Lo Specchio del Minotauro - di Beppe Roncari

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beppe.roncari
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Lo Specchio del Minotauro - di Beppe Roncari

Messaggio#1 » giovedì 3 dicembre 2015, 12:22

Lo Specchio del Minotauro
di Beppe Roncari



L'unica cosa che gli mancava, del suo passato, era suo fratello.
L'avevano creduto morto nell'incendio. Invece era fuggito in un'altra città, aveva cambiato nome. Diceva di non ricordare niente e lo avevano messo all'orfanotrofio. Dopo un anno, si era arruolato in marina e aveva fatto la leva a Chioggia. Aveva sposato Adele, una moretta che studiava lingue orientali e che lo adorava. Avevano avuto due gemelle identiche, Arianna e Lucia. Aveva fatto carriera. Adele e le bambine non lo sapevano. Ma ora lui lavorava per i servizi segreti.

Avvenne al Festival del Cinema di Venezia. Faceva parte del servizio d’ordine in incognito. Gli parve di scorgere, sul red carpet, un ricercato di cui lui solo conosceva il volto. Si fece largo fra la folla, qualcuno lo urtò, un uomo con una macchia granata su un maglione rosso. Lui non si fermò. Si trovò davanti solo un grosso specchio, di quelli che raddoppiano allo sguardo l’ampiezza dei locali. Nel riflesso si accorse di avere una busta gialla che gli sporgeva dalla giacca.

* * *

– Deve sparire.
Sante si prese la fronte fra le mani: – È mio fratello.
– Proprio per questo.
Alla luce del camino elettrico, Sante distingueva soltanto una sagoma nera. Le tese del cappello gli ricordavano le corna del minotauro, nel libro dei miti illustrati che piaceva tanto a lui e a Peppe, da bambini.
Sante inarcò la schiena e appoggiò i gomiti sulle ginocchia.
– Quando? – Chiese.
– È uno sbirro. E ha la busta. Non possiamo rischiare.
Sante cercò di afferrare la bottiglia di grappa sul tavolino, riuscendo solo a rovesciarla. Il liquido gelato sgocciolò sul ricco tappeto persiano che copriva il pavimento di ruvido cemento mal pareggiato.
Sante si puntellò sul bracciolo del divano. Si alzò e raggiunse lo specchio. Fissò la propria immagine e, alle sue spalle, l’ombra del minotauro.
– Facciamolo stanotte. – Disse.

* * *

Tornò a casa. Adele e le bambine dormivano.
Aprì la busta gialla. C'era un quadernetto con annotati nomi e codici. Il primo di quei codici lo riconobbe subito: "Boss – BL69".
BL69: da bambini, lui e suo fratello, chiamavano così casa loro. Di quella casa non restavano altro che ceneri, dopo il regolamento di conti con la cosca rivale nell'86.
Erano nati nel '69, ma il vero motivo per cui la chiamavano “Base Luna” era un altro. Il rifugio antiaereo in cemento armato, sotto la cantina. Da bambini, ci giocavano a “UFO”. Facevano a turno a fare il comandate Straker e l’alieno che ne assumeva le sembianze, per prenderne il posto.
Un brivido gli corse lungo la schiena. Lo credevano morto in quella casa. Per questo era riuscito a fuggire. Ora, invece, l'ombra di suo fratello l'aveva ritrovato.
Peppe accese il fornello e bruciò il quadernetto. Poi aprì la finestra della cucina, tirò la tenda, e si mise in attesa. La pistola d’ordinanza la teneva lì vicino, nella ventola di aereazione.
Alle quattro, un’auto accostò sotto casa senza spegnere il motore. Ne emerse un uomo dal cappello a tesa larga. L’ombra disegnata dai fari, gli ricordò il minotauro del libro dei miti illustrati, che piaceva tanto, da bambini, a lui e al suo gemello Sante.

Uno può anche cambiarsi il nome, ma di certo non può cambiarsi il sangue.

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angelo.frascella
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Re: Lo Specchio del Minotauro - di Beppe Roncari

Messaggio#2 » giovedì 3 dicembre 2015, 15:12

Ciao Beppe.

Mi sembra che sul tuo racconto ci sia ancora molto da lavorare: la trama è piuttosto oscura e confusa. Ci sono due fratelli, di cui uno fa l'agente dei servizi segreti e l'altre è un criminale. Non si capisce perché l'agente dei servizi segreti debba morire, non si capisce cosa sia la busta gialla, nè perché Peppe da bambino abbia fatto finta di perdere la memoria (tra l'altro, non credo fosse così difficile risalire alla sua identità, visto che l'incendio da cui si era salvato era in casa sua)... Anche il finale è poco chiaro. Che c'entra la voce del sangue?
Inoltre, dal punto di vista più tecnico, ci sono troppi infodump: tutta la fase iniziale lo è, così come la parte sul ricordo legato al telefilm UFO. Il secondo proverei a trasformarlo in un flashback e lavorerei molto sul primo per cercare di eliminarlo e inserire il più possibile gli elementi nella narrazione (magari con un altro flashback). L'infodump non è il male assoluto, ma in un racconto breve pesa troppo e, secondo me, non si può pretendere di raccontare tutta una vita in pochi caratteri, ma occorre concentrarsi su un lasso di tempo più breve.
Inoltre ci sono dettagli inutili (perché, per esempio, ambientare la scena iniziale al festival di Venezia, senza poter sfruttare la suggestione? Cosa ci cambia sapere che Peppe abbia due figlie? Che abbia fatto la leva a Chioggia e abbia sposato una moretta?

Mi viene un dubbio: forse la storia che hai in testa sta troppo stretta in questo formato e dovresti provare a trasformarla in un racconto lungo.

Buon lavoro ;)

Cattivotenente
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Re: Lo Specchio del Minotauro - di Beppe Roncari

Messaggio#3 » venerdì 4 dicembre 2015, 20:03

Ciao Beppe.

Dunque, ho letto il racconto, poi ho dovuto rileggerlo, poi passere una terza volta su alcuni passaggi in particolare, per cercare di seguirne lo svolgimento e distillarne il senso. Alla fine credo di aver capito, però la storia è davvero troppo criptica e alcuni passaggi rimangono comunque inspiegati. In via preliminare dico che un corto non può essere uno spaccato di una storia più ampia ma deve essere un racconto autoconclusivo. La sua difficoltà e la sua bellezza risiedono proprio in questo. Nella tua storia capisco che uno dei fratelli è scappato dalla famiglia perché malavitosa e che, da agente segreto, si ritrova una busta con nomi in codice di non meglio definiti “cattivi”, i quali vengono a saperlo (non si sa come) e decidono di ucciderlo. Lui, però, a sua volta sa che il fratello sa che lui sa. Mmmm… Metti in campo una tale serie di elementi che il lettore deve prendere per buoni sulla parola, per di più in uno spazio così ristretto, che non c’è alcuna possibilità che si formi una qualche pur vaga sospensione dell’incredulità. Troppe coincidenze inspiegate, troppo comode per costruirci la trama che vuoi, e troppo sovrapposte allo sforzo di capire quel che succede, reso ancora più arduo dal non aver dato un nome nel primo paragrafo al protagonista. Cominciando a chiamare il primo personaggio che incontriamo per nome, per lo meno, avresti innescato un intuitivo meccanismo di alternanza, cosa che così non accade. Molti altri aspetti, poi, non mi tornano: come consiglio generale, ti raccomando una rilettura ad altra voce e a mente fredda, dopo almeno due settimane che non guardi il testo. Mi riservo altre incursioni nella trama strada facendo e passo alla forma. Purtroppo, devo dire che ci sono gravi deficienze anche sotto questo punto di vista, e vado a elencarne alcune.

Scrivi: “L’avevano creduto morto nell’incendio. Invece era fuggito dalla città…” È scorretto, perché siamo in presenza di una preposizione reggente e di una subordinata avversativa, legate fra loro. Se interponi un punto fermo, le disgiungi, quindi (come in questo caso) l’interpunzione corretta è una virgola.
“Diceva di non ricordare niente e lo avevano messo all’orfanotrofio”. Manca il soggetto della seconda frase, la coordinata. Se vuoi lasciarla indefinita, ti consiglio di usare la forma passiva: “era stato messo…” In secondo luogo, visto che non è un elemento introdotto in precedenza o al quale poi verrà dato un risalto particolare, userei un indeterminativo e sostituire “all’orfanotrofio” con “in un orfanotrofio”. La forma vaga “diceva di non ricordare niente”, poi, mi suona un po’ grezza, avrei preferito qualcosa di un po’ più rifinito.
La prima parte, in generale, è molto raccontata, il che non è necessariamente un male, però qui ti prodighi in una carrellata di anni condensati in poche righe, elencando peraltro eventi che non hanno alcun rilievo per la trama (che sia stato in orfanotrofio o abbia fatto la leva a Chioggia, o degli studi della moglie, soprattutto in un corto, non ce ne frega nulla). C’è parecchio info-dump e, per di più, inutile. Lo ritroveremo anche più avanti e appesantisce parecchio la narrazione.

“Adele e le bambine non lo sapevano. Ma ora lui lavorava per i servizi segreti.” Come sopra: punteggiatura errata.

“Faceva parte del servizio d’ordine in incognito. Gli parve di scorgere, sul red carpet, un ricercato di cui lui solo conosceva il volto”. Analizziamo la verosimiglianza e la logica dei periodi: ti pare che sul red carpet di Venezia sia plausibile che ci sia un “ricercato” dai servizi segreti? Un posto un po’ più visibile no? Per di più, poi, un ricercato che conosceva solo lui… Boh, forse in un universo parallelo, in qualche modo che non immagino, tutto ciò potrebbe pure essere plausibile; in questo mondo, però, se me la metti giù così, beh sono costretto a storcere il naso, di fronte a quella che appare come una macroscopica ingenuità (che fa il paio con il “servizio in incognito”: a parte che si dice, più comunemente, “sotto copertura”, ma poi non credo ci sia una sola circostanza in cui un “agente segreto” si mette in divisa da spia…)

“… un uomo con una macchia granata su un maglione rosso. Lui non si fermò. Si trovò davanti solo un grosso specchio, di quelli che raddoppiano allo sguardo l’ampiezza dei locali”.
Ehm… di che parli? Quale specchio? Non so dove siamo, avevo capito si trattasse del carpet di Venezia, che mi risulta essere all’esterno. Anche se così non fosse, non ho modo d’immaginarmi la scena. Ma poi: chi è l’uomo, e perché gli dà la busta? E, dico: un maglione rosso con una macchia granata? Come c’interessa questo dettaglio? Che ci fa un uomo in maglione sul red carpet di Venezia? Mi sa che era Marchionne, non vedo altre spiegazioni… E ancora: perché proprio una macchia granata? Che ce ne importa? E, soprattutto, come diavolo fa il protagonista a notarla con uno sguardo fuggevole e distratto (granata su rosso…)? Insomma, non capisco il perché della maggior parte degli elementi che hai inserito. Per finire, riformulerei la frase “Si trovò davanti solo un grosso specchio” così: “Si trovò solo un grosso specchio davanti”. A mio avviso fila molto meglio.

“– Deve sparire.
Sante si prese la fronte fra le mani: – È mio fratello.
– Proprio per questo.”
Non ci arrivo. Cioè, se l’agente segreto non fosse stato il fratello di Sante, non sarebbe stato necessario farlo sparire?

“… libro dei miti illustrati che piaceva tanto a lui e a Peppe, da bambini.”
Ecco, qui per la prima volta incontriamo il nome “Peppe”. Non dare per scontato sia immediato collegarlo al personaggio del paragrafo precedente.

“– Facciamolo stanotte. – Disse.”
Leva quel “disse”. Fin qui avevi usato un solo verbo dichiarativo, e andava bene. Questo è superfluo e chiude male il passaggio.

"Boss – BL69".
Da come ne hai parlato, il fratello non mi sembrava il boss, se questo vuol dire la sigla (e non saprei che altro significato attribuirle).

“Un brivido gli corse lungo la schiena. Lo credevano morto in quella casa. Per questo era riuscito a fuggire. Ora, invece, l'ombra di suo fratello l'aveva ritrovato.”
Come può saperlo? Anche volendo prendere per buona la tua logica, a questo punto l’agente ha scoperto solo che il fratello è (rimasto) un figlio di buona donna. In che modo capisce che la sua copertura è saltata?

“Peppe accese il fornello e bruciò il quadernetto.”
Noooo! E tutti gli altri codici? Perché fa una cosa tanto anti-patriottica?

“Poi aprì la finestra della cucina, tirò la tenda, e si mise in attesa.”
… certo che il fratello sarebbe arrivato proprio quella notte. Mi spiace, non ci credo, non mi convince.

“La pistola d’ordinanza la teneva lì vicino, nella ventola di aereazione.”
Ah, comodo. Il posto sotto la gomma posteriore dell’auto era occupato?

“L’ombra disegnata dai fari, gli ricordò il minotauro del libro dei miti illustrati, che piaceva tanto, da bambini, a lui e al suo gemello Sante.”
Colpo basso. Virgola tra soggetto e verbo… Credo sia proprio vietato dalla legge, guarda. Distruggi la virgola dopo “fari”. E, già che ci sei, ridisponi la frase seguente così: “gli ricordò il minotauro dei miti illustrati che, quando erano bambini, piaceva tanto a lui e al suo gemello Sante.”

Inoltre: perché l’uomo con il cappello si è presentato da solo a casa del nostro, a maggior ragione quando sembrava essere la mente, o una delle menti, dell’organizzazione, e non il braccio? Mi pareva oltretutto che avesse concordato con il fratello del protagonista che lo “avrebbero fatto quella notte”, al plurale.


“Uno può anche cambiarsi il nome, ma di certo non può cambiarsi il sangue.”
Mistero finale: non capisco che c’entri con la situazione. In realtà, il tuo racconto manda il messaggio contrario: un giovane nato da una famiglia di malfattori che cambia vita e, addirittura, è disposto a uccidere il fratello per assolvere al suo dovere.

Torno velocemente sul primo paragrafo per segnalarti che, almeno in apparenza, c’è un errore di punto di vista. In realtà si tratta di un cambio di soggetto, a rileggere bene, che tuttavia non è percepibile da quanto scrivi e, semmai, è rilevabile prestando molta attenzione in una seconda o terza lettura. Segui il mio ragionamento: apri con la frase “L'unica cosa che gli mancava, del suo passato, era suo fratello.” Chi è il soggetto? A questo punto, ancora non lo sappiamo. Continui poi con: “L'avevano creduto morto nell'incendio. Invece era fuggito in un'altra città…” Chi? La risposta più ovvia è: questo fratello che tanto manca all’impersonale pronome che compare nel primo periodo (“gli”). Quindi: a qualcuno manca il fratello, che lui e altri avevano creduto morto, salvo poi scoprire che… Un momento! Ma come fa il fratello a sapere cosa è accaduto in tutti gli anni passati, coperti dal segreto di un… ehm… agente segreto? Pare improbabile, alla luce di quel che in seguito dirai, che qualcuno abbia ricostruito così nel dettaglio tutta la sua vita (o, se lo ha fatto, non dai modo al lettore di capire come e sospendere la sua incredulità per crederci, soprattutto fornendo questa informazione in apertura del racconto). All’ennesima rilettura, però, mi sono reso conto che il soggetto della frase, in realtà, era l’agente segreto. Il pronome “gli” iniziale è riferito sia al soggetto della prima frase che all’oggetto della seconda. La persona creduta morta è la stessa alla quale manca il fratello, non viceversa. Come dovrebbe però capire questa cosa un lettore, se non dopo meditazione zen e un master in esegesi omerica? Non so se sono stato chiaro, ma credo ti basterà rileggere il passaggio per capire.

Veniamo ora al fronte positivo: devo dire che, dove non ci sono errori sintattici, la forma è gradevole e l’atmosfera in generale non è male, con qualche descrizione più che passabile. Ma non basta, mi spiace. Ti avevo suggerito di lasciar trascorrere del tempo e lavorarci, ma sto cambiando idea: per essere un corto, c’è troppo da correggere. Potrebbe essere lo spunto per qualcosa di più lungo, che riempia le voragini di trama e gestisca la sospensione dell’incredulità nello spazio necessario.
A rileggerti.

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Vastatio
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Re: Lo Specchio del Minotauro - di Beppe Roncari

Messaggio#4 » domenica 13 dicembre 2015, 17:46

Ciao,

ti ho guardato le spalle per quasi tutto il contest dove hai fatto nascere il racconto ma, nonostante alcune piccole modifiche, temo tu sia ben lontano dalla trama che hai spiegato nei commenti dell'edizione.
Il fatto stesso di conoscere la trama rende più chiari alcuni passaggi che, altrimenti, sarebbero troppo oscuri.

Ci sono troppe azioni che acquistano un significato solo conoscendo i retroscena della trama e che senza risultano dei nonsense.
Un ragazzo che finge amnesia e che dopo un anno (quindi minimo un quindicenne circa a meno che in marina non si possa entrare da giovinetti) si arruola senza nessun tipo di controlli.
Altre invece sono solo ingenuità: lui che vuoel fuggire dalla sua famiglia mafiosa è talmente idiota che nemmeno si fa una plastica o qualcosa per cammuffarsi. E' praticamente la copia del fratello (gemello), tanto da essere scambiato per lui durante uno scambio di materiale compromettente, che nessuno, NEI SERVIZI SEGRETI, ha fatto uno più uno uguale due e approfondito un po' la storia di questo "collega senza passato uguale a uno dei boss".

Da ripensare.

marina_usai
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Re: Lo Specchio del Minotauro - di Beppe Roncari

Messaggio#5 » mercoledì 30 dicembre 2015, 16:59

Ciao Beppe,

il racconto è troppo criptico. L'ho riletto un paio di volte e sono ritornata su alcuni passaggi pensando che mi sfuggisse qualcosa, ma non sono riuscita a sbrogliare la matassa.
Chi è che dà la busta gialla a Peppe e per quale motivo se poi lui la brucia? Ho ripensato alla rivalità con la cosca mafiosa che gli brucia la casa: deve forse proteggere qualcosa del suo passato e della sua famiglia?
Con chi parla Sante? L'uomo che sembra un minotauro è reale o è una specie di suo alter ego?

La frase conclusiva: "Uno può anche cambiarsi il nome, ma di certo non può cambiarsi il sangue", cioè? Sono tutti e due degli assassini? Oppure il fratello è membro di una cosca rivale?

Ogni tanto lasciare qualcosa di irrisolto o impegnare il lettore nella ricerca del senso è una buona cosa, ma qui lasci troppi pochi indizi per permettermi di uscire dal labirinto della storia.

Marina

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