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Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 16 marzo 2021, 2:27
da antico
BENVENUTI ALLA SARA SIMONI EDITION, LA SETTIMA DELL'OTTAVA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 151° ALL TIME!Questo è il gruppo TERRA della SARA SIMONI EDITION con SARA SIMONI come guest star. Gli autori del gruppo TERRA dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo ESPLORATORI.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo QUERCIA. Questo è un gruppo da DIECI racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da SARA SIMONI. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso. Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti
RANK D'ERA, a seguire ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso del
RANK ALL TIME (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ottenuto punti nel corso dell'Era in corso e che non hanno acquisito punti nel RANK ALL TIME sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). Importante accorgimento: in quest'Era il gruppo con il Leader della classifica non potrà mai essere quello con più racconti, motivo per cui quando ci sarà un numero diverso di racconti per gruppo, come in questa edizione, gli ultimi racconti verranno assegnati saltandolo.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo TERRA:Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro, ore 23.46, 4208 caratteri
Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte, ore 00.43, 4242 caratteri
L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio, ore 00.58, 3991 caratteri
Andiamo a casa, di Alessio Vallese, ore 00.46, 3619 caratteri
Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti, ore 22.48, 3431 caratteri
Non puoi, di Giovanni Attanasio, ore 23.21, 3666 caratteri
Un motivo per tornare, di Sherwood, ore 22.08, 2946 caratteri
La suocera, di Mario Mazzafoglie, ore 23.16, 4233 caratteri
Un luogo dove restare, di Sara Rosini, ore 00.22, 4053 caratteri
L’ultima missione, di Filippo Rubulotta, ore 00.46, 4190 caratteri
Avrete tempo fino alle 23.59 di giovedì 25 MARZO per commentare i racconti del gruppo ESPLORATORI Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 26 MARZO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti.
NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo ESPLORATORI e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora:
date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro. Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo:
– 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri.
– 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri.
– ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo. Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me.
Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la
classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo ESPLORATORI.
Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti. BUONA SARA SIMONI EDITION A TUTTI!
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 17 marzo 2021, 11:14
da Massimo Tivoli
Ciao a tutti! È stato un vero piacere tornare a leggervi. Buona Edition!
--- CLASSIFICA ---
1) Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
2) Un luogo dove restare, di Sara Rosini
3) Non puoi, di Giovanni Attanasio
4) Freddo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
5) Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
6) L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
7) Un motivo per tornare, di Sherwood
8) La suocera, di Mario Mazzafoglie
9) Andiamo a casa, di Alessio Vallese
10) L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
--- COMMENTI AI RACCONTI (in ordine di apparizione nel gruppo) ---
Freddo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
Ciao Andrea,
considerato il tema e la storia che metti in scena, ho apprezzato la scelta di avvalerti del dialetto, che già da solo porta dentro l’atmosfera della storia oltre che rafforzare il concetto di “radici” come legame con le proprie origini. Tuttavia, per il modo totalizzante con cui te ne sei voluto servire, rappresenta anche una scelta rischiosa. Se da un lato è vero che chi non ha problemi a leggere in modo fluente quel dialetto apprezza ancora di più la storia, dall’altro chi, come me, si deve concentrare nella traduzione delle forme dialettali, finisce con il non poter godere a pieno della lettura. Per carità, la mia è una considerazione quasi esclusivamente soggettiva, ma che suggerisce anche delle implicazioni tecniche/stilistiche: avrei mantenuto senz’altro la tua bella idea di tirare in ballo il dialetto, ma con più senso della misura, non applicandolo a tutto, piuttosto a delle parti. Per es., parole più caratteristiche nei dialoghi o nella voce narrante, lasciando quelle più comuni, gli articoli, le preposizioni, all’italiano. Magari mi sbaglio, ma credo che avresti ottenuto lo stesso effetto, guadagnando in una lettura più immediata e, forse, più universalmente apprezzabile. Tralasciando questo aspetto di pura forma, resta una storia lineare ma efficace, in cui il lettore si sorprende della rivelazione della madre tanto quanto il personaggio. Io non ho percepito commozione, e non so quanto fosse un tuo intento quello di scatenare la lacrimuccia nel lettore. Anzi, non credo che fosse questo l’intento. Piuttosto, empatizzando con il protagonista, a me rimasto il rammarico per aver addossato al padre la colpa di una scelta di vita che invece era stata imposta dalla madre. In ogni caso, mi ha emozionato. E, per questo, ti faccio i miei complimenti.
Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
Ciao Emiliano,
è un piacere rileggerti. Il racconto è weird al punto giusto: c’è la suspense iniziale, l’atmosfera cupa e misteriosa e il finale che lascia con un senso di indeterminatezza, che nel weird ci può stare. Elia Ubertis che si trasmette da uomo a uomo, da coscienza a coscienza, da anima ad anima, mettendo radici nel tempo e nello spazio, conferisce un che di cosmico alla storia. Peccato per il limite di battute perché, secondo me, il racconto avrebbe guadagnato maggiore sostanza se tu avessi legato la trasmigrazione perenne dell’Ubertis originale – l’inizio di tutto – a qualcosa che lo riguardasse, a uno scopo che andasse al di là di quello palese di vivere in eterno. In altre parole, la lettura mi ha lasciato con una domanda: chi era (il primo) Elia Ubertis? Tanto è vero che in un primo momento ho persino pensato che fosse un personaggio storico, di cui, per mia ignoranza, io non conoscessi l’esistenza. Invece, a fine racconto, capisco che Elia Ubertis è solo un nome e cognome che serve per mostrare al lettore questo processo di trasmigrazione eterna. In altre parole, il racconto mostra bene l’elemento fantastico su cui si basa, ma, almeno io, ho sentito la mancanza di una storia che sfruttasse di più l’idea (del resto il protagonista è un personaggio passivo, che subisce la cosa; non sappiamo quali sono i suoi desideri e i suoi conflitti). Questo chiaramente è facile a dirsi per chi, come me, sta comodamente seduto sul divano a leggerti, ma, come sappiamo, sarebbe stato molto difficile a farsi nelle modalità di esecuzione previste dal contest. Per cui, mi tengo la bella idea e riconosco che il racconto ha comunque un suo valore.
L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
Ciao Isabella,
refusi a parte – peraltro tollerabili visto la modalità d’improvvisazione su cui si basa MC –, il racconto si legge e si segue bene. La scenetta della truffa mi ha strappato un sorriso, e questo è sicuramente un aspetto positivo del racconto come anche l’ironia sottesa dalla “Pianta Filosofale”: belle trovate. La protagonista ha un desiderio chiaro (portare i fiori al papà defunto), universalmente riconoscibile, e se la deve vedere con un conflitto extra-personale di estrema attualità (il lockdown da Covid), quindi gli ingredienti per una storia emotiva ci sono tutti, sebbene, nel limite di battute, tu non abbia potuto calcare in modo meno “immediato” (come risoluzione della prova centrale) su questi.
Andiamo a casa, di Alessio Vallese
Ciao Alessio,
mi è piaciuta la tua interpretazione fantascientifica del tema e, sebbene l’idea generale non sia originalissima, l’hai interpretata in un modo interessante che ha senso di essere. E questo è un aspetto senz’altro positivo del racconto. Peccato per la realizzazione dell’idea che, a tratti, presenta picchi di infodump. Di seguito, te ne riporto alcuni.
L’inizio sa un po’ di infodump: “Chiudo il registratore vocale e lo appoggio sul tavolo accanto alla vasca di coltivazione col seme inerte, appena visibile sopra il terriccio terrestre.”, per quel “col seme inerte, appena visibile sopra il terriccio terrestre”.
Anche questo pezzo: “Svuoto la vasca nel condotto di scarico che risucchia seme, terriccio, acqua e concime con un sibilo.”, per quel “che risucchia seme, terriccio, acqua e concime con un sibilo”.
Stesso discorso per “Domani pulirò tutto.”
Anche in questo dialogo: «Però almeno potremo tornare a casa. Siamo via da quasi un anno.», per quel “Siamo via da quasi un anno”. Loro due lo sanno.
Il punto è che usi un narratore autodiegetico (prima persona, focalizzazione interna) che tante cose che scrivi le sa, e si sente che le scrivi a mero beneficio del lettore. Dovresti trovare un altro modo di far emergere quei dettagli.
Anche il finale soffre un po’ lo spiegoncino, ma ne ho risentito meno, anche perché capisco pure che lì eri arrivato alle battute e andava fatto un raccolto. Con più battute, sono sicuro che avresti fatto emergere il ragionamento che ci dice esplicitamente il protagonista, per es., con un confronto con lei, con uno scambio tra i due.
In sintesi, per me, interessante interpretazione del tema, bella ambientazione, ma racconto da rivedere per migliorarne la resa.
Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
Ciao Andrea,
ho letto il tuo racconto con molto piacere. Tema centrato in modo affascinante e agghiacciante. Mi è piaciuta l’idea, la tua interpretazione del tema in chiave weird, e la realizzazione. Una prosa maliarda, la tua, che si sposa benissimo con il soggetto del racconto. Un tema classico (l’invasione “aliena”, nel senso più generale del termine “alieno”) ma interpretato in modo originale e, devo dire, elegante. Una poesia dell’ignoto, dell’orrore innominabile e indefinibile, che mi ha riportato alle inquietanti storie Lovecraftiane (che amo profondamente). La chiusa è spettacolare, intendo il modo in cui hai reso la creatura distribuita in tanti “corpi nuovi e forti” per il “nuovo ambiente”. Per me, considerata anche la modalità in cui uno si trova a dover scrivere per MC (improvvisazione pura, a meno di un improbabile riutilizzo di racconti pregressi), il tuo è un ottimo racconto. È il quinto racconto che leggo, quindi evito di sbilanciarmi in un pronostico che potrebbe essere disatteso, ma mi sorprenderebbe non vederlo almeno sul podio del gruppo.
Non puoi, di Giovanni Attanasio
Ciao Giovanni,
racconto molto particolare, il tuo. Credo che la dinamica generale mi sia abbastanza chiara da poter affermare che il tema è centrato. Capisco pure che Bly e Loppe, e all’inizio tutta la loro tribù(?), sono prigioniere di oscuri e ignoti aguzzini, ma del resto la natura di quest’ultimi, nell’economia del racconto, non necessita di essere compresa. Capisco che Bly, dapprima ribelle, con Loppe invece remissiva, poi, si ricredono, fino a un’inversione drastica dei ruoli: Bly remissiva (in realtà traditrice) e Loppe ribelle che vuole evadere. La conclusione è la parte più chiara: si chiude l’arco di trasformazione di Bly che, addirittura, uccide la sua compagna di sventura, Loppe. Ci sono pezzi molto suggestivi e la tua è senz’altro una penna affascinante, che sa raggiungere picchi quasi poetici. Tuttavia mi è mancato un po’ il contesto in cui tutta la vicenda è calata, generando in me un senso di comprensione parziale del racconto. Sembra come se tu avessi scritto qualcosa di più lungo e complesso, per poi essere costretto a tagliarlo di qua e di là per rientrare nel limite di battute imposto dal contest. Ribadisco: sembra, non dico assolutamente che sia andata così. In sintesi, mi piace la tua scrittura, sia come stile sia come uso del RUE (Resist the Urge to Explain), sebbene in questo racconto mi sembra che tu l’abbia portato un po’ troppo all’estremo, minandone la comprensione piena. Nel complesso, resta un testo che mi ha colpito e intrattenuto bene, fino alla fine. Mi è piaciuto leggerlo, senz’altro.
Un motivo per tornare, di Sherwood
Ciao Angela,
il racconto si legge bene, pure troppo. Mi spiego: narri la storia facendo uso di tanto “tell” e poco “show” e questo, si sa, limita l’impatto emotivo della narrazione. Inoltre il narratore esterno non aiuta il lettore a immedesimarsi – in questo caso eterodiegetico polifocalizzato, se non onniscente, considerati i repentini cambiamenti di PdV da lui a lei (a metà quando lui rientra e sul finale). Il lettore vede la scena da fuori come un mero spettatore, non è il vecchio, né il figlio, né lei, proprio perché si è deciso di non focalizzarsi su nessuno dei tre. Considerata la bella idea che hai avuto, questo invece sarebbe stato un racconto molto (ma proprio tanto) interessante se narrato con focalizzazione interna su uno dei tre (per es., autodiegetico sul figlio), o addirittura, a voler fare una cosa un po’ più difficile (visto il limite di battute), focalizzazione interna su tutti e tre (omodiegetico polifocalizzato) dedicando a ogni personaggio un “paragrafo” di storia indipendente dagli altri paragrafi. Sentire le tre campane, insomma. Poteva essere interessante giocare con i tre PdV, e far immergere il lettore in ognuno dei tre.
Inoltre, non ho colto la funzione del cambio di PdV sul finale: lei che butta i fiori nella spazzatura. Non ho capito se tra le righe nasconda una qualche rivelazione. A me non sembra visto che già da prima si è saputo che lei ha tagliato le rose.
In conclusione, racconto la cui lettura fila liscia, senza intoppi, ma che avrebbe potuto regalare più emozioni al lettore, adottando una differente gestione del PdV e focalizzazione.
La suocera, di Mario Mazzafoglie
Ciao Mario,
piacere di averti letto. Il tema è centrato e il racconto mi è piaciuto. Hai caratterizzato la povera protagonista bene e, piccole ridondanze a parte che sono inevitabili in un contest a tempo come MC, in modo convincente. Anche la rivelazione finale porta con sé una certa dose di sorpresa. Sorpresa che poteva essere ancora più potente ed efficace se avessi meglio seminato sul personaggio del marito. Mi spiego: la rivelazione finale, quel gesto efferato del marito, arriva un po’ dal nulla e questo, paradossalmente, ne limita lo stupore. Scrivo che “arriva un po’ dal nulla” perché, almeno io, avrei preferito una semina più accurata sul marito che, fino al momento del gesto omicida, si dimostra un comune marito che tiene talmente tanto alla madre da mettere in discussione il rapporto con la moglie. Non ci sono elementi di semina che mi inducono a pensare che questo rapporto con la madre sia malato e che lui, tutto sommmato, le rotelle a posto non ce l’ha. Ecco, elementi di semina di questo tipo non mi avrebbero fatto indovinare il finale (non è che uno malato di mente, in quella situazione, lanci necessariamente la moglie dalla finestra), ma me lo avrebbero reso più coerente con il personaggio e la situazione. Sarebbe stato un finale più convincente e, di conseguenza, la sorpresa sarebbe arrivata ancora più potente ed efficace. In conclusione, il tuo resta un bel racconto che ho apprezzato, sebbene con un po’ di minima insoddisfazione per una semina sul marito che poteva essere condotta meglio.
Un luogo dove restare, di Sara Rosini
Ciao Sara,
piacere di leggerti. Sono contento di aver trovato un’altra interpretazione del tema in chiave weird. Io stesso, appena letto il tema, avevo pensato che un weird ci sarebbe stato proprio bene. Poi, va be’, la testa ha deviato verso un genere a me più congeniale…
Ma ritorniamo a te: credo che non serva dirti che hai una scrittura accattivante e poetica, uno stile originale, che a me non dispiace affatto. Il racconto è suggestivo e poetico. Bella l’idea di questa simbiosi tra la ragazza e il faggio, simbiosi che perdura nel tempo, un po’ come un’autentica storia d’amore, come del resto scrivi nella chiusa. La situazione, complice anche la tua prosa affascinante, emoziona il lettore, nella misura in cui lui/lei può avvertire le suggestioni astratte scatenate dalla natura bizzarra (in senso positivo) del legame tra la ragazza e il faggio. Insomma, hai scelto di andare per un racconto situazionale, dove non ci sono personaggi protagonisti, a farla da padrone, ma i veri protagonisti del racconto sono l’idea weird alla base e la tua scrittura (quest’ultima più di tutto il resto). Ecco, diciamo che, per il tipo di lettore che io sono, avrei preferito che la tua scrittura, così bella e particolare, fosse stata messa al servizio di una storia e non il contrario (la situazione al servizio della tua scrittura). Una storia che mi facesse vivere spalla a spalla con questo o con quel personaggio. È come se, in un museo d’arte, io avessi visto un bel quadro, palesemente fatto bene, che magari mi trasmette pure emozioni fulminee, ma di cui, alla fine, quando magari mi scosto per guardare un altro quadro, non ricordo più niente.
Chiaramente devo ammettere che il mio è solo un parere soggettivo, radicato in chi sono io come lettore, in quelle che sono le mie preferenze narrative, e sono sicuro che per altri lettori, invece, il tuo racconto raggiunga il pieno consenso.
In conclusione, il racconto resta comunque uno dei miei preferiti e, sforzandomi ad astrarre da quelle che sono le mie preferenze e soggettività (cosa che chi è chiamato a giudicare dovrebbe cercare di fare), credo proprio di piazzarlo alto in classifica, per tutti i motivi che accenno nella prima parte del mio commento.
L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
Ciao Filippo,
a livello di idea, mi è piaciuta la tua interpretazione in chiave fantasy del tema. Peccato che io abbia trovato la realizzazione meno convincente. La scrittura presenta ripetizioni e imprecisioni (di seguito te ne riporto qualcuna) che inficiano la resa della narrazione. Magari mi sbaglio, ma ho avvertito una difficoltà nel gestire il limite di battute imposto dal contest. A un certo punto, tutto vira verso il tragico epilogo in modo troppo improvviso e repentino per far presa sull’emozioni del lettore. In particolare, va bene che il nostro ingenuo protagonista ha spiattellato la sua impresa all’ingresso della locanda a dei perfetti sconosciuti (un po’ troppo ingenuo, francamente), ma come fa l’oste a sapere che lui è il ladro che cercano? Del resto, per quanto ingenuo l’esordio nella locanda del nostro sfortunato protagonista, non c’è nessun elemento antecedente di semina su questo. Di conseguenza, il cambio di rotta casca dal nulla, così come casca dal nulla anche il lettore.
Alcune imprecisioni:
lo faccio entrare -> dove? nella locanda?
gli e ne -> gliene
ma che ha perso da tempo i capelli -> "e calvo” era più che sufficiente
«I loro gli e li porto appena finiscono la loro.» -> da rivedere
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: venerdì 19 marzo 2021, 12:33
da Signor_Darcy
1. Freddo, fumo e tanta miseria
2. Non puoi
3. Un luogo dove restare
4. La suocera
5. Il primo viaggio della carne
6. Un motivo per tornare
7. L’ho fatto per te, papà
10. Elia Ubertis
8. L’ultima missione
9. Andiamo a casa
La mia prima classifica: non è facile giostrare tra argomenti, stili e generi così diversi – in questi dieci racconti si trovano fantasy, horror, sentimento, sorprese, terrore, sofferenza, vendetta, dialetto. Ho bisogno di un po' di rodaggio, ma ci sto prendendo la mano. Premetto che, dei dieci, nessuno dei racconti l'ho trovato particolarmente debole nel suo compelsso: ci tengo a sottolinearlo.
Riporto anche qui i commenti in ordine di classifica.
Freddo, fumo e tanta miseriaAndrea Lauro
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Preciso che è il mio primo commento “tecnico”, e che ho quindi ancora bisogno di calibrare un po’ le cose.
Detto questo, tanto per cominciare ho adorato la forma del racconto. Purtroppo non parlo il mio dialetto, ma lo capisco abbastanza e sono convinto che sia una delle cose che più trasmettono il senso di appartenenza a un territorio e, inevitabilmente, riportano al senso di radici di cui al tema di questa prova. L’italiano dialettale che hai scelto credo sia perfetto per il tenore del racconto.
Ancora, alcuni quadri da te descritti – “le rughe indurite”, la vita “che i ga fatto” i genitori, il fuoco che scoreggia – non possono che ricordarmi i racconti di mia nonna, che è nata e cresciuta nel bellunese, in quell’Italia contadina che era il cuore di questo Paese e che non è mai stata davvero capita.
(Quell’”ha tu” a inizio frase, sembra davvero di sentire lei.)
Formalmente mi piace molto, trovo molto pertinenti gli stacchi tra i dialoghi, rendono bene l’umore, i sentimenti, lo strazio del protagonista.
Se devo trovare qualche difetto forse cercherei nell’uso della punteggiatura in alcuni punti: in “…una vecia persona e dirle, si va” avrei usato i due punti, o gli apici; in “…qui si sta ben, e che gli altri…” la virgola forse è di troppo; idem con patate in “la montagna, è la montagna”, anche pensando a come può venir pronunciato.
Onestamente ho poco altro da dire; se non che – forse per quanto detto, per gli elementi di una vita che vivrei volentieri su per la montagna “maledeta” – sono arrivato alla fine quasi commosso (il pianto a bassa voce è tanto vero quando poetico); e credo sia la cosa più importante del racconto.
Bravissimo.
Non puoiGiovanni Attanasio
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Racconto quantomeno sorprendente, angoscioso, tragico. Ben scritto, senza barocchismi, con un uso che mi è piaciuto di lessico, analogie e figure retoriche (il mercato del pesce, “la blusa color livido”, le parole irsute, “Una lancia trova il suo cuore. Poi due mani le sue gambe”). Non trovo nemmeno particolari difetti, al netto dell’attenzione che richiede la lettura per identificare correttamente le figure in gioco e chi sta parlando in certi momenti.
Il tema si intravvede appena, ma lo intendo nel terrificante spirito di adattamento di Bly, disposta a tutto pur di sopravvivere.
Poco da aggiungere, a parte sottolineare la profondo tristezza che lascia questo racconto, purtroppo molto più attuale di quello che potrebbe sembrare.
Un luogo dove restareSara Rosini
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Bel racconto, quasi una fiaba, che mi ha ricordato subito l’Angelo Branduardi degli anni Settanta – ed è un complimento, sia chiaro. Difetta forse un po’ di trama, ma in fondo penso che sia giusto così.
Bella l’idea di provare a umanizzare l’albero, o quantomeno di immaginare come potrebbe essere, con parti come “tendersi come braccia ogni giorno di più verso la roccia dove lei si accoccola” che, al netto di preferenze lessicali, trovo molto calorose e riuscite.
“In silenzio, ferma immobile per ore, a volte doveva essergli sembrata, anche lei, un albero”: io adoro l’uso esteso delle virgole, però qua mi sembra francamente eccessivo, tanto che la lettura ne risulta rallentata. Un altro esempio evidente è in “Sobbalzano, entrambi, per il colpo”.
“Si chiederebbe se lei stia piovendo ancora, e su quale altro albero?” Bella l’immagine, anche se resa in maniera credo imperfetta, sarebbe più corretto – anche se orrendo – un “facendo piovere”, forse. O qualcosa tipo “se piovesse ancora dai suoi occhi”.
“Poi lei torna. Qualcosa la riporta lì, dove i pomeriggi erano felici. Poi se ne va e poi torna” è un po’ confuso e ridondante.
Mi piace la ripetizione della prima frase anche nel terzo paragrafo, ma l’avrei riportata tale e quale.
MI piace molto l’idea dei tempi diversi dei due protagonisti che però scorrono sincroni quando sono vicini, è molto poetica.
Molto bella la parte sui venti del sud e del nord, davvero, sembra un brano – ancora un’analogia musicale, scusami – di un cantautore delle mie parti, Davide Van De Sfroos, che chiude i suoi album con brevi poesie dedicate al vento. Anche questo è un complimento.
Bello scritto, in definitiva. Soffre un po’ di rallentamenti di lettura e di alcune parti strutturalmente più deboli; ma è stata sicuramente una piacevole lettura.
Ma perché lei poi non viene più? Che le succede? Scappa, prova dolore, questo lo sappiamo; ma forse manca qualche elemento. O forse sono io che non l’ho colto.
La suoceraMario Mazzafoglie
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Caspita, il finale non me l’aspettavo proprio – mi chiedo se non sia solo una trovata per suscitare reazioni, come quelle serie che ormai vivono solo di morti eccellenti invece di finire quando dovrebbero. Forse no, però; perché il tutto ha senso, se si ripensa a quanto si è letto. Il marito che lascia sottintendere che la moglie abbia problemi mentali, tipo la prima gallina che canta; l’insensibilità al limite dell’anafettività, che traspare dal continuo minimizzare il problema della moglie; il velato annuncio di ciò che lui vuol fare quando parla degli alberi. Certo, avresti forse avuto bisogno di più spazio per rendere meglio il climax di nervosismo e tensione che ha portato al gesto estremo dell’uomo; ma la lettura è comunque piacevole e anche la forma è davvero niente male, tanto che non ho quasi trovato parole, aggettivi o segni di punteggiatura fuori posto.
Anche il bilanciamento tra azioni, dialoghi e pensieri mi sembra ben dosato; e anche il tema è visto in maniera credo intelligente, con una persona terza che mette radici in una casa non sua, volente o nolente della cosa.
Non ultimo, il racconto offre anche spunti su cui riflettere a – credo – davvero tanti uomini e donne.
Il primo viaggio della carneAndrea Partiti
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Un racconto strano, a un tempo inquietante e poetico. MI piace la scrittura descrittiva, che indugia sui dettagli senza risultare tediosa. Qualche vizio di forma però lo colgo.
Intanto ho qualche dubbio sulle concordanze verbali, con qualche passaggio dal passato remoto all’imperfetto che non mi torna molto (per esempio “I pescatori si strinsero […] Ascoltavano le vibrazioni della creatura”). Inoltro noto alcuni cambi un po’ stranianti del soggetto (“Aveva bisogno di esplorare attraverso corpi nuovi e forti. Socchiudevano gli occhi mentre i bocconi scivolavano giù per la gola.”)
Ancora, noto qualche ridondanza (“zoppicanti e lenti”) o a dettagli che nulla aggiungono (il fatto che il vaso fosse stato trovato sulla battigia, che pure dà colore al tutto); ma è roba di poco conto.
“La creatura tremava in fondo all’oceano” forse non è esatto, visto che sono sulla spiaggia.
Detto questo il racconto mi pare intrigante nel suo essere un po’ macabro, anche se forse non regge a livello logico la decisione “improvvisa” di cibarsi della scrittura. Va bene che avevano fame; ma insomma, sono pescatori in riva al mare, non uomini disperati su un’isola deserta.
Affascinante, comunque: una bella variazione sul tema collaudato di libri e film come “La cosa” e altri ancora. Solo meno asfittico e ghiacciato e più con sale e carne acre che ottundono gusto e olfatto.
Un motivo per tornareSherwood
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Il racconto mette molta tristezza, perché – sebbene giochi con diversi stereotipi: la nuora che non sopporta la suocera, la voluttuosità, l’uomo che perde la ragione per… ci siamo capiti – lo fa in maniera malinconica, quasi rassegnata, a tratti poetica.
Forse questi stereotipi, in effetti, vengono caricati un po’ troppo: le unghie prima, i capelli tinti poi forse è un po’ ridondante, perché il concetto è chiarissimo e reso palese nella scena del tavolo.
La cosa che ho trovato particolare, finanche curiosa, è che il racconto pur nella sua brevità sembra avere un doppio cambio di protagonista: nella prima parte lascia intendere che la storia sia quella del vecchio e dei suoi ricordi; poi però si focalizza sull’uomo, che si accende la sigaretta, pensa, forse si commuove e pensi che troverà il coraggio di affrontare la situazione (cosa difficilissima, anche per quanto detto sopra); ma non basta, perché nel finale sale in cattedra lei – vino, piedino, ancheggiare, il marito ormai relegato al ruolo di spalla quasi inerme. Una struttura più complessa di quel che possa sembrare, insomma, agevolata dalle rose, quasi un McGuffin letterario.
Su forma e aspetti di scrittura vari ho onestamente poco da dire, a parte qualche virgola secondo me di troppo, come quella in “Una volta fuori dal centro abitato, aprì il finestrino […]”, che mi pare spezzi un po’ il ritmo. Forse i dialoghi sono un poco, come dire, didascalici; ma è un dettaglio. Bel lavoro, insomma, per quanto forse lasci un po’ l’amaro in bocca per la direzione che prende stilisticamente e, in realtà, anche per una non chiarissima centratura nel tema della prova.
L’ho fatto per te, papàIsabella Valerio
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Allora. Comincio col dire che il racconto – non so dire se e quanto autobiografico – mi è piaciuto per soggetto e impostazione, per come sa fare leva a un tempo sull’attualità (il covid, le saracinesche chiuse) e sugli affetti più cari, soprattutto quando ci vengono a mancare. Molto particolare anche la parentesi quasi surreale del dialogo in bilico tra filosofia e truffa, per certi versi mi ha ricordato una vecchia canzone di Vecchioni, “Due giornate fiorentine”, in cui a una prima parte e a un finale che gioca molto sui sentimenti si contrappone un momento centrale tanto peculiare quanto assurdo. Ovviamente il racconto, molto lineare, non arriva a questi livelli; ma è una scelta strutturale che ho apprezzato.
La resa forse è a tratti un po’ schematica, alcuni momenti mi hanno comunicato più freddezza proprio per le scelte stilistiche (“No! Mi sono dimenticata che da oggi è tutto blindato. E adesso come faccio?”), a volte forse un po’ didascaliche, finanche ridondanti. Anche qualche scelta grammaticale mi ha convinto poco (la virgola della prima frase, il “che” invece del “ché” nella seconda, l’assenza dei punti interrogativi in alcuni dialoghi – “Chi è”, “Che genere di patto”).
Inoltre avrei spezzato l’ultima frase in due parti, andando magari a capo: “Per adesso quella felice sono io./Torno soddisfatta [con animo più leggero?] in negozio.”
Infine il tema della prova, che onestamente non vedo rispettato tantissimo; o meglio, si parla letteralmente di radici e – immagino – in qualche modo questa scelta voglia simboleggiare il ricordo del padre della protagonista, sempre più forte nel suo animo tanto più le radici fanno presa nella terra. In questo senso, forse, ci può stare: alla fine è un tema che si presta a diverse letture.
Elia UbertisEmiliano Maramonte
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Parto dagli aspetti che ho apprezzato meno.
Ho trovato un po’ troppo frammentato il ritmo, forse – soprattutto nella prima parte e nel finale – ci sono un po’ troppi punti.
Un’altra cosa, magari una piccolezza, è l’ordine logico di certe parti: per esempio in “Mi volto verso la finestra, stavolta sento chiaramente un lamento”, avverto qualcosa che non mi suona molto a livello di concordanza.
Personalmente non amo molto l’aggettivo che precede il sostantivo (“fatiscente villino”, “anemica lampadina”); ma qua penso si cada più che altro nel gusto personale.
Infine l’assenza di segni grafici indicanti i dialoghi: sicuramente è una precisa scelta stilistica e – va detto – è ben gestita: in tutto il racconto si capisce sempre cosa è pronunciato e cosa è descritto. Non so quanto mi piaccia, tutto qua.
Detto questo, il racconto – che si lascia leggere senz’altro – propone un’amara riflessione sulle scelte di vita che molti di noi fanno e, in quanto tale, prova a far riflettere il lettore, in parte riuscendoci anche, grazie soprattutto a stilettate rapide invero piuttosto riuscite (“Sono paralizzato”, “Non voglio restare solo”).
Il tema del “mettere radici” l’ho inteso in senso figurato, quando nel protagonista si instaura il dubbio prima e la sicurezza poi di dover dare un senso diverso alla propria. Ci può stare, anche se forse è un po’ forzato – o magari sono io che non ho capito, può pure essere.
In definitiva un buon racconto, forse un po’ didascalico in alcune parti; senza dubbio interessante.
L’ultima missioneFilippo Rubulotta
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Dunque: buono spunto, l’idea è bella. Il finale a sorpresa, ma non troppo è stato giustamente anticipato da diversi segnali lungo il racconto, in cui si avverte la sensazione che la scena non finirà bene.
Le descrizioni dei luoghi sono pertinenti, anche se a volte indugi su particolari (l’arredamento, la capigliatura dei due avventori, i bicipiti dell’oste) che certo arricchiscono il racconto, sebbene non siano essenziali; ma che pure sottraggono preziosi caratteri – non che lo spazio sia gestito male, beninteso: mi pare che la vicenda si prenda i tempi e gli spazi corretti, senza correre.
Ho trovato diverse costruzioni che non mi hanno convinto molto, come se certe frasi siano costituite da parti che originariamente non erano in quella posizione, perché qualcosa è stato cavato nel mezzo: per esempio in “Andiamo verso di essa, smonto da cavallo e lo faccio entrare, tolgo la sella”, che è alquanto frenetica; o in “mi dirigo verso la locanda, l’insegna ha due lance incrociate”; o in “sulla sinistra il bancone e qualche sgabello, due avventori posano il bancone”, in cui forse avrei messo un punto. Frasi comunque corrette, sia chiaro: non so mi sono spiegato.
Ho trovato poco incisivo l’ultimissima frase, forse mi sarei fermato a “dentro di me”; o avrei reso diversamente il cambiamento della gola, in maniera magari più tetra o oscura.
Un po' plateale il dialogo della birra, fa molto cattivone dei film che parla troppo.
Bel racconto, comunque, al netto di qualche scivolone.
Andiamo a casaAlessio Vallese
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Allora. Lo spunto mi piace molto: l’idea che in un futuro non meglio precisato l’umanità ormai emigrata possa sentire il bisogno di tornare nel suo pianeta di origine, ormai probabilmente purificatori dalla sua presenza, è molto invitante e sicuramente se ne potrebbe trarre del buon materiale – immagino sia già stato fatto, per inciso.
Mi sono piaciuti parecchio i primi due terzi del racconto, quello nel laboratorio, molto pessimista; e quello della passeggiata, profondo nei temi che tocca (“Sarebbe così facile vivere qui”; ma anche “Dove ho sbagliato?” che, tra le righe, leggo come “Dove abbiamo sbagliato?”).
Non male anche il finale, anche se un po’ semplicistico, forse, un po’ per lo spiegone e un po’ nella frase finale – immagino serva qualche esperimento in più, insomma. Dettagli, comunque: non ledono granché il racconto.
Stilisticamente mi piace: frasi concise; buon bilanciamento tra “azione” e sentimento; descrizioni tecniche che, anche laddove non si capiscono, si colgono tuttavia dal contesto. Non ho nemmeno particolari note sulla punteggiatura. Un buon lavoro sicuramente.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: sabato 20 marzo 2021, 23:55
da filippo.mammoli
Eccomi qua, con commenti e classifica. A parte le prime due posizioni, il resto si è giocato sulle sfumature e sul gusto personale.
1. Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro.
2. Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
3. La suocera, di Mario Mazzafoglie
4. Non puoi, di Giovanni Attanasio
5. Andiamo a casa, di Alessio Vallese
6. L'ho fatto per te papà, di Isabella Valerio
7. L'ultima missione, di Filippo Rubulotta
8. Un luogo dove restare, di Sara Rosini
9. Un motivo per tornare, di Sherwood
10. Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti.
Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
Ciao Andrea,
Leggerti è sempre un piacere.
Inizio col dire che il dialetto, che tu hai usato in modo lieve, non credo che si possa non capire anche una sola la parola, dà una caratterizzazione molto rurale e particolare, nel senso che ti fa concentrare su una realtà piccola e isolata dal mondo. È proprio qui che sta la sua forza. Parlandoci e mostrandoci i pensieri e lo stile di vita di una montagna che va scomparendo, hai parlato dei sentimenti che sono immutati da millenni. La scrittura è pulita ed efficace, ho davvero poco altro da aggiungere. Un quadretto verista che rimanda a ricordi antichi e dal sapore buono, come lo scoppiettare della legna sul fuoco.
Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
Ciao Emiliano,
Sono molto contento di doverti commentare.
Anche questa volta il tuo racconto è molto interessante e, al solito, ben scritto.
Ti dico subito che sono in overdose da valutazioni sull'immersività, sulla gestione maniacale del punto di vista e sull'ossessione del mostrato invece che raccontato.
Per cui non entrerò affatto nel merito di tutto questo.
Ti dirò che ho sentito con forza la paura e la sottile angoscia che ha respirato il protagonista e che ho seguito con trepidazione tutti i suoi passi, fino al gran finale. I periodi brevi non spezzano il ritmo, a mio parere, al contrario. Sono rimasto un po' incerto all'inizio sui dialoghi senza punteggiatura, ma dopo poco si capisce bene ed è una scelta che può dare grandi frutti se gestita bene, vedi Saramago.
In definitiva per me è un ottimo racconto, uno dei tuoi migliori.
L'ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
Ciao Isabella,
Piacere di ritrovarti nell'arena.
Il tuo racconto mi è molto piaciuto fin quasi alla fine.
È scritto molto bene, con i dialoghi intercalati ai pensieri della protagonista. Una situazione resa bene e molto realistica, solo che il finale non mi ha convinto e ha inficiato anche il resto, perché è sfumato davanti ai miei occhi il senso di tutto il racconto.
Il tema è presente, ma ho avvertito una sensazione di inconcluso, forse un plot twist avrebbe reso merito a tutta la costruzione, peccato.
Andiamo a casa, di Alessio Vallese
Ciao Alessio,
Ho apprezzato il tuo racconto che mi ha tanto ricordato Wall E. Una fantascienza dalla mano leggera e credibile, che forse però non brilla per originalità.
Ma tornando al testo l'ho trovato pulito e ben mostrato, con una orsa semplice e diretta.
Un buon racconto, forse senza sussulti a parte il finale che ho trovato comunque intelligente.
Alla prossima.
Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
Ciao Andrea,
Piacere di leggerti.
La tua è una storia suggestiva con del potenziale, che però secondo me è riuscita a metà. Sono arrivato in fondo con la convinzione che avessi lasciato qualcosa per strada, e con più dubbi che certezze.
Ho trovato anche un po' di confusione su chi è il soggetto delle azioni che si compiono soprattutto nel finale. Inizio dalle contraddizioni che ho notato all'inizio.
La creatura sembra trovarsi sul bagnasciuga, spinta dalle correnti di una mareggiata. Con i suoi piedini o tentacoli i cerca di puntellarsi nella sabbia, ma subito dopo, quando già è accorsa la gente del paese, ci dici che una donna va al mare per raccogliere un po' d'acqua. Ma non dovremmo già essere al mare?
Poco dopo ci parli dei rantoli della creatura intrappolata (dove? Non lo hai mai mostrato) per poi piazzarlo nel profondo dell'oceano alla scena successiva. Qui mi sono perso definitivamente.
Il resto è una scena un po' inquietante che potrebbe anche funzionare, ma non con queste premesse. Il finale mi ha riportato alla confusione iniziale senza spiegare nulla.
Mi dispiace, alla prossima.
Non puoi, di Giovanni Attanasio
Ciao Giovanni,
Piacere di leggerti.
Devo dire che apprezzo molto il tuo stile e la tua scrittura pulita ed essenziale. Il ritmo è forte e adatto alla scena. Unica cosa mi è sembrato un po' brusco il passaggio dalle catene alla camera da letto e forse andava spiegato un po' meglio. Il tema credo ci sia anche se preso di striscio. Un racconto molto particolare ma piacevole anche se forse non è l'aggettivo più consono al tema che tratta.
Alla prossima.
Un motivo per tornare, di Sherwood
Ciao Angela,
Ben trovata nell'arena.
Credo sia la prima volta che leggo un tuo racconto e la scrittura è buona, a parte qualche sbavatura, soprattutto nei dialoghi sul finale.
Il tema non so se sia centrato, forse le radici sono quelle delle rose recise o quelle del vecchio sradicato dalla sua dimora.
A parte questo, credo che la storia abbia un potenziale e il tema sia molto interessante, ma sia stato trattato in modo un po' superficiale. La virata finale verso la normalità di un abbandono non mi convince e soprattutto non mi convince il modo.
Il finale con lei che nasconde le rose avrebbe potuto essere gestito in modo più profondo. So che i caratteri sono una gabbia, ma è così per tutti.
Alla prossima.
La suocera, di Mario Mazzafoglie
Ciao Mario,
Credo sia la prima volta che leggo un tuo racconto.
Penso che sia un ottimo inizio.
Mi piace come hai declinato il tema. Di solito "mettere la radici" ha un'accezione positiva, ma tu hai ribaltato la prospettiva e ci hai fornito un piccolo giallo molto ben condotto. Da lettore e autore di romanzi gialli, secondo me hai giocato benissimo come il gatto con il topo. Con una scrittura molto pulita hai preparato la scena, facendoci empatizzare con la povera Elena.
Credo che il punto più difficile, soprattutto con pochi caratteri a disposizione, stia nella preparazione della scena finale. Se troppo telefonata, il finale ne risente. Se non seminata per niente, rischia di risultare brusca e staccata. Secondo me sei andato molto vicino al punto giusto, forse un pelo più verso la seconda opzione.
Ma per me resta un ottimo racconto.
Un luogo dove restare, di Sara Rosini
Ciao Sara,
Credo sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo.
Mi piace chi ha il coraggio di spingersi in territori poco battuti e ricerca l'originalità nella declinazione del tema. Per questo posso solo farti i complimenti.
La scrittura è buona e adatta al taglio fantastico e animista che hai scelto. La storia del grande albero è dell'amore con una ragazza non è male, ma l'ho trovata un po' statica nel suo insieme. Non sono un fanatico del mostrato a tutti i costi, ma forse qui il raccontato pesa un po' troppo, anche se è un bel raccontato.
La cosa che invece secondo me stona davvero, è quel finale. Sembra affrettato e mozzato. Soprattutto ho trovato inappropriata l'ultima frase, in cui l'intrusione dell'autore e di uan fastidiosa vocina fuori campo ci propina la morale. Che invece, casomai, deve sempre arrivare da sola al lettore, che se ha bisogno di essere imboccato significa che la storia non ha funzionato.
Non penso sia questo il caso, ma quel finale rovina un po' quanto costruito prima.
Alla prossima.
L'ultima missione, di Filippo Rubulotta
Ciao Filippo,
Benvenuto nell'arena.
Secondo me hai scritto un buon racconto, con alcuni difetti che ti elenco.
Che il tema sia presente è evidente ed è stato interpretato in senso letterale, e questo è piacevole.
Ho trovato nella fase iniziale i tipico errori della conduzione della prima persona. Se da una parte permette una più semplice gestione del punto di vista, nasconde dall'altra alcune insidie quali la costruzione un po' ripetitiva e la lista delle azioni del protagonista.
In altri punti mi sono mancate alcune virgole, come in «Credo ti servirà ben più di una mano ladro di reliquie», dove la virgola andrebbe tra mano e ladro.
Ci sono poi un paio di sviste che spero siano refusi, come "gli e ne" al posto di gliene o "gli e li" invece di glieli. Nulla di grave ma rallenta la lettura.
Venendo poi al contenuto ho trovato poco introdotto il finale e la storia che c'è dietro al furto di reliquie.
Gli dedichi pochi caratteri alla fine quando hai troppo indugiato prima su descrizioni che si potevano sfoltire.
Spero di esserti stato utile,
Alla prossima.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: domenica 21 marzo 2021, 18:39
da alexandra.fischer
Buon pomeriggio, ecco i miei commenti e relativa classifica.
FREDO, FUMO E TANTA MISERIA di Andrea Lauro Tema rispettato. Ho capito il dialetto veneto. Punti di forza: hai usato molto bene la tecnica di Mauro Corona, nel mostrare il contrasto fra Bepi, il quale ha fatto la sua piccola fortuna a valle, si è sposato, lavora e vorrebbe portare via la madre dalla dura vita di montagna. Fatta di lavoro agricolo ingrato, e di mansioni di tagliaboschi. Il padre è malato, in modo grave, ed è la madre che manda avanti la casa. C’è molta fatica, nella sua esistenza, ma la montagna le appartiene, se ne sente radicata, così come al marito. Da ammirare la loro generosità nel lasciare andare il figlio e nel continuare ad attenderlo.
Punti deboli: nessuno. Però, se dovessi riprenderlo in mano per proporlo a qualche casa editrice, consiglierei l’uso delle note a piè di pagina.
ELIA UBERTIS di Emiliano Maramonte Tema centrato. Punti di forza: l’uso di frasi semplici che rispecchiano in modo credibile il linguaggio quotidiano (la telefonata ai carabinieri, i pensieri del protagonista). Per quel che riguarda il protagonista, mi piace il suo spessore. Va oltre al quotidiano, oltrepassa l’indifferenza verso la vecchia casa quando sente il lamento. E la descrizione di questa casa dai mobili antichi, debolmente illuminata, con i volti alle pareti e il morente Elia Umbertis del titolo, con i tratti del mago (non parlo solo del tomo o della tunica, ma anche dell’aspetto consunto dal potere che ha acquisito dalla lettura e amplificato nella solitudine). Bella la confidenza che si instaura fra i due e il passaggio di consegne. La storia è aiutata molto dalla citazione di Tolstoj nel finale.
Punti deboli: nessuno.
L’HO FATTO PER TE, PAPA’ di Isabella Valerio Tema rispettato. Punti di forza: il legame fra figlia e padre, che rimane intatto anche dopo la morte di lui. Il fatto che lei sia una fiorista, proprio come il padre, poi, rende la storia più avvincente (gustoso l’equivoco della Pianta Filosofale che dovrebbe allungare la vita al suo possessore da parte del custode del cimitero dov’è sepolto il padre della protagonista). Mi è entrata nel cuore l’immagine dei tulipani che lei vuole portare al padre per onorare la passione di lui per i fiori e non può per via dei divieti causati dalla pandemia. Passano dalle sbarre, e questo a prezzo di una ricerca su Internet da parte di lei di questa pianta citata da Matteo, il nipote del ligio (e sordo) custode. Bello il nome: Tralizia. E anche la consegna del Tronco della Felicità (visto che il custode, appreso dalla protagonista cosa significhi la vedovanza, preferisce una pianta…meno magica).
Punti deboli:
ti segno le frasi corrette qui sotto:
− Chi è? – gracchia una voce dal citofono.
− Cosa? Parla più forte, che sto diventando sordo.
− Che genere di patto? – indago fingendo indifferenza
Ho una perplessità sulla frase: Gigi non era tutto lui. Di per sé non è male, ma per alcune case editrici potrebbe sapere troppo di parlato (nel caso, sarebbe meglio: Gigi non era del tutto in sé). Questo, se fosse il mio racconto.
ANDIAMO A CASA di Alessio Vallese Tema centrato. Punti di forza: la padronanza della SF in uno stile che rielabora in modo personalissimo Matheson e Simak. Qui, lo spunto centrale riguarda il ritorno sulla Terra di una coppia abituata a vivere su Marte. Il protagonista, abituato alle coltivazioni idroponiche delle serre marziane, tenta di fare lo stesso su una Terra abbandonata da tempo perché divenuta inabitabile. In un primo tempo, sembra fallire. E poi, la compagna Sara gli mostra le piantine cresciute spontaneamente sul pianeta, rigeneratosi dopo anni di abbandono. Molto credibili i dettagli (capsula-casa, la data della registrazione vocale e il numero dell’esperimento, ossia il seme non germinato. I dati della composizione chimica dell’atmosfera terrestre).
Punti deboli: nessuno.
IL PRIMO VIAGGIO DELLA CARNE di Andrea Partiti Tema centrato. Punti di forza: l’atmosfera della storia, che ricorda molto quella del libro e del film “L’isola dei delfini blu”. In questo caso, la comunità di pescatori di tutte le età, vede le proprie consuetudini interrotte dall’arrivo di una creatura aliena, ma con qualcosa della specie delle megattere (le dimensioni, gli occhi, la massa corporea, l’atteggiamento intelligente, studia le persone, non le aggredisce, accetta acqua dalla donna e di seguito da bere). Molto bello anche il passaggio del ricorso ai coltelli da parte della gente per cibarsi di questa creatura aliena (l’ho capito per via del particolare dei peduncoli con i quali si aggrappa alla sabbia) che non è cruento: si trasforma in tante repliche di se stessa e pare felice di fungere da nutrimento.
Punto debole:
La frase:
I vecchi senza denti sminuzzarono la carne coi coltelli e la inghiottirono una strisciolina alla volta. Aveva bisogno di esplorare attraverso corpi nuovi e forti.
Ne manca un pezzo. Se fosse il mio racconto io scriverei: I vecchi senza denti sminuzzarono la carne con i coltelli e la inghiottirono una strisciolina alla volta. Aveva bisogno di esplorare attraverso corpi nuovi e forti, ma anche le loro menti sagge le andavano bene affinché ricordassero il suo messaggio.
NON PUOI di Giovanni Attanasio Tema centrato. Punti di forza: il paragone mercato delle schiave-pesce e anche l’immagine della protagonista che vorrebbe essere tale per proteggersi dalle mani rugose del venditore. C’è anche il fascino della lingua aliena, che evoca un’atmosfera di alienazione. La protagonista Bly accetta il suo destino di concubina del principe a costo di sacrificare la ribelle sorella Loppe, anche lei condannata allo stesso destino. Bly ha il punto di forza di capire questa lingua e di non avere pregiudizi (a differenza della sorella, sa che il seme di questi uomini non uccide). Questa sua volontà di vivere è rafforzata dalla rassegnazione alla schiavitù (ribellarsi costa, come ha visto dall’esempio del padre).
Punti deboli: nessuno.
UN MOTIVO PER TORNARE di Sherwood Tema centrato. Punti di forza: l’immagine potente delle rose che la madre di Saro ha piantato e la compagna ha tolto. L’immagine straziante della partenza del padre di Saro per la casa di riposo. Lo ha portato il figlio, certo anche per via della fragile salute dell’uomo (vedi il problema all’anca) ma anche per l’egoismo della compagna Gina (ha un figlio del quale si disinteressa e non vuole il padre, è vanitosa, tanto da volersi tingere i capelli di viola per somigliare a Miss Italia, sfoggia le unghie laccate di nero ed è spietata. Per lei, la partenza del padre di Saro per Villa Paola è motivo di brindisi con il vino rosso). La morale della storia è amara, perché lei lavora in un fast-food, Saro ha altri orari e quindi per lui si prospetta un futuro solitario (questo è uno dei motivi, l’altro, è la crudeltà di Gina, che ha preso le rose e le ha gettate via dopo averle tenute per un po’ in un vaso).
Punti deboli: nessuno.
LA SUOCERA di Mario Mazzafoglie Tema centrato. Punti di forza: La resa dell’atmosfera della tensione di un matrimonio in crisi attraverso il temporale. I personaggi: Elena, ingenua al punto da aver creduto di aver ottenuto dal matrimonio una vita fatta di viaggi, momenti avventurosi e invece si ritrova a fare una vita da badante della suocera (resa nelle immagini dei pannoloni e delle dentiere sporche). Le sue rimostranze sono più che giustificate (libertà di movimento molto limitata, vita coniugale quasi inesistente e tutto in funzione della suocera, poi c’è anche l’avversione di Elena per l’abitudine al fumo di Albert), ma Albert appare calmo, a tutto c’è rimedio, basta qualche seduta dallo psicologo. Lui legge tranquillo il suo giornale sportivo. Ma a un certo punto, a fine temporale, quando lei rimette in discussione il vincolo matrimoniale e le radici, eccolo a una scelta radicale allo spuntare dell’arcobaleno: si separa dalla moglie in maniera drastica. Finale da brivido. Dietro alla maschera dell’uomo flemmatico si nasconde un assassino.
Punti deboli:
Il titolo del giornale va in corsivo o fra virgolette:
La Gazzetta dello Sport
La frase:
Fece giusto in tempo a vedere l’arcobaleno all’orizzonte e l’albero su cui stava per schiantarsi.
UN LUOGO DOVE RESTARE di Sara Rosini Tema centrato. Punti di forza: il legame fra la ragazza e il faggio. Lei dapprima lo vede quando va a pescare con il padre, poi quando ci va da sola e arriva addirittura a urtarci contro e lui a suo modo percepisce l’urto e la sorregge. Arrivano anche altre occasioni durante le quali lei e il faggio si tengono compagnia: quando lei si siede sul masso del fiume vicino, dove le radici del faggio si estendono per ricevere acqua, legge, oppure pesca. Fino al giorno in cui lei scompare. Il fascino della storia è nel mostrare i diversi tempi di vita della ragazza (frenetici, corre, si impegna in molte attività) e del faggio (che ha ritmi di vita lenti, è immerso nella natura, ne vede i particolari infinitesimali come le stelle scomparse e nel mentre, lascia crescere con il tempo che ci vuole una fogliolina sul ramo). Affascinante anche il fatto di attribuire al faggio sentimenti di affetto, che si vedono nel suo allungare i rami sulla ragazza divenuta donna per meglio ripararla quando è seduta sul masso e attribuirle una vita simile alla sua (la bellissima immagine della brezza tiepida riferita al respiro di lei). Bellissima anche l’immagine del faggio che beve le lacrime di lei, e le trova diverse dalla solita pioggia. Inoltre, molto bello il primo incontro, nel quale, vedendola immobile, la scambia per un albero.
Punto deboli: nessuno.
L’ULTIMA MISSIONE di Filippo Rubulotta Tema centrato. Punti di forza: la ricostruzione dell’atmosfera del fantasy in stile medioevale (vedi la locanda, il cavallo, il fatto che il Nostro sia un ladro di reliquie, nella fattispecie, un sasso dei Figli della Foresta, e che abbia compiuto il furto per sposarsi e avviare una locanda. Peccato che lo attendano la birra sbagliata e la trasformazione in albero a opera dei due avventori).
Punti deboli Il fatto che lui si presenti da amicone e offra la birra ai due avventori, lo Smilzo e il Calvo e si metta a raccontare loro, due perfetti sconosciuti e al nerboruto oste del grande affare che lo sistemerà presto, mi lascia perplessa. Come pure del fatto che loro invece sappiano benissimo chi è lui (difatti gli tendono il tranello della birra). Se fosse il mio racconto, metterei sì l’insegna delle lance incrociate quando entra, ma nel finale la trasformerei nel motivo di un albero e di un sasso. Farei entrare il Nostro tutto baldanzoso, gli farei chiedere la birra all’oste, però, introdurrei questo Smilzo e questo Calvo prima da sconosciuti. Potrebbe intervenire lo Smilzo con qualcosa tipo: “Ehi, complimenti. Non ci siamo già visti da qualche parte?” E allora lui potrebbe lasciarsi suggestionare; non ricorda dove, forse nel posto dove lui e l’acquirente della reliquia si sono visti, però è rassicurato e gli offre la birra, ma, per non apparire scortese, farebbe lo stesso anche con il Calvo, e le loro maschere cadrebbero. Anche l’oste, lo mostrerei nerboruto e risoluto nella scena finale, quando arrivano sul retro della locanda. Per quel che riguarda “gli altri” menzionati dal Nostro, io mi fermerei al singolare, parlerei di un “altro” (il tizio dei soldi) e lo mostrerei trasformato in albero, ma con qualche traccia dell’umanità che fu.
Ti segnalo alcune frasi, che ti riporto corrette:
Corri, Tempesta, corri.
Dietro il bancone c’è l’oste: capelli brizzolati, qualche ruga sulla fronte, ma i suoi bicipiti scoperti mi fanno scommettere che sarebbe sconsigliabile litigarci.
Buona sera, oste.
Buona sera, messere
Cosa festeggiamo, nuovo amico?
I loro boccali glieli porto non appena hanno finito la birra che stanno bevendo.
La mia classifica è soffertissima:
siete tutti ottimi autori.
ELIA UBERTIS di Emiliano Maramonte
UN LUOGO DOVE RESTARE di Sara Rosini
ANDIAMO A CASA di Alessio Vallese
FREDO, FUMO E TANTA MISERIA di Andrea Lauro
LA SUOCERA di Mario Mazzafoglie
NON PUOI di Giovanni Attanasio
UN MOTIVO PER TORNARE di Sherwood
IL PRIMO VIAGGIO DELLA CARNE di Andrea Partiti
L’HO FATTO PER TE, PAPA’ di Isabella Valerio
L’ULTIMA MISSIONE di Filippo Rubulotta
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: domenica 21 marzo 2021, 18:56
da Davide Di Tullio
Ciao, di seguito la mia classifica:
1. Fredo, fumo e tanta miseria
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Caro Lauretto, avrei voluto che il tuo racconto fosse una chiavica, una ciofeca, un aborto, ma putroppo mi ritrovo ad ingoiare il rospo, ancora una volta, e ad ammettere che hai fatto b... hai fatto b... hai fatto bene! l' ho detto, cribbio. Mi è costato molto sudore e sacrificio, ma lo devo riconoscere. Cazzo, cazzo, cazzo! Bella l'idea di buttarci dentro l' inflessione dialettale. Con questa semplice idea sei riuscito in un attimo a caratterizzare i personaggi, che come per magia rivedo nella mia testa con delle facce e delle voci. Vecchio imbroglione! E poi, la conduzione della prosa, pulita, equilibrata. Quel tocco delicato, che dà al racconto un aurea romantica, che per chi ti conosce sarebbe come spalmare nutella sulle cozze, ma che riesci a rendere bene, tu che sei bravo a fare il "sensibile". Devo ammetterlo: bel racconto. Questa notte piangerò con la testa sotto il cuscino e ti maledirò.
2. Elia Ubertis
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Ciao, mio caro conterraneo, piacere di leggerti! Il tuo racconto ha un qualche reminiscenza lovekraftiana, ma risulta (fortunatamente) aggiornato ad uno stilema moderno! Si legge molto bene, con questa alternanza di pensato e dialogo. In alcuni tratti peró sembra che il pensato diventi una sorta di dialogo indiretto ( vedi il " e maledico il giorno in cui ho scelto questa vita di merda"). Noto poi che non hai usato le caporali per i brevi scambi di dialogo finale. é stata una precisa scelta?
Ad ogni buon conto, al netto di qualche sbavatura il tuo racconto mi risulta godibile. Ho apprezzato molto l´uso della focalizzazione stretta in prima persona che, senza dubbio, elimina ogni ambiguitá sul soggetto parlante.a rileggerci presto!
3. L’ho fatto per te papà
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Ciao Isabella, piacere di leggerti! Un racconto che fila liscio. Una buona alternanza tra dialogo e pensato (magia della prima persona). I personaggi mi paiono ben caratterizzati (soprattutto il guardiano). Lo scambio tra i due è convincente e ho apprezzato la vena vagamente umoristica, un po' agrodolce, del racconto. L'unica nota dolente forse è il finale che mi sembra un po' raccontato, con la protagonista che dice a se stessa di essere felice. Avrei preferito un finale più sfumato, una chiosa con un gesto significativo che "mostrasse" la gioia della donna.
Nel complesso una buona prova. A rileggerci!
4. La suocera
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Ciao Mario, piacere di leggerti. Il tuo racconto è scritto piuttosto bene. Stilisticamente valido, ha un buon ritmo di lettura. Il finale repentino lo azzoppa un po', però. Ed è repentino perché la semina risulta unpo'carente. Nel tentativo di creare il twist finale, forse hai volutamente taciuto delle intenzioni del marito, ma il risultato è che il gesto è parso un po' sproporzionato rispetto all'evento precedente, per lo mono la reazione non sembra giustificata. Comunque una buona prova
5. Non puoi
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Ciao Giovanni, piacere di leggerti. Ho apprezzato il concept del tuo racconto. L'arco tragico è scandito in maniera equilibrata. Non sono sicuro però di aver capito affondo l' esigenza di uccidere Loppe. Perchè non laciarla evadere e basta? Avrebbe avuto senso se Loppe le avesse impedito di scappare, non il contrario, ma forse mi è sfuggito qualcosa.
Ci sono poi espressioni bizzarre. Alcune si tollerano e sono abbastanza esplicative ("le lenzuola puzzano di rabbia" o "le parole sembrano irsute") altre decisamente no: " Le spade gocciolano ancora delle grida dei miei fratelli e sorelle". Mi sembra un'esagerazione. Oltre che interrompere la sospensione di incredulità, mi pongono interrogativi sul perchè la raggazza parli in questo modo, cosa che ovviamente interferisce con il flusso di lettura. Ci sono, inoltre, dei passaggi poco chiari su chi stia parlando. Nel complesso un racconto godibile, con qualche passaggio poetico di troppo. A rileggerci!
6. Il primo viaggio della carne
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Ciao Andrea, piacere di leggerti. Hai uno stile abbastanza inconfondibile. La linearità di questo racconto lo rende indubbiamente leggibile, a scapito dell' appeal però. Mi sembra di leggere un racconto di Lovecraft, la stessa stile onnisciente, lo stesso crescendo di mistero. Non vedo sussulti, ma il semplice e lineare racconto di una sorta di mito non ben definito nella sua collocazione spaziale e temporale. L'elemento più interessante della storia è quello orrifico naturalmente: una creatura che si ricrea da ogni suo frammento, aspetto questo non particolarmente originale, ma che mi ha suscitato ribrezzo ed è quindi per me una nota di merito, senza dubbio. Per il resto non ho compreso bene il finale. Per quel che mi riguarda, questo mistero rimarrà un mistero.
7.Andiamo a casa
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Ciao Alessio, piacere di leggerti! La tua prosa é sempre molto pulita e convincente. Quindi direi che stilisticamente ci siamo. Anche la caratterizzazione dei luoghi mi sembra ben riuscita. Hai utilizzato l´ambientazione post-apocalittica e, dunque, data la diffusa conoscenza di questo tema, non hai dovuto infarcire la trama di grossi dettagli, cosa che mi sarei potuto aspettare da un racconto di fantascienza. In un caso peró sei scivolato su in piccolo infodump che purtroppo si fa notare subito in casi come il tuo in cui la prosa é stilisticamente essenziale e pulita:
«Davvero speravi di poter far nascere qualcosa da quei semi? Nessuno lo fa più da almeno un secolo. Nessuno sa più come si fa.»
qui sei uscito dal seminato e mi hai dato un calcio nelle palle, proprio quando mi stavo gustando questo bel raccontino. Una affermazione che suona poco sensata (perché farsi venire sto dubbio dopo mesi di lavoro?) e che si vede chiaramente che hai piazzato nel timore che la situazione non fosse molto chiara (per quel che mi riguarda lo era perfettamente). Avresti potuto gestire la cosa maniera decisamente piú elegante.
Un´altra cosa che mi lascia perplessi é la motivazione nel finale. Mesi e mesi di esperimenti indoor, per capire poi che si doveva andare all´aria aperta per ottenere il risultato sperato. Mi sembra una cappella non da poco per un super-scienziato. Perché poi condurre esperimenti indoor stando sulla terra? Non si potevano fare altrove? A rileggerci presto!
8. Un motivo per tornare
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Ciao Sherwood piacere di leggerti. A mio avviso il tuo racconto ha un solo vero limite: la gestione del punto di vista. Tre PDV sono troppi per un racconto di poco più di quattromila caratteri. L'effetto di straniamento è fortissimo. Non ci si affeziona a nessuno dei personaggi, con il risultato che si resta abbastanza "esterni" alle vicende. Peccato. A rileggerci!
9.L’ultima missione
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Ciao Filippo, piacere di leggerti. Un racconto senza infamia e senza lode il tuo. Hai usato una prima persona, ma di tanto in tanto ti lasci sfuggire un pdv onniscente (vedi la descrizione del calvo, nella locanda). Mi pare poi irrelistico che un ospite dica a tutti che aspetta qualcuno per ricevere dei soldi (mi sembra un po' pollo, insomma), dopo che ha descritto dei brutti ceffi. Il finale, repentino, è frutto di una semina poco curata.
a rieggerci!
10. Un luogo dove restare
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Ciao Sara, piacere di leggerti. Dunque, devo ammettere che il tuo racconto è particolare. Ho fatto un po' fatica scorrere questa prosa raccontata, senza dialoghi e a tratti poetica. Non ho scorto un conflitto, quindi la mia attenzione andava calando, man mano che mi accingevo a terminare la lettura. Lo stile onnisciente del narratore mi ha un po' disturbato.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: lunedì 22 marzo 2021, 12:51
da Lilith_luna
Ecco la mia classifica:
1) Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
2) Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
3) Non puoi, di Giovanni Attanasio
4) Un luogo dove restare, di Sara Rosini
5) L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
6) Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
7) Un motivo per tornare, di Sherwood
8) La suocera, di Mario Mazzafoglie
9) Andiamo a casa, di Alessio Vallese
10) L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
Il primo viaggio della carne► Mostra testo
Ciao Andrea, innanzitutto voglio farti i complimenti perché il tuo racconto mi ha davvero colpita. Tanto che ho voluto leggerlo due volte.
Le immagini che hai creato mi hanno ammaliata e disgustata. Ho provato un vero senso di malessere durante la descrizione del pasto, sia da parte della creatura che viene fatta a pezzi, sia da parte di chi mangiava. Brividi.
Non sono certa di aver capito cosa succede (anche per questo motivo l'ho voluto leggere due volte, piano), ma neanche mi interessa, detto brutalmente, perché mi piace così tanto il contesto e il modo in cui l'hai raccontato che, personalmente, le immagini disegnate hanno acquisito più rilevanza rispetto al senso.
Tuttavia ci sono delle cose che mi sono stonate.
"raccolse dell’acqua e la versò abbondante", questa in realtà è un'imprecisione, se penso alla donna che raccoglie e poi versa, penso lo faccia in mare. Secondo me era necessario precisare che la versa sulla creatura, anche se dopo si capisce. Renderebbe più fluida la lettura
"Riscaldata dalla prima tenue luce blu, la creatura tremava in fondo all’oceano e iniziava il suo cammino verso quel calore", qui credo di essermi persa. Non capisco se sta parlando del prima di arrivare sulla spiaggia.
"Bloccata da roccia e fango", altra imprecisione, a parer mio. Prima avevi detto che la creatura si ancorava per non essere portata via dalle onde, ora che è bloccata dalla roccia.
Davvero bello e suggestivo. Mi sa che ti sei guadagnato il mio podio!
Fredo, fumo e tanta miseria► Mostra testo
Ok. Ricaccio indietro la lacrimuccia e cerco di scrivere qualcosa.
Non ero partita bene.
Mi son trovata proprio scomoda ad entrare in questo angolo di montagna, con un dialetto che non capisco né so che cadenza abbia. Eppure, pensa un po', mi è venuta naturale arrivata a metà (sicuramente inventata, ma non più d'intralcio alla lettura, che prima per comodità mi leggevo in italiano afferrando i concetti). Che strana magia che è l'italiano. Una delle mie preferite.
E quindi, dopo un fastidioso zoppicare iniziale, sono stata travolta da questo dialetto e ora penso che non poteva essere scritto in altro modo se non così. Hai fatto un'ottima scelta, hai fatto indossare il giusto abito al tuo racconto.
Ho apprezzato molto anche il fatto che tu le radici non le abbia neanche nominate, ma che fossero ovunque, lì. Nella casola, nella montagna maledeta.
Non mi aspettavo neanche di essere colpita dalla tenerezza verso il padre, fino a pensare "ti prego fa che non sia morto nel tempo che torna indietro o ribalto il pc e lo vado a prendere a casa!" xD
Ecco, io raramente vengo toccata. Le mie emozioni stan ben chiuse in un barattolo mentre scrivo, ma mentre leggo quelle bastarde riescono a fuggire come lucciole, e qualcuna me la perdo per strada.
Ti faccio i miei complimenti per essere riuscito a farmi questo effetto, e pure a farmi piacere un racconto in dialetto.
Non puoi► Mostra testo
Ciao Giovanni, mi è piaciuto molto il tuo racconto, dall'inizio alla fine.
In particolare ho apprezzato tanto alcune descrizioni come le parole irsute (davvero meritevole questa), la puzza di rabbia e il cercare il terzo cuore. Sono cose che mi hanno dato quel colore in più, quel tocco di personalità.
La situazione è perfettamente chiara, sebbene all'inizio abbia fatto un pochino fatica a capire chi stesse parlando. Il tema è centrato e mi piace il fatto che non sia esplicito come in altri racconti (il mio in primis) in cui si utilizza proprio la frase all'interno del testo. È delicato, sensato.
Molto buono il cambio di prospettiva, espresso bene sia dall'interiorità della protagonista che dai dialoghi. Non me lo aspettavo e questo è un altro punto a tuo favore.
L'unica sciocchezzuola che posso farti notare è che non hai messo la maiuscola ad alcune parole dopo una battuta di dialogo:
«Che ti hanno fatto?» le lenzuola
«Fe ze jfer ijviepe?» è il principe.
«Ne e geze gi jei» è la mia voce, sì.
«Voglio affetto,» cerco le dita di Loppe (qui andrebbe il punto perché la frase non prosegue dopo)
Per il resto nulla da dire. Bravo.
Un luogo dove restare► Mostra testo
Ciao Sara,
il tuo racconto è affascinante. All'inizio, capendo subito che sarebbe stato un racconto tutto sul raccontato (scusa il gioco di parole), ho fatto fatica a farmi coinvolgere, ma la tu prosa è così delicata che alla fine ci sei riuscita. Mi hai ricordato quei racconti che leggevo da piccola, quelle fiabe che creavano belle immagini, anche se a discapito della trama.
Mi ha toccato molto il pezzo del faggio che si allunga sulla roccia, davvero dolce.
È un racconto intriso di tristezza, di "mai più" che mi ha lasciato qualcosa.
Se proprio dovessi trovare qualcosa che non va, direi che ci sono troppe virgole. Per il resto, essendo un racconto volutamente in tell, non posso dire nulla.
Molto molto carino.
L’ho fatto per te, papà► Mostra testo
Ciao Isabella. Il tuo racconto inizia con un grande senso di malinconia, dovuto sia al terribile lutto che alla situazione attuale rappresentata. Sicuramente questo crea empatia e una buona immedesimazione.
Mi è piaciuto molto il fatto che Amelia voglia portare avanti questo amore del padre per i fiori anche dopo la morte, che ne abbia bisogno, e mi chiedo se non sia in realtà Amelia ad avere questa necessità.
La storia della Pianta Filosofale mi ha fatta davvero sorridere, così come la scelta di Amelia di assecondare l'uomo per raggiungere il suo scopo. Mi ha fatto proprio tenerezza Gigi.
Passando alla parte critica, quando inizia il dialogo mi sono un po' persa in alcuni punti.
Amelia e Gigi sono al citofono per cui la frase "Una porta sbatte, un naso viene soffiato, un fazzoletto di stoffa viene ficcato in tasca" io immaginavo fossero cose che lei sentisse attraverso il citofono e non che quella porta sbattuta indicasse che Gigi stava andando al cancello. Qui dovevi essere un po' più chiara.
Lo scambio di battute mi piace e mi sembra anche verosimile, in particolare le reazioni di Amelia.
Tuttavia in alcuni punti non sei andata a capo quando lei "risponde" nella sua mente, ad esempio: "Lui. L’altro giorno, ha detto che ha letto un libro, roba di magia… – Eh?" Quel Eh finale è lei, giusto? Quindi andrebbe a capo come hai fatto per le altre.
Cosa significa che "Gigi non era tutto lui"? Immagino sia un modo di dire per indicare che è un po' pazzo? Non ho afferrato e vorrei essere sicura.
C'è poi un passaggio che mi ha confusa.
"L’ho deluso, le spalle si piegano, gli occhi si appannano./Eh, no, io senza Maria non ci voglio stare." Questo passaggio parla del nonno? Le spalle che si curvano sono di Gigi, di Amelia o del nonno? Scusa ma non mi è chiaro.
Per concludere, il tema mi sembra sia stato rispettato.
Elia Ubertis► Mostra testo
Ciao Emiliano, parto dicendo che il racconto mi è piaciuto. Bell'atmosfera, inquietante il giusto.
Cerco di andare in ordine per non perdermi pezzi per strada.
Ci sono due punti all'inizio che secondo me sarebbe meglio invertire: ovvero la vista che arriva al lettore prima del suono. Parti dicendo che lui va alla finestra perché ha sentito una richiesta d'aiuto, e qui ci può stare, ma successivamente il protagonista prima si gira verso la finestra e poi ci dice che sente un lamento, quando l'azione dovrebbe avvenire in modo natural-sequenziale di "sento un suono e mi giro per cercarlo", non so se mi sono spiegata. Non la reputo una cosa importante, ma ci tenevo a sottolinearla.
Mi ha lasciato un attimo perplessa la scelta di non utilizzare segni per i dialoghi, ma devo dire che dal momento che non risulta confusionario, non vedo perché non possa andare, è ben gestito. Inizialmente avevo pensato fosse una scelta motivata, tipo che in realtà fosse nella sua testa, insomma che stesse facendo tutto da solo.
Il villino di per sé è inquietante e l'atmosfera creata ha saputo suscitare in me dei piccoli brividi. Ho sentito l'odore di chiuso, la polvere bagnata. L'immagine delle maschere è stata la ciliegina, in questo caso.
Tuttavia anche qui c'è un passaggio che mi stride in fatto di "naturalezza". Lui vede per primo l'uomo, che è sensato, ma poi guarda le pareti e poi torna di nuovo sull'uomo. Mi sono fermata un attimo a rifletterci e mi è parso innaturale che si perdesse a guardare la stanza quando sulla poltrona c'è quell'uomo mezzo morto che dovrebbe catalizzare la sua attenzione. Non so.
Ma poi io manco ci sarei entrata lì dentro! xD
Sul finale mi è piaciuto di più, nonostante le frasi fossero più sincopate, ma questo ha dato anche il giusto ritmo alla scena. Il "passaggio di vita" è stata una bella scena da immaginare. Ottima conclusione.
Non ho rilevato errori o refusi, per cui ottimo lavoro.
In ultimo, spesso mi piace assegnare dei colori a ciò che leggo e i tuoi sono perfetti per l'atmosfera creata, poiché ho visto tutto svolgersi nei colori terrosi di polvere e antichità, dei libri rilegati in pelle e pagine ingiallite.
Un motivo per tornare► Mostra testo
Ciao Sherwood, piacere.
Ho trovato il tuo racconto un po' debole nonostante le immagini pregne di significato. Zoppicante, direi.
Fin dall'inizio mi sono sentita in disparte nel leggere la tua storia e credo che questo sia dovuto ai campi di punto di vista: non sapevo né avevo il tempo di soffermarmi su un personaggio.
Molto triste la prima scena, mi ha toccata. Ancor di più poi il dialogo fra Saro e Gina, pensando al padre che è stato abbandonato all'ospizio. Lei ha smosso la mia antipatia in un istante.
In poche righe è risultata subito chiara la brutta influenza di lei su Saro e l'hai resa bene con i gesti. L'unico che forse avrei tagliato è il finale, non credo ci fosse bisogno di "calcare la mano" sul buttare le rose, avendolo già detto. Per me il racconto, da questo punto di vista, si poteva fermare al potere di Gina su Saro (e approfondire un po' il resto), ma è ovviamente un parere personale :)
La suocera► Mostra testo
Ciao Mario,
Non mi aspettavo per niente un finale del genere, soprattutto perché sviluppato in due righe! Devo dire che questo, per me, ha salvato il tuo racconto. Avevo paura stesse andando a concludersi su frasi fatte, sul marcare ancora una volta la storia delle radici (che mi è sembrata un po' calcata, in particolar modo con la ripetizione del marito "Amore, è mia madre. Non puoi parlare di radici. Non puoi parlare di contratti"). I dialoghi infatti mi sono sembrati un po' forzati e con troppi punti esclamativi.
Ho apprezzato molto invece l'immagine del temporale che ben si sposa con la scena e con il conflitto in atto, fino ad esaurirsi proprio sul finale.
A ripensarci adesso, la figura del marito mi sembra anche inquietante. Vista la reazione di Elena sembrava essere lei quella un po' problematica, ho pensato addirittura che stesse esagerando, anche perché se n'era uscita dal nulla dicendo che la suocera doveva andarsene. E invece lui, con tutti i suoi "amore" e i gesti gentili, è pure peggio. Questo mi è piaciuto molto, sebbene avrei preferito accorgermene prima e non a lettura conclusa.
Ho un paio di annotazioni da farti:
"Afferrò la tazza fumante sul tavolo e se la portò alle labbra. Il tè si era raffreddato" descrivendo la tazza fumante mi aspettavo fosse caldo, invece no
"Un fulmine illuminò la stanza" volevi dire un lampo
"dentro di lei e dentro al suo cuore" secondo me la frase poteva fermarsi al "dentro di lei"
Andiamo a casa► Mostra testo
Ciao Alessio, premetto che io di fantascienza non ne so proprio nulla, e sebbene il tuo racconto mi sia sembrato un classico del genere, da quel poco che ho visto/letto in giro, non l'ho visto in modo negativo per via della componente umana.
Mi spiego meglio: nella mia personale esperienza ho faticato ad empatizzare con dei personaggi perché io per prima in quella situazione non mi ci rivedrei affatto, tuttavia il protagonista del tuo racconto mi è sembrato così genuino, da rendermelo simpatico anche in poche righe. La cosa delle rocce buffe mi ha fatto proprio sorridere.
Forse sono io che ci capisco poco, ma non mi è chiaro il passaggio in cui lui dice che dopo 300 anni terrestri si potrebbe tornare sulla Terra. Intendi trecento anni contati come terrestri e non luce, giusto? Non che sono 300 anni passati sulla Terra. Mi sento molto stupida a chiedertelo.
Quando Sara dice "Davvero speravi di poter far nascere qualcosa da quei semi?" Mi è sembrato un po' forzato. Troverei più normale che una cosa del genere glielo chiedesse al primo o secondo fallimento, ma anche se non hai specificato quanti ne ha fatti, deduco siano abbastanza ormai. Per questo mi sembra inverosimile glielo chieda dopo così tanto tempo, ecco.
"Mi prende per una mano e mi trascina in piedi", non avevo capito che lui fosse seduto, ho avuto un attimo di straniamento perché non lo avevi precisato, una piccolezza questa.
Il finale positivo l'ho apprezzato molto, temevo fosse un racconto triste e avevo quindi interpretato il titolo, mentre leggevo, come il tornare a casa su Marte, ma direi che in questo caso è ambivalente, perché di fatto tornano a Casa.
Ti consiglio di riguardare la punteggiatura fra i dialoghi. Per il resto nulla da dire :)
L’ultima missione► Mostra testo
Ciao Filippo,
apprezzo sempre i racconti fantasy e vedo che anche tu hai preso alla lettera il tema del contest.
L'inizio l'ho trovato un po' maldestro, troppe descrizioni meccaniche del protagonista che secondo me hanno rubato spazio al resto.
Gli errori te li hanno già fatti notare tutti, per cui non mi ripeterò. Mi sento però di ribadire anche io che questo tuo protagonista è un po' pollo, che può starci, ma il tutto nella mia mente ha preso le sembianze di un cartone animato.
Anche secondo me poi è inverosimile che lo abbiano riconosciuto come il ladro di reliquie, sebbene sul retro ci fossero già i "compagni"; a meno che quella non fosse l'unica locanda in cui fosse possibile incontrarsi, magari avendo anche pochi avventori, ma purtroppo questo non ci è stato dato saperlo. Una coincidenza un po' troppo fortuita quella di trovarsi proprio nella loro locanda.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: martedì 23 marzo 2021, 10:33
da Stefano.Moretto
A questo giro già al primo giro di lettura avevo ben chiara la posizione della maggior parte dei testi. Giusto per un paio sono stato indeciso sull'ordine in cui metterli perché per me erano parimerito.
Classifica:
1) Non puoi
2) Fredo, fumo e tanta miseria
3) L’ho fatto per te, papà
4) La suocera
5) Andiamo a casa
6) Un motivo per tornare
7) Elia Ubertis
8) Un luogo dove restare
9) Il primo viaggio della carne
10) L’ultima missione
Commenti:
Fredo, fumo e tanta miseria
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Ciao Lauro, come sempre è un piacere leggere i tuoi racconti.
devo dire che all'inizio ho avuto un po' di difficoltà per il dialetto arlecchino, soprattutto perché alla prima frase non avevo ancora capito che era un dialetto: forse una frase più facile da identificare come dialettale avrebbe aiutato nell'introduzione, soprattutto per gente come me ignorante con la G maiuscola che non parla dialetti (il toscano è un accento, non un dialetto! Deh!)
L'idea comunque di un dialetto per questo tema particolare è molto intelligente, niente più di un dialetto ti porta a pensare all'appartenenza in senso territoriale.
L'intero testo è molto bello e si percepisce il sentimento del figlio che avrebbe desiderato una vita diversa per i genitori, non ho molte critiche da farti se non quello che ti ho già detto a inizio commento. Negli ultimi mesi ho letto tutti i tuoi racconti e ho visto un'evoluzione costante nel tuo modo di presentare e gestire i personaggi, penso che qui tu abbia fatto uno dei tuoi lavori migliori in questo senso.
Elia Ubertis
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Ciao Emiliano.
La storia nel suo complesso è intrigante e mi ha ricordato vagamente in Adventure Time il background di Re Ghiaccio (aka Simon), ovvero un uomo la cui mente viene stravolta dal possesso di un oggetto magico e misterioso. Immagino che il tema vada interpretato in questo modo: la personalità di Ubertis che mette radici nella mente di un nuovo ospite. Un modo originale per portare questo tema, non c'è che dire.
Passo ad analizzare le cose che mi sono piaciute meno.
Nella primissima parte del racconto mostri una tendenza all'anticipazione:
Mi affaccio alla finestra. Ho udito una richiesta di aiuto.
Questa cosa si ripete dopo altre volte, anticipi l'effetto alla causa. Per azioni così brevi l'effetto negativo è minimo e in molti lettori otterrai solo un senso di vago disturbo nella lettura, ma avere qualcosa che disturbi la lettura non è qualcosa che vuoi in un tuo testo, ti consiglio di farci più attenzione in futuro.
Per quanto riguarda i dialoghi senza virgolette o altri segni di distinzione, a me non piacciono e la trovo una scelta immotivata: è vero che nella vita reale i segni non esistono, ma nella vita reale sai distinguere tra la narrazione degli eventi e un suono, perché vengono da input diversi. In un testo questa distinzione non c'è, perché è tutto testo.
Ho visto che ti è stato già segnalato, quindi faccio un'analisi un po' più approfondita su questa tematica.
In un brano in terza persona al passato fare dei dialoghi senza segni distintivi può causare meno disturbo perché i dialoghi sono al presente e quindi capisci quasi automaticamente che un pezzo al presente è un dialogo, ma costringi il lettore a consumare risorse mentali per fare questa distinzione.
In un testo in prima persona al presente come il tuo, invece, diventa pure difficile riuscire a fare questa distinzione, ad esempio:
Aiuto! supplica qualcuno dall’interno. Mi coglie l’impulso di fuggire, ma giro lo stesso la maniglia e spingo. Do solo un’occhiata e me ne vado, giuro.
L'ultima frase è parlata o un pensiero? Da un lato mi viene da pensare che sia un parlato per il "giuro" finale, che sembra rivolto a qualcuno, ma non trovo molto sensato che se qualcuno ti chiede aiuto tu rispondi che dai solo un'occhiata, quindi mi rimane il dubbio.
In altri punti invece diventa difficile capire chi è che sta parlando:
Pronto? Prego, dichiari qual è l’emergenza. C’è qualcuno che chiede aiuto e… Fornisco l’indirizzo e aspetto riscontro. Al momento tutte le nostre pattuglie sono impegnate. Invieremo qualcuno appena possibile. Riappendo. Forse tocca a me andare a controllare.
Qui non si capisce bene chi sta parlando. Il primo "Pronto?" immagino sia della polizia, ma allora perché continuano a parlare senza aspettare risposta? Allora sarà del protagonista, ma di solito quando si telefona si aspetta che sia l'altro a dire "Pronto" per parlare. Inoltre sempre nello stesso pezzo alterni dialoghi diretti a dialoghi indiretti, complicando ulteriormente la cosa.
Insomma, è una scelta che personalmente non avrei fatto. Anche se qui sei riuscito a giostrartela complessivamente bene, facendo capire più o meno sempre chi dice cosa, non è una strategia che consiglierei di adottare se l'obiettivo era quello di tenere il ritmo serrato. Certo, nella lettura il ritmo è serratissimo, ma ostacoli la comprensione in chi legge.
Ho immaginato che tu possa aver adottato questa scelta per risparmiare caratteri (visto che sei sul limite preciso al millimetro). In questo caso ti posso dare una soluzione alternativa: elimina la conversazione con la polizia. Non serve ai fini della trama, non ci dice qualcosa di particolare sul protagonista e non serve a un colpo di scena finale, quindi puoi tagliare quel pezzo senza alcun problema e ti ricavi i caratteri per riformattare lo stile.
Nel complesso ho trovato il tuo racconto molto interessante soprattutto per il potenziale che esprime in possibili sviluppi, purtroppo lo stile adottato non mi ha permesso di godermelo appieno.
L’ho fatto per te, papà
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Ciao Isabella
Inizio dicendo che ho trovato il tuo racconto molto reale, come ti hanno già detto le interazioni tra i personaggi sono così credibili che sembra autobiografico. La situazione imbastita e i conflitti che deve affrontare la protagonista sono ben progettati, su tutta la struttura non ho davvero niente da dirti. Anche la distribuzione delle informazioni è stata gestita sapientemente, introducendo fin da subito l'informazione del lutto in modo talmente naturale che il lettore assorbe l'informazione senza neanche accorgersene.
Sullo stile qualche piccola nota a margine da mettere c'è, ma poca roba.
Una porta sbatte, un naso viene soffiato, un fazzoletto di stoffa viene ficcato in tasca. Alla fine mette la mascherina.
Questo è probabilmente il punto meno chiaro: senza un soggetto chiaro che compie l'azione non è immediato capire cosa sta succedendo.
Nel pezzo subito dopo ci sono un po' troppe battute una dopo l'altra senza un pensiero, un'azione o una semplice percezione. Considera che in quel momento noi ancora non sappiamo come sono disposti i due nello spazio e questa informazione ci arriva solo quando lei dice "Ma se glieli passassi dalle sbarre?", lì il lettore cade un po' dalle nuvole perché magari si era immaginato i due parlare faccia a faccia fuori dal cancello.
Infatti la parte dopo, dove le interazioni tra i due vengono intervallate bene da pensieri, azioni e percezioni, questa distanza tra fatti raccontati e lettura percepita si riduce notevolmente.
Nel complesso vedo che nel tempo stai migliorando molto e ti faccio i miei complimenti, si vede che ti stai impegnando a far fruttare i feedback che ricevi.
Andiamo a casa
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Ciao Alessio,
il tuo racconto mi ha fatto pensare fin dalle prime battute a Wall–E e mi pare di capire che l'effetto sia abbastanza voluto, quindi bravo. Nel complesso la storia è molto carina, ma soffre un po' in alcuni punti che non sono riuscito ad apprezzare appieno. Essendo la tematica molto aliena è ovvio che dare le informazioni al lettore non è facile, ma ci sono alcuni punti decisamente migliorabili. Premetto che alcune cose che ti sono già state segnalate a me personalmente non hanno dato fastidio, ti elenco però i punti che secondo me potevano essere fatti meglio:
«Avrei voluto che diventasse questa la nostra casa. Mi ero illuso che l'umanità, dopo trecento anni terrestri, potesse tornare a vivere qui, sulla Terra.»
Quel "terrestri" qui mi ha un po' infastidito per un motivo semplice: loro sono nati e cresciuti su Marte (questo è evidente dal testo), quindi per loro un anno è un anno marziano e ragionevolmente per parlare di anni terrestri devono fare una conversione mentale moltiplicando/dividendo per 1.88, approssimando diciamo poco meno di 2. In una situazione, diciamo, "intima", sarebbe più naturale che loro usino il sistema numerico a cui sono abituati, ovvero gli anni marziani. Immaginalo a parti invertite: se tu fossi su Marte e ti ritrovassi in questa situazione non ti verrebbe da dire "dopo trecento anni marziani". Penseresti nella tua unità di misura, ovvero "dopo 564 anni", o approssimando "dopo cinque secoli". Questo non è neanche un problema di infodump perché il "terrestri" non ci dà un'informazione in più che altrimenti non avremmo, al massimo il lettore potrebbe fraintendere l'informazione, ma è così marginale che non è importante, l'unica cosa importante qui è che è passato tanto tempo, quanto di preciso non si sa (anche perché i 300 anni sicuramente sono approssimati, dubito siano andati lì per l'anniversario della fuga).
Nessuno lo fa più da almeno un secolo
E infatti qui non usi "secolo terrestre". Quindi lei adesso parla in anni marziani o terrestri? A causa della puntualizzazione di prima ora mi ritrovo a chiedermelo.
«Davvero speravi di poter far nascere qualcosa da quei semi? Nessuno lo fa più da almeno un secolo. Nessuno sa più come si fa.»
Analizzando invece la frase nel complesso: è molto innaturale data la situazione. Sono lì da un anno e lei pensava che lui fosse lì per divertirsi? È ovvio che ci sperava di far nascere quei semi, a meno che quella non fosse una side–quest e il loro obiettivo primario fosse altro, tipo andare a recuperare l'antico vaso che andava portato in salvo, ma dal racconto non pare sia così. Questa frase – come ti hanno già fatto notare – dà molto l'idea di essere piazzata lì solo per spiegare al lettore. Magari le stesse identiche informazioni in una forma diversa sarebbero risultate meno irrealistiche.
Nessuno sa più come si fa.
Rimango sempre su questo pezzo e guardo l'ultima frase. In che senso? Su Marte non coltivano le piante? E se non coltivano le piante lì perché cercano di terraformare la Terra?
In pratica un buon 50% dei problemi del tuo testo è in questa singola linea di dialogo, il che è una buona notizia perché ti basta modificare una sola riga per migliorare di molto il tuo testo.
Azoto 70%, Anidride Carbonica 30%.
Questo pezzo mi ha fatto storcere un pochino il naso non tanto per il fatto che sia sbagliato in sé, quanto perché essendo loro degli scienziati e le loro apparecchiature all'avanguardia mi sarei aspettato un'analisi più dettagliata. Queste percentuali sono molto semplicistiche e, ammesso che tutto l'ossigeno attualmente presente venga sostituito dall'anidride carbonica, ci sarebbe comunque un 8–10% di Azoto e un 1% di Argon scomparsi dall'atmosfera terrestre, volendo comunque ignorare le tracce di altri gas. Capisco il voler dare l'informazione dell'anidride carbonica, ma non puoi scollegarmi dall'ambientazione fantascientifica in modo così grossolano. Quantomeno usa delle percentuali più credibili e meno tonde, tipo "78% di azoto, 21% di anidride carbonica, 1% di argon, piccole tracce di metano e radon."
Sì lo so che sono un tipo strano, ma più che gli infodump (che in questo testo, secondo me, non sono un problema così grosso) è questa mancanza di aderenza al genere scelto che mi caccia fuori dal racconto.
Sul finale: stesso discorso in salsa botanica. Mi sembra molto forzato che la componente mancante per il germogliamento siano le stagioni. Una pianta non nasce nella stagione sbagliata, non è che il seme deve passare anni e far passare le stagioni per germogliare, anzi: ha bisogno di una stagione specifica per nascere, infatti molte piante vengono dette stagionali proprio perché sopravvivono solo finché le condizioni climatiche glielo permettono, poi muoiono e lasciano i semi a terra per la generazione futura, quando il clima sarà di nuovo favorevole.
Tipo il mio basilico, se non fosse morto prima per un parassita.
Nel complesso: mi piace tantissimo il mood del racconto, purtroppo molto meno l'esecuzione e la risoluzione. Non è la tua prova meglio riuscita, personalmente ho apprezzato molto di più il tuo racconto del mese scorso.
Il primo viaggio della carne
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Ciao Andrea
Ammetto che il tuo racconto mi ha lasciato un po' stranito. Un po' perché tutta la storia in generale ha un che di strano, un po' per la confusione con cui viene trattato il pezzo finale. Non sono sicuro di aver capito cosa succede: in pratica c'è questa specie di blob che si arena sulla spiaggia, tutte le persone del paese lì vicino arrivano a vederlo, questa creatura inizia a parlare, loro stanno tutto il giorno ad ascoltarla e poi la fanno a pezzi e se la mangiano? L'interpretazione che sono riuscito a dargli è che la creatura fosse una specie di alieno che ha ipnotizzato tutti per far sì che la mangiassero e che poi ha preso possesso dei loro corpi, ma non so quanto questa visione sia la vera intenzione dell'autore e quanto invece sia una deduzione campata sulle nuvole.
Ho capito solo leggendo i commenti che il tuo intento era di raccontare due storie in parallelo e questo spiega parte della confusione che ho avuto leggendolo. Rileggendolo con questa informazione ho iniziato a capire quali pezzi sono di quale storia, ma su alcuni non sono ancora del tutto sicuro. Di solito quando si fa una cosa del genere si usa qualche espediente per far capire che si tratta di storie diverse, anche solo lasciare una riga bianca per far capire che c'è uno stacco. In un film hai lo stacco da una scena all'altra e qualcosa intuisci, in un testo hai molte meno armi a disposizione.
Un'ultima nota puramente stilistica:
Nel villaggio tutti portavano un coltello, persino i bambini. Per tagliare cime, per lavorare, per raccogliere erbe, per pulire il pesce o aprire un’ostrica. Un coltello era necessario più delle scarpe per camminare.
Questo pezzo qua non c'entra nulla col resto del racconto, lo hai messo solo per dire che tutti hanno un coltello, ma in quel momento al lettore non interessa del perché la gente lì si porta dietro un coltello. Con quest'analisi molto lucida rovini un po' quell'effetto di mistico che stavi costruendo attorno alla creatura.
L'idea alla base del racconto penso sia buona e potrebbe essere sviluppata in modo interessante, però in questa forma mi ha lasciato più dubbi che altro. Credo che il problema maggiore è che non essendo la narrazione focalizzata né nei pescatori né nella creatura non riesco a capire davvero cosa succede, se i pescatori hanno semplicemente avuto un attacco di fame collettiva oppure se la creatura ha usato una sorta di ammaliamento e li ha indotti a mangiarla per parassitarli.
Non puoi
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Ciao Giovanni
Ormai ho capito che quando leggo qualcosa di tuo devo aspettarmi qualcosa con una forte componente introspettiva. E che probabilmente mi prenderà a pugni sulla bocca dello stomaco per tutto il tempo.
Il modo in cui hai reso il tema è... non so se riesco a esprimere bene il concetto: è esattamente ciò che mi aspettavo nel modo che non mi sarei mai aspettato. Mettere radici nel senso di trovare un proprio posto di appartenenza: sì, ecco, mi aspettavo proprio questo. Che il posto di appartenenza sia la casa e il letto di chi ha ucciso la tua famiglia, con un processo di corruzione tale da indurti a tradire i tuoi amici, no, questo non me l'aspettavo. E mi ha fatto tanto male allo stomaco questo pugno.
Si potrebbe usare il termine "Sindrome di Stoccolma", ma penso che sarebbe svilente nei confronti del personaggio che hai creato. Il modo in cui l'hai portato a evolversi in relazione agli eventi che vengono presentati è qualcosa che un lettore non si dimentica facilmente. Il modo in cui alla fine non hai bisogno di dire al lettore "e invece avevo detto al principe che hai un coltello", ma che questo si capisca da solo, è l'apice del racconto. Poi sul fatto che in 4242 caratteri non ci sia lo spazio che sarebbe necessario per descrivere tutto il processo di evoluzione psicologica se ne può discutere per ore, ma nel poco che avevi a disposizione hai fatto un ottimo lavoro.
Anche il modo in cui hai portato il tema della violenza sessuale senza mai enunciarla direttamente è un altro pugno nello stomaco molto ben riuscito.
Però ora devo dire qualcosa di cattivo, altrimenti il mio commento è inutile, no?
L'unica cosa che mi ha dato un po' di fastidio è la confusione iniziale con cui dai il via al racconto:
Sembra il mercato del pesce. Papà mi ci portava ogni mattina presto, mi diceva che ci saremmo divertiti e io gli credevo, perché lo amavo. Ora papà è morto, e chi lo ha ucciso stringe l’estremità di una lunga catena.
Qui la mia reazione è stata più o meno "ok, questo qui sta in un mercato di qualche tipo, non è col padre perché usa il passato, mh sto iniziando a pensare che ci sia qualcosa che non va, ok il padre è morto perché il tizio è in catene che succede cos–"
Ci ho messo un po' a carburare, il fatto che fosse un mercato di schiavi mi è arrivato tardi. Le informazioni sulla situazione tragica sarebbero dovute arrivare subito in apertura. Il rimando al padre che diceva che si sarebbero divertiti al mercato del pesce c'entra molto poco con la scena ed è difficile che una persona in quella situazione pensi a una cosa del genere, è più probabile che la sua mentalità in quel momento sia devastata e in piena fase disperazione. Per dire, se ora qualcuno mi mettesse un cappuccio in testa, mi buttasse in una macchina e mi ritrovassi in un piazzale insieme ad altri schiavi in catene non penserei "Mh, questo piazzale mi ricorda il mercato del mercoledì mattina in cui compravo le fiorentine per cuocerle sulla griglia".
Ora scusa ma devo andare a riposare dopo questo incontro di boxe. La prossima volta che leggo un tuo testo mi metto il paradenti.
Un motivo per tornare
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Ciao Sherwood
Il tuo racconto è scritto molto bene, le scene sono chiare ed è ben chiaro anche tutto il contesto che ci naviga attorno. Il problema che lo sfavorisce rispetto ad altri racconti è la mancanza di una chiara direzione che vuoi prendere con la storia. Okay, c'è il figlio che porta il nonno all'ospizio, ma non sappiamo bene perché e lui è fissato con delle rose scomparse. Poi scopriamo che dietro tutto questo c'è la moglie del figlio e che è stato tutto un suo piano per stare in quella casa senza scocciature. Resta un senso di incompiuto, manca un vero conflitto che renda interessante la storia, manca un protagonista. In teoria il protagonista sarebbe il figlio, ma non è un vero protagonista: subisce passivamente le imposizioni della moglie e si fa plagiare, alla fine ha un briciolo di rimorso ma scomparse subito e non c'è neanche uno straccio di empatia con lui, sia perché viene mostrato come un essere un po' spregevole, sia perché scopriamo le sue motivazioni a metà racconto. Non può essere il padre il protagonista, perché scompare subito e sappiamo poco di lui, e non può essere la moglie perché compare solo alla fine e viene presentata alla stregua di una succube.
Insomma, manca un qualcosa che ci faccia ricordare questa storia. Non ci sono incoerenze logiche, fila tutto e lo stile è molto buono se si soprassiede alla mancanza di una focalizzazione (opinione personale: non sono convinto che il narratore onnisciente possa funzionare in un romanzo meglio di una vera focalizzazione interna, ma su questo se ne può discutere in altra sede).
Insomma, funziona tutto, ma manca un cuore centrale, qualcosa che ti faccia parteggiare. Ti faccio un esempio: se la moglie avesse negato con convinzione di essere stata lei a far sparire le rose sarebbe stato molto più facile parteggiare per il protagonista, che a questo punto avrebbe goduto di un minimo beneficio del dubbio riguardo la sua buonafede, e la rivelazione finale sulla cattiveria della moglie avrebbe non solo avuto un sapore più amaro, ma avrebbe pure lasciato un po' di "oh no, povero protagonista, chissà come si evolverà la cosa e chissà se scoprirà cos'è successo e rimedierà all'errore prima che il padre muoia". Avrebbe dato un po' più di emozione al testo, secondo me.
La suocera
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Ciao Mario
ammetto che anch'io non avevo capito dove volevi andare a parare col racconto. Il tuo stile di scrittura è molto buono, a parte qualche momento in cui perdi la focalizzazione del punto di vista nella moglie:
La sua mano si bagnò con le poche gocce di pioggia che scendevano adesso dal cielo.
Piccolo esempio: qui mi stai dando una sensazione tattile della mano del marito.
La storia fino al finale è molto semplice e lineare, proprio per questo il finale arriva fin troppo inaspettato. Il tuo stile è molto immersivo quindi la sorpresa che coglie la moglie viene percepita bene anche dal lettore proprio per questo, il problema è che subito dopo il cliffhanger si rimane con un senso di incomprensione. Perché l'ha uccisa? Aveva detto che la madre prima o poi sarebbe morta, l'aveva abbracciata e aveva cercato di convincerla, e poi decide di ucciderla? Per di più senza una parvenza di un piano per farla franca, sembra quasi un raptus omicida, ma in realtà le sue parole fanno capire che è molto premeditato. Insomma, lascia un po' di amaro in bocca perché sembra un gesto un po' a caso, non dava neanche l'impressione di essersi stancato di lei.
Mi dispiace, perché il tuo stile è davvero buono e avrei voluto premiarlo di più.
Un luogo dove restare
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Ciao Sara
Questa sarà una citazione molto molto nerd, ma il tuo racconto mi ha ricordato l'anime "Hotarubi no mori e" (è un mediometraggio da 45 minuti, se hai l'occasione dacci un occhio). Il tema centrale del tuo racconto è diverso, ma il ritornare periodicamente sempre nello stesso posto per "amore" è gestito in modo molto simile.
Tuttavia ci sono vari aspetti problematici nel tuo racconto per cui non sono riuscito ad avere un coinvolgimento emotivo come invece c'è stato con quell'anime (a parte la lunghezza, chiaramente).
Nel tuo racconto, in pratica, la storia è un riassunto della vita di questo faggio limitatamente a quando arriva la ragazza, ed essendo un albero la sua vita non è particolarmente avvincente. Quello che riesce a tenere in piedi tutto il racconto senza annoiare il lettore è lo stile poetico con cui hai decorato il testo, ma non è sufficiente. Di fatto questa è più simile a una poesia che a un racconto.
Non sto dicendo che lo stile poetico non va bene, sia chiaro. Quello che intendo è che non c'è una storia dietro. Ti faccio un paio di esempi su come avresti potuto rendere questo testo un racconto a tutti gli effetti:
Il tronco grigio, levigato e quasi tenero per la giovane età, s’impregna di lacrime.
Qui c'è un forte punto d'interesse (o se preferisci usare un'altra terminologia, qui c'è un punto ad alta temperatura) in cui la ragazza piange. Ci si interroga naturalmente sul perché stia piangendo, qual è l'avvenimento che l'ha sconvolta così tanto da farla scappare dal faggio. L'informazione non arriva e l'interesse sfuma gradualmente mentre descrivi come l'albero potrebbe riconoscere il fiato della ragazza come diverso dal vento. Dopodiché nel testo quella scena non trova riferimenti, quindi perde di significato: è solo uno dei tanti pianti di una ragazza.
Avresti potuto cogliere di più l'attenzione del lettore dando indicazioni del motivo del suo pianto: magari ha litigato con i genitori, oppure si è lasciata col ragazzo, o ancora sta vivendo un lutto, o semplicemente ha preso un brutto voto a scuola. Qualcosa che possa essere ripreso più avanti per far vedere come la situazione si è evoluta col tempo. Faccio un esempio concreto e banalotto: lei corre lì piangendo perché ha preso un 4 a matematica e la madre l'ha rimproverata. Le volte successive che torna si porta dietro dei quaderni e passa il tempo lì a studiare (invece delle altre attività che hai descritto fini a se stesse), poi quando torna lì come donna adulta gli dai qualche segno caratteristico del fatto che il suo grande ostacolo ormai l'ha superato, per esempio è tornata lì per avere un posto tranquillo dove scrivere il testo del suo dottorato di ricerca. La tua prosa poetica avrebbe potuto soffermarsi sul faggio che sapendo il significato di quei caratteri l'avrebbe prima incoraggiata durante i suoi studi e poi sarebbe stato felice del fatto che la protagonista è riuscita a superare le sue difficoltà.
Questo è un esempio un po' scemo e banalotto, potevano essere mille altre cose che dessero un carattere in evoluzione: un esempio più maturo può essere lei che si lascia col ragazzo, passa il tempo a cercare di fidarsi di nuovo e sul termine torna al faggio insieme a suo marito.
Insomma, qualcosa che generasse una storia.
Riguardo il tuo stile, mi soffermo un attimo su un paio di cose:
Quando la ragazza arriva correndo al limitare del bosco, scappando dal ricordo di qualcosa che non si può lasciare indietro, non è la prima volta che lei e il faggio si vedono.
Qui se togli l'inciso senti che c'è qualcosa che stride nella frase. "quando la ragazza arriva al limitare del bosco non è la prima volta che lei e il faggio si vedono". Magari non è sbagliata grammaticalmente, ma non riesco a collegare le due cose come un periodo sensato in sé. La prima parte sembra suggerire una certa urgenza della ragazza, dopotutto sta scappando da qualcosa, ma "non è la prima volta che lei e il faggio si vedono" evoca invece una certa calma. Anche il pezzo successivo di flashback delle volte in cui la ragazza era stata lì da bambina disorienta molto rispetto al senso di urgenza che avevi richiamato, e infatti dopo la ragazza va a sbattere contro l'albero e si mette a piangere. C'è un distacco emotivo troppo grande tra le due cose, soprattutto per essere le primissime righe del testo. Ci poteva stare un minimo flashback di poche parole, ma qui sono diverse righe che ti fanno dimenticare che la ragazza sta scappando da qualcosa.
Sobbalzano, entrambi, per il colpo.
Qui devi fare attenzione: all'inizio del testo noi non sappiamo se questo è un brano fantasy e finora hai trattato il faggio quasi come se fosse un essere senziente e gli attribuisci pensieri razionali, quindi il dubbio che sia una creatura tipo un Ent o comunque una pianta magica senziente è legittimo. Se mi dici che l'albero sobbalza io mi immagino l'albero che sobbalza: non il tronco che, colpito dalla ragazza, ondeggia, ma proprio un movimento volontario di scostamento. Solo dopo, quando scrivi:
nonostante non possa né vedere né capire il dolore di lei
Capisco che è un normale albero e che è semplicemente la prosa poetica che lo umanizza.
Comunque devo dire che mi è piaciuto molto il tema del tempo che scorre diversamente per il faggio e la donna, forse è l'aspetto che ho apprezzato di più nel testo.
L’ultima missione
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Ciao Filippo
Il tuo racconto ha diversi problemi su più livelli, come ti hanno già fatto notare i nostri colleghi. Cerco di fare una disamina più approfondita.
A livello di storia ci sono vari problemi sparsi a giro per il testo. Prima di tutto: perché all'inizio il tipo sprona il cavallo a correre? È in ritardo? Non sembra, perché "si è fermato a parlare" con qualcuno, poi perde tempo a far mettere comodo il cavallo, con calma, poi entra nella locanda e non ci dà informazioni su cosa si aspettava. Solo dopo sappiamo che doveva incontrare qualcuno per vendergli una reliquia, ma allora entrando nella locanda avrebbe dovuto notare che quelle persone non erano ancora arrivate. Un pensiero del tipo "loro non sono ancora arrivati, bene non sono in ritardo" sarebbe stato più che sufficiente.
Anche il "non dovevo fermarmi a parlare", scoprendo poi tutto il testo, suona un po' strano. Con chi si è fermato a parlare se era in missione per rubare una reliquia? Di sicuro non stava parlando con quelli a cui l'ha rubata e dopo il furto, a logica, non doveva fermarsi a chiacchierare con altre persone. Suona tutto molto strano.
Il fatto che si metta a sbandierare l'arrivo di soldi, poi, non è ingenuo, è proprio stupido da parte sua. Per un ladro tenere un profilo basso dovrebbe essere una regola sacra, invece questo va in giro a gridare che sta per diventare ricco. Che è più o meno come tracciarsi una linea tratteggiata sul collo con scritto "sgozzare qui". Dovrebbe essere grato del fatto che lo trasformano in un albero, in qualsiasi altro posto gli sarebbe andata peggio.
Altro problema: noi scopriamo solo alla fine che il protagonista è un ladro di reliquie. Non solo lo scopriamo quando la situazione si fa concitata, ma la scoperta avviene DOPO che l'informazione è diventata di fondamentale importanza. Per fare un'analogia, è come se avessi scritto un racconto di una persona che sta girando per casa in cerca di qualcosa, aggirandosi per le stanze e guardando sotto tutti i letti e dentro tutti gli armadi e solo nelle ultime tre righe del racconto scopriamo che è un pompiere dentro una casa in fiamme che cerca il figlioletto della tipa che gli sta urlando disperata fuori dalla finestra. Troppo, troppo, troppo tardi. Dovevamo saperlo subito, è un'informazione fondamentale: senza di essa tutto il senso di pericolo che potevi generare con l'ingresso nella locanda viene meno e rimane solo un senso di "okay, ti stai infilando in un covo di tagliagole gridando che sei ricco, è stato bello conoscerti, cosa ci vuoi sulla lapide?"
Riguardo il tuo stile ho notato alcuni problemi. Ti prendo quella che è la frase più problematica come esempio:
La locanda non è molto grande, sulla sinistra il bancone e qualche sgabello, due avventori posano il boccale e mi fissano, uno è smilzo con una cicatrice sulla guancia e i capelli corti mentre l’altro invece più in carne ma che ha perso da tempo i capelli.
La seconda frase ha il verbo essere sottinteso, generalmente non è mai una buona idea sottintendere il verbo di una frase perché ti lascia un senso di incompiuto nel leggerle. La seconda frase poi è scollegata dal resto: prima descrivevi il locale, poi descrivi le azioni compiute dagli avventori di cui non definisci la posizione nello spazio e quindi deduciamo – magari sbagliando – che sono sugli sgabelli. Infine l'ultimo pezzo che ho evidenziato è un periodo molto lungo senza interruzioni, sarebbero state necessarie almeno due virgole: una prima di "mentre" e una prima di "ma", se non altro per spezzare il ritmo. Manca anche un "è" prima di "più in carne". Inoltre l'espressione "ha perso da tempo i capelli" è un po' innaturale come descrizione pensata dal personaggio: lui non sa da quanto tempo è pelato. Certo, se è veramente glabro su tutta la testa può farsi un'idea del fatto che non si sia svegliato quel giorno lasciando i capelli sul cuscino, ma vedendo, per esempio, Claudio Bisio, non pensi "ha perso i capelli da tempo", al massimo "la sua nuca è così pelata che sembra un cocomero". Un'espressione come questa la immagino più in bocca a un personaggio che la pronuncia ad alta voce in un tentativo di insulto.
L'impressione generale che ho avuto dal testo è che l'idea per il testo sia arrivata tardi e che ti sia ritrovato ad affrontare la scrittura in poco tempo, inserendo i primi dettagli che ti venivano in mente (descrizioni blande, nomi da fantasy standard come "Tempesta" e "Figli della Foresta"), lasciando vari buchi di trama (si ferma a chiacchierare dopo un furto, sbandiera a tutti le sue ricchesse) e senza concentrarti su quella che avrebbe dovuto essere la vera essenza del racconto.
Peccato, perché si vede che ti sei impegnato nell'elaborare il tuo stile di scrittura, ma con questo testo non l'hai valorizzato.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 24 marzo 2021, 19:27
da wladimiro.borchi
FREDO, FUMO E TANTA MISERIA
Andrea, complimenti.
Non parlo il dialetto ma l'ho capito e letto con estremo piacere.
Ho provato a farlo a voce alta e leggermente roca, immaginandomi il fuoco a scoppiettare nel camino.
È stata un'esperienza molto profonda e immersiva che, senza la musica delle espressioni gergali e dialettali, non mi avresti fatto raggiungere.
Non ho letto nulla degli altri, per cui è facile per me dire che, al momento, sei sul mio podio.
Resta il fatto che questa volta mi hai convinto davvero tanto.
Nulla da segnalare.
A rileggerci presto
W
ELIA UBERTIS
Il mio amico Emiliano!!!!
Oh, finalmente posso ricommentarti.
Allora, cerco di non farmi prendere troppo dall'enorme stima che ho per te e di evidenziarti subito le magagne (preciso doverosamente: assolutamente soggettive (nel senso di mie) e che alla fine son solo quisquiglie che non pregiudicano in alcun modo un lavoro che mi pare, nel complesso assai buono).
Come ho detto un'idea carina e interessante, un buon racconto e uno stile impeccabile.
Però...
Cosa c'è che non va? (Al di là di quel fastidioso anticipare il visto al sentito che ti hanno già fatto notare)
Il ritmo scelto rispetto al tipo di racconto.
Il narrato è troppo scorrevole e sincopato. Si corre nella lettura e, invece, almeno a me (parlo come lettore) nelle situazioni di angoscia serve respiro, attesa, periodi un po' più lunghi.
Anche l'aver inserito il dialogo nel narrato senza segni di punteggiatura, se è un idea che ho apprezzato in generale e che ho trovato anche in altri romanzi e racconti, non l'ho trovata in linea con la tua storia, dove avrei preferito che ogni pezzetto prendesse il suo posto e che non si corresse come dei pazzi fino alla fine.
Non so se mi sono spiegato.
Resta un racconto molto buono, ma che, almeno secondo me, poteva essere assai migliore.
A rileggerci presto
W
L'HO FATTO PER TE PAPA'
Ciao Isabella,
il racconto è scritto, al solito, in modo impeccabile, se non per quelle sciocchezzuole che ti hanno già fatto notare e di cui ti eri, in alcuni casi, già accorta.
L'unica cosa che non mi ha preso troppo è la storia che hai raccontato.
Sicuramente sei riuscita a renderla molto vera, al punto da sembrare autobiografica.
Forse, però, è troppo lineare, senza guizzi particolari o svolte che mi abbiano stupito.
Non fraintendermi, resta anche questo un buon lavoro, che merita postazioni alte in classifica (almeno per quanto ho letto fin qui), ma non è tra quelli che ha saputo tirarmi dentro di più.
A rileggerci presto
W
ANDIAMO A CASA
Ciao Alessio,
racconto interessante e scritto discretamente, al netto degli infodump che ti hanno già segnalato e che, seppur comprensibili con i caratteri a disposizione, potevano essere evitati in qualche modo.
A me è piaciuto, l'unica cosa che ho trovato un po' semplicistica è il finale.
Mi spiego meglio: in che modo il susseguirsi delle stagioni avrebbe consentito ai semi di svilupparsi? Perché l'illuminazione artificiale ad hoc non funziona, mentre il sole sì?
Tutte domande che alla fine del racconto restano senza risposta dando una sgradevole sensazione di incompiuto, al meno di non voler leggere il lavoro in chiave poetica.
Alla luce di questo, resta un buon lavoro, ma i nerd della fantascienza non apprezzeranno fino in fondo.
A rileggerci presto.
W
IL PRIMO VIAGGIO DELLA CARNE
Aiutami a di' bello!
Complimenti Andrea, un'idea molto originale e così la declinazione del tema, uno stile davvero impeccabile.
Era tanto che non mi capitava di commentarti e sono davvero contento che mi sia toccato 'sta volta.
Non mi dilungo oltre perché non ho davvero niente da dire, salvo che mi è piaciuto da impazzire.
A rileggerci presto
W
NON PUOI
Ciao Giovanni, piacere di leggerti.
Confesso che sono andato a googolare la prima frase in lingua "aliena". Sperando in un qualche riferimento temporale.
Il popolo "rapitore", infatti, resta ignoto e forse è pure più affascinante.
Il testo è molto "immersivo" e si vede che c'è dietro "studio" e "scuola".
Le regole (note o solo intuibili per i meno fortunati) sono rispettate in maniera ferrea.
Forse dovresti abbandonarti a qualche sbavatura o anche semplicemente lasciare un po' di spazio a altri maestri (anche raggiungibili solo in libreria).
La mia scrittura, sicuramente, non ti soddisferà mai a pieno, ma sono convinto che l'ape, per fare il miele, deve mischiare il nettare di più fiori, cercando di renderlo sempre più appetitoso.
La prova è buonissima, ma... Secondo me si può osare anche di più...
A rileggerci presto.
W
UN MOTIVO PER TORNARE
Ciao Sherwood,
piacere di averti letto.
Nel complesso il tuo racconto si lascia leggere, non scrivi affatto male (non ho trovato né aggettivi in eccesso, né inutili avverbi di modo). La lettura è quindi molto fluida, cosa che non guasta affatto.
Attenzione alle ripetizioni, ce ne sono davvero tante. Alcune paiono volute, ma restano fastidiose nella loro ridondanza.
Devo, peraltro, segnalare un eccesso di tell e l'uso del narratore onnisciente che, nei fatti, impediscono una vera e propria immersione nel testo e di poter empatizzare fino in fondo coi suoi protagonisti.
Vero che con 4200 battute non si possono fare miracoli, ma hai caratterizzato i personaggi (in particolare Gina) in maniera un po' troppo caricaturale, forse un minimo di sfumature potevi provare a darle.
Il tema c'è e il conflitto anche.
A rileggerci presto
W
LA SUOCERA
Ciao Mario, piacere di averti letto.
Allora, stilisticamente il tuo racconto rasenta la perfezione. In poche pennellate hai descritto egregiamente la situazione, i personaggi e il tempo.
L'unica pecca, secondo me, si può trovare nella totale assenza si una semina degli elementi che porteranno al gesto del marito.
Insomma, un racconto discreto, a cui manca quel "quid pluris" che ti faccia dire: "Mamma mia!"
A rileggerci presto
W
UN LUOGO DOVE RESTARE
Ciao Sara,
racconto difficile da valutare e da classificare.
Se da un lato, infatti, lo sforzo di ricerca poetica è andato a segno, un po' meno ho apprezzato l'aver virato in alcuni casi sul narratore onnisciente e sul raccontato, a scapito dello "show".
Non sono nemmeno io un corsista fanatico di quelli "o si scrive dome dice il Maestro (volutamente maiuscolo) o è tutto brutto" anzi: spesso qua dentro preferisco chi sperimenta a chi si fa il compitino scrio scrio con la pappa scodellata da altri. Secondo me, però, potevi mantenere il registro che avevi scelto, infilandoti a forza nel PDV della ragazza e sfruttarne le azioni e i pensieri per regalare immagini ancor più suggestive di quelle che hai trovato.
Resta una buona prova, ma un po' faticosa.
A rileggerci presto.
W
L'ULTIMA MISSIONE
Ciao Filippo, declinazione fantasy del tema interessante, ma ci sono tante cose da dire che potrebbero far crescere il racconto.
1) Io narrante - d'accordo è più facile tenere il PDV, ma attenzione se descrivi ogni singolo movimento del protagonista ne viene fuori una prosa frammentaria e un po' noiosa. Scegli fra le azioni quelle che sono davvero importanti per far capire la storia e elimina le altre.
2) Attento alle ripetizioni involontarie. La ripetizione può essere voluta per creare un effetto, ma quando non è così si percepisce e leggere diventa terribile. "Locanda" è ripetuto allo sfinimento, idem per "oste". Alla fine arrivano le doppiette di "bevo" "pantaloni" e altri termini. Evita di ripetere lo stesso termine, cerca un sinonimo o usa il soggetto sottinteso (Es. se hai scritto: "Mi calo i pantaloni una riga sopra", dopo scrivi "mi rivesto" non "mi tiro su i pantaloni").
3) I dialoghi sono poco credibili e si nota troppo che sono utilizzati per fornire informazioni. L'effetto che ne viene fuori è un antipatico "infodump" che il lettore nota e che non lo aiuta nell'immersione. Che motivo ha il tuo "io narrante" di raccontare in una lunga battuta a un oste che nemmeno conosce, tutta la sua vita degli ultimi giorni? Trova sempre una motivazione per far parlare i tuoi personaggi e fa sì che il loro linguaggio nasca dal loro corpo, dalla loro vita pregressa.
Usa inflessioni tipiche di un popolo, modi di dire, imprecazioni: rendilo vero!
Un'idea carina, ma con tante cose da migliorare.
A rileggerci presto
W
CLASSIFICA
Mai come 'stavolta è stata solo questione di sfumature. Bravi tutti!
1 - IL PRIMO VIAGGIO DELLA CARNE
2 - FREDO, FUMO E TANTA MISERIA
3 - NON PUOI
4 - ELIA UBERTIS
5 - L'HO FATTO PER TE PAPA'
6 - ANDIAMO A CASA
7 - UN LUOGO DOVE RESTARE
8 - UN MOTIVO PER TORNARE
9 - LA SUOCERA
10 - L'ULTIMA MISSIONE
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 24 marzo 2021, 19:49
da antico
Dovete ancora ricevere due classifiche. Quelle già postate sono tutte regolari.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: mercoledì 24 marzo 2021, 23:09
da giulio.palmieri
Salve, ecco commenti e classifica:
1. Freddo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
2. L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
3. Non puoi, di Giovanni Attanasio
4. Un luogo dove restare, di Sara Rosini
5. Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
6. Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
7. La suocera, di Mario Mazzafoglie
8. Un motivo per tornare, di Sherwood
9. Andiamo a casa, di Alessio Vallese
10. L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
- Freddo, fumo e tanta miseria, Andrea Lauro
Ciao Andrea, piacere di leggerti. Mado', che bel racconto. Il dialetto dello stile, che risulta poi asciutto ed essenziale, rende unica la vicenda, che altrimenti, credo, sarebbe stata banale. Anch'io l'ho letto tutto d'un fiato e non ho veramente molto da aggiungere. Belli i dettagli, la psicologia dei personaggi resa tramite le espressioni del parlato, e anche il rovesciamento sul finale: tutto calibrato perfettamente, sino alla frase di chiusura. Complimenti e alla prossima.
- Elia Ubertis, Emiliano Maramonte
Allora, il racconto secondo me scorre bene, essendo un estimatore di Tabucchi e Saramago mi sono ritrovato nella tua sperimentazione. Secondo me però alcuni passaggi sono un po' veloci, del tipo l'avvicinarsi alla porta del palazzo, il tramonto, o le sensazioni dell'incipit. Resto anche col desiderio di sapere cosa vede il protagonista nel libro, e di tutti i dettagli accennati ma non mostrati. Insomma, personalmente esco dalla lettura con la voglia di una maggiore immersione nell'atmosfera del racconto, che ha tutto il sapore di Lovecraft. Ad ogni modo, una buona prova. E buona edition!
- L’ho fatto per te, papà, Isabella Valerio
Ciao Isabella, piacere di leggerti.
Il racconto si legge molto bene; originale, tutto sommato, l'ambientazione odierna e la semplicità del gesto: portare dei fiori al cimitero. Sembra un racconto serio, all'inizio, che poi si scioglie nella leggerezza dell'accordo tra Gigi e Amelia. Forse manca qualche sorpresa, ad esempio una reticenza di Gigi, seguita dalla risoluzione finale. Comunque molto, molto piacevole. E buona edition.
- Andiamo a casa, Alessio Vallese
Ciao Alessio, piacere di averti letto. Il racconto mi è piaciuto, pur non risultando particolarmente originale nell'ambientazione. Però, il finale mi ha sorpreso: dopo tanti esperimenti, alla fine bisognava lasciare fare alla natura (un po' come dire che gli sforzi umani spesso sono inutili). Nella parte centrale mi sarei aspettato la descrizione del pianeta "desolato", quando dici:
"Una bella giornata. Maledizione. Sarebbe così facile vivere qui. Dove ho sbagliato?"
Il paesaggio non viene mostrato: la domanda del lettore (preparata dal narrato precedente) è: "che aspetto ha la Terra?", perché "sarebbe così facile vivere qui?".
Questo è il punto che mi ha lasciato perplesso; poi forse, per rendere tutto più incisivo poteva starci anche alzare la posta in gioco: magari i due non possono tornare su Marte, magari hanno un problema alla navicella e l'unica possibilità di sopravvivenza nelle loro mani è riuscire a far tornare la vita sulla terra.
- Il primo viaggio della carne, Andrea Partiti
Ciao Andrea, piacere di leggerti.
Il racconto mi ha lasciato con qualcosa d'indefinito: si capisce molto bene lo snodo del canto della creatura spiaggiata, che poi viene dispersa nei corpi affamati dei paesani giunti in spiaggia per ascoltarla, per aiutarla (almeno così sembra all'inizio). Il suo desiderio di conoscere la luce, seppur evidenziato in alcuni passaggi (e molto calzante col personaggio della creatura) meriterebbe più spazio. Ad ogni modo, una buona prova, sebbene necessiti di una revisione nei dettagli (ad es. perché le persone prendono a mangiare la creatura?). Stile avvincente.
- Non puoi, Giovanni Attanasio
Il tuo racconto scorre molto bene sin dall'incipit. Entri subito nel dilemma dei personaggi, e lo porti avanti fino al ribaltamento finale, in cui l'arco di trasformazione di Bly viene compiuto. Anche la lingua straniera ha una sua funzione, quando Bly parla al principe nella stessa lingua si vede che sta "passando dall'altra parte". Forse una maggiore descrizione del contesto avrebbe aiutato a focalizzarsi sui personaggi minori, ma il racconto così com'è, nella sua brevità, funziona alla grande.
- Un motivo per tornare, Sherwood
Ciao Sherwood, piacere di leggerti. Lo stile del racconto è fluido, sebbene (secondo me) con qualche ripetizione di troppo. Trovo però non molto originale la storia del conflitto, insomma: un uomo viene portato all'ospizio dal figlio, Saro il quale, istigato dalla moglie, ha qualche rimorso appena rientrato a casa. Manca secondo me una reazione, o qualcosa che faccia esplodere il conflitto o che, ad esempio, renda Saro totalmente succube della moglie. Qualche tipo di evoluzione in positivo o in negativo.
- La suocera, Mario Mazzafoglie
Il racconto scorre molto bene, sebbene l'incipit sia un po' lento.
A mio avviso, nel dialogo potrebbe emergere un episodio, una rievocazione che renda più concreto il conflitto tra i due.
Manca poi un qualcosa che faccia presagire il gesto dell'uomo (qualche dettaglio inquietante o qualche scatto) sebbene è giusto che l'azione finale resti nascosta sino alla fine.
Comunque, il crescendo si sente, e a mio avviso una maggiore calibrazione dei dettagli renderebbe il racconto eccellente.
- Un luogo dove restare, Sara Rosini
Chapeau. Secondo me hai puntato in profondità. E hai scelto qualcosa di difficilissimo: una storia d'amore tra una ragazza che diventa donna, e una creatura vegetale, che non ha altro pensiero se non quello che la ragazza sente in lui. Poi, hai messo a confronto i tempi della loro vita: l'albero cresce lentamente, mette foglie, è tutt'uno col tempo ciclico dei giorni e delle notti, mentre la ragazza va e viene.
Il racconto merita una limatura importante. Dovresti evitare le ripetizioni, e applicare un focus maggiore a tutti i passaggi narrativi. Ad esempio, in questo passaggio:
Se lui potesse immaginare, o se solo sapesse sognare, desidererebbe immaginare e sognare la ragazza? Desidererebbe che lei stia germogliando? La vedrebbe fiorire?
potrebbe diventare: Se lui potesse immaginare desidererebbe sognare la ragazza? Desidererebbe vederla germogliare? La vedrebbe fiorire?
Quindi un focus maggiore e più controllato (puntando alla scorrevolezza della lettura) su questo tipo di pensieri e di sensazioni.
Mi è piaciuto molto, però più difficile e profondo è l'esercizio maggiore deve essere il suo controllo formale.
Comunque, brava.
- L’ultima missione, Filippo Rubulotta
Allora, l'idea di fondo c'è, e l'hai individuata bene in funzione del tema (un ladro di reliquie che si trasforma in albero), però, secondo me:
- il nodo centrale è rappresentato dalla trasformazione del personaggio, ma questo non è legato a un suo conflitto interiore
(che potrebbe starci, a meno di restare su una rappresentazione allegorica del dramma)
- segui troppo da vicino i movimenti del protagonista, ma tutti i suoi gesti potrebbero essere limati in funzione dell'obiettivo
centrale della narrazione (che potrebbe essere l'arco di trasformazione del protagonista, cioé come risolve il suo conflitto)
- Attenzione alle interazioni coi personaggi minori: tutti sembrano sapere tutto, e attendere che il protagonista si rovini con le
proprie mani
Ti invito a lavorare sull'idea, molto buona, con un focus maggiore sui personaggi, sui loro rapporti, e sul conflitto del protagonista.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: giovedì 25 marzo 2021, 17:31
da antico
Dovete ancora ricevere una sola classifica.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: giovedì 25 marzo 2021, 19:52
da lucaspalletti
Eccomi, con la mia prima classifica!
Che dire, se avessi saputo che sarebbe stato tanto arduo scegliere, forse non avrei partecipato :P
Scherzo, ovviamente, anche perché mi sento enormemente arricchito dall'esperienza. Sicuramente però non è stato semplice stilare una classifica. Ho apprezzato aspetti di ogni singolo brano ed il livello medio è elevato, per cui non me ne vogliano gli ultimi, per me avete fatto tutti un bel lavoro!
--- CLASSIFICA ---
1) Non puoi, di Giovanni Attanasio
2) Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
3) La suocera, di Mario Mazzafoglie
4) Andiamo a casa, di Alessio Vallese
5) Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
6) Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
7) Un luogo dove restare, di Sara Rosini
8) Un motivo per tornare, di Sherwood
9) L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
10) L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
--- COMMENTI ---
- Non puoi, di Giovanni Attanasio
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Ciao Giovanni,
piacere di leggerti per la prima volta.
Veramente apprezzabile il tuo racconto, tanto per concetto quanto per stile. Proprio quest'ultimo, in piena immersione, è a mio avviso condotto con perizia. Siamo sempre interni a Bly, il mondo è filtrato dalla sua visione e la voce interiore risuona forte e chiara.
Il punto di forza della narrazione però, a mio avviso, è il doppio arco di trasformazione di Bly e Loppe, che si ritrovano a compiere lo stesso percorso in senso inverso, finendo ciascuna al punto iniziale dell'altra. Ho trovato l'idea piuttosto interessante.
Per il resto, poco da registrare: forse si empatizza poco con la protagonista (ho empatizzato più con Loppe, ma non è necessariamente un punto negativo), in parte per la sua scelta drastica sul finale, in (gran) parte per il formato ridotto al quale siamo vincolati in MC.
L'unico appunto che mi sento di fare è riguardo al passaggio seguente:
Un altro di loro scuote le spalle. «Parla di te.» Usa la mia lingua.
Che vuole? Me ne devo andare, questo è quello che voglio io. Non me ne frega niente di lui.
«Mi senti?»
Nego col capo e quello con la blusa color livido sputa: «Saevz jej fcivfe, pezin bi.»
Mi spinge col bastone. Tutte le altre fanno un passo avanti.
Ecco, questa scena mi è poco chiara. Perché le altre fanno un passo avanti quando lei viene spinta? Se lei è stata in qualche modo scelta, non dovrebbero al massimo fare un passo indietro? Fatico a comprendere la dinamica, ma probabilmente sono tardo io ^^'
Ad ogni modo, il tuo è un ottimo racconto, che rispetta il tema ed è in grado d'immergere il lettore in una dinamica che, spesso lo dimentichiamo, è ancora troppo reale nel nostro mondo. Ben fatto.
Spero di rileggerti quanto prima,
Luca
- Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
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Ciao Andrea, ho letto con gran piacere il tuo racconto.
Preciso che sono alla mia prima edizione (sempre mettere le mani avanti eh eh), pertanto il mio giudizio sarà magari un pelo inesperto, ma sicuramente sincero e sentito.
Che dire... Sono rimasto molto colpito dal brano, in senso positivo. Non da subito, però.
Inizialmente devo ammettere di aver fatto non poca fatica a "decifrare" un dialetto molto lontano dal mio, col quale ho ben poca dimestichezza. La scelta di utilizzarlo mi era parsa come minimo azzardata, se non addirittura fuori luogo. Eppure, addentrandomi più a fondo nella narrazione (condotta abilmente) mi sono sentito sempre più parte di quell'intima realtà regionale, sempre più coinvolto e parte della famiglia. Quella serie di lettere poco leggibili e le emozioni che veicolavano hanno scavato in me a poco a poco, senza che me ne rendessi conto. Hanno messo radici. Fino a quando, sul toccante finale, il dialetto scorreva facile sotto i miei occhi ed "il vecio" era ormai anche il mio vecio. Tanto da farmi temere seriamente che sarebbe morto prima della riconciliazione finale.
Ho riletto il brano una seconda volta. Ribaltata ormai la mia impressione iniziale, non sono riuscito a figurarmi il racconto scritto con un differente registro linguistico. Doveva essere scritto in dialetto. l'è così, Bepi.
Complimenti.
- La suocera, di Mario Mazzafoglie
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Ciao Mario,
piacere di averti letto per la prima volta!
Ho molto apprezzato il tuo racconto. Tema ovviamente più che centrato, stile pulito, atmosfera ben riuscita e finale con twist inaspettato. L'idea risulta tanto semplice quanto efficace.
Andando un pelo controcorrente, devo dire di non aver registrato il problema di "semine" menzionato da altri utenti, specialmente considerando il formato ridotto al quale bisogna attenersi. Vero, il gesto di Albert risulta in qualche modo ingiustificato e repentino, improvviso, ma per come la vedo io è coerente col punto di vista focalizzato internamente ad Elena.
Mi spiego meglio: ha senso, secondo me, (in un brano così breve e che ci immerge in una dinamica di conflitto già in sviluppo da tempo) che Elena non abbia idea delle intenzioni del marito, o che non ci siano segnali particolari proprio in quei due minuti in cui si svolge la scena. Il gesto di Albert non sembra il raptus di una persona folle o instabile, ma un gesto premeditato e ponderato, derivante dalla lenta esasperazione che evidentemente prova nei confronti della moglie. Questo lo si intuisce dal modo calmo e ragionato con cui fuma in casa solo per far aprire la finestra.
Insomma, è chiaro che in un racconto più lungo o in un ipotetico romanzo che seguisse l'intera vicenda coniugale dei due dovremmo avere certi tipi di segnali nel corso del tempo. Ma in un brano che descrive gli ultimi minuti di vita di una donna (sicuramente consapevole dei problemi che affliggono la coppia, ma ben lungi dall'immaginare il prossimo gesto del marito) secondo me siamo apposto così.
Anzi, il fatto che l'efferato gesto risulti così improvviso aiuta non poco a calarsi nei panni della protagonista, a sentirsi traditi, spaventati e sorpresi quanto lei. Il finale risulta così particolarmente efficace. Anche se avrei gradito sentirlo di più, quel panico: Probabilmente, se mi gettassero dalla finestra, non noterei l'arcobaleno all'orizzonte :P
Per il resto poco da registrare, qualche piccolezza che è già stata fatta notare e qualche dialogo interiore un pelo forzato, ma siamo nell'ambito della pignoleria.
Nel complesso un ottimo racconto, uno dei miei preferiti del girone.
- Andiamo a casa, di Alessio Vallese
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Ciao Alessio,
Piacere di leggerti per la prima volta.
Ho apprezzato molto questo tuo brano sci-fi, che strizza l'occhio a scenari futuri ben plausibili. La narrazione scorre fluida e senza intoppi e la vicenda risulta chiara sin dal principio, complice anche la "furbata" (in senso positivo, sia chiaro) della registrazione iniziale, che introduce al contesto scongiurando la necessità di ulteriori infodump. L'atmosfera è ben resa e appare vivida grazie all'impiego di elementi visivi ed olfattivi peculiari - le lampade biocromatiche, l'odore di ozono, il risucchio dello scarico.
L'immersione nel PDV è ben gestita, così come il rapporto tra i due personaggi. Dovendo fare il pignolo, al riguardo, segnalerei come unica sbavatura la frase «Davvero speravi di poter far nascere qualcosa da quei semi? Nessuno lo fa più da almeno un secolo. Nessuno sa più come si fa.»
Mi è sembrata un pelo stonata sia perchè, come diceva un altro utente, è curioso che venga pronunciata dopo tanti esperimenti falliti nel corso del tempo, ma soprattutto perchè, per il resto della narrazione, Sara sembra sempre supportare incondizionatamente il PDV, e questa linea di dialogo sembra un pelo fuori dal personaggio.
Visto che siamo in "modalità pignoleria", ti faccio notare anche quella che potrebbe essere una risibile inesattezza: all'inizio, nella registrazione, viene specificato che siamo nel 655esimo giorno, quindi quasi allo scadere del secondo anno terrestre. In seguito, Sara afferma che sono via da quasi un anno. Forse ho interpretato male io, intendevi un anno marziano?
Ad ogni modo questo è proprio voler cercare il pelo nell'uovo, e se mi soffermo su questi piccoli dettagli è perchè, per il resto, ho trovato il racconto impeccabile.
Davvero, mi è piaciuto molto, sia per idea che per esecuzione. Per il momento è il mio preferito tra quelli che ho avuto il piacere di leggere, e difficilmente verrà scalzato dal mio (modesto) podio personale.
Complimenti
Luca
- Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
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Ciao Andrea,
piacere di leggerti per la prima volta!
Un testo molto particolare, il tuo. Si percepiscono, come già registrato da altri utenti, vibrazioni e tinte di stampo lovecraftiano, ma con trovate originali ed interessanti. L'atmosfera e le descrizioni sono vivide e ben riuscite: ho ancora in mente, ad esempio, l'immagine degli occhietti che si aprono su ogni pezzo tagliato dalla creatura, o la scena quasi "eucaristica" dei pescatori in fila per la loro porzione.
Anche il tema, benché non in maniera immediata e manifesta, risulta a mio avviso centrato.
D'altro canto ho un po' faticato, occasionalmente, a capire chi fosse il soggetto dell'azione e soprattutto, nonostante avessi dedotto già in prima lettura che alcune scene fossero il racconto o il canto della creatura, ho faticato non poco a comprendere cosa stesse succedendo e quando. Rileggendo, ho avuto più chiaro il quadro generale e, se ho ben interpretato, quelle scene erano una sorta di flashback che i pescatori stavano interiorizzando boccone dopo boccone. Spunto notevole, ma il tutto è veicolato in maniera un po' confusa.
Peccato, perché con un pizzico di chiarezza in più e una demarcazione delle scene più netta il racconto sarebbe risultato ancor più interessante.
Risulta comunque, nel complesso, un'ottima prova e un brano che valuto positivamente. Bel lavoro.
Spero di rileggerti presto,
Luca
- Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
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Piacere di conoscerti e leggerti, Emiliano.
Sono alla prima edizione, spero che il mio parere non risulti troppo "acerbo" o maldestro.
Ho apprezzato l'idea del racconto, incontra parecchio il mio gusto personale.
A mio avviso il brano centra senza problemi il tema, anche se forse, in funzione prettamente del contest, avrei visto un accenno più "visivo" alle radici come un plus. Ad esempio dei simboli sul tomo ( con dei viticci al posto dei teschi, magari), o la sensazione di sentirsi abbarbicare o soffocare alla lettura del libro maledetto. Siamo comunque nell'ambito della pignoleria (e della soggettività), ed il testo scorre bene ugualmente.
Unico altro appunto che mi sento di fare è riguardo ai dialoghi. Ho trovato un pelo disorientante l'assenza di punteggiatura. Anche se non ho avuto difficoltà a capire chi fosse "in battuta", spesso ho dovuto interrompere la lettura per distinguere la prosa dalla componente dialogica. Niente di grave, ovviamente, però la mia esperienza ne è uscita un pelo "spezzettata". Magari anche questa è un'impressione soggettiva, ma lo trovo un peccato, perché altrimenti il brano sarebbe stato ancor più piacevole da leggere.
Comunque una bella prova, grazie per la piacevole lettura!
Luca
- Un luogo dove restare, di Sara Rosini
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Ciao Sara,
Piacere di aver letto un tuo brano per la prima volta.
Un brano, a dire il vero, per me molto difficile da valutare. Così come difficile (specialmente con un formato tanto ridotto) è il compito che ti sei prefissa: quello di raccontare la storia d'amore impossibile tra un faggio e una ragazza nel corso degli anni.
La vicenda mi ha riportato alla mente, pescando a piene mani da memorie adolescenziali che credevo di aver rimosso, la storia dell'albero di Menoa nella saga di Eragon. O, ancora, qualche passaggio del Silmarillion di Tolkien.
Da un lato ho apprezzato parecchio l'atmosfera quasi fiabesca, soave e delicata che traspare dalla tua prosa. Si nota distintamente la ricercatezza del lessico e della costruzione.
Dall'altro, il narratore troppo onnisciente non mi ha permesso di sentirmi dentro alla narrazione e di provare le emozioni che un testo del genere avrebbe potuto trasmettere. Non lo dico per un discorso di narrativa immersiva o di punto di vista in soggettiva. Anzi, credo che volendo narrare la storia d'amore nel suo complesso, abbracciando anche lo scorrere del tempo, la scelta di restare esterni fosse in un certo qual modo dovuta.
Riassumendo, è come se la storia non mi fosse arrivata. Ed è un peccato, perchè le potenzialità erano ottime. L'idea è azzeccata e la tua penna capace. Solo, magari per mia sensibilità soggettiva, è mancata quella "botta" emotiva che mi aspettavo.
Sono sicuro che la prossima volta saprò emozionarmi con un tuo testo, e non vedo l'ora di leggerlo!
Nel frattempo, buona edition!
Luca
- Un motivo per tornare, di Sherwood
► Mostra testo
Ciao,
Piacere di leggerti!
Direi che il tema è pienamente centrato, anche se purtroppo qui ne vediamo il rovescio della medaglia: il brano ruota attorno al concetto di perderle, più che metterle, le radici. In senso tanto sentimentale (povero vecchio) quanto fisico (povere rose).
Un racconto che lascia un po' con l'amaro in bocca e che fa riflettere su quanto poco, spesso e volentieri, si dia importanza a tante piccole cose che per altri invece hanno un significato profondo.
Purtroppo devo registrare, come altri, che il PDV estremamente esterno e "ballerino" ha tolto molta della potenza emotiva che un tema del genere avrebbe potuto avere. Ed è un vero peccato, perché l'idea di base e la conduzione della vicenda e della narrazione avevano un potenziale enorme. Con una focalizzazione più interna e una maggiore introspezione emotiva, questo sarebbe potuto essere uno dei racconti più commoventi del girone.
Comunque il brano si fa leggere bene e la prosa scorre via fluida. Si vede una certa esperienza nella mano di chi scrive. Questo però, forse, accresce ancor di più il rammarico.
Comunque sono sicuro che, aggiustando il tiro, il prossimo racconto sarà ottimo. E non vedo l'ora di leggerlo.
Luca
- L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
► Mostra testo
Ciao Isabella,
ho letto con piacere il tuo brano.
Il tema è senz'altro attuale, oltre che centrato (con la doppia chiave di lettura delle radici "fisiche" delle piante e quelle "emotive" e sociali dei personaggi), e il racconto si legge facilmente e senza intoppi, possedendo una semplicità (senza essere banale) che ho trovato gradevole.
Per contro, ho purtroppo faticato un pochino ad empatizzare coi personaggi, li ho sentiti in qualche modo distanti. Inutile dire che probabilmente è stata una mia impressione soggettiva e che non è certo semplice stabilire connessioni empatiche in un formato così ridotto. Tuttavia, avrei personalmente gradito un approfondimento emotivo nella prima parte, soffermandosi magari maggiormente sul senso di perdita e lutto della protagonista. Avrebbe donato più forza all'intera vicenda, a mio avviso.
Sul piano più stilistico, come registrato già da altri utenti, ho trovato la narrazione un pelo didascalica. Forse proprio questo ha contribuito a distaccarmi dal flusso sentimentale, facendomi sentire sempre troppo esterno alla vicenda, nonostante la focalizzazione sul PDV mi sia sembrata in realtà ben centrata.
Nel complesso un buon racconto che però, magari per mia mancanza, non è arrivato al cuore come speravo.
Spero di leggere presto altri tuoi brani!
Buona Sara Simoni edition,
Luca
- L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
► Mostra testo
Ciao Filippo,
piacere di leggerti per la prima volta!
Il tema direi che è ben centrato (letteralmente il tuo protagonista mette radici eh eh) e l'idea piuttosto carina, anche se forse un po' stile "campagna di D&D". Non originalissima, ma non mi è dispiaciuta, comunque.
Sullo stile, invece, c'è da lavorare un pochino. Si nota la volontà di cercare una narrazione immersiva e focalizzata sul punto di vista e in questo devo dire che hai fatto un buon lavoro (anche se molte delle azioni del PDV sono perfettamente tagliabili, a mio avviso). Purtroppo, alcune delle tue costruzioni e delle frasi in genere risultano un pochino confuse, con alcuni periodi eccessivamente lunghi e pieni di subordinate non necessarie e altri didascalici e quasi tronchi. Te lo faccio presente ovviamente non per spocchia, ma perchè nel mio racconto mi hanno fatto notare la stessa cosa, quindi sono ipersensibile all'argomento :)
Nel complesso brano simpatico, che con un po' di revisione e limature può migliorare nettamente.
Spero di leggerti anche alla prossima edizione
Luca
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: giovedì 25 marzo 2021, 21:03
da antico
Avete ricevuto tutte le classifiche, nei prossimi giorni arriverà anche la mia con relativi commenti.
Re: Gruppo TERRA: Lista racconti e classifiche
Inviato: venerdì 9 aprile 2021, 15:34
da antico
Ecco a voi i miei commenti e classifica per il vostro gruppo. Devo fare i complimenti anche a voi perché ritengo che siate riusciti a esprimere una qualità media davvero elevata, compreso il racconto di Partiti che ho commentato perché, alla fine, il suo unico errore è stato di non stare dentro i tempi pur avendo commentato tutti.
1) Fredo, fumo e tanta miseria, di Andrea Lauro
Ottimo racconto, estremamente efficace e decisamente coerente in tutte le sue parti. Coraggiosa la scelta del dialetto farlocco, riesce a dargli un colore tutto suo oltre che ad ammantarlo di verità. Delicata la scena messa su con questo avvicinamento con sorpresa tra figlio e genitori. Molto ben studiato e messo in scena, insomma. Tema perfettamente inserito senza bisogno di richiamarlo direttamente, come dovrebbe essere sempre. Per me un pollice su.
2) Non puoi, di Giovanni Attanasio
Pollice su, assolutamente. Hai questa capacità di immergere completamente nei tuoi testi unita a un'estrema pignoleria (in senso positivo) che non ti fa scendere a compromessi che apprezzo tantissimo. Il racconto è davvero affascinante e segue una linea logica che condiviso in pieno. Il tema è totalmente fondante il testo nel suo complesso. Finisci dietro al racconto di Lauro per una mera questione di emozione perché l'unico punto debole del tuo impianto (ma solo se messo direttamente a confronto con testi che invece lo hanno e che sono da pollice su come il tuo) sta in una certa freddezza che si percepisce sullo sfondo.
3) Un luogo dove restare, di Sara Rosini
Un racconto coraggioso che vive delle sensazioni che cerca di fare nascere nel lettore e per ottenerle utilizza una tecnica tutta sua, anche funzionale, nel quale però a volte la voce narrante fa sentire troppo la sua presenza (e questo era implicito nella scelta fatta, ma semmai l'obbiettivo era quella di trovare il modo per non farla percepire al di fuori delle sensazioni presunte del faggio). Qualcosa non funziona anche nella parte iniziale con quel senso di urgenza di lei che arriva di corsa che fa pensare a un inseguimento e inserisce il lettore in un'attesa fallace. Poi l'avvicinamento al faggio e anche in quel punto qualcosa stride quando non dovrebbe. Ma ok, stiamo parlando di una strategia ben specifica va valutata nella sua funzionalità, come uno spartito musicale che deve creare una certa atmosfera: ci riesce, quasi. Il finale è ottimo con quella chiusa perentoria che fornisce quel tono romantico, da favola appena conclusa eppure eterna. Insomma, tutto sommato direi che il racconto è riuscito, pur nelle sue criticità che interrompono un flusso che, invece, dovrebbe essere costante e continuo. Molto interessante e un complimenti all'utrice per la scelta. Curioso di leggere i prossimi lavori. Per me siamo dalle parti del pollice tendente verso l'alto in modo brillante.
4) Elia Ubertis, di Emiliano Maramonte
Complimenti per la sperimentazione, direi che sei riuscito a portarla fino in fondo senza cedimenti e questo è un bel plus. Non so quanto mi piaccia questa tecnica, sia chiaro, ma credo anche che il problema principale che ho riscontrato le lasci ancora uno spiraglio per un'esecuzione più equilibrata. Mi spiego: credo che in certi passaggi tu abbia dovuto accelerare per riuscire ad arrivare puntuale all'appuntamento con il limite di caratteri. In pratica, questa cosa ti ha influenzato andando a incidere sul tuo controllo del racconto e facendoti perdere, in alcuni punti, l'equilibrio necessario. Questa è la mia idea. Tema perfettamente declinato. Concludendo, per me un pollice tendente verso il positivo in modo brillante per la sperimentazione e l'esecuzione, al netto di quanto di ho sottolineato sulla problematica caratteri.
5) L’ho fatto per te, papà, di Isabella Valerio
Un racconto semplice e lineare, ben raccontato, piacevole, forse un po' disordinato per la mancanza di revisione finale (e questo incide particolarmente in testi come questo che fanno della pulizia e semplicità il proprio cavallo di battaglia). La protagonista ha una missione, trova un guardiano e deve superare la prova, ci riesce, vince, il tutto in un contesto molto attuale che non guasta mai. Forse il problema più grosso consiste proprio nella prova e nella sua decisione se ingannare o meno il guardiano, credo fosse un pezzo in cui avresti potuto darci dentro con maggiore verve comica. Il tema c'è, ma non è così immediato arrivarci. Concludendo, direi un classico pollice tendente verso il positivo in modo solido, ma non brillante.
6) La suocera, di Mario Mazzafoglie
Un buon racconto con giusto quel peccatuccio capitale della semina sul marito che diventa fondamentale perché privi la storia di un meccanismo fondamentale: la tensione in vista del finale. Mi sembra che la tua strategia sia stata, volutamente, quella di tenere basso il profilo del marito per poi giungere al finale a sorpresa, ma occhio che il lavorarlo di più come personaggio non avrebbe precluso la sorpresa stessa e anzi avrebbe fatto lavorare la mente e la fantasia del lettore in corso di lettura dando quel quid plus al racconto di cui ti ha parlato Wladimiro. In pratica, tutto il discorso sulla semina era per sottolineare la mancanza di un motore fondamentale nel tuo intreccio, cosa che lo ha appiattito. Tema ben declinato. Come valutazione direi un pollice tendente verso il positivo in modo solido, ma non brillante che si piazza subito dietro al racconto della Valerio, forse meno preciso nella scrittura, ma più vibrante nell'intreccio.
7) Un motivo per tornare, di Sherwood
Ho poco da aggiungere soprattutto al tuo messaggio di risposta a Massimo nel quale dimostri di renderti perfettamente conto delle criticità del racconto. Mi concentro quindi su altro e, nello specifico, sul farti i complimenti per la prosa ordinata e piacevole oltre che sul controllo del racconto (esclusi i pdv) che mi è sembrato molto buono, sei cresciuta parecchio sotto questo punto di vista e i risultati si vedono. Rimane da calibrare la questione del pdv che è davvero un po' sballato e te lo dice un commentore che non lo mette necessariamente al primo posto come ordine di importanza, ma che lo valuta una volta ponderata la funzionalità globale del testo. Come valutazione direi un pollice tendente verso il positivo in modo solido, ma non brillante che si piazza di poco dietro il racconto della Valero.
8) Andiamo a casa, di Alessio Vallese
Il tuo stile pulito e funzionale è ormai un marchio di fabbrica, ma questa volta ho storto il naso in un paio di occasioni e mi dispiace ripetere quello già detto da altri: 1) la prima parte e quel dialogo così forzato... Fai passare delle informazioni a puro consumo del lettore facendo ripetere ai protagonisti cose che già sanno. Prova a rivederlo in una situazione normale, nella vita quotidiana con te che snoccioli cose che sia tu che il tuo interlocutore conoscete, così, a uso e consumo di uno spirito che passa di lì, distratto... Insomma, straforzato e quindi innaturale. 2) il finale non mi ha convinto perché mi è sembrato troppo semplice, sono sulla Terra da 650 giorni, due anni, e non hanno mai dato un occhio alla zona di scarico e casualmente lo fanno proprio in occasione del racconto che, a sua volta, parte proprio dall'ultimo esperimento? Troppe coincidenze casuali fanno sempre rizzare i peli della realtà. Insomma, il tema c'è, ma questa volta, pur con il tuo stile che trovo sempre piacevole, non mi hai convinto e neppure tirato nel racconto. Capita, eh? Come valutazione direi un pollice tendente verso il positivo, questo è scontato perché cmq si legge anche volentieri, ma al pelo.
9) L’ultima missione, di Filippo Rubulotta
Oh dunque, direi che qui è abbastanza evidente la problematica legata alla gestione dei caratteri: parti più equilibrato e poi acceleri all'inverosimile perdendo il controllo del racconto e, di conseguenza, il lettore. Pace, questo è uno degli errori più comuni su MC e, alla fine, ci cascano tutti. Detto questo, occhio però anche all'intreccio perché ho visto un protagonista troppo passivo e molto pollo con dei passaggi piuttosto ingenui che fanno cadere le aspettative, di nuovo, del lettore, ma probabilmente anche questo può essere correlato all'ansia da caratteri che deve averti preso da un certo punto in poi. Direi un pollice ni, questa volta. A rileggerti presto.
Fuorigara:
Il primo viaggio della carne, di Andrea Partiti
Beh, questo è un gran pezzo ed è un peccato per la squalifica anche se mi sembra che, come punteggio, non saresti comunque rientrato nei tre e credo che la spiegazione stia nelle sfumature che hai inserito nel testo che ad alcuni possono sfuggire, in base al background di cui siamo, ognuno, depositari. E ci sta. Resta il fatto che a me è arrivato in pieno e che lo trovo magnifico in ognu sua parte, compreso il tema che risulta assolutamente fondante il testo nel suo complesso. Insomma, sarebbe un pollice su bello convinto e, previa la tua autorizzazione, mi piacerebbe comunque portarlo in Vetrina. Attendo una tua risposta.