impiega diversi secondi a illuminarsi.
Lancio un’occhiata al resto della classe. Claire sta guardando la sua immagine riflessa nello specchietto del portacipria. I capelli corvini le arrivano appena al collo, se li è tagliati quest’estate? Si volta verso di me e assottiglia gli occhi.
Michael mi poggia una mano sulla spalla. Devo trattenere la coda dallo scodinzolare ancora.
«Lasciala perdere, non le piace essere osservata.»
Torno a fissare il monitor. «Sì, lo so.»
In classe entrano il professor Aurelio e una ragazza che non avevo mai visto prima. Ha i capelli rasati ai lati della testa, mentre dalla cima della fronte fin dietro di lei sono tenuti lunghi e raccolti in una treccia che le arriva fino alla vita. I suoi occhi gialli hanno un taglio felino. Ci fissa con un ampio sorriso, gira la testa per scrutare tutta l’aula. Sul lato del suo collo, appena sopra il colletto della camicia, spuntano i tagli delle branchie. Una chimera.
Si gira verso di me, i suoi occhi indugiano per un istante, il suo sorriso si fa più ampio e mi fa l’occhiolino.
Il professor Aurelio si schiarisce la voce.
«Quest’anno avrete una nuova compagna. Il suo nome è Venice, i suoi genitori si sono trasferiti da poco in città. Vedete di andare d’accordo.»
Di poche parole come sempre.
Venice raggiunge il mio banco e si china verso di me. Cosa vuole? Vuole sedersi qui? Emana un odore di salsedine che copre il profumo di Michael.
«Era da un sacco che non vedevo un’altra chimera!» I suoi denti sono acuminati come pugnali e disposti su più file, sembrano volermi divorare a ogni parola. «Come ti chiami?»
Provo a rispondere, ma le parole mi muoiono in gola. La sua mano si avvicina alle mie orecchie.
Il professore dà un colpetto di tosse.
«Socializzerete durante la ricreazione. Ora iniziano le lezioni.»
Venice si gira e solleva la mano in segno di scusa. «Certo, scusi prof.»
Salvata dalla rigidità del professore.
«Ehi.» Michael mi sussurra all’orecchio «La nuova ragazza sembra forte, eh?»
«S… sì. Sembra… simpatica.»
Lo sguardo di Michael segue Venice fino in fondo alla classe. Le sue labbra sono inarcate in un sorrisetto. Non si sarà preso una cotta per la ragazza squalo?
-
La campanella copre le parole del professor Aurelio con il suo suono acuto. Premo sul monitor per chiudere l’ebook Storia del Secondo Impero Romano.
Michael si alza e si dirige verso il fondo della classe. Alcuni compagni di classe stanno accerchiando il banco di Venice, Chris si appoggia al suo banco.
«Venice, come la città italiana?»
Lei accavalla le gambe. Sorride ancora come quando è arrivata in classe.
«In famiglia abbiamo tutti nomi che richiamano il mare. A me è andata bene, mia sorella l’hanno chiamata Oceano.»
Tira la testa all’indietro e ride. I ragazzi attorno a lei ridono. Michael ride. Anche le ragazze si alzano per andarle vicino, attorno al suo banco si crea uno stormo di ragazzi, non riesco neanche più a vederla. Claire è rimasta al suo posto, ha tirato fuori il portacipria e ci si sta specchiando. Gira la testa a destra e a sinistra fissando lo specchietto, come se cercasse la minima imperfezione.
«Prisca.» Uno dei ragazzi sta pronunciando il mio nome. «Si chiama Prisca.»
La testa di Venice spunta da sopra quelle degli altri, i suoi occhi viaggiano per la classe e si piantano su di me.
«Prisca!» Si fa largo tra i ragazzi. «È da un bel po’ che non vedo un’altra chimera! Di che generazione sei?»
Si siede sopra il mio banco e mi sorride con i suoi lunghi denti acuminati. Attorno a noi si accalca il resto della classe.
«Terza… terza generazione. Mio nonno è stato il primo, lo hanno creato qui in città.»
Venice sgrana gli occhi e avvicina il suo volto al mio.
«Terza? Ecco perché sei così vistosa. Io sono della sesta, ormai non mi restano tanti tratti. I miei dicono che il bisnonno aveva pure una grossa pinna tra le scapole!»
I suoi capelli in effetti ricordano una pinna per come sono acconciati. Forse li tiene per questo.
Una mano si poggia leggera sulla mia testa. Michael è dietro di me, le sue dita passano delicate sopra le mie orecchie da San Bernardo.
«Oggi pomeriggio volevamo portare Venice a fare un giro della città, vieni anche tu Prisca?»
Ho ripreso a scodinzolare. Blocco la coda anche se il contatto con la sua mano non me lo rende facile.
«Certo!»
La campanella suona di nuovo, i ragazzi si disperdono. Venice mi sorride, i suoi denti sembrano più affilati ogni volta che li vedo.
«Grande!»
Torna al suo posto, i ragazzi la guardano passare e scorrono lo sguardo dal basso all’alto come se dovessero scansionarla.
Michael si risiede accanto a me.
«Sei contenta che adesso c’è un’altra chimera a scuola?»
Non lo so. È così estroversa e spaventosa.
«Sì, credevo che non ne avrei viste fino all’università.»
Michael sorride e io mi sento al sicuro.
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Mi rigiro nel letto, il dischetto olografico se ne sta nel palmo della mano, spento. Neanche una lucina. Stringo il pugno e lo agito. Dammi un cenno di vita. Ti prego.
Il centro del disco emette un flash blu. Ha risposto. La chat viene proiettata in aria.
Chris: Ehi Prisca, cosa fai stasera?
Sbuffo e chiudo la sua chat. Sa che mi piace Michael, perché insiste?
Il dischetto si illumina di nuovo, questa volta è lui
Michael: Scusami Pri, ho promesso a Venice di accompagnarla a vedere i fuochi stasera.
Lo aveva promesso anche a me un mese fa, se n’è dimenticato?. Non è giusto che ora lo monopolizzi. Sollevo la testa dal cuscino e avvicino il dischetto alla bocca.
«Lo avevi detto anche a me. Non possiamo andarci tutti insieme?»
Le mie parole compaiono sotto le sue. Ributto la testa sul letto.
Un altro flash azzurro.
Michael: È che volevo stare un po’ con lei, sai non si è ancora ambientata, non volevo stressarla con troppa gente.
«Passate molto tempo insieme ultimamente.»
Michael: Non fare la gelosa, lo sai che sei la mia cucciolina.
Scodinzolo. Sono la sua cucciolina.
Un altro flash blu.
Chris: Stasera fanno i fuochi, ti va di andarci insieme?
Spengo il dischetto.
-
Michael sta chiacchierando con Venice fuori dalla classe. Ridono. Una fitta al petto mi attanaglia.
Claire si guarda nel suo portacipria. Cos’ha da fissarlo tanto? Cosa ci vede dentro? Si volta verso di me e mi lancia un’occhiataccia. Sostengo il suo sguardo. Nessuna delle due vuole cedere per prima. Chiude il portacipria con uno colpo secco.
«Che vuoi?»
Sorrido. Ho vinto io.
«Se continui a usare quello specchio durante le lezioni te lo sequestreranno di nuovo.»
«Fatti gli affari tuoi.»
Lo riapre e torna a guardarcisi.
Chris passa accanto al suo banco e le poggia una mano sulla spalla.
«Nervosa, oggi?»
«Dille di non fissarmi.»
Chris passa lo sguardo su di me con un sopracciglio alzato. Gli faccio la linguaccia.
«Provaci.»
Lui solleva le mani e se ne va. Bravo, non ti mettere in mezzo.
Michael rientra in classe, mi si siede accanto e fissa il monitor. Odora di salsedine.
«Com’è andata ieri sera?»
Scrolla le spalle.
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Chiudo piano la porta del bagno e raggiungo il lavandino. I miei occhi riflessi allo specchio sono lucidi. Devo farmela passare prima che riprendano le lezioni. Sono contenta di essere un San Bernardo: le orecchie stanno giù di loro, non devo preoccuparmi di non farle apparire tristi.
La porta del gabinetto dietro di me si apre. Mi giro, Claire è davanti a me. Metà del suo volto è verde e screpolato come fosse fatto di squame. No, è davvero fatto di squame verdi. Mi fissa con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta. Le squame assumono una tonalità giallastra.
Sono pietrificata. Vorrei dirle qualcosa, ma non riesco a formulare una frase. Socchiude gli occhi e mi fissa col suo solito sguardo astioso. La sua pelle passa dal giallo al rosso e si attenua fino a tornare alla sua solita carnagione pallida. Le squame si richiudono, la sua pelle è di nuovo perfetta.
«Sei una cagna o un cerbiatto?»
«Cosa… cosa?»
Sbuffa. «Mi fissi come se io fossi un camion e tu aspettassi di essere stirata. Mi chiedevo se magari avevi un po’ di sangue da cervo nelle vene. Però visto che non ti ho sentita entrare magari sei solo un topolino.»
Come fa ad essere così calma?
«Tu… tu sei…»
«Già.»
«E non hai mai—»
«Senti.» Sbatte la mano sul lavandino. «Se vuoi andare in giro a dire che sono un camaleonte, fallo. Magari se lo fai Michael tornerà a guardarti in faccia per cinque minuti. Potrebbe pure farti pat pat sulla testa. Ti piaceva tanto, vero?»
Abbasso lo sguardo.
«Non lo farei mai.»
Ride.
«Certo che no. Tu sei la brava cagnolina, non faresti mai nulla per ferire gli altri.»
Gli occhi mi si inumidiscono, le piastrelle del pavimento si fanno sfocate.
«Perché… perché sei così cattiva con me?»
«Cattiva?» Il suo volto diventa violaceo. «Lascia che ti racconti una storia, cagnolina.»
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Jackie aprì la porta di casa sua. Le pareti del salotto erano coperte da mobili rossi e gialli pieni di libri, custodie colorate di film e, in alto, miniature di antiche navi a vela. In un angolo c’erano tre spade ricurve impilate una sull’altra, i foderi erano verde smeraldo.
«Vieni Claire, andiamo in camera mia.»
Mi prese per mano e mi trascinò via. Le pareti di camera sua erano tappezzate di poster degli Sky Apogee. Quelli sopra il suo letto ritraevano la band in costumi dai colori sgargianti in posa con i loro strumenti. Sopra la scrivania erano appesi quelli del cantante Chad, il suo preferito.
Mi avvicinai a lei per sussurrarle all’orecchio.
«Ehi Jackie, hai chiesto ai tuoi se ci accompagnano al concerto di Maggio?»
Lei sorrise e annuì.
«Sì, ci porta lei! Domani prendiamo i biglietti!»
Gli Sky Apogee dal vivo, per la prima volta! Dovevo cambiare colore del volto, non potevo restare pallida, un rosso tenue sarebbe stato più spontaneo.
Jack smise di sorridere, i suoi occhi spalancati erano fissi su di me. Mi portai una mano al viso, i polpastrelli toccarono il bordo di una squama. Persi un battito.
«Aspetta Jackie, posso spiegarti.»
«La tua faccia.»
Si allontanò da me, anch’io indietreggiai.
«Sì, io… non sono… cioè, ecco—»
«Chimera.»
Pregai che riuscisse a gestire la notizia. Che potessimo continuare a essere amiche.
Jackie lanciò un urlo disumano.
Mi portai le mani alle orecchie e mi accovacciai per terra. Persi il controllo della mia pelle, tutto il mio corpo divenne squamoso e verdognolo come una lucertola.
La madre di Jackie corse in camera e la prese tra le braccia.
«Che succede piccola?»
Si girò e mi vide. Sgranò gli occhi, sollevò Jackie e la portò via dalla stanza.
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Gli occhi di Claire sono lucidi. Emana un tenue odore salato.
«Rimasi da sola in quella stanza finché mia madre non venne a prendermi. Non rividi più Jackie, le cambiarono scuola.»
Vorrei dirle qualcosa, ma anche la mia coda è immobile a sfiorare il pavimento.
«Dici che sono cattiva con te, ma ti permetti il lusso di giudicare senza sapere niente degli altri. Guarda chi è davvero il tuo padroncino.»
Si estrae un dischetto olografico dalla tasca e me lo porge. Lo prendo e la sua chat si materializza a mezz’aria.
Michael: Esci oggi?
Claire: Vi portate dietro la cagnolina?
Michael: Certo.
Claire: Non ti sei stufato di portartela dietro?
Michael: Ti diverti anche tu a vedercela gironzolare attorno.
Claire: Neanche un po’.
Michael: Dai, la convinco a mettersi un guinzaglio.
Claire: Credi di essere divertente?
Michael: Ti preoccupi per lei?
Claire: Mi dà fastidio che ci perdi tempo dietro.
Michael: Dai, lo sai che sei tu la mia cucciolina.
Claire: Non chiamarmi così.
Mi tremano le gambe. Claire si è portata il portacipria al viso e si sta guardando ogni angolo della pelle.
«Ora hai capito? Gli umani sono tutti così.»
La sua pelle è candida come la neve. Afferro uno dei miei orribili orecchi da San Bernardo e lo tiro.
«Perché?» La mia voce è rotta. Il volto di Claire e tutto il bagno sono sfocati. «Perché ho questi cosi? Se fossero normali—»
«Piantala di piagnucolare.»
Lascio la presa. Claire mi fissa accigliata.
«Dovresti essere contenta che si è staccato da te. Adesso tormenterà Venice e tu passerai la fine dell’anno tranquilla.»
Mi passo le maniche della camicia sugli occhi. Mi guardo allo specchio, ho ancora gli occhi rossi.
«Credi che Venice lo sappia?»
«Non so e non mi importa.»
Mi passa accanto, le nostre spalle si sfiorano.
«E pensare che a qualcuno piaci sul serio.»
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Venice sta con le spalle poggiate contro lo stipite della porta dell’aula, osserva il corridoio a braccia incrociate. Solleva una mano per salutarmi. L’odore di salsedine è più forte del solito. Mi sale la nausea.
«Ehi, Prisca. Oggi andiamo al centro commerciale, vieni con noi?»
Sorride. I suoi denti acuminati emergono come tante file di soldati pronti alla carica. Anche se mi fa paura è l’occasione per metterla in guardia.
«Certo, dovevo giusto comprarmi un paio di cose.»
«Fantastico! Ci ritroviamo alle cinque davanti al negozio di animali.»
«Devi prendere qualcosa lì?»
Mi fa l’occhiolino.
«Il mio ragazzo vorrebbe prendere un cagnolino, pensavo di fargli un regalo.»
«Non sapevo avessi il ragazzo.» È la prima volta che parlo di questo argomento con un’altra ragazza. «Che tipo è?»
«Oggi pomeriggio lo vedrai, viene anche lui.»
Claire arriva dal corridoio e si ferma davanti a noi. In mano ha il portacipria aperto a cui lancia occhiate di sfuggita.
«Vi spostate? Devo entrare.»
È uscita prima di me dal bagno, dov’è stata finora?
Mi faccio da parte e chino la testa. Venice le sbarra il passaggio.
«Ehi Claire, stavo giusto dicendo a Prisca che oggi andiamo al centro. Vieni?»
Claire mi guarda con gli occhi socchiusi, le sorrido. Tira un sospiro.
«Se proprio devo.»
«Grande, allora alle cinque.»
Venice si scansa e Claire entra in classe.
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Il corridoio del centro commerciale è deserto. Venice è già davanti al negozio, ha una busta di carta in mano. Lancio un’occhiata all’orologio appeso alla vetrina: siamo in anticipo di un quarto d’ora.
«Ciao Prisca. Sei in anticipo.»
Mostra quel sorriso pieno di denti.
«Anche tu.» Indico la busta. «Hai già preso il regalo?»
Emette un mugolio di assenso ed estrae dalla borsa un grosso collare rosso.
«Ti piace? Ha pure il guinzaglio estensibile fino a cinque metri.»
L’odore del cuoio è forte, si sente che è nuovo di zecca.
«È grande. Che cane vuole prendere il tuo ragazzo?»
«Ha detto che gli piacerebbe un Setter.»
«Carino.»
Non è ancora arrivato nessuno, è il momento perfetto per parlarle.
«Senti Venice, riguardo Michael, ecco—»
«Hai paura che te lo rubi?»
«Cosa?»
«Ho visto come lo guardi.» Mi fa l’occhiolino. «Non ti preoccupare, non è il mio tipo. E poi anche lui è preso da te.»
Il corridoio attorno a noi si fa sfocato. Cosa significa? Michael ha mentito anche a lei? E se Claire mi avesse mostrato un dischetto falso? Perché sto scodinzolando ora?
«Non è questo.» Scuoto la testa. «Il fatto è che ho paura che si prenda gioco di me perché sono una chimera, e non vorrei che…»
«Che lo facesse anche con me?»
Annuisco. Il sorriso di Venice si fa più ampio.
«Capisco. Non ti devi preoccupare, so badare a me stessa. Oh, ecco che arrivano.»
I nostri compagni di classe stanno risalendo il corridoio. Michael è in testa al gruppo e in disparte c’è anche Claire. Venice va verso di loro.
«Ehi Michael, guarda qua.»
Prende il collare e glielo agita davanti.
«Ooh.» Michael lo afferra e gioca con l’apertura. «È perfetto, grazie Venice!»
Cosa sta succedendo? Non era per il suo ragazzo?
Michael si gira verso di me.
«Ehi Prisca, perché non te lo provi?»
I nostri compagni di classe ridono. Il sangue mi si gela nelle vene
«Eh?»
«Dai, provalo. Non è perfetto per un Setter?»
Setter. Un Setter. Per lui io sono un Setter.
La parola rimbomba nella mia testa come una pugnalata.
Non ha neanche idea di chi io sia.
Claire mi osserva dietro al branco con uno sguardo triste e scuote la testa.
Faccio un passo indietro.
«Non sono un Setter.»
«Che?»
«Non sono un Setter!»
La mia voce esce fuori acuta come un latrato. La classe scoppia a ridere. Il volto di Michael si contorce in un ghigno.
«Che carina la cagnolina quando si arrabbia.»
Per loro solo una cagna. Mi si bagnano gli occhi, i loro volti si fanno sfocati. Aveva ragione Claire, non avrei dovuto fidarmi di loro.
Qualcuno esce dal gruppo e si avvicina.
«Piantala Michael.»
«Che vuoi Chris? Stiamo solo giocando.»
Chris si pianta tra me e lui.
«Ti sembra che lei si stia divertendo?»
«Che ti frega? È solo una cagn—»
Chris lo colpisce al volto con un pugno. Michael vola a terra, il collare rotola via.
La classe si zittisce. Venice scoppia in una risata sguaiata, così forte che deve tenersi la pancia.
Mi asciugo gli occhi con le maniche per essere sicura di ciò che sto vedendo. Claire si è avvicinata, mi poggia una mano sulla spalla e mi spinge via. Michael si tiene la mascella e si gira verso Venice.
«Fai qualcosa invece di ridere, stronza!»
«Scusa, tesorino.» Venice ha le lacrime agli occhi dal ridere. «È che sei così patetico in questo momento.»
Dal negozio escono due uomini della sicurezza.
«Cosa succede?»
Chris si gira, il suo sguardo è apatico come se non fosse successo nulla.
«Ho pestato quello stronzo.»
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Chris è seduto al banco accanto al mio. Tiene i gomiti piantati sul banco e la testa poggiata sulle mani. Le nocche sono fasciate. Ha un tenue odore dolce.
Mi siedo al mio posto.
«Cosa ti hanno detto gli agenti?»
Scrolla le spalle.
«Gli ho spiegato la situazione e all’esterno del negozio c’erano le telecamere di sorveglianza. Mi hanno sgridato un po’, niente di che.»
«Non avresti dovuto.»
«Non l’ho mica fatto solo per te.»
«Che intendi?»
Con un cenno del capo mi indica l’altro lato della classe. Claire è seduta al suo posto, la sua pelle è verde e squamosa. Il portacipria è a terra aperto, il vetro è incrinato.
«È entrata stamani, ha sbattuto quel coso a terra e ha cambiato colore senza dire una parola.»
«Tu lo sapevi?»
«L’ho beccata l’anno scorso, quando eravamo compagni di banco. Ti ricordi quando il prof le sequestrò il portacipria? Tenere sotto controllo la pelle senza lo specchio per ore non dev’essere facile.»
Claire mi guarda e sorride, la sua pelle si tinge di giallo.
«Immagino che vedere Venice così spontanea, anche nel suo essere una stronza, le abbia fatto venire voglia di essere se stessa.»
In fondo alla classe Venice ride fissando il monitor. Mi saluta con un cenno della testa. Sembra che ieri non sia successo niente.
Non vedo Michael in classe.
Chris apre sul monitor la cartella con gli ebook.
«È stata Claire a dirmi che ti stavi cacciando nei guai, ieri. A quanto pare ha passato un sacco di tempo a cercare di scollarti quegli stronzi di dosso.»
Il suo sguardo passa da me al monitor. Il suo odore si fa più intenso, sta provando un’emozione forte.
«Posso fidarmi di te?»
«Dovresti imparare da sola a decidere di chi fidarti, non credi?»
Ha ragione. Per la fiducia ci sarà tempo, questa volta.
Scodinzolo.