ex novo: Ilirney

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Richieste di Grazia

Sondaggio concluso il domenica 31 gennaio 2016, 22:21

Merita la grazia
3
75%
Il racconto andrebbe revisionato
1
25%
 
Voti totali: 4

Marale
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ex novo: Ilirney

Messaggio#1 » lunedì 4 gennaio 2016, 13:56

Il commissario si strofina le mani. “Allora che ne devo fare di te?” sbatte sul tavolo un fascicolo con appiccicata sopra la mia foto. “Truffa aggravata, rapina con scasso, ferimento di due agenti, spaccio di droga, la lista è davvero lunga. Lo sai cosa significa questo?” mi punta addosso gli occhi scuri. “Ne abbiamo pizzicati tanti di bastardi come te e li sbattiamo dentro a vita. Ma, e dico ma, c’è una possibilità di venirsi incontro.” alza gli indici verso il soffitto. “Le carceri qui sono piene e, per gli agenti, è una gran scocciatura star dietro a tanta gente come te. Ti proponiamo un grosso sconto di pena, un affare tra noi, che non passerà ai piani superiori.” mi strizza l’occhio. “Un anno nel paese di Ilirney, in Siberia, e fra un anno sarai di nuovo un cittadino libero.”
“E dove sta la fregatura?” aggrotto le sopracciglia.
“Nessuna fregatura, solo vantaggi, per tutti. La trans-siberiana parte domattina, ti ho già fatto il biglietto. Che ne dici?”
Porto la mano al mento e mi gratto il pizzetto. “E’ un’offerta davvero allettante.”
“Allora, accetti?” mi porge la mano.
“D’accordo.” la stringo.

Vengo scortato da due secondini che salgono assieme a me sul treno e si siedono al mio fianco.
Mi affaccio al finestrino, il panorama scorre sotto i miei occhi: attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi, prati gelati e costeggiamo pareti rocciose di montagne, fino ad arrivare nel mezzo di un bosco innevato.
Il secondino con la testa rasata mi dà un colpo sulla spalla. “Scendiamo qui.” grugnisce.
Mi alzo e li seguo alla porta, il secondino mi assesta un calcio tra gli stinchi che mi fa barcollare in avanti.
“Per te è arrivato il momento di scendere.” ghigna.
“Già, bastardo.” l’altro mi lancia delle chiavi argentate, manco la presa e finiscono nella neve. “Ora puoi liberarti, verranno presto a prenderti.” scoppia in una risata, il caschetto di capelli biondi gli copre gli occhi.
Scendo le scalette di metallo e mi ritrovo immerso nella neve fino ai ginocchi.
Batto i denti, le mani tremano. E ora cosa faccio?
La porta si richiude e il treno riparte, mi ritrovo solo in mezzo al nulla.
Le luci di un fuoristrada mi abbagliano, si ferma a pochi metri da me; un uomo nerboruto spalanca la portiera e scende. “Tu sei Ivan Checkniev?” solleva il bavero del cappotto a coprirgli la bocca.
Annuisco.
“Sali. Ti stavamo aspettando. Sono Boris, il capo del villaggio”
Lo seguo sul fuoristrada e partiamo; si infila in una stradina di ghiaia, coperta da uno strato di ghiaccio, che serpeggia tra gli alberi.
“Ci vuole un giorno di viaggio, per arrivare al villaggio. Hai mangiato?”
Scuoto la testa. “Non c’è stato tempo.”
“Sul sedile dietro c’è una gamella con del borsh, qualche pezzo di storione secco e del kvas, se vuoi bere.”
“Grazie.” allungo la mano verso la ciotola e ci intingo il cucchiaio di metallo.
“Avrai modo di ringraziarci, a suo tempo.”
Il villaggio è formato da un gruppetto di case di legno che spuntano tra gli alberi, dai camini escono serpentine di fumo che si disperdono nell’aria.
Dei bambini si lanciano palle di neve e giocano a rincorrersi, ma quando esco dall’auto si fermano a fissarmi. Un bambino dagli occhi azzurri e la faccia equina si lecca le labbra.
Le porte delle case man mano si aprono e volti anonimi di donne e uomini si affacciano e mi scrutano.
Boris si pianta nel centro della piazzetta, mi stritola il polso. “E’ arrivato.”
Altri due uomini mi sono addosso, mi stringono braccia e caviglie, e mi sollevano.
Mi portano di peso in una capanna buia.
Boris arriva con una torcia e appicca il fuoco ai tizzoni del caminetto, la stanza si illumina.
Ho un sussulto, dò degli strattoni per divincolarmi ma la presa di questi uomini è salda.
Alle pareti sono appesi dei ganci con delle carcasse sventrate: non sono di animali, sono umane!
Boris si accarezza la barba. “Tenetelo fermo.” apre il cassetto della madia e tira fuori un coltellaccio, imbrattato di sangue.
Gli uomini mi sbattono su un tavolo di legno, al centro della stanza. Ho un conato di vomito, sto soffocando.
Boris si avvicina e mi punta la lama alla gola. “Mi spiace, sai. Ma qui l’inverno è lungo e i bambini hanno fame.”
Ultima modifica di Marale il martedì 5 gennaio 2016, 12:12, modificato 1 volta in totale.



Fernando Nappo
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Re: Ilirney

Messaggio#2 » lunedì 4 gennaio 2016, 21:42

Ciao Marale,
una prima cosa: dovresti specificare nel titolo del post se il tuo è un racconto ex-novo o la revisione di un racconto per un contest. Così sarebbe più facile capire se si deve tenere in considerazione l'eventuale aderenza a un tema oppure no.
Ti dico subito che l'idea, nonostante le budella si ribellino, non mi dispiace, anzi. C'è una drammaticità di fondo che fa pensare: il commissario lo fa solo per soldi? O magari si preoccupa davvero, pur se a modo suo, di alleggerire le carceri? O l'insieme delle due? O magari ha qualche interesse personale a nutrire (mammamia...) il villaggio? E gli abitanti del villaggio acettano per pura necessità di sopravvivenza o perché preferiscono quel tipo di alimentazione (arimammamia...) ad altro?

Alcune considerazioni:
proverei a modificare un filo l'inizio del racconto, e ti spiego il perché. La prima frase, secondo me, è un po' ambigua. Presenti il commissario, ma non dici il suo nome. Non si capisce se il protagonista è lui oppure no. E il dubbio non si scioglie fino a quando non dici la mia foto, momento in cui si capisce che il protagonista è qualcun altro (Ivan). Per un inizio più immediato, che ci fa venire subito in contatto col protagonista, sposterei l'occhiata del commissario all'inizio. Tipo così (è solo un'idea):
Il commissario mi fissa negli occhi. “Allora che ne devo fare di te?” Sbatte sul tavolo un fascicolo con appiccicata sopra la mia foto.
Già alla prima frase sono nella testa del protagonista. In un racconto in prima persona mi sembra preferibile. Così ci sta che non dici il nome del commissario, tanto è un comprimario (anche se è un bel bastardo, eh?) e sotituisci una azione che ha poca importanza (stropicciarsi le mani) con una che dà più movimento alla scena.

Mi sembra che Ivan accetti la proposta con troppa facilità, senza che commissario faccia neppure un minimo accenno a quale potrebbe essere il suo ruolo una volta arrivato a Ilirney, così tanto per condirlo via, come si dice dalle mie parti, promettendogli un qualcosa che poi, alla luce dei fatti, si rivelerà una tremenda fregatura. Il generico solo vantaggi, per tutti è, appunto, un po' troppo vago e mi sembra poco credibile che Ivan accetti una proposta così poco definita, anzi, per nulla definita.

Nel passaggio fino ad arrivare nel mezzo di un bosco innevato, mi pare di intuire che intendi dire che il treno si ferma, ma non è molto chiaro, il dubbio viene quando descrivi Ivan che scende dalla scaletta. Se non ho male interpretato, sarebbe forse meglio dire fino a fermarsi nel mezzo di un bosco innevato. Magari potresti fare cenno al fatto che non c'è una stazione, che il treno si ferma in mezzo al nulla, per aggiungere un po' di drammaticità alla scena e cominciare a far pensare al lettore che il commissario non gliel'ha raccontata giusta, a Ivan.

Un altro dubbio: Boris dice a Ivan di essere il capo del villaggio; è strano che Ivan - convinto di essere diretto a Ilirney - non chieda nemmeno un piccolo chiarimento su quel cambio così repentino di destinazione e accetti il tutto senza minimamente scomporsi.

Prima della frase Il villaggio è formato... lascerei una riga bianca, uno stacco per dare un'idea del tempo trascorso durante il viaggio al villaggio (un giorno intero).

Un'ultima domanda: immagino che per sfamare un villaggio per la durata di un inverno siberiano (che suppongo piuttosto lungo) serviranno parecchi carcerati. Nessuno nota la scomparsa di così tante persone?

Comunque niente male, per quanto mi riguarda.

A rileggerci.

Marale
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#3 » martedì 5 gennaio 2016, 17:04

Il commissario mi fa cenno di sedere su una poltroncina sfondata di pelle; spegne il sigaro nel posacenere e si strofina le mani. “Allora che ne devo fare di te?” sbatte sul tavolo un fascicolo con appiccicata sopra la mia foto. “Truffa aggravata, rapina con scasso, ferimento di due agenti, spaccio di droga, la lista è davvero lunga. Lo sai cosa significa questo?” mi punta addosso gli occhi scuri. “Ne abbiamo pizzicati tanti di bastardi come te e li sbattiamo dentro a vita. Ma, e dico ma, c’è una possibilità di venirsi incontro.” alza gli indici verso il soffitto. “Le carceri qui sono piene e, per gli agenti, è una gran scocciatura star dietro a tanta gente come te. Ti proponiamo un grosso sconto di pena, un affare tra noi, che non passerà ai piani superiori.” mi strizza l’occhio. “Un anno nel paese di Ilirney, in Siberia, e fra un anno sarai di nuovo un cittadino libero.”
“E dove sta la fregatura?” aggrotto le sopracciglia.
“Nessuna fregatura, solo vantaggi, per tutti: noi avremo le carceri un po’ più sgombre e tu la possibilità di scontare più in fretta la pena.”
“E che farò lì?”
“Taglialegna e piccole riparazioni. Hanno bisogno di uomini forti e in salute.”
Aggrotto le sopracciglia. “E non avete paura che riesca a scappare?”
Scoppia in una risata. “In mezzo al nulla? E’ più sicuro di un carcere e, perlomeno, potrai renderti utile. E’ un’offerta niente male, nessuno è tornato da me per lamentarsi.” mi strizza l’occhio.
“E fra un anno?”
“Sarai libero di andartene oppure potrai decidere di restare a vivere lì; non è male tutto sommato, potresti pensare di metter su famiglia, prima o poi.” alza le spalle. “La trans-siberiana parte domattina, ti ho già fatto il biglietto. Che ne dici?”
Porto la mano al mento e mi gratto il pizzetto. “E’ un’offerta davvero allettante.”
“Allora, accetti?” mi porge la mano.
“D’accordo.” la stringo.

Vengo scortato da due secondini che salgono assieme a me sul treno e si siedono al mio fianco.
Mi affaccio al finestrino, il panorama scorre sotto i miei occhi: attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi, prati gelati e costeggiamo pareti rocciose di montagne, fino a fermarci nel mezzo di un bosco innevato.
Il secondino con la testa rasata mi dà un colpo sulla spalla. “Scendiamo qui.” grugnisce.
Mi alzo e li seguo alla porta, il secondino mi assesta un calcio tra gli stinchi che mi fa barcollare in avanti.
“Per te è arrivato il momento di scendere.” ghigna.
“Già, bastardo.” l’altro mi lancia delle chiavi argentate, manco la presa e finiscono nella neve. “Ora puoi liberarti, verranno presto a prenderti.” scoppia in una risata, il caschetto di capelli biondi gli copre gli occhi.
Scendo le scalette di metallo e mi ritrovo immerso nella neve fino ai ginocchi, nel mezzo del nulla.
Batto i denti, le mani tremano. E ora cosa faccio?
“Ma qui non c’è nessuna stazione!” esclamo.
Troppo tardi: la porta si richiude e il treno riparte.
Il vento sibila tra i rami e solleva mulinelli di neve che si depositano sul giaccone e sulle sopracciglia congelate.
Le luci di un fuoristrada mi abbagliano, si ferma a pochi metri da me; un uomo nerboruto spalanca la portiera e scende. “Tu sei Ivan Checkniev?” solleva il bavero del cappotto a coprirgli la bocca.
Annuisco.
“Sali. Ti stavamo aspettando. Sono Boris, il capo del villaggio di Ilirney.”
Lo seguo sul fuoristrada e partiamo; si infila in una stradina di ghiaia, coperta da uno strato di ghiaccio, che serpeggia tra gli alberi.
“Ci vuole un giorno di viaggio, per arrivare al villaggio. Hai mangiato?”
Scuoto la testa. “Non c’è stato tempo.”
“Sul sedile dietro c’è una gamella con del borsh, qualche pezzo di storione secco e del kvas, se vuoi bere.”
“Grazie.” allungo la mano verso la ciotola e ci intingo il cucchiaio di metallo.
“Avrai modo di ringraziarci, a suo tempo.”

Il villaggio è formato da un gruppetto di case di legno che spuntano tra gli alberi, dai camini escono serpentine di fumo che si disperdono nell’aria.
Dei bambini si lanciano palle di neve e giocano a rincorrersi, ma quando esco dall’auto si fermano a fissarmi. Un bambino dagli occhi azzurri e la faccia equina si lecca le labbra.
Le porte delle case man mano si aprono e volti anonimi di donne e uomini si affacciano e mi scrutano.
Boris si pianta nel centro della piazzetta, mi stritola il polso. “E’ arrivato.”
Altri due uomini mi sono addosso, mi stringono braccia e caviglie, e mi sollevano.
Mi portano di peso in una capanna buia.
Boris arriva con una torcia e appicca il fuoco ai tizzoni del caminetto, la stanza si illumina.
Ho un sussulto, dò degli strattoni per divincolarmi ma la presa di questi uomini è salda.
Alle pareti sono appesi dei ganci con delle carcasse sventrate: non sono di animali, sono umane!
Boris si accarezza la barba. “Tenetelo fermo.” apre il cassetto della madia e tira fuori un coltellaccio, imbrattato di sangue.
Gli uomini mi sbattono su un tavolo di legno, al centro della stanza. Ho un conato di vomito, sto soffocando.
Boris si avvicina e mi punta la lama alla gola. “Mi spiace, sai. Ma qui l’inverno è lungo e i bambini hanno fame.”

alexandra.fischer
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#4 » martedì 5 gennaio 2016, 20:50

Il tuo racconto è agghiacciante. La sorpresa finale dei bambini affamati lo rende degno di figurare fra i migliori horror alla russa. Mi piace la verosimiglianza che hai adottato nella nuova versione, anche se la prima versione era già di per sé molto gustosa da leggere. Mi sono piaciuti i personaggi di contorno (il commissario, i secondini e anche il capo villaggio Boris, dapprima quasi paterno e poi belva nel finale) e che dire di Ivan Chekniev? Sfortunato in tutti i sensi. Ha molta umanità, mi ricorda i personaggi di Chechov. Colpo da maestro: la concordanza dei verbi perfetta e il presente usato con grande abilità, che ha dato ulteriore possibilità al lettore di calarsi nel gelo di Ilirney

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Jacopo Berti
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#5 » mercoledì 6 gennaio 2016, 12:41

Brava, il racconto mi è piaciuto molto. La lettura, anche grazie al buon uso della prima persona, è coinvolgente e quasi sempre scorrevole. I personaggi sono abbastanza credibili e aver accettato le giuste considerazioni di Fernando ha migliorato la prima parte del testo, da questo punto di vista. In generale, la trama funziona bene, non per una "grande idea" ma per il buon ritmo, la prosa controllata, la caratterizzazione dei personaggi e la credibilità del paesaggio.
Sono molto propenso a votare sì già ora, tuttavia ho alcune osservazioni da fare.

Marale ha scritto:Le carceri qui sono piene e, per gli agenti, è una gran scocciatura star dietro a tanta gente come te.
L'uso delle virgole mi pare un po "scolastico" in questa frase. Preferirei che "per gli agenti" non fosse un inciso. Io sono a favore di una mimesi del parlato: a mio avviso, stona che in una spiegazione così schietta e informale ci siano queste parole incorniciate da pause. Suggerisco, se non disprezzi alla virgola prima della 'e', "Le carceri qui sono piene, e per gli agenti è una gran scocciatura [...]". Se fosse necessario tranquillizzarti sulla liceità di questa caratteristica sintattica ti allego un'opinione a mio avviso definitiva.

Marale ha scritto:Mi affaccio al finestrino, il panorama scorre sotto i miei occhi: attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi, prati gelati e costeggiamo pareti rocciose di montagne, fino ad arrivare nel mezzo di un bosco innevato.
Anche qui cambierei la punteggiatura: trovo che non distingua adeguatamente gruppi di verbi e di sostantivi.

Marale ha scritto:Il secondino con la testa rasata mi dà un colpo sulla spalla. “Scendiamo qui.” grugnisce.
Mi alzo e li seguo alla porta, il secondino mi assesta un calcio tra gli stinchi che mi fa barcollare in avanti.
Eviterei di ripetere "il secondino". Trova un sinonimo o rimettici un pronome.

Marale ha scritto:Alle pareti sono appesi dei ganci con delle carcasse sventrate: non sono di animali, sono umane!
Secondo me il punto esclamativo è di troppo. Quasi rovina il colpo di scena anziché evidenziarla. Inoltre questo punto è migliorabile. arrivaci a poco a poco, magari descrivendo, non so, che vede un dito mozzato con un anello o qualcosa del genere.

Infine, le è accentate, ad inizio frase, vanno con l'accento, non con l'apostrofo. È possibile farle velocemente, se scrivi da un pc fisso, con ALT+212 sul tastierino numerico.

A rileggerci!
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

Fernando Nappo
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#6 » mercoledì 6 gennaio 2016, 18:02

Ciao Marale,
questa versione mi sembra decisamente migliore rispetto alla precedente, mi piace molto. C'è ancora qualche piccola sbavatura, come ti ha fatto notare anche Timetrapoler, ma niente che non si possa sistemare al volo con una semplice rilettura. Una precisazione riguardo ai dialoghi (scusa, ma ci ho prestato attenzione solo ora): in alcuni casi, termini il dialogo col punto fermo quando non è necessario, mentre in altri dopo il punto fermo non metti la maiusola. Ti faccio un paio di esempi:

“Scendiamo qui.” grugnisce.
In questa, il punto non ci vuole perché quel grugnisce sostituisce il disse, ovvero è l'azione stessa con la quale il secondino parla. Semplicemente anziché disse enfatizzi il modo con cui viene pronunciata la frase. La scrittura corretta sarebbe:
“Scendiamo qui” grugnisce.
oppure (e secondo alcuni è assolutamente da preferire):
“Scendiamo qui”, grugnisce.
In genere, dipende dalle preferenze dell'editore. Su Minuti Contati c'è una certa varietà di stili, al riguardo. Leggi qualche racconto, verifica, e scegli quello che ti soddisfa di più.

“Tenetelo fermo.” apre il cassetto della madia...
In questo caso, invece, l'azione di aprire la madia non è direttamente legata al dialogo, non ci racconta di come la frase viene pronunciata, ma è una azione diversa, perciò ci andrebbe la maiuscola. Così:
“Tenetelo fermo.” Apre il cassetto della madia...
oppure (e secondo alcuni da preferire):
“Tenetelo fermo”. Apre il cassetto della madia...

Anche riguardo al punto fermo, alcuni lo preferiscono all'interno dei segni di dialogo, altri esterno.
Ma il discorso cambia se i punti sono quelli esclamativo o interrogativo. Insomma, il mondo dei dialoghi è una vera giungla.
Questo è un link interessante a un documento con le preferenze di alcune case editrici:
http://www.oblique.it/images/formazione ... scheda.pdf

Un'ultima considerazione riguardo alle mie indicazioni/suggerimenti: io non sono un editor di professione (e neppure a tempo perso, se è per questo); leggi sempre le mie opinioni come quelle di un appassionato di scrittura, ma nulla più. Tienile nel giusto conto, come i suggerimenti di qualunque altro lettore, ma confrontale sempre con quanto ti suggeriscono altri.

Ho chiesto la grazia, ma mi farebbe comunque piacere leggere un'ultima versione priva delle ultime piccole sbavature.

A rileggerti.

Marale
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#7 » venerdì 8 gennaio 2016, 11:00

Il commissario mi fa cenno di sedere su una poltroncina sfondata di pelle; spegne il sigaro nel posacenere e si strofina le mani. “Allora che ne devo fare di te?” sbatte sul tavolo un fascicolo con appiccicata sopra la mia foto. “Truffa aggravata, rapina con scasso, ferimento di due agenti, spaccio di droga, la lista è davvero lunga. Lo sai cosa significa questo?” mi punta addosso gli occhi scuri. “Ne abbiamo pizzicati tanti di bastardi come te e li sbattiamo dentro a vita. Ma, e dico ma, c’è una possibilità di venirsi incontro.” alza gli indici verso il soffitto. “Le carceri qui sono piene e per gli agenti è una gran scocciatura star dietro a tanta gente come te. Ti proponiamo un grosso sconto di pena, un affare tra noi, che non passerà ai piani superiori.” mi strizza l’occhio. “Un anno nel paese di Ilirney, in Siberia, e fra un anno sarai di nuovo un cittadino libero.”
“E dove sta la fregatura?” aggrotto le sopracciglia.
“Nessuna fregatura, solo vantaggi, per tutti: noi avremo le carceri un po’ più sgombre e tu la possibilità di scontare più in fretta la pena.”
“E che farò lì?”
“Taglialegna e piccole riparazioni. Hanno bisogno di uomini forti e in salute.”
Aggrotto le sopracciglia. “E non avete paura che riesca a scappare?”
Scoppia in una risata. “In mezzo al nulla? E’ più sicuro di un carcere e, perlomeno, potrai renderti utile. E’ un’offerta niente male, nessuno è tornato da me per lamentarsi.” mi strizza l’occhio.
“E fra un anno?”
“Sarai libero di andartene oppure potrai decidere di restare a vivere lì; non è male tutto sommato, potresti pensare di metter su famiglia, prima o poi.” alza le spalle. “La trans-siberiana parte domattina, ti ho già fatto il biglietto. Che ne dici?”
Porto la mano al mento e mi gratto il pizzetto. “E’ un’offerta davvero allettante.”
“Allora, accetti?” mi porge la mano.
“D’accordo.” la stringo.

Vengo scortato da due secondini che salgono assieme a me sul treno e si siedono al mio fianco.
Mi affaccio al finestrino, il panorama scorre sotto i miei occhi: attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi, prati gelati e costeggiamo pareti rocciose di montagne, fino a fermarci nel mezzo di un bosco innevato.
Il secondino con la testa rasata mi dà un colpo sulla spalla. “Scendiamo qui” , grugnisce.
Mi alzo e li seguo alla porta, la guardia mi assesta un calcio tra gli stinchi che mi fa barcollare in avanti.
“Per te è arrivato il momento di scendere.” ghigna.
“Già, bastardo.” l’altro mi lancia delle chiavi argentate, manco la presa e finiscono nella neve. “Ora puoi liberarti, verranno presto a prenderti.” scoppia in una risata, il caschetto di capelli biondi gli copre gli occhi.
Scendo le scalette di metallo e mi ritrovo immerso nella neve fino ai ginocchi, nel mezzo del nulla.
Batto i denti, le mani tremano. E ora cosa faccio?
“Ma qui non c’è nessuna stazione!” esclamo.
Troppo tardi: la porta si richiude e il treno riparte.
Il vento sibila tra i rami e solleva mulinelli di neve che si depositano sul giaccone e sulle sopracciglia congelate.
Le luci di un fuoristrada mi abbagliano, si ferma a pochi metri da me; un uomo nerboruto spalanca la portiera e scende. “Tu sei Ivan Checkniev?” solleva il bavero del cappotto a coprirgli la bocca.
Annuisco.
“Sali. Ti stavamo aspettando. Sono Boris, il capo del villaggio di Ilirney.”
Lo seguo sul fuoristrada e partiamo; si infila in una stradina di ghiaia, coperta da uno strato di ghiaccio, che serpeggia tra gli alberi.
“Ci vuole un giorno di viaggio, per arrivare al villaggio. Hai mangiato?”
Scuoto la testa. “Non c’è stato tempo.”
“Sul sedile dietro c’è una gamella con del borsh, qualche pezzo di storione secco e del kvas, se vuoi bere.”
“Grazie.” allungo la mano verso la ciotola e ci intingo il cucchiaio di metallo.
“Avrai modo di ringraziarci, a suo tempo.”

Il villaggio è formato da un gruppetto di case di legno che spuntano tra gli alberi, dai camini escono serpentine di fumo che si disperdono nell’aria.
Dei bambini si lanciano palle di neve e giocano a rincorrersi, ma quando esco dall’auto si fermano a fissarmi. Un bambino dagli occhi azzurri e la faccia equina si lecca le labbra.
Le porte delle case man mano si aprono e volti anonimi di donne e uomini si affacciano e mi scrutano.
Boris si pianta nel centro della piazzetta, mi stritola il polso. “E’ arrivato.”
Altri due uomini mi sono addosso, mi stringono braccia e caviglie, e mi sollevano.
Mi portano di peso in una capanna buia.
Boris arriva con una torcia e appicca il fuoco ai tizzoni del caminetto, la stanza si illumina.
Ho un sussulto, dò degli strattoni per divincolarmi ma la presa di questi uomini è salda.
Alle pareti sono appesi dei ganci con delle carcasse sventrate: non sono di animali, sono umane.
Boris si accarezza la barba. “Tenetelo fermo.” Apre il cassetto della madia e tira fuori un coltellaccio, imbrattato di sangue.
Gli uomini mi sbattono su un tavolo di legno, al centro della stanza. Ho un conato di vomito, sto soffocando.
Boris si avvicina e mi punta la lama alla gola. “Mi spiace, sai. Ma qui l’inverno è lungo e i bambini hanno fame.”

Marale
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#8 » venerdì 8 gennaio 2016, 11:03

Marale ha scritto:
Mi affaccio al finestrino, il panorama scorre sotto i miei occhi: attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi, prati gelati e costeggiamo pareti rocciose di montagne, fino ad arrivare nel mezzo di un bosco innevato.
Anche qui cambierei la punteggiatura: trovo che non distingua adeguatamente gruppi di verbi e di sostantivi.

Volevo chiedere perché non sono sicura di aver capito bene: in quella frase, come posso cambiare la punteggiatura?

Le è accentate, ad inizio frase, vanno con l'accento, non con l'apostrofo. È possibile farle velocemente, se scrivi da un pc fisso, con ALT+212 sul tastierino numerico.

Ho provato, ma non funziona. Può essere perché uso il Mac? Oppure perché come editor per i testi uso Google docs? Non riesco a fare l'accento con le maiuscole.

Grazie.

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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#9 » domenica 10 gennaio 2016, 16:24

Allora, per mac potresti provare questo:
alt + shift + c/v/b/n/m = Á/É/Í/Ó/Ú
alt + shift + w/e/r/t/u = À/È/Ì/Ò/Ù
Sono combinazioni che ho trovato in un forum, non ho Mac e non so se funzionano, fammi sapere se ce la fai, sono curioso.

Quanto alle virgole, forse è solo un mio modo di leggere. Un elenco è in genere costituito da elementi separati da una virgola fino all'ultimo termine, preceduto invece da una e congiunzione. Questo fatto mi blocca nella lettura prima di "costeggiamo", perché dopo la congiunzione mi aspetto l'ultimo di una serie di sostantivi. Capito che intendo?
Per la mia sensibilità scriverei così (togliendo anche la virgola prima di 'fino'): attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi e prati gelati; costeggiamo pareti rocciose di montagne fino ad arrivare nel mezzo di un bosco innevato.
(Oppure se non ami il punto e virgola, mettici direttamente un punto)

Detto questo, credo sia opportuno:

CHIEDO LA GRAZIA
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#10 » martedì 12 gennaio 2016, 18:45

Ciao Marele. Un appunto, non continuare a postare il racconto, ma modificalo in testa. ;)
Racconto interessante con un ottimo finale, mi è piaciuto. Ho dei dubbi sulla seconda frase del poliziotto:
Truffa aggravata, rapina con scasso, ferimento di due agenti, spaccio di droga, la lista è davvero lunga.

Ferimenti di due agenti, lo trasformerei o in aggressione... o più semplicemente i resistenza all'arresto. Dopo "spaccio di droga" metterei i …
Occhio alle maiuscole, ho notato che nonostante i suggerimenti di Nappo ce ne sono parecchie sbagliate. Ricorda che in Minuti Contati queste cose possono fare la differenza. Se due racconti si equivalgono quello diventa un fattore fondamentale.
Per capire dove va la maiuscola cerca di capire se la frase che la segue è direttamente legata a quella precedente o se è indipendente.
“E dove sta la fregatura?” aggrotto le sopracciglia.

Aggrotto le sopracciglia ha senso anche senza il dialogo ed è preceduta da un punto. Metti la maiuscola.
Nel 90% dei casi non hai messo la maiuscola dove ci va. So che è stressante, ci sono passato, ma facendo attenzione e, come suggerito da Nappo, cercando un proprio metodo, ti verrà naturale.
Quindi aspetto di vedere la punteggiatura corretta, poi chiederò la grazia :D

comunque bella idea, complimenti ;)

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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#11 » martedì 12 gennaio 2016, 18:48

P.S. La È si fa con alt+200. Almeno, io la faccio così. Per le altre scendo o salgo con i numeri.

Marale
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#12 » mercoledì 20 gennaio 2016, 14:59

Ho provato le varie combinazioni e per il Mac funziona ALT + SHIFT + e così ora ho risolto il problema, grazie!

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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#13 » venerdì 22 gennaio 2016, 8:43

Come procedono i lavori?
Ho notato che dopo un avvio spumeggiante state battendo la fiacca.
Ricordatevi di Sfidarmi, altrimenti mi annoio!

Marale
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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#14 » venerdì 22 gennaio 2016, 14:28

Marale ha scritto:Il commissario mi fa cenno di sedere su una poltroncina sfondata di pelle; spegne il sigaro nel posacenere e si strofina le mani. “Allora che ne devo fare di te?” sbatte sul tavolo un fascicolo con appiccicata sopra la mia foto. “Truffa aggravata, rapina con scasso, ferimento di due agenti, spaccio di droga, la lista è davvero lunga. Lo sai cosa significa questo?” mi punta addosso gli occhi scuri. “Ne abbiamo pizzicati tanti di bastardi come te e li sbattiamo dentro a vita. Ma, e dico ma, c’è una possibilità di venirsi incontro.” alza gli indici verso il soffitto. “Le carceri qui sono piene e per gli agenti è una gran scocciatura star dietro a tanta gente come te. Ti proponiamo un grosso sconto di pena, un affare tra noi, che non passerà ai piani superiori.” mi strizza l’occhio. “Un anno nel paese di Ilirney, in Siberia, e fra un anno sarai di nuovo un cittadino libero.”
“E dove sta la fregatura?” aggrotto le sopracciglia.
“Nessuna fregatura, solo vantaggi, per tutti: noi avremo le carceri un po’ più sgombre e tu la possibilità di scontare più in fretta la pena.”
“E che farò lì?”
“Taglialegna e piccole riparazioni. Hanno bisogno di uomini forti e in salute.”
Aggrotto le sopracciglia. “E non avete paura che riesca a scappare?”
Scoppia in una risata. “In mezzo al nulla? E’ più sicuro di un carcere e, perlomeno, potrai renderti utile. È un’offerta niente male, nessuno è tornato da me per lamentarsi.” mi strizza l’occhio.
“E fra un anno?”
“Sarai libero di andartene oppure potrai decidere di restare a vivere lì; non è male tutto sommato, potresti pensare di metter su famiglia, prima o poi.” alza le spalle. “La trans-siberiana parte domattina, ti ho già fatto il biglietto. Che ne dici?”
Porto la mano al mento e mi gratto il pizzetto. “E’ un’offerta davvero allettante.”
“Allora, accetti?” mi porge la mano.
“D’accordo.” la stringo.

Vengo scortato da due secondini che salgono assieme a me sul treno e si siedono al mio fianco.
Mi affaccio al finestrino, il panorama scorre sotto i miei occhi: attraversiamo steppe, laghi che scorrono placidi, prati gelati e costeggiamo pareti rocciose di montagne, fino a fermarci nel mezzo di un bosco innevato.
Il secondino con la testa rasata mi dà un colpo sulla spalla. “Scendiamo qui” , grugnisce.
Mi alzo e li seguo alla porta, la guardia mi assesta un calcio tra gli stinchi che mi fa barcollare in avanti.
“Per te è arrivato il momento di scendere.” ghigna.
“Già, bastardo.” l’altro mi lancia delle chiavi argentate, manco la presa e finiscono nella neve. “Ora puoi liberarti, verranno presto a prenderti.” Scoppia in una risata, il caschetto di capelli biondi gli copre gli occhi.
Scendo le scalette di metallo e mi ritrovo immerso nella neve fino ai ginocchi, nel mezzo del nulla.
Batto i denti, le mani tremano. E ora cosa faccio?
“Ma qui non c’è nessuna stazione!” esclamo.
Troppo tardi: la porta si richiude e il treno riparte.
Il vento sibila tra i rami e solleva mulinelli di neve che si depositano sul giaccone e sulle sopracciglia congelate.
Le luci di un fuoristrada mi abbagliano, si ferma a pochi metri da me; un uomo nerboruto spalanca la portiera e scende. “Tu sei Ivan Checkniev?” Solleva il bavero del cappotto a coprirgli la bocca.
Annuisco.
“Sali. Ti stavamo aspettando. Sono Boris, il capo del villaggio di Ilirney.”
Lo seguo sul fuoristrada e partiamo; si infila in una stradina di ghiaia, coperta da uno strato di ghiaccio, che serpeggia tra gli alberi.
“Ci vuole un giorno di viaggio, per arrivare al villaggio. Hai mangiato?”
Scuoto la testa. “Non c’è stato tempo.”
“Sul sedile dietro c’è una gamella con del borsh, qualche pezzo di storione secco e del kvas, se vuoi bere.”
“Grazie.” Allungo la mano verso la ciotola e ci intingo il cucchiaio di metallo.
“Avrai modo di ringraziarci, a suo tempo.”

Il villaggio è formato da un gruppetto di case di legno che spuntano tra gli alberi, dai camini escono serpentine di fumo che si disperdono nell’aria.
Dei bambini si lanciano palle di neve e giocano a rincorrersi, ma quando esco dall’auto si fermano a fissarmi. Un bambino dagli occhi azzurri e la faccia equina si lecca le labbra.
Le porte delle case man mano si aprono e volti anonimi di donne e uomini si affacciano e mi scrutano.
Boris si pianta nel centro della piazzetta, mi stritola il polso. “È arrivato.”
Altri due uomini mi sono addosso, mi stringono braccia e caviglie, e mi sollevano.
Mi portano di peso in una capanna buia.
Boris arriva con una torcia e appicca il fuoco ai tizzoni del caminetto, la stanza si illumina.
Ho un sussulto, dò degli strattoni per divincolarmi ma la presa di questi uomini è salda.
Alle pareti sono appesi dei ganci con delle carcasse sventrate: non sono di animali, sono umane.
Boris si accarezza la barba. “Tenetelo fermo.” Apre il cassetto della madia e tira fuori un coltellaccio, imbrattato di sangue.
Gli uomini mi sbattono su un tavolo di legno, al centro della stanza. Ho un conato di vomito, sto soffocando.
Boris si avvicina e mi punta la lama alla gola. “Mi spiace, sai. Ma qui l’inverno è lungo e i bambini hanno fame.”


Sono pronta per convocare Spartaco.

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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#15 » martedì 26 gennaio 2016, 6:43

Sfida accettata, ma ricorda, per la prossima volta, che il racconto dev'essere postato solo in cima alla discussione e, di volta in volta, modificato.

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Re: ex novo: Ilirney

Messaggio#16 » venerdì 29 gennaio 2016, 1:20

Sfida superata, ma fai attenzione al numero di battute consentite nel laboratorio (max 5000).
Appena puoi vai sul sito e crea il tuo profilo.

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