Il ricercatore
Inviato: martedì 18 aprile 2023, 0:55
Spero sia un buon momento. Schiarisco la voce. «Ha chiesto di me?»
Il Rettore della nave, appostato all’altro lato della scrivania, mi ignora e ammira i movimenti dell’assistente. La giovane danza nel cilindro di comunicazione, accarezza il suo corpo sottile e ondeggia sinuosa. Il tessuto dell’uniforme si tende lasciando poco all’immaginazione.
Scommetto che questi gesti non sono nativi del software originale. Saranno stati codificati da quei pervertiti dell’assistenza tecnica. D’altronde, dopo centoquindici periodi di viaggio spaziale, bisogna trovare il modo di ingannare il tempo.
Mi sforzo di fissare la parete che fa da sfondo a quello spettacolo di fanciulla. È ricoperta per intero da un acquario. Creature marine giallastre, prelevate da una delle tappe passate, migrano verso la porzione più elevata della vasca e sbaciucchiano il filo dell’acqua.
Che spreco. E noi di Sociologia a elemosinare qualche ciclo di elaborazione dati.
Il Rettore s’accorge del mio arrivo. Seccato, stringe gli occhi a fessura. «Novità?»
«Non molte, a dire il vero. La bolla elettromagnetica è sempre troppo ricca. I sistemi della nave ci hanno svegliato troppo tardi e ci siamo persi almeno i primi cinquanta periodi di trasmissione. Li avessimo potuti ascoltare fin dall’inizio... Ora i segnali sono troppo mescolati. Non si capta nulla di ben definito.»
«Basta scuse! Non mi costringa a rimettere il suo dipartimento in sospensione fino al prossimo sistema.»
Qui si mette male. «Stiamo cercando indizi di una formazione sociale» azzardo.
Il Rettore sbircia ancora l’assistente. «Non voglio speculazioni» gracchia all’improvviso.
Adesso o mai più. «Forse se potessimo utilizzare le infrastrutture di calcolo della nave… Magari con l’appoggio dei sistemi di radiocomunicazione usati per la navigazione—»
«Non vedo perché.»
«Con una sufficiente potenza di analisi degli schemi ricorrenti, potremmo scovare messaggi indirizzati ad altre forme viventi. Potrebbero essere un punto di partenza per valutare se vi sia una civiltà con cui dialogare.»
Il rettore mi squadra impenetrabile, in silenzio. Il gorgoglio dell’aria nell’acquario scandisce gli istanti che mi separano dalla fine delle mie ricerche. Cosa pensavo di ottenere? Al prossimo risveglio, sarò condannato a far parte dell’assistenza tecnica. Tanti periodi di studio per cosa? Per resettare i terminali del Dipartimento di Astrofisica. Mi sta bene.
«Le concedo quarantacinque cicli» sentenzia. «È fortunato che questa spedizione non può durare in eterno e ci servono risultati. È la sua ultima occasione. Torni soltanto se ha qualcosa.» Volge lo sguardo verso l’assistente. «Signorina? Mi passi il Comandante. Abbiamo bisogno di un favore.»
La ragazza riprende ad ancheggiare.
***
Il Rettore scorre la mia relazione sullo schermo tattile. «Ogni sette cicli, giusto?»
Se è curioso, buon segno. «Esatto. I locali sono affezionati a questo numero. Altre trasmissioni si ripetono a intervalli di un ciclo, ma pare che sette sia un numero magico. Come se fosse una cifra rituale.»
«Affascinante. E cosa contengono queste trasmissioni?»
«Non sappiamo se sia importante, ma nei cicli seguenti, moltissimi segnali vi si riferiscono. Come se fossero essenziali per la sopravvivenza della loro stessa comunità.»
«Un culto?»
Sorrido. «Possibile, e quindi una società! Sarebbe la scoperta più importante dall’ipersonno.»
Al Rettore brillano le pupille, neanche fossi la sua assistente. «Eccezionale! Cosa serve per confermare questa ipotesi?»
Rispondo senza esitare. «Abbiamo individuato una sequenza di due parole, che ci paiono cruciali. Ne siamo riusciti a isolare una rappresentazione sonora, ma senza l’intelligenza centrale della nave non possiamo ricostruire il loro sistema simbolico dal punto di vista semantico—»
«Come se fosse già sua.» mi interrompe. «Ora, mi dica, come suonano le voci degli alieni?»
È ai miei piedi. Madri, sarete orgogliose della vostra piccola larva! Gonfio il petto di azoto e pizzico i filamenti delle branchie. «Garnde Fattegglio!»
Il Rettore della nave, appostato all’altro lato della scrivania, mi ignora e ammira i movimenti dell’assistente. La giovane danza nel cilindro di comunicazione, accarezza il suo corpo sottile e ondeggia sinuosa. Il tessuto dell’uniforme si tende lasciando poco all’immaginazione.
Scommetto che questi gesti non sono nativi del software originale. Saranno stati codificati da quei pervertiti dell’assistenza tecnica. D’altronde, dopo centoquindici periodi di viaggio spaziale, bisogna trovare il modo di ingannare il tempo.
Mi sforzo di fissare la parete che fa da sfondo a quello spettacolo di fanciulla. È ricoperta per intero da un acquario. Creature marine giallastre, prelevate da una delle tappe passate, migrano verso la porzione più elevata della vasca e sbaciucchiano il filo dell’acqua.
Che spreco. E noi di Sociologia a elemosinare qualche ciclo di elaborazione dati.
Il Rettore s’accorge del mio arrivo. Seccato, stringe gli occhi a fessura. «Novità?»
«Non molte, a dire il vero. La bolla elettromagnetica è sempre troppo ricca. I sistemi della nave ci hanno svegliato troppo tardi e ci siamo persi almeno i primi cinquanta periodi di trasmissione. Li avessimo potuti ascoltare fin dall’inizio... Ora i segnali sono troppo mescolati. Non si capta nulla di ben definito.»
«Basta scuse! Non mi costringa a rimettere il suo dipartimento in sospensione fino al prossimo sistema.»
Qui si mette male. «Stiamo cercando indizi di una formazione sociale» azzardo.
Il Rettore sbircia ancora l’assistente. «Non voglio speculazioni» gracchia all’improvviso.
Adesso o mai più. «Forse se potessimo utilizzare le infrastrutture di calcolo della nave… Magari con l’appoggio dei sistemi di radiocomunicazione usati per la navigazione—»
«Non vedo perché.»
«Con una sufficiente potenza di analisi degli schemi ricorrenti, potremmo scovare messaggi indirizzati ad altre forme viventi. Potrebbero essere un punto di partenza per valutare se vi sia una civiltà con cui dialogare.»
Il rettore mi squadra impenetrabile, in silenzio. Il gorgoglio dell’aria nell’acquario scandisce gli istanti che mi separano dalla fine delle mie ricerche. Cosa pensavo di ottenere? Al prossimo risveglio, sarò condannato a far parte dell’assistenza tecnica. Tanti periodi di studio per cosa? Per resettare i terminali del Dipartimento di Astrofisica. Mi sta bene.
«Le concedo quarantacinque cicli» sentenzia. «È fortunato che questa spedizione non può durare in eterno e ci servono risultati. È la sua ultima occasione. Torni soltanto se ha qualcosa.» Volge lo sguardo verso l’assistente. «Signorina? Mi passi il Comandante. Abbiamo bisogno di un favore.»
La ragazza riprende ad ancheggiare.
***
Il Rettore scorre la mia relazione sullo schermo tattile. «Ogni sette cicli, giusto?»
Se è curioso, buon segno. «Esatto. I locali sono affezionati a questo numero. Altre trasmissioni si ripetono a intervalli di un ciclo, ma pare che sette sia un numero magico. Come se fosse una cifra rituale.»
«Affascinante. E cosa contengono queste trasmissioni?»
«Non sappiamo se sia importante, ma nei cicli seguenti, moltissimi segnali vi si riferiscono. Come se fossero essenziali per la sopravvivenza della loro stessa comunità.»
«Un culto?»
Sorrido. «Possibile, e quindi una società! Sarebbe la scoperta più importante dall’ipersonno.»
Al Rettore brillano le pupille, neanche fossi la sua assistente. «Eccezionale! Cosa serve per confermare questa ipotesi?»
Rispondo senza esitare. «Abbiamo individuato una sequenza di due parole, che ci paiono cruciali. Ne siamo riusciti a isolare una rappresentazione sonora, ma senza l’intelligenza centrale della nave non possiamo ricostruire il loro sistema simbolico dal punto di vista semantico—»
«Come se fosse già sua.» mi interrompe. «Ora, mi dica, come suonano le voci degli alieni?»
È ai miei piedi. Madri, sarete orgogliose della vostra piccola larva! Gonfio il petto di azoto e pizzico i filamenti delle branchie. «Garnde Fattegglio!»