Terrori d'oriente
Inviato: lunedì 15 gennaio 2024, 23:40
«Hai capito dove devi andare? »
«Me lo hai scritto, non c’è da capire c’è da leggere.»
«Riggio, mettila come vuoi, basta che entri, prendi quello che devi prendere e te ne vai.»
«Ci metto un attimo, sono qua sotto.»
«Hai già trovato un parcheggio?»
«La lascio in doppia fila.»
«Cazzo, no!»
«Che hai Vasto?»
«Ho che non devi prendere multe!»
«Che c’è, non hai trenta euro in tasca? La pago io, morto di fame.»
«Imbecille, un verbale rimane scritto e potrebbe essere usato per rintracciarci!»
«Allora la prossima volta vieni te invece di rompere i coglioni.»
«Tanto fai sempre come cazzo ti pare!»
«Mi hai detto di fare tutto entro venti minuti, se cerco un parcheggio venti minuti li ho già spesi lì.»
«Bravo fenomeno. Ora devo chiudere chiamami quando sei entrato nell’appartamento.»
La conversazione si interrompe mentre Riggio accosta l’auto sfregando lo sportello del passeggero a uno degli alberi del viale.
«Almeno così non blocco le altre auto parcheggiate.» Dice guardandosi allo specchietto come se Vasto fosse ancora al telefono. Prima di scendere da una manata sul pulsante delle quattro frecce e poi esce dall’auto aprendo lo sportello senza guardare chi arriva alla sua sinistra. Il numero civico è il dieci, quello se lo ricorda bene e il piano è il secondo, anche quello gli è rimasto bene in mente. Di fronte al portone in legno tira fuori il mazzo di chiavi, ogni chiave ha un pezzetto di nastro adesivo colorato che indica la sua funzione, quei colori però non li ricorda.
«Prego.»
Riggio alza lo sguardo dal mazzo di chiavi e vede una signora anziana che gli tiene il portone aperto per farlo entrare, lui sorride ed entra senza ringraziarla. Arrivato davanti alla porta tira fuori il cellulare di tasca e richiama il numero dell’ultima conversazione.
«Vasto...»
«Sei in casa?»
«Sono fuori dalla porta.»
«E perché non sei dentro?»
«Quali sono le chiavi di casa?»
«Maledetto ebete, stai telefonando sul pianerottolo?»
«Perché uno non può parlare al telefono sul pianerottolo di un palazzo?»
«Stai per violare una proprietà privata, demente!»
«Già.»
«La chiave dell’appartamento ha il nastrino rosso, entra e cerca di non farti vedere da nessuno.»
«Ok.»
«Riggio…»
«Dimmi!»
«Qualcuno ti ha visto entrare?»
«A parte la vecchia che mi ha aperto il portone nessun’altro.»
«Voglio morire…»
«Eh? »
«Senti, ora ti giro il nome del libro che devi rubare, ti invio la foto del titolo da una lista manoscritta dal padrone di casa.»
«Mano che?»
«Manoscritta, nel senso che è stata scritta a mano su un foglio.»
«Allora dì scritta a mano, cazzo.»
«Riggio questo non è un gioco, prendi quel libro e vattene. Se il padrone rincasa ti copri il viso, lo bastoni e fai finta di rubargli il portafogli. Non deve capire che sei lì per rubare quel libro altrimenti i nostri committenti verranno beccati.»
«In che senso?»
«In che senso cosa?»
«Come faccio a far finta di rubargli il portafogli? O lo rubo o non lo rubo.»
«Riggio, portami quel libro e basta. Ora butto giù, chiamami solo in caso di strettissima necessità e fai piano, nessuno deve sentirti.»
Vasto si asciuga il sudore dalla fronte usando la parte bassa della felpa, chiude la telefonata e pulisce lo schermo del cellulare bagnato e surriscaldato.
«Quel Riggio mi manda al manicomio» dice sfilando una sigaretta dal pacchetto deformato «Ora parlo anche da solo, fanculo!»
Accende la sigaretta facendo un tiro profondo.
«Questa è l’ultima volta che accetto un lavoro così complicato, da lunedì si ricomincia col rame.»
Lo schermo del cellulare s’illumina, è Riggio, e Vasto per poco non ingoia la sigaretta accesa.
«Che è successo?!»
«Nulla.»
«Come nulla?» sbraita Vasto «Mi dovevi chiamare solo in caso d’emergenza!»
«Non riesco a leggere bene il titolo del libro, la scrittura di questo qua è illeggibile.»
«Ma quale scrittura, vorrai dire la calligrafia!»
«Si quella lì. Comunque non ho tutto il giorno, non riesco a capire se il titolo è “Terroni d’oriente” o “Torroni d’oriente”?»
«E’ “Terrori d’oriente”, testa di cazzo! Trovalo e vieni via!»
«Me lo hai scritto, non c’è da capire c’è da leggere.»
«Riggio, mettila come vuoi, basta che entri, prendi quello che devi prendere e te ne vai.»
«Ci metto un attimo, sono qua sotto.»
«Hai già trovato un parcheggio?»
«La lascio in doppia fila.»
«Cazzo, no!»
«Che hai Vasto?»
«Ho che non devi prendere multe!»
«Che c’è, non hai trenta euro in tasca? La pago io, morto di fame.»
«Imbecille, un verbale rimane scritto e potrebbe essere usato per rintracciarci!»
«Allora la prossima volta vieni te invece di rompere i coglioni.»
«Tanto fai sempre come cazzo ti pare!»
«Mi hai detto di fare tutto entro venti minuti, se cerco un parcheggio venti minuti li ho già spesi lì.»
«Bravo fenomeno. Ora devo chiudere chiamami quando sei entrato nell’appartamento.»
La conversazione si interrompe mentre Riggio accosta l’auto sfregando lo sportello del passeggero a uno degli alberi del viale.
«Almeno così non blocco le altre auto parcheggiate.» Dice guardandosi allo specchietto come se Vasto fosse ancora al telefono. Prima di scendere da una manata sul pulsante delle quattro frecce e poi esce dall’auto aprendo lo sportello senza guardare chi arriva alla sua sinistra. Il numero civico è il dieci, quello se lo ricorda bene e il piano è il secondo, anche quello gli è rimasto bene in mente. Di fronte al portone in legno tira fuori il mazzo di chiavi, ogni chiave ha un pezzetto di nastro adesivo colorato che indica la sua funzione, quei colori però non li ricorda.
«Prego.»
Riggio alza lo sguardo dal mazzo di chiavi e vede una signora anziana che gli tiene il portone aperto per farlo entrare, lui sorride ed entra senza ringraziarla. Arrivato davanti alla porta tira fuori il cellulare di tasca e richiama il numero dell’ultima conversazione.
«Vasto...»
«Sei in casa?»
«Sono fuori dalla porta.»
«E perché non sei dentro?»
«Quali sono le chiavi di casa?»
«Maledetto ebete, stai telefonando sul pianerottolo?»
«Perché uno non può parlare al telefono sul pianerottolo di un palazzo?»
«Stai per violare una proprietà privata, demente!»
«Già.»
«La chiave dell’appartamento ha il nastrino rosso, entra e cerca di non farti vedere da nessuno.»
«Ok.»
«Riggio…»
«Dimmi!»
«Qualcuno ti ha visto entrare?»
«A parte la vecchia che mi ha aperto il portone nessun’altro.»
«Voglio morire…»
«Eh? »
«Senti, ora ti giro il nome del libro che devi rubare, ti invio la foto del titolo da una lista manoscritta dal padrone di casa.»
«Mano che?»
«Manoscritta, nel senso che è stata scritta a mano su un foglio.»
«Allora dì scritta a mano, cazzo.»
«Riggio questo non è un gioco, prendi quel libro e vattene. Se il padrone rincasa ti copri il viso, lo bastoni e fai finta di rubargli il portafogli. Non deve capire che sei lì per rubare quel libro altrimenti i nostri committenti verranno beccati.»
«In che senso?»
«In che senso cosa?»
«Come faccio a far finta di rubargli il portafogli? O lo rubo o non lo rubo.»
«Riggio, portami quel libro e basta. Ora butto giù, chiamami solo in caso di strettissima necessità e fai piano, nessuno deve sentirti.»
Vasto si asciuga il sudore dalla fronte usando la parte bassa della felpa, chiude la telefonata e pulisce lo schermo del cellulare bagnato e surriscaldato.
«Quel Riggio mi manda al manicomio» dice sfilando una sigaretta dal pacchetto deformato «Ora parlo anche da solo, fanculo!»
Accende la sigaretta facendo un tiro profondo.
«Questa è l’ultima volta che accetto un lavoro così complicato, da lunedì si ricomincia col rame.»
Lo schermo del cellulare s’illumina, è Riggio, e Vasto per poco non ingoia la sigaretta accesa.
«Che è successo?!»
«Nulla.»
«Come nulla?» sbraita Vasto «Mi dovevi chiamare solo in caso d’emergenza!»
«Non riesco a leggere bene il titolo del libro, la scrittura di questo qua è illeggibile.»
«Ma quale scrittura, vorrai dire la calligrafia!»
«Si quella lì. Comunque non ho tutto il giorno, non riesco a capire se il titolo è “Terroni d’oriente” o “Torroni d’oriente”?»
«E’ “Terrori d’oriente”, testa di cazzo! Trovalo e vieni via!»