Privilegiati
Inviato: martedì 22 novembre 2022, 0:02
Privilegiati
«Fammi capire il perché» il giovane era inquieto, addirittura agitato. «Pensavo che tutto questo ti bastasse… che io ti bastassi!»
Lei si alzò lentamente e fece qualche passo. Teneva le braccia dietro la schiena, le mani intrecciate.
Camminava allargando molto il passo, quasi saltellando, via via sempre di più.
Ogni tanto girava la testa verso di lui, sorridendo.
«Tu sei il mio Mondo» allargò le braccia, platealmente.
«Sei il mio Mondo, il mio amore, l’unico!»
Timidamente il ragazzo protese una mano verso di lei, lei, che rideva e ballava in tutta la sua esplosiva gioventù.
«Però non è abbastanza, mi sembra di capire.»
«No, non lo è» si era fermata di colpo, braccia conserte, guardandolo con un’espressione dal chiaro significato: “come fai a essere così stupido da non comprendere?”
Lui abbassò la mano e si distese sull’erba, fresca e asciutta.
Il prato quasi sembrava accarezzargli la schiena.
L’avrebbe ascoltata, come sempre, parola per parola, godendo del movimento delle sue labbra, del suono della sua voce, del suo sguardo che dava enfasi ad ogni cosa dicesse.
Era tutto per lui, fin dal primo momento che l’aveva vista.
Aveva sempre pensato di non meritare così tanto.
Lei gli si avvicinò, si inginocchiò su di lui e riprese a parlare, lentamente, dolcemente, sussurrando.
«Non c’è solo questo Mondo, non può esserci soltanto questa vita.»
Lui abbassò gli occhi, sforzandosi di capire; forse aveva ragione, forse era davvero stupido.
«Non ti chiedi mai perché siamo qui? Davvero non trovi mai il tempo per riflettere sul senso di tutto questo? Accetti e ti accontenti, senza farti mai domande?»
«Io...»
«Io, io, io! Tu, io, tu, io… e poi ?» Lei si alzò di scatto, allontanandosi di qualche metro.
«La nostra vita è orrenda, hai capito? Orrenda!»
Lo guardò, squadrandolo da capo a piedi, mentre scuoteva la testa.
Era furiosa, anzi, delusa. Lui sentì crescergli dentro qualcosa che non aveva mai conosciuto prima,
una sensazione forte e opprimente che non sapeva interpretare, che lo faceva stare male.
«Amore, perdonami, io davvero non capisco. Non ci manca nulla.»
Lo sguardo di lei non aveva più nulla di benevolo e la voce virò al sarcastico.
«No. Molto semplicemente non sappiamo cosa ci manca, sappiamo solo quel che abbiamo e, credimi, sono sicura che sia ben poca cosa.»
Continuò liberando un fiume ininterrotto di parole mentre lui, sorpreso e confuso, tentava disperatamente di stargli dietro; quel che diceva non era soltanto inatteso, era sconvolgente.
«...non c’è nessuna bellezza nella nostra situazione, non abbiamo fatto nulla per arrivare fin qui.
Ci siamo adattati, senza dire parola, a quanto ha deciso tuo padre...»
«Non è solo mio...»
Lo sguardo di lei gli fece immediatamente morire le parole in gola.
«Certo, come hai detto non ci manca nulla. Tranne la soddisfazione di aver conquistato questo presunto “benessere” da soli. Non ci manca nulla, tranne l’aver mai preso una singola decisione senza che ci venisse imposta dall’alto. Siamo i cuccioli obbedienti di tuo padre, pronti a saltare a ogni suo comando. Una coppia col pedigree, che immagino ami mostrare agli amici per fargli vedere i suoi successi, e sottolineo “suoi”. Noi non siamo nessuno.»
«Basta!» Si era alzato e gli si era avvicinato, fintanto che i due visi erano arrivati a sfiorarsi.
«Non ti permetto di parlare così di lui! Questi sono discorsi da ingrata. Se è vero che gli dobbiamo tutto è anche vero che non ci ha chiesto nulla in cambio. Guarda!»
Allungò un braccio come per mostrarle tutto quello che avevano intorno.
«È tutto nostro! Non abbiamo pagato nulla e neppure ci viene chiesto di farlo. Conosci qualcuno che possa dire lo stesso? Che abbia goduto dei nostri privilegi?»
Lei lo abbracciò, inaspettatamente. Il suo tocco sciolse in lui ogni tensione, placò istantaneamente ogni rabbia, ricordandogli in un secondo che niente di quel che possedeva aveva importanza, a parte lei e lei soltanto.
«Tesoro, l’arrabbiarsi ti fa bene… Ti libera la mente dal torpore, ti mostra le cose da un’altra prospettiva.»
«Cosa vuoi che faccia?»
«Vieni con me, ti faccio vedere una cosa.»
Lo prese per mano e insieme camminarono nel maestoso giardino.
Si fermarono davanti a una pianta carica di frutti.
«No, questo no...» Il giovane si sedette per terra, tenendosi la testa fra le mani: iniziò a piangere.
«Questo non possiamo farlo! Lo sai cosa succederà. Ci toglierà tutto, ci lascerà al freddo, alla fame, alla malattia...»
«L’affronteremo, Adamo, affronteremo e sconfiggeremo insieme ogni avversità, ogni pericolo. E lo faremo noi, da soli, senza dover ringraziare nessuno, senza dover vivere come semplice riflesso della sua grandezza.»
«Lui dice» stava ancora piagnucolando «che se mangiamo da quest’albero conosceremo la Morte...»
Lei, Eva, prese una mela dall’albero e gli diede un morso, secco e deciso. Poi gli porse il frutto.
«Sai cos’è la Morte, Adamo?»
Lui scosse la testa.
«Lo scopriremo insieme.»
Stefano Tanci (aka Kruaxi)
«Fammi capire il perché» il giovane era inquieto, addirittura agitato. «Pensavo che tutto questo ti bastasse… che io ti bastassi!»
Lei si alzò lentamente e fece qualche passo. Teneva le braccia dietro la schiena, le mani intrecciate.
Camminava allargando molto il passo, quasi saltellando, via via sempre di più.
Ogni tanto girava la testa verso di lui, sorridendo.
«Tu sei il mio Mondo» allargò le braccia, platealmente.
«Sei il mio Mondo, il mio amore, l’unico!»
Timidamente il ragazzo protese una mano verso di lei, lei, che rideva e ballava in tutta la sua esplosiva gioventù.
«Però non è abbastanza, mi sembra di capire.»
«No, non lo è» si era fermata di colpo, braccia conserte, guardandolo con un’espressione dal chiaro significato: “come fai a essere così stupido da non comprendere?”
Lui abbassò la mano e si distese sull’erba, fresca e asciutta.
Il prato quasi sembrava accarezzargli la schiena.
L’avrebbe ascoltata, come sempre, parola per parola, godendo del movimento delle sue labbra, del suono della sua voce, del suo sguardo che dava enfasi ad ogni cosa dicesse.
Era tutto per lui, fin dal primo momento che l’aveva vista.
Aveva sempre pensato di non meritare così tanto.
Lei gli si avvicinò, si inginocchiò su di lui e riprese a parlare, lentamente, dolcemente, sussurrando.
«Non c’è solo questo Mondo, non può esserci soltanto questa vita.»
Lui abbassò gli occhi, sforzandosi di capire; forse aveva ragione, forse era davvero stupido.
«Non ti chiedi mai perché siamo qui? Davvero non trovi mai il tempo per riflettere sul senso di tutto questo? Accetti e ti accontenti, senza farti mai domande?»
«Io...»
«Io, io, io! Tu, io, tu, io… e poi ?» Lei si alzò di scatto, allontanandosi di qualche metro.
«La nostra vita è orrenda, hai capito? Orrenda!»
Lo guardò, squadrandolo da capo a piedi, mentre scuoteva la testa.
Era furiosa, anzi, delusa. Lui sentì crescergli dentro qualcosa che non aveva mai conosciuto prima,
una sensazione forte e opprimente che non sapeva interpretare, che lo faceva stare male.
«Amore, perdonami, io davvero non capisco. Non ci manca nulla.»
Lo sguardo di lei non aveva più nulla di benevolo e la voce virò al sarcastico.
«No. Molto semplicemente non sappiamo cosa ci manca, sappiamo solo quel che abbiamo e, credimi, sono sicura che sia ben poca cosa.»
Continuò liberando un fiume ininterrotto di parole mentre lui, sorpreso e confuso, tentava disperatamente di stargli dietro; quel che diceva non era soltanto inatteso, era sconvolgente.
«...non c’è nessuna bellezza nella nostra situazione, non abbiamo fatto nulla per arrivare fin qui.
Ci siamo adattati, senza dire parola, a quanto ha deciso tuo padre...»
«Non è solo mio...»
Lo sguardo di lei gli fece immediatamente morire le parole in gola.
«Certo, come hai detto non ci manca nulla. Tranne la soddisfazione di aver conquistato questo presunto “benessere” da soli. Non ci manca nulla, tranne l’aver mai preso una singola decisione senza che ci venisse imposta dall’alto. Siamo i cuccioli obbedienti di tuo padre, pronti a saltare a ogni suo comando. Una coppia col pedigree, che immagino ami mostrare agli amici per fargli vedere i suoi successi, e sottolineo “suoi”. Noi non siamo nessuno.»
«Basta!» Si era alzato e gli si era avvicinato, fintanto che i due visi erano arrivati a sfiorarsi.
«Non ti permetto di parlare così di lui! Questi sono discorsi da ingrata. Se è vero che gli dobbiamo tutto è anche vero che non ci ha chiesto nulla in cambio. Guarda!»
Allungò un braccio come per mostrarle tutto quello che avevano intorno.
«È tutto nostro! Non abbiamo pagato nulla e neppure ci viene chiesto di farlo. Conosci qualcuno che possa dire lo stesso? Che abbia goduto dei nostri privilegi?»
Lei lo abbracciò, inaspettatamente. Il suo tocco sciolse in lui ogni tensione, placò istantaneamente ogni rabbia, ricordandogli in un secondo che niente di quel che possedeva aveva importanza, a parte lei e lei soltanto.
«Tesoro, l’arrabbiarsi ti fa bene… Ti libera la mente dal torpore, ti mostra le cose da un’altra prospettiva.»
«Cosa vuoi che faccia?»
«Vieni con me, ti faccio vedere una cosa.»
Lo prese per mano e insieme camminarono nel maestoso giardino.
Si fermarono davanti a una pianta carica di frutti.
«No, questo no...» Il giovane si sedette per terra, tenendosi la testa fra le mani: iniziò a piangere.
«Questo non possiamo farlo! Lo sai cosa succederà. Ci toglierà tutto, ci lascerà al freddo, alla fame, alla malattia...»
«L’affronteremo, Adamo, affronteremo e sconfiggeremo insieme ogni avversità, ogni pericolo. E lo faremo noi, da soli, senza dover ringraziare nessuno, senza dover vivere come semplice riflesso della sua grandezza.»
«Lui dice» stava ancora piagnucolando «che se mangiamo da quest’albero conosceremo la Morte...»
Lei, Eva, prese una mela dall’albero e gli diede un morso, secco e deciso. Poi gli porse il frutto.
«Sai cos’è la Morte, Adamo?»
Lui scosse la testa.
«Lo scopriremo insieme.»
Stefano Tanci (aka Kruaxi)