Ade
Inviato: giovedì 10 giugno 2021, 10:16
Ade di Morena Bergamaschi
La canzone pop sfuma in una dolce melodia da ballo di coppia. Mi avvicino al tavolo, prendo il bicchiere dell'acqua e lo scolo in un colpo solo. Tra il caldo e il vino, mi gira la testa. Non so perché debbano fare i matrimoni in pieno agosto.
Luca mi sfiora la schiena. «Perla, tutto bene?» I suoi occhi color nocciola mi fissano e riflettono le luci colorate degli addobbi.
«No. Si. Non lo so.» Prendo il tovagliolo e mi asciugo il viso. Mi sforzo di sorridere, ma mi devo appoggiare allo schienale della sedia per non cadere.
Mi afferra per il fianco e mi sorregge. «Dai, siediti un attimo e riprendi fiato.» Riempie il calice con lo spumante e me lo avvicina. «Bevi qualcosa.»
«Vorrei dell'acqua, Luca.» Sposto con la mano il bicchiere e lo allontano da me.
«Bevi e basta.» La sua voce suona più dura. «Poi facciamo due passi, al fresco.»
Sorseggio lo spumante, è fresco in gola, ma mi annebbia il pensiero. Per fortuna che Luca è accanto a me o sarei caduta a terra, davanti a tutti gli invitati. Che figura che avrei fatto.
«Vieni, spostiamoci all'ombra.» La mano calda di Luca mi sfiora la schiena e un brivido mi percorre.
«Lo sai che ti amo?»
«Perla sei proprio ubriaca!» Una risata cristallina esce dalle sue belle labbra.
«Dai scemo, non prendermi in giro.» Mi aggrappo al suo braccio e mi lascio condurre verso il boschetto.
I rami degli alberi sono fitti e la luce del sole filtra appena, tra le foglie danzanti nel vento. L'aria è più fresca e raccoglie l'odore di muschio e fiori selvatici.
«Qui si sta molto meglio. Grazie, Luca.» Mi appoggio con la schiena a un grosso tronco. Il vento agita il vestito azzurro mare, la gonna si alza e mi scopre le cosce. Potevano farlo un po' più lungo questo vestito da damigella. Con entrambe le mani blocco la stoffa, prima che si sollevi troppo.
Luca mi sta fissando. Sembra ipnotizzato. Sposta il peso da una gamba all'altra. Si avvicina, appoggia i palmi sul tronco, accanto alle mie spalle, e sfiora il mio naso col suo.
Il suo profumo di agrumi mi inebria, arrossisco e distolgo lo sguardo.
«Luca, cosa stai—»
Le sue labbra sono incollate alle mie e il peso del suo corpo mi schiaccia. La lingua calda mi sfiora la bocca, che si schiude appena. Sono due anni che aspetto questo momento e sta succedendo davvero. Le lingue si fondono, si cercano e si rincorrono tra le nostre bocche. Lo abbraccio e sfioro i suoi capelli morbidi.
I suoi baci diventano più veloci, affamati e insaziabili. La sua mano accarezza il seno, lo stringe e , con un gesto rapido, scivola dentro al vestito. Luca cosa stai facendo?
Lo spingo dalle spalle, allontano il mio viso dal suo, ma non riesco a staccarmi da lui. «Luca, ti prego...»
«Perla tu mi vuoi.» Sposta appena il viso per guardarmi negli occhi. «Non fare la preziosa.»
Affonda il suo viso nel collo, mi bacia con avidità e la sua mano continua a toccare il mio seno.
«No, lasciami!» Spingo, con le braccia e con le gambe, ma mi tiene inchiodata al tronco.
Sposta la mano lungo la coscia, solleva il vestito e infila la mano tra le gambe.
No Luca, perché fai così? Serrò le cosce più che posso e sento le sue dita cercare di farsi largo. Riesco a liberare un braccio dalla sua morsa e lo colpisco in pieno volto, con tutta la potenza che ho. Si allontana di un paio di passi, ha il fiatone e un segno rosso gli si dipinge sulla guancia.
«Tu sei mia!» Si slaccia la cintura dei pantaloni e abbassa la zip. «Sentirai quanto ti voglio.»
Fa un passo in avanti, alza il braccio e mi colpisce a mano aperta sul viso. Cado a terra e il sapore del sangue mi invade la bocca. Un bruciore intenso risale lungo la spalla e un liquido caldo scende verso la mano. Un calcio, in pieno stomaco, mi mozza in fiato, mi rannicchio sul lato e comincio a piangere.
Le sue mani mi afferrano, mi girano e mi sollevano il vestito. Con una mano mi stringe la gola e con l'altra mi apre le gambe. «Collabora, amore mio e godrai anche tu.» Con un colpo secco mi penetra.
***
Un brivido mi percuote e mi sveglio. Alcune foglie sono appiccicate alla mia pelle, le mani sono sporche di terra e il vestito è umido. Una fioca luce illumina gli alberi e i cespugli accanto a me. Non può essere successo davvero. Mi appoggio sul gomito per alzarmi, ma il braccio cede e una nuova fitta di dolore mi pervade. Una ferita si apre dalla spalla al gomito. Strappo una striscia di tessuto dal vestito, gratto via un po' di sangue rappreso e terriccio e mi bendo la ferita.
Un fruscio nel cespuglio di fronte a me e il rumore di un ramo spezzato attirano la mia attenzione. Cosa deve succedermi ancora? Due occhi di brace si accendono nella penombra del bosco e un respiro pesante fa vibrare le foglie.
Mi appoggio al tronco, mi sollevo senza staccare gli occhi dal cespuglio. Resta calma Perla. Respira. Muovo qualche passo all'indietro, lenta. La figura si muove verso di me ed esce dal cespuglio. Sembra un cane, ma è grosso come un orso. Il pelo nero ricopre il corpo muscoloso, i denti bianchi spiccano tra le fauci socchiuse e le possenti zampe si appoggiano al terreno senza emettere alcun suono.
Porto una mano alla bocca e soffoco un urlo. Una lacrima scorre sulla guancia e cade a terra.
Stai tranquilla, ragazza.
«Chi ha parlato?» A destra e a sinistra ci sono solo alberi. «Se, se questo è uno scherzo...»
Nessuno scherzo. Sono qui davanti a te.
Fisso quegli occhi rossi. Non può essere quella cosa a parlare. Filtra più luce tra le fronde e il terreno è più pianeggiante. Ora o mai più. Mi volto, comincio a correre, mi tengo stretto il braccio fasciato e non mi guardo indietro. Non voglio sapere se mi sta seguendo.
Gli alberi si fanno più fitti, i rami mi rallentano e mi graffiano la pelle. Il piede si incastra in una radice sporgente e cado faccia a terra. Con un po' di sforzo riesco a girarmi sulla schiena, ho il respiro affannato e un gran dolore.
Ti sei fatta male?
Oddio ancora quella cosa.
Non sono una cosa. Mi chiamo Ade.
«Ti prego non mi uccidere...» Le lacrime scendono copiose sulle guance. La luce si attenua e un odore di carne putrida mi investe. A fatica apro gli occhi e la cosa è sopra di me, con la bava che cola da un lato della bocca. Mi osserva, mi annusa, si sposta e si accuccia accanto a me. Il pelo ispido mi solletica. Forse sto sognando. Un cane che parla non esiste e ora mi sveglio da questo incubo.
Non è un sogno. Quello che ti è successo è accaduto davvero.
Mi giro sul fianco e osservo questo strano animale vicino a me. Il suo aspetto è spaventoso, ma sembra gentile. La mia caviglia è gonfia, mi appoggio sulla mano sana e mi tiro su. Non posso camminare così, mi serve un bastone.
Vieni ti porto io. Sali su di me.
Sfrega il suo naso alla mia mano, è umido e morbido. Faccio passare la gamba malconcia oltre la sua schiena, attenta a non toccare nulla e afferro il pelo tra le spalle. Con un colpo deciso si issa sulle quattro zampe e si avvia nel bosco.
Ti terrò al sicuro.
Il dondolio dell'andatura e il suo respiro tranquillo, mi conciliano il sonno. Chiudo gli occhi e mi perdo nell'oblio.
***
Mi sveglio. Una cosa ruvida e bagnata sta passando sul braccio e una fitta di dolore mi riporta alla realtà. Il cane sta leccandomi la ferita. Forse pensa di aiutarmi.
Mi chiamo Ade, non cane o cosa.
«Ehm, scusa. Ade.» Permaloso anche.
Sbuffa appena.
Il terreno è asciutto e compatto, l'aria è fresca. Sposto appena il peso e la mia pelle sfiora la pietra fredda della grotta.
«Ade, dove siamo?»
Siamo al sicuro. Tranquilla.
«Devo tornare dalla mia famiglia. Saranno preoccupati.»
Vado a prenderti qualcosa da mangiare. Qui fuori c'è dell'acqua. Bevi.
Si alza, si volta e se ne va. Mi trascino fuori dalla grotta e il sole alto mi riscalda il viso. Dalla pietra sgorga un piccolo fiotto di acqua cristallina. Metto le mani a coppa, lascio che l'acqua le riempia e bevo una lunga sorsata. Qui non si sta così male.
***
«Che ne dici, Ade, andiamo a prendere cibo e legna?» Lo accarezzo tra le orecchie e gli sorrido. Ormai siamo inseparabili. Queste settimane con lui sono state, forse, la cosa migliore della mia vita.
Andiamo Perla. Fra poco sarà buio.
Prendo cestino e bastone, mi avvio dentro il bosco con Ade al mio fianco. «Più avanti ci sono delle bacche. Tu cerca pure qualche coniglio per la cena.» E pensare che il coniglio neanche mi piaceva. Sorrido e mi allontano.
Mi abbasso a raccogliere alcune more, ne infilo qualcuna nel cestino e alcune in bocca. Il sapore acidulo si sprigiona appena le addento e un retrogusto dolciastro mi resta sulle labbra. Due passerotti si alzano, rapidi, in volo poco più in là. Alcuni uomini sbucano dalla boscaglia di fronte a me, mi acquatto dietro il cespuglio e trattengo il respiro. Una mano si appoggia sulla mia spalla e mi fa girare. Luca.
Apro la bocca, ma non riesco ad emettere nessun suono.
«Ragazzi, guardate che bella preda ho qui.» Mi afferra per un braccio e mi strattona oltre il cespuglio. «È la mia bellissima Perla.»
«Lasciami Luca!» La sua presa è forte e non riesco a divincolarmi. Ade non ti avvicinare, sono uomini pericolosi.
Con una mano mi accarezza la guancia. «Amore mio, ci siamo divertiti insieme.» Il suo sguardo si sofferma sul vestito strappato e un sorriso gli si dipinge sul volto. «Dovremmo togliere questo straccio e far vedere, a tutti, quanto sei bella.»
«Smettila.» La mia voce trema appena, ma faccio un respiro profondo.
Perla resta calma. Ci penso io a loro.
Un ringhio basso e profondo proviene dalla boscaglia dietro agli uomini. Ade compare tra gli alberi, gli occhi di brace sono infiammati di rabbia e i denti azzannano l'aria. Stai attento.
Gli uomini indietreggiano e Luca si ripara dietro al mio corpo. Vigliacco. «Prendete dei bastoni e attaccatelo!» Gli uomini si girano verso di lui, lo sguardo stupito e le bocche spalancate.
«Ma come possiamo...»
«Forza, è solo un grosso cane.»
Qualcuno afferra dei rami a terra, un altro sfodera un coltello dalla tasca dei pantaloni e altri raccolgono qualche pietra. Ade restane fuori o ti faranno a pezzi.
Perla devo proteggerti. A qualunque costo.
Gli uomini avanzano verso Ade e lo accerchiano. Non fargli del male. Sono solo stupidi. Luca mi gira verso di sé, mi spinge indietro e, con la schiena, urto un grosso tronco. Con un rapido gesto, strappa il vestito e lo lascia cadere accanto a me. «Ora ci divertiamo.»
Non può succedere di nuovo. Il sole è sceso dietro agli alberi e la penombra avanza nel boschetto. Luca si slaccia cintura e pantaloni, se li cala insieme alle mutande, mi prende una mano e mi fa stringere il suo membro turgido. «L'altra volta ho fatto tutto io, ma se vuoi puoi partecipare attivamente.»
Ade ringhia più forte, fa schioccare le fauci verso gli uomini che gli si avvicinano minacciosi. Perla non voglio che ti faccia del male.
Non lo voglio neanch'io, ma ti ucciderebbero se reagissi. Non posso perderti.
Ti perderò, se ti sfiora ancora una volta. Morirei per te.
Luca mi bacia un capezzolo, lo succhia e mi infila la lingua in bocca. La mia mano stringe ancora il suo pene. Le sue dita scendono in mezzo alle cosce, sfiorano la mia pelle ed entrano, con prepotenza.
«Ti piace, vero Perla?» Mi spinge a terra, in ginocchio, mi afferra i capelli e mi tira indietro la testa. La mia mano scivola a terra e sfiora qualcosa di freddo e solido. Luca mi stringe il mento, la mia bocca si apre e mi infila il suo membro, fino in gola.
Perla, no! Un ringhio, e lo schianto dei denti sul legno, mi scuote dal torpore.
Stringo la mano sul sasso che ho sfiorato prima, faccio scivolare la testa all'indietro e gli colpisco il pene. L'urlo straziante di Luca mi conferma che l'ho centrato. Non mi avrai mai, pezzo di merda!
Ade si avventa sull'uomo davanti a lui, gli afferra un braccio e lo strattona. Le urla invadono il boschetto, gli uomini scappano in ogni direzione, lasciando indietro i feriti. Mi alzo, la pietra ancora stretta nella mia mano. Luca è in ginocchio davanti a me, le mani premute tra le cosce, singhiozza e impreca a bassa voce.
«Scusa, ma non capisco cosa stai dicendo?»
«Puttana. Sei una lurida puttana!» Mi sputa addosso.
Ade mi affianca, il suo ringhio è basso e i suoi occhi ardono ancora di più.
«Sai, Luca, io sarò una puttana, ma tu non meriti di vivere un minuto di più.» La mia voce è tranquilla, quasi come se non fossi io a parlare.
«No, Perla, amore, giuro che non lo farò più.» Mi afferra una mano e la bacia.
«Lo hai già fatto.» Scosto la mano.
«Lo faremo solo quando tu vorrai.»
«Noi non faremo un bel niente insieme!»
«Ma, tesoro, noi ci apparte—»
Lo colpisco, in testa, con il sasso. Un tonfo sordo e il rumore di qualcosa che cede seguono l'impatto. Si accascia a terra, immobile.
Le lacrime cominciano a scendere intense, apro la mano e lascio scivolare a terra la pietra. I singhiozzi mi bloccano il respiro e cado a terra, in ginocchio. Ade si avvicina a me, mi appoggia il muso sulla spalla. Lo abbraccio e lo stringo forte.
Perla.
Ora è calmo. Il respiro è lento e il calore della sua pelliccia mi riscalda in profondità.
Perla, stai bene?
Ora sì. Anche se non riesco a smettere di piangere. Resterai con me, Ade?
Non vorrei essere in nessun altro posto.
Mi sdraio sul terreno umido e Ade si posiziona accanto a me. Le stelle fanno capolino tra le foglie e una leggera brezza mi accarezza la pelle.
«Sai, Ade, ora so cosa voglio fare della mia vita.» Fisso le braci dei suoi occhi.
Appoggia il naso bagnato contro la mia spalla e mi dà un colpetto. Dillo ad alta voce, Perla.
«Voglio essere forte.» Gli prendo il muso tra le mani e lo avvicino al mio. «Voglio sentirmi viva, come lo sono adesso.»
I suoi occhi si chiudono. Sembra che stia pensando.
«Voglio che nessuna donna debba provare quello che ho provato io. Voglio salvarle.»
Riapre gli occhi. Sono stato mandato qui, per questo. Per te.
Mi rannicchio contro di lui. Pelle contro pelo. I respiri si sincronizzano e sprofondiamo in un sonno senza incubi.
La mia oasi di pace è un cane di tenebra.
La canzone pop sfuma in una dolce melodia da ballo di coppia. Mi avvicino al tavolo, prendo il bicchiere dell'acqua e lo scolo in un colpo solo. Tra il caldo e il vino, mi gira la testa. Non so perché debbano fare i matrimoni in pieno agosto.
Luca mi sfiora la schiena. «Perla, tutto bene?» I suoi occhi color nocciola mi fissano e riflettono le luci colorate degli addobbi.
«No. Si. Non lo so.» Prendo il tovagliolo e mi asciugo il viso. Mi sforzo di sorridere, ma mi devo appoggiare allo schienale della sedia per non cadere.
Mi afferra per il fianco e mi sorregge. «Dai, siediti un attimo e riprendi fiato.» Riempie il calice con lo spumante e me lo avvicina. «Bevi qualcosa.»
«Vorrei dell'acqua, Luca.» Sposto con la mano il bicchiere e lo allontano da me.
«Bevi e basta.» La sua voce suona più dura. «Poi facciamo due passi, al fresco.»
Sorseggio lo spumante, è fresco in gola, ma mi annebbia il pensiero. Per fortuna che Luca è accanto a me o sarei caduta a terra, davanti a tutti gli invitati. Che figura che avrei fatto.
«Vieni, spostiamoci all'ombra.» La mano calda di Luca mi sfiora la schiena e un brivido mi percorre.
«Lo sai che ti amo?»
«Perla sei proprio ubriaca!» Una risata cristallina esce dalle sue belle labbra.
«Dai scemo, non prendermi in giro.» Mi aggrappo al suo braccio e mi lascio condurre verso il boschetto.
I rami degli alberi sono fitti e la luce del sole filtra appena, tra le foglie danzanti nel vento. L'aria è più fresca e raccoglie l'odore di muschio e fiori selvatici.
«Qui si sta molto meglio. Grazie, Luca.» Mi appoggio con la schiena a un grosso tronco. Il vento agita il vestito azzurro mare, la gonna si alza e mi scopre le cosce. Potevano farlo un po' più lungo questo vestito da damigella. Con entrambe le mani blocco la stoffa, prima che si sollevi troppo.
Luca mi sta fissando. Sembra ipnotizzato. Sposta il peso da una gamba all'altra. Si avvicina, appoggia i palmi sul tronco, accanto alle mie spalle, e sfiora il mio naso col suo.
Il suo profumo di agrumi mi inebria, arrossisco e distolgo lo sguardo.
«Luca, cosa stai—»
Le sue labbra sono incollate alle mie e il peso del suo corpo mi schiaccia. La lingua calda mi sfiora la bocca, che si schiude appena. Sono due anni che aspetto questo momento e sta succedendo davvero. Le lingue si fondono, si cercano e si rincorrono tra le nostre bocche. Lo abbraccio e sfioro i suoi capelli morbidi.
I suoi baci diventano più veloci, affamati e insaziabili. La sua mano accarezza il seno, lo stringe e , con un gesto rapido, scivola dentro al vestito. Luca cosa stai facendo?
Lo spingo dalle spalle, allontano il mio viso dal suo, ma non riesco a staccarmi da lui. «Luca, ti prego...»
«Perla tu mi vuoi.» Sposta appena il viso per guardarmi negli occhi. «Non fare la preziosa.»
Affonda il suo viso nel collo, mi bacia con avidità e la sua mano continua a toccare il mio seno.
«No, lasciami!» Spingo, con le braccia e con le gambe, ma mi tiene inchiodata al tronco.
Sposta la mano lungo la coscia, solleva il vestito e infila la mano tra le gambe.
No Luca, perché fai così? Serrò le cosce più che posso e sento le sue dita cercare di farsi largo. Riesco a liberare un braccio dalla sua morsa e lo colpisco in pieno volto, con tutta la potenza che ho. Si allontana di un paio di passi, ha il fiatone e un segno rosso gli si dipinge sulla guancia.
«Tu sei mia!» Si slaccia la cintura dei pantaloni e abbassa la zip. «Sentirai quanto ti voglio.»
Fa un passo in avanti, alza il braccio e mi colpisce a mano aperta sul viso. Cado a terra e il sapore del sangue mi invade la bocca. Un bruciore intenso risale lungo la spalla e un liquido caldo scende verso la mano. Un calcio, in pieno stomaco, mi mozza in fiato, mi rannicchio sul lato e comincio a piangere.
Le sue mani mi afferrano, mi girano e mi sollevano il vestito. Con una mano mi stringe la gola e con l'altra mi apre le gambe. «Collabora, amore mio e godrai anche tu.» Con un colpo secco mi penetra.
***
Un brivido mi percuote e mi sveglio. Alcune foglie sono appiccicate alla mia pelle, le mani sono sporche di terra e il vestito è umido. Una fioca luce illumina gli alberi e i cespugli accanto a me. Non può essere successo davvero. Mi appoggio sul gomito per alzarmi, ma il braccio cede e una nuova fitta di dolore mi pervade. Una ferita si apre dalla spalla al gomito. Strappo una striscia di tessuto dal vestito, gratto via un po' di sangue rappreso e terriccio e mi bendo la ferita.
Un fruscio nel cespuglio di fronte a me e il rumore di un ramo spezzato attirano la mia attenzione. Cosa deve succedermi ancora? Due occhi di brace si accendono nella penombra del bosco e un respiro pesante fa vibrare le foglie.
Mi appoggio al tronco, mi sollevo senza staccare gli occhi dal cespuglio. Resta calma Perla. Respira. Muovo qualche passo all'indietro, lenta. La figura si muove verso di me ed esce dal cespuglio. Sembra un cane, ma è grosso come un orso. Il pelo nero ricopre il corpo muscoloso, i denti bianchi spiccano tra le fauci socchiuse e le possenti zampe si appoggiano al terreno senza emettere alcun suono.
Porto una mano alla bocca e soffoco un urlo. Una lacrima scorre sulla guancia e cade a terra.
Stai tranquilla, ragazza.
«Chi ha parlato?» A destra e a sinistra ci sono solo alberi. «Se, se questo è uno scherzo...»
Nessuno scherzo. Sono qui davanti a te.
Fisso quegli occhi rossi. Non può essere quella cosa a parlare. Filtra più luce tra le fronde e il terreno è più pianeggiante. Ora o mai più. Mi volto, comincio a correre, mi tengo stretto il braccio fasciato e non mi guardo indietro. Non voglio sapere se mi sta seguendo.
Gli alberi si fanno più fitti, i rami mi rallentano e mi graffiano la pelle. Il piede si incastra in una radice sporgente e cado faccia a terra. Con un po' di sforzo riesco a girarmi sulla schiena, ho il respiro affannato e un gran dolore.
Ti sei fatta male?
Oddio ancora quella cosa.
Non sono una cosa. Mi chiamo Ade.
«Ti prego non mi uccidere...» Le lacrime scendono copiose sulle guance. La luce si attenua e un odore di carne putrida mi investe. A fatica apro gli occhi e la cosa è sopra di me, con la bava che cola da un lato della bocca. Mi osserva, mi annusa, si sposta e si accuccia accanto a me. Il pelo ispido mi solletica. Forse sto sognando. Un cane che parla non esiste e ora mi sveglio da questo incubo.
Non è un sogno. Quello che ti è successo è accaduto davvero.
Mi giro sul fianco e osservo questo strano animale vicino a me. Il suo aspetto è spaventoso, ma sembra gentile. La mia caviglia è gonfia, mi appoggio sulla mano sana e mi tiro su. Non posso camminare così, mi serve un bastone.
Vieni ti porto io. Sali su di me.
Sfrega il suo naso alla mia mano, è umido e morbido. Faccio passare la gamba malconcia oltre la sua schiena, attenta a non toccare nulla e afferro il pelo tra le spalle. Con un colpo deciso si issa sulle quattro zampe e si avvia nel bosco.
Ti terrò al sicuro.
Il dondolio dell'andatura e il suo respiro tranquillo, mi conciliano il sonno. Chiudo gli occhi e mi perdo nell'oblio.
***
Mi sveglio. Una cosa ruvida e bagnata sta passando sul braccio e una fitta di dolore mi riporta alla realtà. Il cane sta leccandomi la ferita. Forse pensa di aiutarmi.
Mi chiamo Ade, non cane o cosa.
«Ehm, scusa. Ade.» Permaloso anche.
Sbuffa appena.
Il terreno è asciutto e compatto, l'aria è fresca. Sposto appena il peso e la mia pelle sfiora la pietra fredda della grotta.
«Ade, dove siamo?»
Siamo al sicuro. Tranquilla.
«Devo tornare dalla mia famiglia. Saranno preoccupati.»
Vado a prenderti qualcosa da mangiare. Qui fuori c'è dell'acqua. Bevi.
Si alza, si volta e se ne va. Mi trascino fuori dalla grotta e il sole alto mi riscalda il viso. Dalla pietra sgorga un piccolo fiotto di acqua cristallina. Metto le mani a coppa, lascio che l'acqua le riempia e bevo una lunga sorsata. Qui non si sta così male.
***
«Che ne dici, Ade, andiamo a prendere cibo e legna?» Lo accarezzo tra le orecchie e gli sorrido. Ormai siamo inseparabili. Queste settimane con lui sono state, forse, la cosa migliore della mia vita.
Andiamo Perla. Fra poco sarà buio.
Prendo cestino e bastone, mi avvio dentro il bosco con Ade al mio fianco. «Più avanti ci sono delle bacche. Tu cerca pure qualche coniglio per la cena.» E pensare che il coniglio neanche mi piaceva. Sorrido e mi allontano.
Mi abbasso a raccogliere alcune more, ne infilo qualcuna nel cestino e alcune in bocca. Il sapore acidulo si sprigiona appena le addento e un retrogusto dolciastro mi resta sulle labbra. Due passerotti si alzano, rapidi, in volo poco più in là. Alcuni uomini sbucano dalla boscaglia di fronte a me, mi acquatto dietro il cespuglio e trattengo il respiro. Una mano si appoggia sulla mia spalla e mi fa girare. Luca.
Apro la bocca, ma non riesco ad emettere nessun suono.
«Ragazzi, guardate che bella preda ho qui.» Mi afferra per un braccio e mi strattona oltre il cespuglio. «È la mia bellissima Perla.»
«Lasciami Luca!» La sua presa è forte e non riesco a divincolarmi. Ade non ti avvicinare, sono uomini pericolosi.
Con una mano mi accarezza la guancia. «Amore mio, ci siamo divertiti insieme.» Il suo sguardo si sofferma sul vestito strappato e un sorriso gli si dipinge sul volto. «Dovremmo togliere questo straccio e far vedere, a tutti, quanto sei bella.»
«Smettila.» La mia voce trema appena, ma faccio un respiro profondo.
Perla resta calma. Ci penso io a loro.
Un ringhio basso e profondo proviene dalla boscaglia dietro agli uomini. Ade compare tra gli alberi, gli occhi di brace sono infiammati di rabbia e i denti azzannano l'aria. Stai attento.
Gli uomini indietreggiano e Luca si ripara dietro al mio corpo. Vigliacco. «Prendete dei bastoni e attaccatelo!» Gli uomini si girano verso di lui, lo sguardo stupito e le bocche spalancate.
«Ma come possiamo...»
«Forza, è solo un grosso cane.»
Qualcuno afferra dei rami a terra, un altro sfodera un coltello dalla tasca dei pantaloni e altri raccolgono qualche pietra. Ade restane fuori o ti faranno a pezzi.
Perla devo proteggerti. A qualunque costo.
Gli uomini avanzano verso Ade e lo accerchiano. Non fargli del male. Sono solo stupidi. Luca mi gira verso di sé, mi spinge indietro e, con la schiena, urto un grosso tronco. Con un rapido gesto, strappa il vestito e lo lascia cadere accanto a me. «Ora ci divertiamo.»
Non può succedere di nuovo. Il sole è sceso dietro agli alberi e la penombra avanza nel boschetto. Luca si slaccia cintura e pantaloni, se li cala insieme alle mutande, mi prende una mano e mi fa stringere il suo membro turgido. «L'altra volta ho fatto tutto io, ma se vuoi puoi partecipare attivamente.»
Ade ringhia più forte, fa schioccare le fauci verso gli uomini che gli si avvicinano minacciosi. Perla non voglio che ti faccia del male.
Non lo voglio neanch'io, ma ti ucciderebbero se reagissi. Non posso perderti.
Ti perderò, se ti sfiora ancora una volta. Morirei per te.
Luca mi bacia un capezzolo, lo succhia e mi infila la lingua in bocca. La mia mano stringe ancora il suo pene. Le sue dita scendono in mezzo alle cosce, sfiorano la mia pelle ed entrano, con prepotenza.
«Ti piace, vero Perla?» Mi spinge a terra, in ginocchio, mi afferra i capelli e mi tira indietro la testa. La mia mano scivola a terra e sfiora qualcosa di freddo e solido. Luca mi stringe il mento, la mia bocca si apre e mi infila il suo membro, fino in gola.
Perla, no! Un ringhio, e lo schianto dei denti sul legno, mi scuote dal torpore.
Stringo la mano sul sasso che ho sfiorato prima, faccio scivolare la testa all'indietro e gli colpisco il pene. L'urlo straziante di Luca mi conferma che l'ho centrato. Non mi avrai mai, pezzo di merda!
Ade si avventa sull'uomo davanti a lui, gli afferra un braccio e lo strattona. Le urla invadono il boschetto, gli uomini scappano in ogni direzione, lasciando indietro i feriti. Mi alzo, la pietra ancora stretta nella mia mano. Luca è in ginocchio davanti a me, le mani premute tra le cosce, singhiozza e impreca a bassa voce.
«Scusa, ma non capisco cosa stai dicendo?»
«Puttana. Sei una lurida puttana!» Mi sputa addosso.
Ade mi affianca, il suo ringhio è basso e i suoi occhi ardono ancora di più.
«Sai, Luca, io sarò una puttana, ma tu non meriti di vivere un minuto di più.» La mia voce è tranquilla, quasi come se non fossi io a parlare.
«No, Perla, amore, giuro che non lo farò più.» Mi afferra una mano e la bacia.
«Lo hai già fatto.» Scosto la mano.
«Lo faremo solo quando tu vorrai.»
«Noi non faremo un bel niente insieme!»
«Ma, tesoro, noi ci apparte—»
Lo colpisco, in testa, con il sasso. Un tonfo sordo e il rumore di qualcosa che cede seguono l'impatto. Si accascia a terra, immobile.
Le lacrime cominciano a scendere intense, apro la mano e lascio scivolare a terra la pietra. I singhiozzi mi bloccano il respiro e cado a terra, in ginocchio. Ade si avvicina a me, mi appoggia il muso sulla spalla. Lo abbraccio e lo stringo forte.
Perla.
Ora è calmo. Il respiro è lento e il calore della sua pelliccia mi riscalda in profondità.
Perla, stai bene?
Ora sì. Anche se non riesco a smettere di piangere. Resterai con me, Ade?
Non vorrei essere in nessun altro posto.
Mi sdraio sul terreno umido e Ade si posiziona accanto a me. Le stelle fanno capolino tra le foglie e una leggera brezza mi accarezza la pelle.
«Sai, Ade, ora so cosa voglio fare della mia vita.» Fisso le braci dei suoi occhi.
Appoggia il naso bagnato contro la mia spalla e mi dà un colpetto. Dillo ad alta voce, Perla.
«Voglio essere forte.» Gli prendo il muso tra le mani e lo avvicino al mio. «Voglio sentirmi viva, come lo sono adesso.»
I suoi occhi si chiudono. Sembra che stia pensando.
«Voglio che nessuna donna debba provare quello che ho provato io. Voglio salvarle.»
Riapre gli occhi. Sono stato mandato qui, per questo. Per te.
Mi rannicchio contro di lui. Pelle contro pelo. I respiri si sincronizzano e sprofondiamo in un sonno senza incubi.
La mia oasi di pace è un cane di tenebra.