Le dimensioni contano

Moderatore: Camaleonte

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Jacopo Berti
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Le dimensioni contano

Messaggio#1 » mercoledì 13 aprile 2016, 11:10

La cosa avrebbe dovuto essermi chiara fin da subito, ma lo è divenuta soltanto ora che mi sto cimentando con la scrittura. Le dimensioni del testo contano: lo stile che un autore utilizza in una sua opera dipende anche da cosa può permettersi di fare, in base alla lunghezza dell'opera stessa (se vogliamo leggerlo all'opposto: la lunghezza dell'opera dipende da cosa lo scrittore si permette di fare).
Certo, Calvino ha alcuni tratti caratteristici comuni a tutte le opere, a gran parte di esse o almeno alle opere di un certo periodo. Ma leggere il Calvino dei racconti giovanili, della trilogia degli antenati, della trilogia cittadina, di Marcovaldo, delle Cosmicomiche, dei tarocchi, delle città invisibili, di Palomar ecc. significa trovare tanti stili diversi.
Non posso utilizzare lo stile della trilogia degli antenati, perché altrimenti il mio racconto direbbe ben poco, non sarebbe "un racconto", ma un quadro. Io sto cercando di renderlo un racconto, ma vi avviso già che tenderà ad altro.
Insomma, lo stile di Calvino nella trilogia degli antenati comporta ripetizioni, dialoghi nonsense, riflessioni extradiegetiche ecc. L'episodio in cui Carlomagno, all'inizio del Cavaliere inesistente, passa in rassegna i suoi paladini, quanti caratteri ha? 3000? 4000? Eppure quella ripetizione di stilemi e di frasi è stile, in un più ampio contesto. Se scelgo quello stile, ci metto vicino un altro quadretto e non c'è posto per la trama.

Non mi lamento, ma un suggerimento agli organizzatori vorrei darlo: se, oltre all'autore, individuate testi di riferimento precisi - che sono poi quelli che i partecipanti leggono o rileggono - indicate delle narrazioni che abbiano una forma conclusa in un numero di caratteri dello stesso ordine di grandezza di quelli richiesti dal contest. Ad esempio: a voler restare parchi: Le città invisibili; a crescere un po': Palomar; a sforare un po' verso l'alto: Marcovaldo o le Cosmicomiche.
La forma breve deve stare alla forma breve, secondo me.


«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

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lordmax
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#2 » giovedì 14 aprile 2016, 9:26

Hai ragione.
Ci abbiamo pensato... pensato... pensato... senza grossi risultati ad essere giusti.

Quello che dici sarebbe però una imposizione notevole alla 'libertà' di chi il racconto deve scriverlo.

Abbiamo dato tre testi di riferimento... proprio solo come un riferimento perché calvino è una moltitudine di stili e caratteristiche diverse.
E la scelta di Calvino è anche dovuta alla giovinezza del progetto, eravamo certi che con un autore così poliedrico sarebbero uscite discussioni come questa e ci avrebbe aiutato a 'aggiustare il tiro' per le prossime edizioni.
Siete le nostre cavie preferite. ^___^

Però anche un quadro, una situazione, un evento in luogo di un racconto vero e proprio potrebbe essere più che accettabile, perché lo escludi a priori? A parte la decisione personale di fare un racconto ovviamente.

Zebratigrata
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#3 » venerdì 15 aprile 2016, 23:41

Sono abbastanza d'accordo con te, Timetrapoler.

Anch'io ho visto che le scene degli 'Antenati' di Calvino sono fatte di dettagli, narrati in un certo modo, e di scambi di battute che da soli riempirebbero metà racconto. Per far entrare in questo stile una trama completa c'è spazio per un paio di scene, e in quelle scene si dovrebbe intuire il prima e il dopo delle scene stesse... È dura! Anche perché (per quanto letto finora, non è detto che andando avanti non scopra il contrario) la narrazione è abbastanza lineare, non c'è abuso di flashback che in genere aiutano a far stare tante scene in una soltanto. Al massimo ci sono flashback narrati nelle battute dei dialoghi. Ma ci proviamo lo stesso.

Io personalmente ritengo che un quadro, uno spaccato, vadano già bene come racconto. Infatti spesso i miei racconti non sono che quello, ed è forse la critica che ho ricevuto più spesso su MC: non c'è una trama in questa storia. Anche quando secondo me la trama c'era, ma evidentemente, per dirne una, il tormento di un bibliotecario incapace di classificare i libri, che prima soffre, poi si rassegna, non è percepito come 'una trama' dalla maggior parte dei lettori. Perciò sto cercando di superare proprio questo problema. Tuttavia anche se voglio seguire i suggerimenti che mi sono stati dati e cercare di lavorare di più sulle trame che su brevi spaccati che costruiscono un'ambientazione o un personaggio più che una storia, continuo a pensare che un quadro, una scena, vadano benissimo come racconto (per me). Vedi ad esempio il racconto di Alberto nella Marone edition, che mi è piaciuto moltissimo. Insomma, io un quadro scritto come scrive Calvino, te lo promuoverei.

Detto questo, avere dei testi di riferimento brevi sicuramente aiuta. Però non escluderei anche la possibilità di testi lunghi, eventualmente a capitoli; ho in corso la lettura del Conte di Montecristo, e lì anche se il testo è lunghissimo e le fila della trama globale pure, ogni capitolo è una scena, un quadro, un raccontino, uno spaccato di vita nella Francia ottocentesca che varrebbe la pena di esser letto anche da solo. In casi come questo la lunghezza del testo non è un problema, grazie alla sua segmentazione intrinseca.

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Lo Smilodonte
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#4 » giovedì 21 aprile 2016, 8:54

Mi scuso con tutti per la tardiva risposta. @Jacopo: si, ci abbiamo provato. I testi, per il vero, li ho scelti io, e mi sono chiesto se percaso stessi sbagliando. Eppure volevo far nascere degli ibridi, spero che riusciate nell'opera. Quello che dici tu è sacrosanto, ma non assoluto: credo ci sia ampio margine per far emergere elementi calviniani anche in una storia breve. Quanto alla scena: sono d'accordissimo con Sara (cosa che accade di frequente, per altro). Un racconto può essere una scena. Mi spiego meglio, allargando il campo: frequentando varie situazioni, primo fra tutti il corso con Raul Montanari (che è un genio sotto molti aspetti) mi sono reso conto che tanti limiti che lo scrittore didatticamente si pone, specialmente nella fase iniziale e di crescita del suo percorso, sono assolutamente didascalici. Vedi il discorso narratologico sul narratore e sul POV. Posso portarti decine (e dico decine) di casi illustri dove il narratore e il POV sono gestiti in maniera non perfetta, eppure parliamo di grandissime penne. Un esempio? Nel mio racconto nell'edizione di natale, Cardone (fissato coi POV) mi contestò alcune cose sull'uso dell'effetto camera nel narratore onnisciente. Ebbene, il primo a farlo sai chi è? Manzoni, che usava il POV in maniera assolutamente spregiudicata (vedi la scena dell'osteria dove Renzo si banfa dell'assalto al forno senza sapere che c'è uno sbirro li intorno: Manzoni sposta la camera sull'oste, entrando nei suoi pensieri). Un altro che finiva quasi regolarmente nelle black box era Maupassant e molti realisti come lui. Altro esempio? Nel commento al mio racconto della Marone edition, Lorenzo Marone ha scritto che non si deve mai lasciare il lettore col dubbio. Peccato che dicendo una cosa simile si sia dimenticato di Carver, di Hemingway e quasi tutta la scuola minimalista. Insomma, cimentarsi con lo stile degli altri vuol dire imparare la regola e infrangerla con gioia e cognizione di causa.

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angelo.frascella
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#5 » giovedì 21 aprile 2016, 17:48

Lo Smilodonte ha scritto: frequentando varie situazioni, primo fra tutti il corso con Raul Montanari (che è un genio sotto molti aspetti) mi sono reso conto che tanti limiti che lo scrittore didatticamente si pone, specialmente nella fase iniziale e di crescita del suo percorso, sono assolutamente didascalici. Vedi il discorso narratologico sul narratore e sul POV. Posso portarti decine (e dico decine) di casi illustri dove il narratore e il POV sono gestiti in maniera non perfetta, eppure parliamo di grandissime penne. Un esempio? Nel mio racconto nell'edizione di natale, Cardone (fissato coi POV) mi contestò alcune cose sull'uso dell'effetto camera nel narratore onnisciente. Ebbene, il primo a farlo sai chi è? Manzoni, che usava il POV in maniera assolutamente spregiudicata (vedi la scena dell'osteria dove Renzo si banfa dell'assalto al forno senza sapere che c'è uno sbirro li intorno: Manzoni sposta la camera sull'oste, entrando nei suoi pensieri). Un altro che finiva quasi regolarmente nelle black box era Maupassant e molti realisti come lui. Altro esempio? Nel commento al mio racconto della Marone edition, Lorenzo Marone ha scritto che non si deve mai lasciare il lettore col dubbio. Peccato che dicendo una cosa simile si sia dimenticato di Carver, di Hemingway e quasi tutta la scuola minimalista. Insomma, cimentarsi con lo stile degli altri vuol dire imparare la regola e infrangerla con gioia e cognizione di causa.


Ciao, Alberto.

Mi inserisco perché il discorso mi interessa.
Tutto sommato sono d'accordo con te che un approccio "gamberettiano" è spesso eccessivo. Ritengo però che le regole siano importanti.
Permettimi di fare il parallelismo con la pittura. Se vuoi dipingere devi conoscere la prospettiva. Se non la conosci, sei semplicemente un pittore naif (il che non escluda che tu possa produrre dei bei quadri). Se però la conosci e decidi di violarla sei Picasso e inventi il cubismo.
E' vero però che non siamo tutti Picasso. In questo caso seguire le regole ci può permettere di fare dei bei disegni, nonostante un talento non unico.
In ogni caso, rompere le regole rende un po' più difficile capire cosa il pittore stia cercando di dirci. Così se tutti ci emozioniamo di fronte a un dipinto di Caravaggio, saranno davvero in pochi in grado di dire che un quandro di Fontana ha mosso loro le viscere...

La stessa cosa vale per la scrittura. Con dei distinguo però: prendersi delle libertà è più facile in poesia che in narrativa e nella letteratura non di genere che in quella di genere.
Se voglio scrivere un giallo, sarà sicuramente più efficace se limito i "giochi" stilistici, cerco di essere preciso con i punti di vista, mostro e non racconto, ecc. Se voglio fare un romanzo sperimentale, più rompo le regole, più esperimento (e meno lettori avrò :).
Ecco perché le "regole" occorre conoscerle e sfruttarle ai propri fini.

Aggiungo che l'esempio che fai di Manzoni è un po' fuori luogo. Ai suoi tempi il narratore onniscente era l'unico modo noto di scrivere. E' stata poi la sperimentazione e lo studio successivo ad approfondire determinati approcci. Oggi non si può scrivere alla Manzoni (come non si puà girare un film muto) a meno di non volerlo fare con particolari fini artistici (come in the Artist). Bisogna però conoscere la letteratura contemporanea e sapere come si scrive oggi per non suonare superati...

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alberto.dellarossa
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#6 » venerdì 22 aprile 2016, 12:43

Infatti Angelo ho precisato "con gioia e cognizione di causa". Parlo sempre di conoscere le regole, prima di infrangerle. Non mi sognerei MAI di consigliare a qualcuno di rompere una regola deliberatamente per ignoranza: si cade invariabilmente nell'errore (anche se alcuni casi illustri ci dicono che è possibile il contrario) Quanto all'esempio su Manzoni: l'esempio non è farina del mio sacco, ma di Raul. Il fatto che poi si sia sperimentato non toglie che quel particolare effetto sia usato ancora oggi (lo usa lo stesso Cardone nel suo libro): quello che intendevo dire è che Manzoni era avanti mille anni luce e lui per primo ha infranto le regole (e sapeva perfettamente cosa faceva, visto che ha passato una vita a riscrivere lo stesso romanzo).

Detto questo sposo la tua tesi che rompere le regole renda più difficile la comprensione del testo. Per fortuna aggiungerei, altrimenti leggerei le etichette dello shampoo, invece di Lewis Carrol (un altro che delle regole ha fatto mazzetto e le ha stravolte).

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Jacopo Berti
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#7 » lunedì 25 aprile 2016, 0:26

Quando torno a casa vi riporto quanto detto da Calvino su Manzoni ;)
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angelo.frascella
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#8 » mercoledì 27 aprile 2016, 9:54

Mentre aspettiamo che Jacopo ci riporti quanto detto da Manzoni, direi, Alberto che allora siamo in sintonia :)

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Jacopo Berti
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Re: Le dimensioni contano

Messaggio#9 » giovedì 28 aprile 2016, 9:49

Vi sembrerà strano, ma non sono ancora tornato a casa :(
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