MiTo (di Raffaele Marra)

72ª Edizione della sua storia, Minuti Contati ospita una guest star d'eccezione: Augusto Chiarle. QUI potete visionare il trailer, al suo interno sono disseminati degli indizi sul tema con cui gli autori dovranno confrontarsi. Il VIA è fissato per lunedì 19 ottobre alle ore 21.00.
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raffaele.marra
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MiTo (di Raffaele Marra)

Messaggio#1 » lunedì 19 ottobre 2015, 23:53

MiTo

 

Una volta, da bambino, andai a vivere una settimana in campagna dagli zii. Il ricordo più bello che ho di quel lontano periodo sono il silenzio e il nero della notte: allargavo le braccia e correvo nella quiete di quel buio. Ed ero felice.

Mi chiamo MRR RFL 15R13 G712X e abito al trentottesimo piano di un edificio nella zona X22 di MiTo. Qui il silenzio e il buio sono stati sconfitti per sempre dalla grandiosità dell’uomo e dalla magnificenza delle sue creazioni.

MiTo è la prima tra le quattro megalopoli d’Italia ma, in confronto ad essa, Tirrenia, Partenope e Apulia non sono che patetici agglomerati di gente e di case. MiTo è il mondo, è il tutto. MiTo è il respiro unisono di venti milioni di abitanti e il battito ritmico delle maggiori fabbriche del Paese.

Cammino per la strada, questa notte come tutte le altre, e lascio che i miei occhi, le mie narici e le mie orecchie siano invase dall’essenza frenetica del mio mondo. Qui la gente è sempre in moto, eternamente incastrata nella fitta trama di ingranaggi che muove il lavoro e il tempo libero con la stessa rigidezza. E non è mai notte.

- È quello che desiderava? – mi chiede l’edicolante dai capelli verdi e il velo da sposa. Controllo l’etichetta sul pacco che mi ha conservato: “volo di notte”. Annuisco. Pago e vado via.

Percorro il cammino che porta verso la mia dimora. Evito di guardare in alto: la nebbia tra le migliaia di grattacieli, illuminata di notte, mi ha sempre fatto paura. Dai marciapiedi arriva musica che offusca altra musica, urla stridenti di piacere, imprecazioni in tutte le lingue del mondo, rumori di ferraglia e sbuffi di vapore. L’odore intenso di spezie e di incenso si alterna a quello greve dei motori surriscaldati. Per le strade di MiTo tutto è luce, ma nulla è chiarezza. Non riesco a distinguere il felice dal disperato, il giovane dall’anziano, il ricco dal povero, l’uomo dalla donna.

E, ovviamente, la notte dal giorno.

Raggiungo il mio portone, prendo l’ascensore e salgo al mio appartamento.

Apro la scatola tra le mani. Afferro due pastiglie nere e le ingoio senza esitare. In pochi istanti, il frastuono e il chiarore della città si dissolvono perdendosi chissà dove nella mia mente stanca.

Prima che tutto sia buio e silenzio, apro la vetrata e osservo MiTo dall’alto. Laggiù tutto sembra essere come quando ero bambino, in campagna dagli zii. Finalmente la luce e il rumore, quelli che penetrano di notte attraverso i muri e le finestre, quelli che ti ricordano istante dopo istante che non sei altro che uno stupido ingranaggio di una macchina troppo complessa per poterla capire si sono dileguati, almeno per un po’.

Sorrido e allargo le braccia nel vento che, per la prima volta, ha davvero il sapore dell’erba appena tagliata. Avevo dimenticato come fosse essere felici.

Salgo sul davanzale e mi rendo conto di avere le ali. Mi chiamo Raffaele e la notte è tornata.

È tutta mia e non resisterò alla voglia di tornare a volare nel suo abbraccio.

 



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Angela
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Messaggio#2 » martedì 20 ottobre 2015, 20:30

Grandissima prova di scrittura. Con questo pezzo ti vedo già in finale e tu sai che ci prendo in genere :D
Trama originale, interpretazione della traccia centrata al 100%. Genere scelto sicuramente gradito alla Guess Star. Mi spiace eccedere con i complimenti, ma sei bravo e devo faticare per trovare una critica da muoverti.
Bellissima la descrizione iniziale "allargavo le braccia e correvo nella quiete di quel buio" che poi ritroviamo nel finale "la voglia di tornare a volare nel suo abbraccio". Racconto futuristico intriso di poesia.
Dicevamo delle critiche (non me ne sono dimenticata). Mi sono impegnata e qualcosa ho trovato. Vediamo...

Raggiungo il mio portone, prendo l’ascensore e salgo al mio appartamento.
Apro la scatola tra le mani.

Allora, la prima parte è troppo frettolosa rispetto al resto del testo che invece si prende tutto il tempo per descrivere e fare le giuste pause. Qui c'è una vera e propria accelerazione: portone, ascensore, appartamento.
La seconda frase ha "le mani" di troppo. Sarebbe bastato "Apro la scatola".
CONCLUSIONE: splendida prova di scrittura, anzi, la definirei una vera e propria lezione di scrittura. Testo scorrevole, delicato, musicale.
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)

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AmbraStancampiano
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Messaggio#3 » giovedì 22 ottobre 2015, 18:33

Ciao Raffaele,
che utopia, una megalopoli produttiva che raccoglie venti milioni di anime e in cui è sempre giorno. E che orrore, una megalopoli in cui vivono ammassate venti milioni di anime sotto l'imperativo categorico della produzione, senza mai riposo perché è sempre giorno! Ogni medaglia ha il suo rovescio, ma una medaglia resta sempre una medaglia.
Sei stato molto bravo a cogliere un sentimento difficile e controverso come il sentirsi schiacciati da una città troppo grande, troppo efficiente, troppo veloce, in cui inevitabilmente ti ritrovi solo.
Bel racconto davvero, non ho nessuna critica da aggiungere. Solo tanta empatia verso il protagonista.
Alla prossima!
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

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ceranu
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Messaggio#4 » domenica 25 ottobre 2015, 14:21

Ciao Raffaele, ben trovato.
Ambientazione interessante che meriterebbe più spazio e calma per svilupparla. Parliamo di questa megalopoli, che tanto tanto invivibile non sembrerebbe. Ventimilioni di abitanti sarebbero ben distribuiti su una superficie del genere. Per lo sviluppo della zona sarebbe stato meglio far spingere i confini di Milano a nord-ovest, verso Bergamo, Brescia e Verona, cosa che in parte sta già succedendo. Ma ripeto, queste sono cose che andrebbero studiate in molto più tempo.
Il racconto è interessante, scritto bene e credibile. Non ho apprezzato che il racconto parta al quarto paragrafo; tutto quello che c'è prima sono informazioni dirette al lettore. Con un p' di fatica avresti potuto inserire tutto partendo da “Cammino per la strada”.
Detto ciò il racconto è valido e si legge volentieri.
Ciao e alla prossima.

Luchiastro
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Messaggio#5 » martedì 27 ottobre 2015, 20:50

Ciao Raffaele, l'atmosfera di oppressione del racconto, data dalla figura della città e dai pensieri del protagonista, è convincente. Il percorso a "cerchio" (si parte dall'infanzia: allargavo le braccia, e si ritorna a essa: mi ricordo di avere le ali) però non mi ha convinto del tutto, avrei visto meglio uno sviluppo lineare. In ogni caso la scrittura è molto asciutta e pulita, direi.

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marco.roncaccia
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Messaggio#6 » mercoledì 28 ottobre 2015, 23:54

Ciao Raffaele,
l’ambientazione è davvero suggestiva, la voce narrante convincente e il codice fiscale come nome una trovata geniale. Mettere in piedi una cosa del genere in un racconto di 3000 battute ti porta, a mio avviso, a trascurare la trama. Alla fine vediamo il protagonista oscurare la megalopoli con i suoi rumori e la sua luce attraverso due pastiglie nere comprate in edicola. Tutto sommato un po’ poco.

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alberto.dellarossa
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Messaggio#7 » venerdì 30 ottobre 2015, 14:58

Impeccabile lo stile e la forma come al solito. La trama mi lascia un po' "meh". Bella la distopia, belle le descrizioni, ma di fatto mi racconti di un tizio che si cala un trip e si getta dalla finestra. Ti dirò di più: non percepisco pena né dolore esistenziale nel protagonista, pertanto non riesco a comprendere le motivazioni profonde del gesto.

Insomma: forma e stile eccellenti, trama molto debole; sono convinto che con una manciata di caratteri in più possa diventare un racconto eccellente sotto tutti gli aspetti.

alexandra.fischer
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Messaggio#8 » venerdì 30 ottobre 2015, 18:56

Che bell'universo distopico crei. E la genialata vera è che il lettore vi si riconosce facilmente, visto che c'è un rimando all'Italia e a situazioni comuni (infanzia, campagna, zii). Poi, certo, il nome del tuo protagonista fa molto SF alla Matheson e anche il nome del luogo in cui vive. Bello anche l'uso che fai della notte...inquinata da nebbia e rumore. Di lì, la scelta finale del tuo protagonista (due pastiglie nere e un salto nel vuoto) di raggiungerne il cuore (nero e silenzioso). Bravissimo.

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antico
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Messaggio#9 » domenica 1 novembre 2015, 23:37

Si sente poco il protagonista in mezzo a tutto il frastuono di questa megalopoli (e a proposito occhio che 20 milioni di abitanti è una cifra anche piccola). Tra l'altro, sembra un po' di stare in Blade Runner. Ma torniamo al protagonista, alla fine si risolve tutto in una passeggiata per procurarsi la "roba", nel ritorno al suo appartamento e nel farsi con probabile voletto fisico annesso. Ci sta, ma è tutto già un po' visto e sentito, quindi sull'aspetto originalità perdi qualche punto. Dovevi osare di più, renderlo un disadattato, uno che proprio il vivere in campagna ha reso inadatto alla città, rovinato. E devi tagliare la parte finale, è suffciente una passeggiata tra le vie incasinate con il suo io in costante frammentazione tra ciò che vorrebbe vedere e il luogo in cui invece è. Nonostante questi miei appunti, il pollice è tendente all'alto, ma un'eventuale riscrittura mi piacerebbe più cattiva e capace di osare.

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