Sogni d'oro
Inviato: martedì 16 gennaio 2024, 0:13
Ho chiesto tante volte da bambina a mia mamma perché non mi lasciasse mai da sola in casa.
“È presto, Yui-chan, quando sarai più grande.”
Ho chiesto tante volte da adolescente a mia mamma perché non potevo rimanere da sola in casa.
“È presto, Yui-chan, esci, divertiti!”
Poi la mamma è morta e sola ci sono rimasta proprio quando non me ne importava più nulla, proprio quando avrei voluto tenerla con me ancora per tanto tempo, anche se questo avesse voluto dire accudirla in tutto: portarle la colazione, il pranzo, la cena, cambiarla, cambiarle il letto, lavare tutto, leggerle i libri la sera quando mi diceva che le si erano affaticati gli occhi e continuare a parlarle di un po’ di tutto mentre si addormentava.
Questa veglia è durata solo pochi mesi.
Per i primi tre giorni dopo la sua morte la casa è stata frequentata da tante persone che sono venute a farmi le condoglianze: alcune mi hanno offerto un sorriso e una mano sulla spalla, un abbraccio imbarazzato e silenzioso e si sono allontanati a testa bassa; altre sembrava avessero un gran bisogno di parlare, mi hanno inondato di chiacchiere.
Questa sera l’ultimo ad andare via è stato Kenta. A mamma ho fatto in tempo a presentarlo come il mio fidanzato nemmeno un mese fa. “Sei sicura che non vuoi che resti?”
“No, davvero, voglio provare a dormire”
“Ci vediamo domattina allora” ha mormorato mentre mi abbracciava e mi appoggiava un bacio sui capelli.
Giro per la casa e raccolgo i mazzi di fiori che sono arrivati già due giorni fa; non voglio svegliarmi con il loro profumo già marcio; appassiscono così alla svelta con queste temperature. Butto tutto nel bidone, fuori nel giardino sul retro.
Yui-chan…
“Mamma, arr… - no, mamma non c’è più. Ho risposto per abitudine. Sono stati pochi mesi ma quante volte sono dovuta accorrere a questo richiamo, certo che mi è rimasto nelle orecchie. Anche quando la mamma ha iniziato a respirare piano, piano trovava il fiato sufficiente per chiamarmi, quando mi sentiva in cucina o quando portavo in cortile i rifiuti, penso che temesse che potessi scappare e lasciarla da sola e senza aiuto. Molte volte mi è capitato di arrancare per le scale tentando di fare prima possibile. Spesso la trovavo lo stesso addormentata, ma se mi aveva chiamato una ragione c’era e allora scendevo a prenderle anche solo un bicchiere d’acqua.
Yui-chan
No, ora non è nelle mie orecchie, mi chiama davvero. Insieme al richiamo sento cadere qualcosa; nella stanza principale, accanto al piccolo altare, c’è un vaso rovesciato in terra. Ho appena tolto di lì un grosso mazzo di fiori, l’avrò urtato senza accorgermene. Sul tatami non c’è nemmeno una goccia d’acqua.
Yui-chan.
Imbocco le scale; lo spirito di mamma non è pronto ad andarsene, mi pare ovvio. Le leggende sui nostri spiriti non mi hanno mai impressionato, dovrebbero farlo ora? Stanca come sono? Con il sonno che ho? Con i dolori alle ossa nati da tre giorni insonni? Mamma, chiamami ancora una volta e potrei riuscire ad addormentarmi, cullata dal tuo richiamo, anche sul letto dove tu hai esalato il tuo ultimo respiro non più di tre giorni fa. In realtà l’idea è proprio quella: vorrei dormire qui stasera, nella tua camera da letto, ti spiace?
Un fracasso di piatti rotti arriva da sotto, dalla cucina. Sollevo le coperte.
Il portone sbatte. Mi sfilo le pantofole e alzo la gamba destra e infilo il piede sotto le coperte.
Un ventata e la porta della cucina sbatacchia. Mi raggomitolo sotto le coperte e tiro la coperta sopra alle orecchie. Le palpebre vanno giù mentre sento dei passi salire le scale. Passi pesanti, lenti. “Kenta, ti ho detto che voglio stare sola”
Yui-chan…
Non è la voce di Kenta, neanche quella di mamma è la voce d'uomo che ho sentito una volta, in culla, poi mai più…
La mamma non voleva che rimanessi da sola a casa.
Non sei sola Jui-chan, non ti lascerò mai sola, ora dormi tranquilla. Il papà è qui con te.
“È presto, Yui-chan, quando sarai più grande.”
Ho chiesto tante volte da adolescente a mia mamma perché non potevo rimanere da sola in casa.
“È presto, Yui-chan, esci, divertiti!”
Poi la mamma è morta e sola ci sono rimasta proprio quando non me ne importava più nulla, proprio quando avrei voluto tenerla con me ancora per tanto tempo, anche se questo avesse voluto dire accudirla in tutto: portarle la colazione, il pranzo, la cena, cambiarla, cambiarle il letto, lavare tutto, leggerle i libri la sera quando mi diceva che le si erano affaticati gli occhi e continuare a parlarle di un po’ di tutto mentre si addormentava.
Questa veglia è durata solo pochi mesi.
Per i primi tre giorni dopo la sua morte la casa è stata frequentata da tante persone che sono venute a farmi le condoglianze: alcune mi hanno offerto un sorriso e una mano sulla spalla, un abbraccio imbarazzato e silenzioso e si sono allontanati a testa bassa; altre sembrava avessero un gran bisogno di parlare, mi hanno inondato di chiacchiere.
Questa sera l’ultimo ad andare via è stato Kenta. A mamma ho fatto in tempo a presentarlo come il mio fidanzato nemmeno un mese fa. “Sei sicura che non vuoi che resti?”
“No, davvero, voglio provare a dormire”
“Ci vediamo domattina allora” ha mormorato mentre mi abbracciava e mi appoggiava un bacio sui capelli.
Giro per la casa e raccolgo i mazzi di fiori che sono arrivati già due giorni fa; non voglio svegliarmi con il loro profumo già marcio; appassiscono così alla svelta con queste temperature. Butto tutto nel bidone, fuori nel giardino sul retro.
Yui-chan…
“Mamma, arr… - no, mamma non c’è più. Ho risposto per abitudine. Sono stati pochi mesi ma quante volte sono dovuta accorrere a questo richiamo, certo che mi è rimasto nelle orecchie. Anche quando la mamma ha iniziato a respirare piano, piano trovava il fiato sufficiente per chiamarmi, quando mi sentiva in cucina o quando portavo in cortile i rifiuti, penso che temesse che potessi scappare e lasciarla da sola e senza aiuto. Molte volte mi è capitato di arrancare per le scale tentando di fare prima possibile. Spesso la trovavo lo stesso addormentata, ma se mi aveva chiamato una ragione c’era e allora scendevo a prenderle anche solo un bicchiere d’acqua.
Yui-chan
No, ora non è nelle mie orecchie, mi chiama davvero. Insieme al richiamo sento cadere qualcosa; nella stanza principale, accanto al piccolo altare, c’è un vaso rovesciato in terra. Ho appena tolto di lì un grosso mazzo di fiori, l’avrò urtato senza accorgermene. Sul tatami non c’è nemmeno una goccia d’acqua.
Yui-chan.
Imbocco le scale; lo spirito di mamma non è pronto ad andarsene, mi pare ovvio. Le leggende sui nostri spiriti non mi hanno mai impressionato, dovrebbero farlo ora? Stanca come sono? Con il sonno che ho? Con i dolori alle ossa nati da tre giorni insonni? Mamma, chiamami ancora una volta e potrei riuscire ad addormentarmi, cullata dal tuo richiamo, anche sul letto dove tu hai esalato il tuo ultimo respiro non più di tre giorni fa. In realtà l’idea è proprio quella: vorrei dormire qui stasera, nella tua camera da letto, ti spiace?
Un fracasso di piatti rotti arriva da sotto, dalla cucina. Sollevo le coperte.
Il portone sbatte. Mi sfilo le pantofole e alzo la gamba destra e infilo il piede sotto le coperte.
Un ventata e la porta della cucina sbatacchia. Mi raggomitolo sotto le coperte e tiro la coperta sopra alle orecchie. Le palpebre vanno giù mentre sento dei passi salire le scale. Passi pesanti, lenti. “Kenta, ti ho detto che voglio stare sola”
Yui-chan…
Non è la voce di Kenta, neanche quella di mamma è la voce d'uomo che ho sentito una volta, in culla, poi mai più…
La mamma non voleva che rimanessi da sola a casa.
Non sei sola Jui-chan, non ti lascerò mai sola, ora dormi tranquilla. Il papà è qui con te.