Farfallina
Inviato: martedì 19 marzo 2024, 1:16
«Una riunione di lavoro, Mamma. A Bologna. Non ci torno da più di vent’anni. Dovrei rimanere solo mezza giornata, domani.»
Silvia usa un tono neutro, indifferente. Chiude la chiamata, continua a guidare. Ma è turbata. Non vede l’ora di tornare a casa, dai suoi bambini.
Verso lo svincolo della A14, la luce del tardo pomeriggio fa risaltare la basilica di S. Luca in cima alla collina.
Una volta, arrivando in treno, quella vista era la certezza di essere ritornata a Bologna. Significava lezioni spensierate, feste ogni sera, notti passate a cantare insieme in Piazza Maggiore.
All’improvviso si sente male. Per fortuna c’è una stazione di servizio. Si ferma, piangendo. Deve aprire il finestrino per fare entrare un po’ d’aria.
In lontananza vede la sagoma di un aereo avvicinarsi sullo sfondo del tramonto, ne avverte il rombo, che sembra non finire mai.
Lotta per respirare, la mente occupata da una vecchia canzone.
Un fiore in bocca.
Può servire.
Non ci giurerei.
Silvia era sdraiata sul sedile posteriore. La testa le girava da impazzire. Sulle labbra aveva ancora il loro sapore: Stefano era tabacco, Lisa alcool e rossetto.
Aveva la faccia bagnata, senza sapere se fossero le sue lacrime. O forse sangue.
Ma dove voli.
Farfallina.
Non vedi che son qui.
Stefano guidava in silenzio.
Luca Carboni intanto cantava dallo stereo. Da quando era arrivata a Bologna da matricola non faceva altro che ascoltarlo. Qualcuno le aveva detto che suo fratello studiava nella biblioteca di Agraria: per questo ci andava sempre dopo le lezioni, sperando di incontrarlo. Era dove aveva conosciuto Stefano e Lisa.
Come un fiore
Come un prato
Fossi in te
Mi appoggerei
Stefano aveva fermato l’auto in un posto isolato, in cui si sentivano gli aerei atterrare.
Senza una parola aveva sollevato Lisa dal sedile davanti, la sua testa che disegnava un angolo strano. Aveva gettato uno sguardo verso di lei, rivelando lacrime luccicanti, per cui lo aveva odiato ancora di più.
Poi, dopo un tempo lunghissimo, lo aveva visto tornare, solo.
Per raccontarmi
Per esempio
Come vivi tu
Erano usciti insieme per la festa, solo due ore prima, eccitati e felici. Avevano fumato, ballato, finito qualche bottiglia di vodka. Poi erano usciti nel parco, al buio.
Lisa aveva cominciato a baciarla. Poi Stefano si era avvicinato, le aveva accarezzato il seno. Aveva fatto la sua parte, senza capire più nulla.
Se ti blocchi
Contro il vento
O spingi più che puoi
Che paura certe notti
Ti senti sola mai
Finché non si era ritrovata sola: facevano l’amore senza considerarla, il volto di Stefano era trasfigurato, baciava l’altra come se fosse tutto il mondo.
Per terra c'era una pietra fredda, ruvida. Tutto il contrario dei loro corpi abbracciati.
Aveva colpito Lisa alla nuca.
Tante volte.
Forte.
La luce del tramonto è viola e arancione, interrotta dalle lunghe sagome nere degli alberi.
Silvia esce dall’auto, cade in ginocchio. Vomita.
Come quella mattina fredda in cui è fuggita dall’auto di Stefano senza voltarsi, scappando verso un’alba dagli stessi colori.
Silvia usa un tono neutro, indifferente. Chiude la chiamata, continua a guidare. Ma è turbata. Non vede l’ora di tornare a casa, dai suoi bambini.
Verso lo svincolo della A14, la luce del tardo pomeriggio fa risaltare la basilica di S. Luca in cima alla collina.
Una volta, arrivando in treno, quella vista era la certezza di essere ritornata a Bologna. Significava lezioni spensierate, feste ogni sera, notti passate a cantare insieme in Piazza Maggiore.
All’improvviso si sente male. Per fortuna c’è una stazione di servizio. Si ferma, piangendo. Deve aprire il finestrino per fare entrare un po’ d’aria.
In lontananza vede la sagoma di un aereo avvicinarsi sullo sfondo del tramonto, ne avverte il rombo, che sembra non finire mai.
Lotta per respirare, la mente occupata da una vecchia canzone.
Un fiore in bocca.
Può servire.
Non ci giurerei.
Silvia era sdraiata sul sedile posteriore. La testa le girava da impazzire. Sulle labbra aveva ancora il loro sapore: Stefano era tabacco, Lisa alcool e rossetto.
Aveva la faccia bagnata, senza sapere se fossero le sue lacrime. O forse sangue.
Ma dove voli.
Farfallina.
Non vedi che son qui.
Stefano guidava in silenzio.
Luca Carboni intanto cantava dallo stereo. Da quando era arrivata a Bologna da matricola non faceva altro che ascoltarlo. Qualcuno le aveva detto che suo fratello studiava nella biblioteca di Agraria: per questo ci andava sempre dopo le lezioni, sperando di incontrarlo. Era dove aveva conosciuto Stefano e Lisa.
Come un fiore
Come un prato
Fossi in te
Mi appoggerei
Stefano aveva fermato l’auto in un posto isolato, in cui si sentivano gli aerei atterrare.
Senza una parola aveva sollevato Lisa dal sedile davanti, la sua testa che disegnava un angolo strano. Aveva gettato uno sguardo verso di lei, rivelando lacrime luccicanti, per cui lo aveva odiato ancora di più.
Poi, dopo un tempo lunghissimo, lo aveva visto tornare, solo.
Per raccontarmi
Per esempio
Come vivi tu
Erano usciti insieme per la festa, solo due ore prima, eccitati e felici. Avevano fumato, ballato, finito qualche bottiglia di vodka. Poi erano usciti nel parco, al buio.
Lisa aveva cominciato a baciarla. Poi Stefano si era avvicinato, le aveva accarezzato il seno. Aveva fatto la sua parte, senza capire più nulla.
Se ti blocchi
Contro il vento
O spingi più che puoi
Che paura certe notti
Ti senti sola mai
Finché non si era ritrovata sola: facevano l’amore senza considerarla, il volto di Stefano era trasfigurato, baciava l’altra come se fosse tutto il mondo.
Per terra c'era una pietra fredda, ruvida. Tutto il contrario dei loro corpi abbracciati.
Aveva colpito Lisa alla nuca.
Tante volte.
Forte.
La luce del tramonto è viola e arancione, interrotta dalle lunghe sagome nere degli alberi.
Silvia esce dall’auto, cade in ginocchio. Vomita.
Come quella mattina fredda in cui è fuggita dall’auto di Stefano senza voltarsi, scappando verso un’alba dagli stessi colori.