Amiche per la vita
Inviato: domenica 20 dicembre 2020, 21:43
Amiche per la vita
Un ronzio. Il pellet scivola dal bocchettone fino al braciere e s’accende. Scintille si alzano oltre l’oblò della termostufa.
Elena regola la temperatura e spegne la luce. Le fiammelle dell’impianto proiettano sfumature rossastre sui mobili del soggiorno. La donna torna a sedersi.
Rumore di passi alle sue spalle.
Elena si irrigidisce e chiude gli occhi.
- Ele, cosa fai qui? Vuoi rubare la tela ai ragni?
Elena si volta. Sara chiude la porta della soffitta alle sue spalle e si guarda attorno.
- Volevo stare un po’ da sola – la ragazza posa il libro. – Mia madre lascia la televisione a un volume troppo alto.
- Lo immaginavo – Sara aggira una pila di libri impolverati e la raggiunge. Mette i pugni sui fianchi. – Allora, non vieni ad aiutarmi con i bagagli?
Elena si morde il labbro.
- Devi proprio partire?
- Non “devo” partire, ragnetto, “voglio” partire. Lo voglio come non ho mai voluto niente in vita mia.
Elena abbassa la testa. Si copre il volto con le mani. Sara sospira e si inginocchia.
- Dai, Ele, non fare così. Vado a Bologna, mica sulla Luna!
La ragazza apre la bocca, ma le parole sono strozzate da un singulto. Si avvinghia all’amica e la abbraccia.
Sara la stringe a sua volta. La culla tra le sue braccia.
- Perché Bologna e non Napoli? – Le sue lacrime colano sulla felpa color vinaccia. - Avresti potuto studiare le stesse cose.
- Perché Napoli è troppo vicina a casa e la tentazione di restarmene comoda sarebbe stata troppo forte – Sara le sistema una ciocca di capelli castani e le pulisce le guance con il pollice. – Devo andarmene, Ele. Non ne posso più di questo posto, della gente che ci abita e della loro mentalità del cazzo.
- Ma ne vale la pena? Lasciare la tua famiglia, gli amici… me.
- I miei familiari sono i primi ad avere una mentalità del cazzo e dei cosiddetti “amici” non voglio nemmeno parlarne – sospira. – Tu, ragnetto, sei stata l’unica cosa che mi abbia spinto a restare in questo buco così a lungo, ma ora non resisto più. Cresci quel paio d’anni che ti separano dalla maturità e vedrai che ti sentirai esattamente come me.
Elena scioglie l’abbraccio. Non piange più, anche se il respiro è ancora inframmezzato da singulti.
Si stringe nelle braccia magre, tormentandosi la pelle con le unghie.
- Mia madre non mi permetterà mai di andarmene, lo sai – sussurra. – Penso che non mi permetterà nemmeno di venirti a trovare. Dice delle cose bruttissime su di te quando non ci sei.
- Dov’è la novità? Pensavo non avesse mai smesso da quando alle elementari avevo detto che il Maestro Volpe aveva “un didietro sul mento”.
Scoppiano entrambe a ridere. Sara le dà un bacio in fronte e si alza.
- Tua madre non può tenerti prigioniera, ragnetto, non sei più una bambina. Sta arrivando il momento di prendere in mano la tua vita e decidere cosa farci.
- E se non ne avessi la forza? Se non riuscissi a separarmi da lei?
- Allora verrò ad aiutarti io. Correrò a liberarti, come Mario con Peach – mette l’indice sotto il naso. – Mi manca giusto la pancetta, ma quella penso di recuperarla in un paio di mesi di gnocchi fritti e tortellini.
Elena ride di nuovo, stavolta a bocca spalancata. Sara le porge la mano.
- Non ti lascerò sola, ragnetto. Qualunque cosa accada, per quanto lontano io possa andare, ci sarò sempre per te.
- Promesso?
- Promesso.
Elena afferra la mano dell’amica e si alza in piedi.
- Allora, vorrei che facessi una cosa con me.
- Cosa?
- Un patto di eterna amicizia.
Sara incrocia le braccia e fa un mezzo sorriso.
- Pensavo fossimo troppo vecchie per questo genere di cose. Cosa dovremmo fare, sputarci sulle mani, stringerle e poi giurare di non separarci mai?
Elena scuote il capo e si avvicina a una pila di scatoloni, cassapanche e armadi impolverati.
- Qui in soffitta c’è anche la roba di mia nonna paterna. Non so se te ne ho mai parlato…
Comincia a spostare alcuni scatoloni. Sara ne apre uno e ne tira fuori una tunica scarlatta tempestata di perline e gemme di plastica.
- Artemisia la veggente? Mia madre una volta mi ha detto che era stata lei a preparare il filtro d’amore con cui aveva sedotto mio padre – snuda i denti mentre sorride. – Ha aggiunto che, col senno di poi, sarebbe stato meglio chiederle i numeri della lotteria.
-Si, la gente chiedeva a mia nonna tante cose: filtri d’amore, cartomanzia, lettura della mano…- uno degli scatoloni, più malmesso degli altri, si squarcia. Ne cadono rozzi bambolotti fatti di creta e capelli – anche altre cose più particolari.
Sara l’aiuta e sistemare le bambole nei resti del cartone. Resta a bocca aperta nel prenderne in mano una con dei baffi disegnati e due spilloni infilati negli occhi dipinti di nero.
- Tu come fai a saperlo?
- Ha lasciato i suoi diari. L’ultimo lo stavo leggendo quando sei entrata – sposta un atro scatolone e si trova davanti alla massa di un grande telo macchiato – Ecco qui: ero sicura che mia madre l’avesse messo qui dietro.
Tira via il telo, sollevando una nuvola di polvere e brandelli di ragnatele. Dietro la sporcizia, compare un massiccio specchio ovale.
- Cazzo… questo di sicuro non è comprato all’Ikea! – Sara allunga la mano e sfiora la superficie riflettente. – Ma di cos’è fatto? Questo non è vetro.
- Lo specchio è fatto di elettro; il telaio è in ebano e gli intarsi decorativi sono in ambra – anche Elena sfiora l’oggetto, passando le dita sulle decorazioni a forma di mascherone. – Mia nonna se lo fece fare da un artigiano greco dopo la Guerra.
- Quest’affare deve valere una fortuna. Conoscendo tua madre, mi stupisco che non l’abbia veduto a qualche collezionista prima ancora che il corpo tua nonna diventasse freddo.
Elena alza le spalle.
- Non so, forse pensa che porti sfortuna separarsene.
- Si, anche questo sarebbe tipico di tua madre.
Elena afferra uno dei bordi del telaio e comincia a tirare. La specchiera striscia con difficoltà sulla superficie irregolare.
- Dammi una mano: dobbiamo stenderlo sul pavimento.
Sara afferra il telaio dall’altra parte. Spingendo nella stessa direzione, riescono a portarlo al centro della stanza e ad inclinarlo. Con gran fatica, lo abbassano fino a farlo arrivare a terra con delicatezza.
- Cazzo, se pesa – apre e chiude le dita. – Quindi? Cosa dobbiamo fare adesso?
Elena tossisce e prende un involto di tela da una cassetta. Ne estrae un coltello.
- Ora possiamo cominciare il patto – si inginocchia davanti allo specchio. – È semplice: dobbiamo fare un taglio sulle nostre mani, unirle insieme e far colare un po' di sangue, sempre facendo attenzione di essere riflesse nell’ovale.
Sara storce il labbro. I suoi occhi seguono i movimenti della lama nelle mani di Elena.
- Ele, posa quel coltello…. lì sopra ci sarà il super-tetano! Non possiamo trovare un modo più semplice?
- Sara, se lo facciamo, saremo unite per sempre – giunge i palmi, facendo oscillare la lama – Ti prego….
Sara resta in silenzio. Passa più volte lo sguardo dal coltello agli occhi di Elena. Sospira.
- Ah, quante me ne fa passare la tua zucca matta, ragnetto! – allunga la destra e le arruffa i capelli. – Va bene, facciamo come vuoi tu. Mal che vada, a Bologna potrò dire che il taglio me lo sono fatto mettendo al tappeto tre energumeni che volevano farmi del male.
Anche lei si inginocchia. Elena le prende la mano e pratica un taglio verticale dalle dita al polso, da cui comincia subito a zampillarne del sangue.
- Ahia!
- Non lamentarti, non è profondo – Elena ritira il coltello e ne appoggia la punta sul palmo della sua sinistra. – Ora lo faccio anch’io.
Si morde il labbro mentre incide la carne. Unisce i bordi della ferita con quelli dell’amica e stringe la mano.
- Fa male!
- Deve – Elena aumenta la stretta fino a far sbiancare le nocche. – Non esiste unione senza dolore.
Un unico rivolo cremisi cola sullo specchio. La giovane vi intinge il dito e traccia una linea che taglia a metà la superficie riflettente. Con altro sangue, disegna simboli identici da un lato e dall’altro.
Il braccio di Elena comincia a tremare. Gli occhi si riempiono di lacrime.
- Basta, Ele! Non ne puoi più nemmeno tu!
La giovane snuda i denti e spinge in basso le mani finché i polsi non toccano l’elettro.
- Apri le dita e appoggia il palmo sullo specchio.
- Ele, io…
- Fallo e basta!
Sara impallidisce ed esegue l’ordine. Elena ne ripete il gesto e appoggia la mano in modo speculare alla sua.
- E ora?
Elena si asciuga le lacrime con una manica del maglione. Sorride.
- Ora diventiamo unite per sempre.
Lo specchio trema. I segni tracciati con il sangue affondano nell’elettro e la superficie torna lucida e immacolata.
- Ma che cazzo…
Sara prova ad alzarsi, ma scivola. La mano resta bloccata sullo specchio, stretta nella morsa di dita simili ad artigli che emergono dall’elettro.
La giovane urla: il suo riflesso è mutato. La pelle grigiastra è piena di piaghe. Il volto è scarnificato fino a mostrare il teschio. Gli occhi sono orbite vuote in cui si agitano vermi rossastri.
- Aiutami, Elena! – Sara si inginocchia e fa forza con le gambe per provare a liberarsi, ma la stretta del riflesso non si attenua. – Sto affondando!
Elena allunga la mano e le accarezza le guance lentigginose.
- Il patto è stato accettato, Sara: ora mi appartieni e io… io ti appartengo!
Sara resta a bocca aperta. Le pupille tremano negli occhi spalancati. Mano e avambraccio affondano nella superficie d’elettro: il riflesso mostruoso li trascina nel buio.
- Chi ha accettato il patto?! Cosa mi hai fatto?
- Lui non ha nome, ma mi ha prestato il suo potere. In cambio, prenderà solo ciò che non ci serve più.
Lo schiaffo di Sara è così forte da far voltare Elena. Un secondo manrovescio le ferisce il labbro.
- Liberami!
- No, Sara, noi…
L’amica le afferra il collo. Sotto la sua stretta, la ragazza comincia a soffocare.
- Liberami! Liberami o giuro che ti ammazzo!
Elena digrigna i denti. Fa cenno di no con il capo e appoggia la mano sul polso dell’amica.
- Noi… insieme… per sempre…
Un tonfo. Una mano scheletrica emerge dalla superficie d’elettro. Afferra il volto di Sara e lo trascina giù. La ragazza lascia la presa sul collo di Elena, ma riesce ad appoggiare il gomito libero a terra. Usandolo come perno, inarca la schiena e oppone tutta la forza del suo corpo contro la creatura che la sta trascinando attraverso lo specchio.
Elena le appoggia la mano sulla testa e spinge verso il basso. Preme fino a quando il suo palmo non incontra la superficie d’elettro. Il resto del corpo di Sara scivola senza più riuscire a opporre resistenza: il riflesso mostruoso la trascina giù finché entrambi non scompaiono nel buio.
Elena trattiene il respiro: anche la sua immagine speculare è scomparsa e la soffitta ora sembra vuota.
Il riflesso comincia a sfuocarsi e un’ombra indistinta compare nello spazio che lei dovrebbe occupare. L’ombra assume forma umana. Braccia, torso e ventre assumono consistenza. La testa è il cranio scarnificato… per un’instante, poi pelle e muscoli lo completano. Le sue guance si riempiono di lentiggini.
Elena alza le mani. Le muove in circolo. Dall’altra parte, l’immagine riflessa di Sara ripete ogni sua azione, e risponde al suo sorriso con uguale calore. La ragazza si lascia cadere sullo specchio: fissa i suoi occhi in quelli dell’amica.
- Ce l’abbiamo fatta, Sara – sussurra, accarezzando il volto speculare. – Ora tu sei libera e io non sarò mai più sola!
- Mamma? Mamma, tutto a posto?
Elena si scuote. Sua figlia le stringe una spalla.
- Oh, sei tu – le accarezza la mano. – Scusami, ero sovrappensiero.
- Pensavo ti fossi addormentata. Cosa ci fai al buio?
- Niente, Nicole: ricordavo cose passate.
La ragazza alza le spalle e accende la luce. Appoggia a terra il vecchio zaino e porta i pugni sui fianchi.
- Allora, non vieni ad aiutarmi con i bagagli?
Elena si morde il labbro.
- Devi proprio partire?
- Ne abbiamo già parlato, ma’: non “devo” partire “voglio” partire. Lo voglio…
- …come non hai mai voluto niente in vita tua. Lo so, ragnetto. Sta arrivando il momento di prendere in mano la tua vita e decidere cosa farci.
Nicole annuisce. Incrocia le braccia sulla maglia dei Ramstein.
- Bene, vedo che ti sei convinta.
Elena si alza e raggiunge l’armadietto dei liquori. Sara sorride al suo sorriso dal riflesso del vetro.
“Anche lei, con noi… insieme per sempre…”
Elena annuisce.
- Ehi, ragnetto, prima di metterci al lavoro, ti va di fare una cosa con me in soffitta?
- Cosa?
- Un patto.
Di Agostino Langellotti
BONUS
- le protagoniste sono adolescenti
- la scena del patto come scena con "sense of wonder"
- tutta la parte centrale del racconto è in flashback
- lo specchio del rito
Un ronzio. Il pellet scivola dal bocchettone fino al braciere e s’accende. Scintille si alzano oltre l’oblò della termostufa.
Elena regola la temperatura e spegne la luce. Le fiammelle dell’impianto proiettano sfumature rossastre sui mobili del soggiorno. La donna torna a sedersi.
Rumore di passi alle sue spalle.
Elena si irrigidisce e chiude gli occhi.
- Ele, cosa fai qui? Vuoi rubare la tela ai ragni?
Elena si volta. Sara chiude la porta della soffitta alle sue spalle e si guarda attorno.
- Volevo stare un po’ da sola – la ragazza posa il libro. – Mia madre lascia la televisione a un volume troppo alto.
- Lo immaginavo – Sara aggira una pila di libri impolverati e la raggiunge. Mette i pugni sui fianchi. – Allora, non vieni ad aiutarmi con i bagagli?
Elena si morde il labbro.
- Devi proprio partire?
- Non “devo” partire, ragnetto, “voglio” partire. Lo voglio come non ho mai voluto niente in vita mia.
Elena abbassa la testa. Si copre il volto con le mani. Sara sospira e si inginocchia.
- Dai, Ele, non fare così. Vado a Bologna, mica sulla Luna!
La ragazza apre la bocca, ma le parole sono strozzate da un singulto. Si avvinghia all’amica e la abbraccia.
Sara la stringe a sua volta. La culla tra le sue braccia.
- Perché Bologna e non Napoli? – Le sue lacrime colano sulla felpa color vinaccia. - Avresti potuto studiare le stesse cose.
- Perché Napoli è troppo vicina a casa e la tentazione di restarmene comoda sarebbe stata troppo forte – Sara le sistema una ciocca di capelli castani e le pulisce le guance con il pollice. – Devo andarmene, Ele. Non ne posso più di questo posto, della gente che ci abita e della loro mentalità del cazzo.
- Ma ne vale la pena? Lasciare la tua famiglia, gli amici… me.
- I miei familiari sono i primi ad avere una mentalità del cazzo e dei cosiddetti “amici” non voglio nemmeno parlarne – sospira. – Tu, ragnetto, sei stata l’unica cosa che mi abbia spinto a restare in questo buco così a lungo, ma ora non resisto più. Cresci quel paio d’anni che ti separano dalla maturità e vedrai che ti sentirai esattamente come me.
Elena scioglie l’abbraccio. Non piange più, anche se il respiro è ancora inframmezzato da singulti.
Si stringe nelle braccia magre, tormentandosi la pelle con le unghie.
- Mia madre non mi permetterà mai di andarmene, lo sai – sussurra. – Penso che non mi permetterà nemmeno di venirti a trovare. Dice delle cose bruttissime su di te quando non ci sei.
- Dov’è la novità? Pensavo non avesse mai smesso da quando alle elementari avevo detto che il Maestro Volpe aveva “un didietro sul mento”.
Scoppiano entrambe a ridere. Sara le dà un bacio in fronte e si alza.
- Tua madre non può tenerti prigioniera, ragnetto, non sei più una bambina. Sta arrivando il momento di prendere in mano la tua vita e decidere cosa farci.
- E se non ne avessi la forza? Se non riuscissi a separarmi da lei?
- Allora verrò ad aiutarti io. Correrò a liberarti, come Mario con Peach – mette l’indice sotto il naso. – Mi manca giusto la pancetta, ma quella penso di recuperarla in un paio di mesi di gnocchi fritti e tortellini.
Elena ride di nuovo, stavolta a bocca spalancata. Sara le porge la mano.
- Non ti lascerò sola, ragnetto. Qualunque cosa accada, per quanto lontano io possa andare, ci sarò sempre per te.
- Promesso?
- Promesso.
Elena afferra la mano dell’amica e si alza in piedi.
- Allora, vorrei che facessi una cosa con me.
- Cosa?
- Un patto di eterna amicizia.
Sara incrocia le braccia e fa un mezzo sorriso.
- Pensavo fossimo troppo vecchie per questo genere di cose. Cosa dovremmo fare, sputarci sulle mani, stringerle e poi giurare di non separarci mai?
Elena scuote il capo e si avvicina a una pila di scatoloni, cassapanche e armadi impolverati.
- Qui in soffitta c’è anche la roba di mia nonna paterna. Non so se te ne ho mai parlato…
Comincia a spostare alcuni scatoloni. Sara ne apre uno e ne tira fuori una tunica scarlatta tempestata di perline e gemme di plastica.
- Artemisia la veggente? Mia madre una volta mi ha detto che era stata lei a preparare il filtro d’amore con cui aveva sedotto mio padre – snuda i denti mentre sorride. – Ha aggiunto che, col senno di poi, sarebbe stato meglio chiederle i numeri della lotteria.
-Si, la gente chiedeva a mia nonna tante cose: filtri d’amore, cartomanzia, lettura della mano…- uno degli scatoloni, più malmesso degli altri, si squarcia. Ne cadono rozzi bambolotti fatti di creta e capelli – anche altre cose più particolari.
Sara l’aiuta e sistemare le bambole nei resti del cartone. Resta a bocca aperta nel prenderne in mano una con dei baffi disegnati e due spilloni infilati negli occhi dipinti di nero.
- Tu come fai a saperlo?
- Ha lasciato i suoi diari. L’ultimo lo stavo leggendo quando sei entrata – sposta un atro scatolone e si trova davanti alla massa di un grande telo macchiato – Ecco qui: ero sicura che mia madre l’avesse messo qui dietro.
Tira via il telo, sollevando una nuvola di polvere e brandelli di ragnatele. Dietro la sporcizia, compare un massiccio specchio ovale.
- Cazzo… questo di sicuro non è comprato all’Ikea! – Sara allunga la mano e sfiora la superficie riflettente. – Ma di cos’è fatto? Questo non è vetro.
- Lo specchio è fatto di elettro; il telaio è in ebano e gli intarsi decorativi sono in ambra – anche Elena sfiora l’oggetto, passando le dita sulle decorazioni a forma di mascherone. – Mia nonna se lo fece fare da un artigiano greco dopo la Guerra.
- Quest’affare deve valere una fortuna. Conoscendo tua madre, mi stupisco che non l’abbia veduto a qualche collezionista prima ancora che il corpo tua nonna diventasse freddo.
Elena alza le spalle.
- Non so, forse pensa che porti sfortuna separarsene.
- Si, anche questo sarebbe tipico di tua madre.
Elena afferra uno dei bordi del telaio e comincia a tirare. La specchiera striscia con difficoltà sulla superficie irregolare.
- Dammi una mano: dobbiamo stenderlo sul pavimento.
Sara afferra il telaio dall’altra parte. Spingendo nella stessa direzione, riescono a portarlo al centro della stanza e ad inclinarlo. Con gran fatica, lo abbassano fino a farlo arrivare a terra con delicatezza.
- Cazzo, se pesa – apre e chiude le dita. – Quindi? Cosa dobbiamo fare adesso?
Elena tossisce e prende un involto di tela da una cassetta. Ne estrae un coltello.
- Ora possiamo cominciare il patto – si inginocchia davanti allo specchio. – È semplice: dobbiamo fare un taglio sulle nostre mani, unirle insieme e far colare un po' di sangue, sempre facendo attenzione di essere riflesse nell’ovale.
Sara storce il labbro. I suoi occhi seguono i movimenti della lama nelle mani di Elena.
- Ele, posa quel coltello…. lì sopra ci sarà il super-tetano! Non possiamo trovare un modo più semplice?
- Sara, se lo facciamo, saremo unite per sempre – giunge i palmi, facendo oscillare la lama – Ti prego….
Sara resta in silenzio. Passa più volte lo sguardo dal coltello agli occhi di Elena. Sospira.
- Ah, quante me ne fa passare la tua zucca matta, ragnetto! – allunga la destra e le arruffa i capelli. – Va bene, facciamo come vuoi tu. Mal che vada, a Bologna potrò dire che il taglio me lo sono fatto mettendo al tappeto tre energumeni che volevano farmi del male.
Anche lei si inginocchia. Elena le prende la mano e pratica un taglio verticale dalle dita al polso, da cui comincia subito a zampillarne del sangue.
- Ahia!
- Non lamentarti, non è profondo – Elena ritira il coltello e ne appoggia la punta sul palmo della sua sinistra. – Ora lo faccio anch’io.
Si morde il labbro mentre incide la carne. Unisce i bordi della ferita con quelli dell’amica e stringe la mano.
- Fa male!
- Deve – Elena aumenta la stretta fino a far sbiancare le nocche. – Non esiste unione senza dolore.
Un unico rivolo cremisi cola sullo specchio. La giovane vi intinge il dito e traccia una linea che taglia a metà la superficie riflettente. Con altro sangue, disegna simboli identici da un lato e dall’altro.
Il braccio di Elena comincia a tremare. Gli occhi si riempiono di lacrime.
- Basta, Ele! Non ne puoi più nemmeno tu!
La giovane snuda i denti e spinge in basso le mani finché i polsi non toccano l’elettro.
- Apri le dita e appoggia il palmo sullo specchio.
- Ele, io…
- Fallo e basta!
Sara impallidisce ed esegue l’ordine. Elena ne ripete il gesto e appoggia la mano in modo speculare alla sua.
- E ora?
Elena si asciuga le lacrime con una manica del maglione. Sorride.
- Ora diventiamo unite per sempre.
Lo specchio trema. I segni tracciati con il sangue affondano nell’elettro e la superficie torna lucida e immacolata.
- Ma che cazzo…
Sara prova ad alzarsi, ma scivola. La mano resta bloccata sullo specchio, stretta nella morsa di dita simili ad artigli che emergono dall’elettro.
La giovane urla: il suo riflesso è mutato. La pelle grigiastra è piena di piaghe. Il volto è scarnificato fino a mostrare il teschio. Gli occhi sono orbite vuote in cui si agitano vermi rossastri.
- Aiutami, Elena! – Sara si inginocchia e fa forza con le gambe per provare a liberarsi, ma la stretta del riflesso non si attenua. – Sto affondando!
Elena allunga la mano e le accarezza le guance lentigginose.
- Il patto è stato accettato, Sara: ora mi appartieni e io… io ti appartengo!
Sara resta a bocca aperta. Le pupille tremano negli occhi spalancati. Mano e avambraccio affondano nella superficie d’elettro: il riflesso mostruoso li trascina nel buio.
- Chi ha accettato il patto?! Cosa mi hai fatto?
- Lui non ha nome, ma mi ha prestato il suo potere. In cambio, prenderà solo ciò che non ci serve più.
Lo schiaffo di Sara è così forte da far voltare Elena. Un secondo manrovescio le ferisce il labbro.
- Liberami!
- No, Sara, noi…
L’amica le afferra il collo. Sotto la sua stretta, la ragazza comincia a soffocare.
- Liberami! Liberami o giuro che ti ammazzo!
Elena digrigna i denti. Fa cenno di no con il capo e appoggia la mano sul polso dell’amica.
- Noi… insieme… per sempre…
Un tonfo. Una mano scheletrica emerge dalla superficie d’elettro. Afferra il volto di Sara e lo trascina giù. La ragazza lascia la presa sul collo di Elena, ma riesce ad appoggiare il gomito libero a terra. Usandolo come perno, inarca la schiena e oppone tutta la forza del suo corpo contro la creatura che la sta trascinando attraverso lo specchio.
Elena le appoggia la mano sulla testa e spinge verso il basso. Preme fino a quando il suo palmo non incontra la superficie d’elettro. Il resto del corpo di Sara scivola senza più riuscire a opporre resistenza: il riflesso mostruoso la trascina giù finché entrambi non scompaiono nel buio.
Elena trattiene il respiro: anche la sua immagine speculare è scomparsa e la soffitta ora sembra vuota.
Il riflesso comincia a sfuocarsi e un’ombra indistinta compare nello spazio che lei dovrebbe occupare. L’ombra assume forma umana. Braccia, torso e ventre assumono consistenza. La testa è il cranio scarnificato… per un’instante, poi pelle e muscoli lo completano. Le sue guance si riempiono di lentiggini.
Elena alza le mani. Le muove in circolo. Dall’altra parte, l’immagine riflessa di Sara ripete ogni sua azione, e risponde al suo sorriso con uguale calore. La ragazza si lascia cadere sullo specchio: fissa i suoi occhi in quelli dell’amica.
- Ce l’abbiamo fatta, Sara – sussurra, accarezzando il volto speculare. – Ora tu sei libera e io non sarò mai più sola!
- Mamma? Mamma, tutto a posto?
Elena si scuote. Sua figlia le stringe una spalla.
- Oh, sei tu – le accarezza la mano. – Scusami, ero sovrappensiero.
- Pensavo ti fossi addormentata. Cosa ci fai al buio?
- Niente, Nicole: ricordavo cose passate.
La ragazza alza le spalle e accende la luce. Appoggia a terra il vecchio zaino e porta i pugni sui fianchi.
- Allora, non vieni ad aiutarmi con i bagagli?
Elena si morde il labbro.
- Devi proprio partire?
- Ne abbiamo già parlato, ma’: non “devo” partire “voglio” partire. Lo voglio…
- …come non hai mai voluto niente in vita tua. Lo so, ragnetto. Sta arrivando il momento di prendere in mano la tua vita e decidere cosa farci.
Nicole annuisce. Incrocia le braccia sulla maglia dei Ramstein.
- Bene, vedo che ti sei convinta.
Elena si alza e raggiunge l’armadietto dei liquori. Sara sorride al suo sorriso dal riflesso del vetro.
“Anche lei, con noi… insieme per sempre…”
Elena annuisce.
- Ehi, ragnetto, prima di metterci al lavoro, ti va di fare una cosa con me in soffitta?
- Cosa?
- Un patto.
Di Agostino Langellotti
BONUS
- le protagoniste sono adolescenti
- la scena del patto come scena con "sense of wonder"
- tutta la parte centrale del racconto è in flashback
- lo specchio del rito