Buongiorno e complimenti a tutt* i partecipanti! È stato un piacere leggervi
Ecco la mia classifica coi commenti al seguito:
1 - In due, di Pietro D’Addabbo
2 - L’ultimo minuto, di Taylor Blackfyre
3 - QUESTIONE D’ONORE, di Elisa Belotti
4 - L’ultima fiamma, di Damiano Meloni
5 - Vecchia Guardia, di Agostino Langellotti
6 - Il Libro degli Echi, di Maurizio Chierchia
7 - Doppio gioco, di Cinzia Fabretti
8 - Monte Battaglia, di Andrea Furlan---COMMENTI--------------------------------------------------------
In due – Pietro D’AddabboCiao Pietro,
piacere fare la tua conoscenza con un racconto del genere!
A parte qualche incertezza nella focalizzazione –
una ragazzetta, come ti hanno già fatto notare – per me questo racconto ha tutto ciò che deve avere: il conflitto di relazione che porta alla “redenzione” è chiaro: Piper è asservita a Mortis per qualche motivo che ai fini del racconto non è importante.
Unico appunto che mi sento di farti: non conoscendo Brawl Stars, non mi ero configurata la natura vampirica di Mortis. Ti spiego: è lampante che lei stia cucinando carne umana, usi “piede” e non “zampa”, quindi non può essere diversamente, e quando parli dell’accompagnamento, con “il bicchiere speciale, ancora più corposo e scuro” è palese si tratti di sangue. Usi delle parole molto precise, è chiaro che tu le abbia scelte con dovizia.
Ecco, con queste indicazioni avevo inquadrato Mortis più come un qualche tipo di redivivo cannibale, più che un vampiro che tradizionalmente si nutre solo di sangue.
Avendo inquadrato, comunque, che Mortis era un mostro del genere, per me “le labbra su suo collo” era più che sufficiente per fare il quadro della situazione.
Complimenti vivissimi per lo stile, evochi alla perfezione l’atmosfera lugubre pur con un accenno di ironica leggerezza che ho apprezzato tantissimo.
Non vedo l’ora di rileggerti!
L’ultimo minuto – Taylor BlackfyreCiao Taylor,
piacere di fare la tua conoscenza con un racconto del genere.
Nulla da dire sul tema, centrato in pieno. Sei riuscito a configurare perfettamente la dannazione di un’ultima battaglia che però si chiude nella redenzione del protagonista. Le emozioni che hai trasmesso sono vividissime, si percepisce tutto il dolore del personaggio che attende la fine e hai racchiuso il suo background alla perfezione con
Non ho passato la vita a distruggere i vampiri per diventare uno di loro. e trovo, onestamente, che qualsiasi tipo di flashback sarebbe stato solo un allungamento di brodo.
Aprire con «Li abbiamo uccidi tutti, amore mio» ti avrebbe dato un impatto emotivo ancora maggiore.
Sono curiosa di rileggerti e vederti osare con una scena meno “cliché” – anche se hai reso le emozioni così vivide da riuscire a renderlo piacevole ed evitare l’effetto “oh, no. Di nuovo”.
Un plauso per lo stile, invidio molto il tuo dono di sintesi, davvero.
A rileggerci presto!
QUESTIONE D’ONORE – Elisa BelottiCiao Elisa!
Vivissimi complimenti per il tuo racconto. Mi è piaciuto il modo in cui hai filtrato l’ambientazione dagli occhi del portatore del POV che assiste alla scena. All’inizio sembrava davvero una scena di guerra, con un tono greve, serio, spezzato solo dai soprannomi dei bambini che però potrebbero anche evocare quelli di soldati al fronte. Ottimo stile, davvero.
A parte qualche incertezza di punteggiatura (in “La mano destra[…] alla bocca” e in “Porcospino aveva osato […] di sfiga atomica”) e la ripetizione iniziale che balza subito all’occhio: “in un modo o nell’altro, ce l’eravamo sempre cavata”, “Sarà che ci avevano minacciato spesso, prima di quella volta, ma in qualche modo, l’avevamo sempre scampata.”, trovo sia uno dei racconti meglio riusciti che ho letto fino adesso.
Il tema è perfettamente centrato, e credo avrebbe retto anche senza il sangue che gli arrivava ai pantaloni – quello sì, eccessivo per un labbro spaccato, ma coerente con le esagerazioni dei bambini (non so se era quello il tuo intento, io l’ho letto così).
È stato davvero un piacere leggerti.
L’ultima fiamma – Damiano MeloniCiao Damiano, è un piacere conoscerti.
Per me è la prima volta sia su MC che con un tuo racconto.
Purtroppo non ho molto tempo per leggere i commenti precedenti che ti hanno fatto, quindi perdona se reitero cose che magari ti hanno già detto.
Mi piace il modo in cui hai utilizzato i dialoghi, sei riuscito a inquadrare alla perfezione la situazione: Darren, da capo della compagnia, si trova prigioniero. Il motivo per cui si trova in quella situazione è tutto sommato ininfluente, e anche cosa facciano di preciso: si intende che sono criminali grazie al riferimento alle guardie e tanto basta.
Avrei anticipato l’urlo di Margot per non farlo coincidere col momento in cui la nomina, perché lo fa suonare un po’ artefatto.
Il pensiero diretto con la spiegazione del nome è eccessivamente didascalico e suona anche molto innaturale, lui spiega a sé stesso un nome che conosce bene, solo a beneficio del lettore. Forse qualcosa come “Due-Vie, già. Abbi fede nel tuo nome, Darren. Ci deve essere una via d’uscita” o insomma cose simili sarebbero state sufficienti. Anche “I loro vestiti ne sono pieni
per resistere alla pioggia” è quel tipo di integrazione che lo fa suonare un’imbeccata. Darren sa a cosa serve il grasso.
Mi piace il ragionamento che fa: non c’è alcuna sicurezza che sacrificandosi Margot sopravviva, ma in fin dei conti è una situazione disperata e i personaggi possono cadere in fallacie logiche. L’importante è il motivo che li spinge, non il fatto che abbia senso o meno se per loro in quel momento il senso c’è.
Sul finale non ho capito perché hai cambiato narratore, passando dalla focalizzazione di Darren alla
zero, e perché sei passato da Darren a “Due-Vie”. Gran peccato per questo, sarebbe stato molto più intenso se avessi mantenuto il pov.
Il finale avrebbe meritato un pochino di spazio in più, se avessi avuto 4000 caratteri al posto di 3, credo ci saresti riuscito tranquillamente.
Per il resto trovo che tu abbia centrato in pieno il tema e spero di rileggerti prestissimo, complimenti per lo stile!
Vecchia Guardia – di Agostino LangellottiCiao, Agostino.
Parto col farti i complimenti per l’immagine vividissima di Odin e per come sei riuscito a far emergere in poche parole l’atmosfera cyberpunk nipponica del tuo racconto. Anche la relazione che passa tra i due personaggi cardine della vicenda è estremamente chiara.
L’unico difetto dei dialoghi è la loro attribuzione: sia la battuta su Taipei che le successive – a parte quelle finali – le ho capite solo alla seconda lettura e avrebbero reso molto meglio se le avessi mantenute con una reggente.
Per il resto, a parte alcune finezze di fraseggio che sono sicura avresti notato in revisione (“questo scontro”, “per battere le mani”) due cose mi hanno fatto abbattere un po’ il punteggio, quindi la posizione in classifica.
Karesensui non è un termine intraducibile, anche se molto specifico. Ti sarebbe bastato “giardino zen” per rendere l’immagine più evocativa ai lettori (erano solo due caratteri di differenza). Pur essendo appassionata di cultura giapponese, il termine non mi ha evocato l’immagine di un luogo e mi ha distolta immediatamente dal filo della storia, perché ho dovuto cercare cosa fosse.
L’unica cosa che proprio non trovo è una parte del tema: sì, sono assassini prezzolati, quindi antieroi, ma dov’è la dannazione o la redenzione? Alfred combatte per denaro, muore una morte prevedibile per un sicario. Intendevi questa come dannazione? Non mi convince moltissimo, per questo trovo non abbia pienamente centrato il tema.
Il libro degli echi – Maurizio ChierchiaCiao Maurizio,
piacere di conoscerti e di leggerti per la prima volta!
L’idea che hai avuto era molto carina, e attinente al tema, e fossi in te ne approfitterei per svilupparla in un racconto un po’ più lungo.
Detto ciò, a parte la brevità di spazio a disposizione, che tagliando un po’ di incipit avresti potuto sfruttare meglio (ho lo stesso problema nei racconti brevi), il vero problema che fa perdere mordente al racconto è un passaggio specifico:
Maurizio Chierchia ha scritto:Poi un giorno, nel caos di una biblioteca ormai in disuso, scoprii qualcosa di straordinario. Tra libri polverosi e scaffali abbandonati, trovai Il Libro degli Echi. La copertina scintillava di una luce flebile, come se contenesse una verità segreta. Sapevo che questo libro era leggendario, ma non avevo mai pensato che esistesse davvero.
Il tuo protagonista non è proattivo. Inciampa in un libro magico che sapeva – perché lo sapeva? – esistere, anche se pensava fosse solo una leggenda. Ogni volta che un eroe incappa per caso nella soluzione ai suoi problemi, senza che la possibilità venga seminata, perde mordente. Se ne avesse sentito parlare e lo avesse volutamente cercato, allora il racconto avrebbe avuto ben altro fascino.
In ogni caso è stato un piacere leggerti e ho apprezzato molto i rimandi del finale all’inizio (i sorrisi e la marmellata di kiwi).
A presto!
Doppio gioco – Cinzia FabrettiCiao Cinzia,
piacere di leggerti per la prima volta.
Il tuo racconto è abbastanza nebuloso. Interessante da farmi venir voglia di sapere tutto il resto del contesto, ma nebuloso se lasciato così – sarei curiosa di leggere una versione più articolata, onestamente.
Che Orso sia “la talpa”, un infiltrato che ha sempre fatto il doppio gioco e si sia macchiato di colpe terribili per rimanere sotto copertura è chiarissimo una volta finito il racconto. Ma è anche una di quelle cose che avrebbero dovuto emergere all’inizio: avrebbe reso più accattivante il protagonista, Orso, e dato più profondità a tutto ciò che accade.
Da un punto di vista tecnico, c’è una cosa, proprio all’inizio, che mi ha dato l’impressione di una certa incertezza nella gestione del punto di vista:
Kham deglutì, fissando i pugni dell’altro stringersi.
Qui poni Kham come centro dell’azione, la focalizzazione è su di lui. Orso è solo “l’altro”. Poi dai una virata improvvisa, ti sposti su Orso. Usi il suo fraseggio interiore, quindi è evidente che Kham non fosse il soggetto della focalizzazione. Mi dà l’idea che tu lo avessi pensato, inizialmente, come un narratore onnisciente, ma poi l’idea sia mutata in corso d’opera.
Altra cosa, i verbi filtro che connotano l’uso di un senso o l’altro (“vedere” “sentire”) o quelli di non-azione (come “guardò”) spezzano moltissimo il ritmo e ti bruciano caratteri.
“Vide una balestra pronta e guardò sorridendo il dardo per lui”, senza quel vide e senza la non-azione potrebbe essere resa con qualcosa tipo:
“Una balestra lo puntava, sorrise al dardo pronto per lui”.Ci sono anche delle incoerenze “sceniche”, forse frutto di tagli (?):
“Poco rumore” e
“quello di uomini che si riversano in un passaggio” sono immagini che cozzano. Il rumore di un branco di uomini (dopo dici che sono una cinquantina) che
“si riversano” in un corridoio silenzioso (non ho stimoli uditivi che mi dicano il contrario) difficilmente è
“poco”, a meno che non si muovano silenziosamente perché addestrati. Sono dettagli che non conosciamo, non sappiamo chi stia assaltando il posto e nemmeno perché.
Anche l’ambientazione è fumosa: parli di balestre e dardi, di una villa – e fin qui ci sono – ma poi parli di un bunker che è una costruzione moderna. In che tempo si svolge? O è una precisa scelta ucronica?
Bello il call-back di chiusura
“Era stanco, da molto”, davvero d'impatto.
Penso che con più spazio, e più tempo a disposizione per ricontrollarlo, sarebbe stato ancora più interessante.
È stato un vero piacere leggerti!
A presto
Monte Battaglia – Andrea FurlanCiao, Andrea.
Innanzitutto devo dire che ho apprezzato molto la scelta dell'ambientazione: vuoi che sono di quelle parti, ma il Monte Battaglia ce l’ho ben presente e anche coi pochi indizi che hai dato è facile farsi un’idea del paesaggio.
Purtroppo, per il resto, il racconto è fin troppo fumoso e ci sono una serie di errori tecnici che me lo hanno fatto abbassare parecchio in classifica.
Attacchi con un “suo fratello”, ma visto che è la prima battuta la domanda automatica è “suo fratello di chi, di Walsh o della persona a cui si sta rivolgendo il personaggio che ha parlato?”.
Anche quel “gli ricorda” è incerto: parla della battuta di dialogo, o parla del fatto che ricordi al portatore del POV di quando entrava a Monte Battaglia? Potrebbero essere vere entrambe le cose e purtroppo sono domande che sorgono subito, alla prima lettura, perché non ci sono appigli per capire quale POV tu abbia scelto fino a “Ora l’antica torre…” che lo attribuisce a un narratore esterno. Prima, da quello che sa il lettore, potrebbe essere una prima persona che assiste al discorso tra Roberto e Luigi e che ricorda di essere stato coi due ai tempi in cui andavano alla torre. A questo punto, “gli ricorda…da ragazzi” non fa altro che rimarcare quello che dice Roberto nella sua battuta di dialogo.
Anche “il suo alito gli ricorda”: a chi? E di chi è l’alito? Lo scopriamo alla battuta successiva, cioè tardi.
Le battute del tenente, per essere un italiano stentato, sono un po’ troppo corrette. Non hanno niente di stentato e la cosa distacca molto il lettore dal film che può essersi creato fino a quel momento.
Le semine per il colpo di scena non sono sufficienti a far capire alla prima lettura che Roberto era un fantasma e lo vedeva solo Luigi, quindi il colpo di scena non funziona perché l’inizio va riletto diverse volte per riuscire a dargli un senso.
Anche così, comunque, lascia aperte molte domande: perché Luigi aveva una lettera di sei mesi prima in tasca? Il tenente come lo ha riconosciuto se mezza faccia era andata con una granata? Solo dalla camicia? Era l’unico in camicia bianca – che non sarà rimasta tale – durante una sortita notturna?
C’è anche un brutto “L’ho so” che ti è scappato.
Per quanto riguarda il tema: c’è la preparazione alla battaglia, c’è il sacrificio alla patria con cui Luigi diventa un eroe, ma manca l’evoluzione di Luigi. Avendo così poche battute, avrei tagliato la parte del fantasma a favore di un qualcosa che fosse più attinente al tema: Luigi che guida gli americani convinto di riuscire a tornare a casa per dire ai genitori che Roberto è morto, e invece cade e la sua missione viene portata avanti da Walsh.
Spero che non ti sembri un commento troppo duro, perché l'idea base era molto valida. Forse, però, per inserire tutto ti servivano più di 3000 caratteri.