Il cavaliere errante
Inviato: lunedì 15 marzo 2021, 23:22
Mi piego sulle ginocchia e sollevo il sacco su una spalla, una manciata di chicchi piovono fuori da qualche buco.
«Attenta, Tilla.» Goffredo mi guarda dalla porta. «Così perderai metà del grano prima di arrivare alla macina.»
«Stia tranquillo.» Passo l’indice sul lato del sacco e alcuni filamenti liberi si intrecciano a ricoprire il buco.
Il mugnaio sorride e annuisce. Gli passo davanti uscendo fuori dal granaio, il sole è basso e inonda i campi con la sua aura d’orata, ma c’è qualcosa di strano nell’aria. Odore di zolfo? No, è diverso, mi ricorda—
Lascio cadere il sacco e corro dietro il granaio. Il castello della contessa brucia avvolto da fiamme verdi, una colonna di fumo dello stesso colore si alza nel cielo. Demoni, ecco cos’era quell’odore.
Torno dentro, salgo i gradini due alla volta e arrivo nella mia stanza, il baule è già aperto. Tiro fuori tutti i vestiti che vi sono dentro e sollevo il doppio fondo, il mio stocco riposa nel suo fodero. Lo tiro fuori e lo estraggo, la lama brilla alla luce del sole, è ancora perfetto.
Mi stavo ormai abituando ad indossare quegli abiti normali, forse non è un caso che i demoni abbiano attaccato proprio ora, come a ricordarmi chi sia davvero.
Non posso perdere tempo con questi pensieri ora.
Rinfodero lo stocco e mi fiondo di nuovo per le scale.
***
Sguscio fra due pareti crollate sul fianco del castello. La frattura sbuca nelle cucine, ma non c’è anima viva, nessuna guardia o demone. Le attraverso e salgo le scale di servizio fino al balcone del salone dei ricevimenti, il fuoco verde circonda la pietra delle colonne e blocca le finestre e le porte.
La contessa è seduta nel seggio centrale, un demone è in piedi davanti a lei. Il corpo nudo è ricoperto da una pelliccia animale, le braccia sono sproporzionate e lunghe e sulla schiena si aprono due ali da pipistrello decorate da decine di anelli sulla parte alta. Deve essere un demone di alto rango.
Punta il dito verso la donna. «TE LO CHIEDO UN ULTIMA VOLTA.» Le fiamme si rinvigoriscono. «DOV’È LEI?»
«Non so di chi parli.» Lo sguardo della contessa è fermo, il mento alto. «Ma non ti consegnerò nessuna delle mie cittadine.»
Il demone ride. «ALLORA MUORI. SI FARA’ VIVA DA SOLA QUANDO VEDRÀ IL FUOCO VERDE.» Alza un braccio, l’artiglio brilla dello stesso colore delle fiamme.
Non c’è un secondo da perdere. Concentro il flusso magico nelle gambe e salto dal balcone di pietra estraendo lo stocco in aria.
Atterro fra il demone e la contessa, la mia lama si scontra contro l’artiglio del demone, che rimbalza indietro respinto ma integro. Il demone fa due passi indietro e sfodera un ghigno.
«SAPEVO CHE SARESTI ARRIVATA.»
Mi slancio in avanti e faccio una finta di affondo, lui scarta di lato e contrattacca disegnando un arco con tutta la mano e gli artigli. Il braccio è abbastanza lungo e mi sfiora la pancia. Se avessi attaccato davvero ora sarei con il ventre squarciato. È forte, ma non è il primo che incontro.
Scivolo al suo fianco e lui alza lo stesso braccio per intercettarmi. Faccio un passo indietro e miro due veloci fendenti alla mano; tre artigli cadono a terra.
«ARGH! MALEDETTA!» Salta in alto, stende le ali e galleggia in aria. «TI RIDURRÒ IN CENERE CON L’INTERO CASTELLO!» Un turbine di vento e fiamme si intreccia sotto i suoi piedi e vortica verso l’alto ad avvolgerlo.
Salto sul appoggiabraccio del seggio. «Scusatemi, contessa!» Salto ancora sullo schienale e mi lancio all’indietro verso il demone ruotando in verticale. Arrivo a testa sotto davanti a lui. Due lampi bianchi: la testa del demone si separa dal corpo, uno squarcio verticale si apre sul petto.
Atterro nello stesso momento del corpo senza vita, le fiamme scompaiono con un soffio di vento fresco che viene da fuori.
«E così cercava te.» La contessa mi osserva con aria soddisfatta.
Mi avvicino a lei e mi inchino. «Mi dispiace che siete stata messa in pericolo a causa mia.»
«Dimmi, Tilla l’assistente del mugnaio, se è così che ti chiami. Ne arriveranno altri per te?»
Sospiro e tengo lo sguardo basso. «Lascerò oggi stesso il villaggio.»
La contessa si alza e mi poggia una mano sulla spalla. «Mi dispiace, ma so che capisci. Prima di andare, dimmi il tuo vero nome.»
«Non vi ho mentito.» Le mostro un sorriso amaro. «Il mio nome è Tillandsia.»
«Attenta, Tilla.» Goffredo mi guarda dalla porta. «Così perderai metà del grano prima di arrivare alla macina.»
«Stia tranquillo.» Passo l’indice sul lato del sacco e alcuni filamenti liberi si intrecciano a ricoprire il buco.
Il mugnaio sorride e annuisce. Gli passo davanti uscendo fuori dal granaio, il sole è basso e inonda i campi con la sua aura d’orata, ma c’è qualcosa di strano nell’aria. Odore di zolfo? No, è diverso, mi ricorda—
Lascio cadere il sacco e corro dietro il granaio. Il castello della contessa brucia avvolto da fiamme verdi, una colonna di fumo dello stesso colore si alza nel cielo. Demoni, ecco cos’era quell’odore.
Torno dentro, salgo i gradini due alla volta e arrivo nella mia stanza, il baule è già aperto. Tiro fuori tutti i vestiti che vi sono dentro e sollevo il doppio fondo, il mio stocco riposa nel suo fodero. Lo tiro fuori e lo estraggo, la lama brilla alla luce del sole, è ancora perfetto.
Mi stavo ormai abituando ad indossare quegli abiti normali, forse non è un caso che i demoni abbiano attaccato proprio ora, come a ricordarmi chi sia davvero.
Non posso perdere tempo con questi pensieri ora.
Rinfodero lo stocco e mi fiondo di nuovo per le scale.
***
Sguscio fra due pareti crollate sul fianco del castello. La frattura sbuca nelle cucine, ma non c’è anima viva, nessuna guardia o demone. Le attraverso e salgo le scale di servizio fino al balcone del salone dei ricevimenti, il fuoco verde circonda la pietra delle colonne e blocca le finestre e le porte.
La contessa è seduta nel seggio centrale, un demone è in piedi davanti a lei. Il corpo nudo è ricoperto da una pelliccia animale, le braccia sono sproporzionate e lunghe e sulla schiena si aprono due ali da pipistrello decorate da decine di anelli sulla parte alta. Deve essere un demone di alto rango.
Punta il dito verso la donna. «TE LO CHIEDO UN ULTIMA VOLTA.» Le fiamme si rinvigoriscono. «DOV’È LEI?»
«Non so di chi parli.» Lo sguardo della contessa è fermo, il mento alto. «Ma non ti consegnerò nessuna delle mie cittadine.»
Il demone ride. «ALLORA MUORI. SI FARA’ VIVA DA SOLA QUANDO VEDRÀ IL FUOCO VERDE.» Alza un braccio, l’artiglio brilla dello stesso colore delle fiamme.
Non c’è un secondo da perdere. Concentro il flusso magico nelle gambe e salto dal balcone di pietra estraendo lo stocco in aria.
Atterro fra il demone e la contessa, la mia lama si scontra contro l’artiglio del demone, che rimbalza indietro respinto ma integro. Il demone fa due passi indietro e sfodera un ghigno.
«SAPEVO CHE SARESTI ARRIVATA.»
Mi slancio in avanti e faccio una finta di affondo, lui scarta di lato e contrattacca disegnando un arco con tutta la mano e gli artigli. Il braccio è abbastanza lungo e mi sfiora la pancia. Se avessi attaccato davvero ora sarei con il ventre squarciato. È forte, ma non è il primo che incontro.
Scivolo al suo fianco e lui alza lo stesso braccio per intercettarmi. Faccio un passo indietro e miro due veloci fendenti alla mano; tre artigli cadono a terra.
«ARGH! MALEDETTA!» Salta in alto, stende le ali e galleggia in aria. «TI RIDURRÒ IN CENERE CON L’INTERO CASTELLO!» Un turbine di vento e fiamme si intreccia sotto i suoi piedi e vortica verso l’alto ad avvolgerlo.
Salto sul appoggiabraccio del seggio. «Scusatemi, contessa!» Salto ancora sullo schienale e mi lancio all’indietro verso il demone ruotando in verticale. Arrivo a testa sotto davanti a lui. Due lampi bianchi: la testa del demone si separa dal corpo, uno squarcio verticale si apre sul petto.
Atterro nello stesso momento del corpo senza vita, le fiamme scompaiono con un soffio di vento fresco che viene da fuori.
«E così cercava te.» La contessa mi osserva con aria soddisfatta.
Mi avvicino a lei e mi inchino. «Mi dispiace che siete stata messa in pericolo a causa mia.»
«Dimmi, Tilla l’assistente del mugnaio, se è così che ti chiami. Ne arriveranno altri per te?»
Sospiro e tengo lo sguardo basso. «Lascerò oggi stesso il villaggio.»
La contessa si alza e mi poggia una mano sulla spalla. «Mi dispiace, ma so che capisci. Prima di andare, dimmi il tuo vero nome.»
«Non vi ho mentito.» Le mostro un sorriso amaro. «Il mio nome è Tillandsia.»