CHILI DI TROPPO (Avarizia) - di M.R. Del Ciello
Inviato: lunedì 7 marzo 2016, 22:51
CHILI DI TROPPO (Avarizia)
di M.R. Del Ciello
Stava ingrassando. Non c’era ombra di dubbio. La bilancia non mentiva.
Salì, ottanta chili, scese, risalì. Sempre ottanta chili.
La dieta che aveva iniziato non sembrava sortire alcun effetto. Be’, si disse, troppo poco tempo per vedere dei risultati.
Si rivestì in fretta, anche perché faceva un dannato freddo quella mattina. Ingurgitò un caffè amaro, scese in garage, entrò in auto, mise in moto e mentre si avviava nel traffico che l’avrebbe condotto al lavoro sintonizzò l’autoradio sul suo canale preferito, Radio Onda Immensa. Avevano una programmazione musicale interessante: rock, pop, i vecchi cantautori italiani. E poi c’erano quelle trasmissioni nel pomeriggio, quando rientrava a casa, senza impegno, con un comico di cui non ricordava il nome ma che lo faceva morire dal ridere. Lo rilassava, ecco. E questo gli piaceva.
Al lavoro la solita orda di colleghi rumorosi lo stavano aspettando e gli avrebbero fatto notare che era in ritardo. Ma lui se ne fregava. In fondo era il più alto in grado e se lo poteva permettere. Odiava scapicollarsi la mattina per arrivare in orario. Se la prendeva con calma, tanto mica era un chirurgo che faceva operazioni a cuore aperto. E chi aveva bisogno poteva benissimo aspettare.
Era fiero del ruolo che si era guadagnato. Doveva ringraziare la sua obbedienza al volere dei capi. Mai un’alzata di capo, mai una protesta. Meglio tenerle per sé certe idee e certe convinzioni. Meglio non spendersi troppo. Che andassero gli altri in prima linea a sfracassarsi i coglioni e la testa. Lui ci teneva alla sua tranquillità.
- Ehi, Giorgio! Vieni a prendere un caffè? – ecco Antonio con quel solito invito.
Giorgio mise una mano in tasca e ne tirò fuori quattro monetine da dieci centesimi.
- Sì, ci verrei pure ma non ho da offrire…
Antonio lo guardò, stette qualche secondo in silenzio, poi: - E chi t’ha chiesto di offrire? Allora vieni?
Giorgio lo seguì, prese un caffè macchiato al cacao e siccome Antonio cominciò a discutere delle partite di calcio della domenica precedente, lui preferì tirarsi fuori da quella animata discussione e trovò una scusa per risalire in ufficio.
Sedette alla scrivania e accese il PC. Aveva una relazione da preparare per il Direttore Generale e non sapeva da che parte cominciare. Esitò un attimo. Aveva il terrore di sbagliare, di esporsi troppo per difendere il suo staff. Poi realizzò che la signorina Eva fosse l’unica in grado di parargli il culo. Lei sola sarebbe stata in grado di aiutarlo e in più se la sarebbe cavata benissimo da sola.
- Signorina Eva? Può venire un attimo? – disse affacciandosi dalla porta della sua stanza che comunicava con una stanza più grande in cui “convivevano” quattro impiegati.
- Certo direttore.
La signorina Eva era una personcina educata e a modo, in realtà era anche laureata ma nessuno la chiamava dottoressa, men che meno Giorgio che non se ne ricordava mai e poi tanto lei non ci badava. Era abile con la penna e con le parole e ci sapeva fare con il computer, perciò Giorgio approfittava spesso di lei, soprattutto per risolvere le rogne.
Quel giorno c’era una rogna.
- Signorina si sieda. – Eva sedette. – In confidenza abbiamo un problema. Il Direttore Generale vuole una relazione sulle performance della nostra divisione ma quest’anno io non ho potuto formulare degli obiettivi misurabili e coerenti con le nostre risorse, perciò…
- Perciò?
- Perciò dobbiamo accroccare qualcosa che giustifichi questi nostri scarsi risultati, signorina, giustificandoci ma non troppo, non so se mi sono spiegato.
- Si è spiegato benissimo.
Eva tornò alla sua scrivania, aprì le sue cartelle Windows e cominciò a consultare file excel dove c’erano riportate le tabelle con i dati dell’ultimo anno, poi prese il documento contenente la relazione dell’anno precedente e lo salvò con la data attuale.
Cominciò a scrivere.
Giorgio nel frattempo iniziò a navigare tra siti di diete ipocaloriche, cercandone una che si confacesse al suo tipo di vita (sedentaria) e alle sue abitudini alimentari.
Un paio di giorni dopo, la relazione era pronta, con tanto di tabelle, dati, comparazioni con l’anno precedente e considerazioni finali.
Giorgio la lesse in fretta, si fidava della signorina Eva e non aveva bisogno di stare a controllare parola per parola.
Si fece inoltrare il documento per posta elettronica, compose una mail per il Direttore Generale, vi allegò il documento e schiacciò il tasto invio.
- Signorina Eva, posso offrirle un caffè? – chiese subito dopo.
- Volentieri – rispose la donna.
Mentre scendevano le scale per andare alla macchinetta del caffè, Giorgio rovistò nelle tasche.
- Signorina, mi deve scusare ma non ho abbastanza monete. Mi sa che dobbiamo fare ognuno per sé.
- Non c’è problema, dottore. – rispose la signorina. – Anzi, glielo offro io il caffè.
- Grazie signorina, ma non deve.
- Non si preoccupi.
Giorgio continuava a ingrassare, nonostante l’ultima dieta iniziata fosse veramente da incubo.
Niente olio, niente zuccheri, semplici o complessi, solo proteine, verdure lesse e acqua, tanta acqua.
Eppure il peso aumentava. Quella mattina la bilancia segnava addirittura ottantacinque chili.
Si sentiva come pieno non si sa di cosa, come se stesse trattenendo dentro di sé calorie non provenienti dal cibo.
Lievitava. E non era un fatto alimentare. Forse era colpa del lavoro, pensò. Troppa ansia, troppe responsabilità.
La collega vegana gli spiegò che era un fatto psicosomatico, ma Giorgio non era riuscito a comprendere bene.
- E’ come se tu trattenessi le tue emozioni, le tue sensazioni, e questo ti fa gonfiare. Prova a esprimerti, una volta tanto, a tirare fuori la tua personalità. Incazzati, Cristo! – gli aveva detto un giorno, e lui si era offeso a morte.
Ma chi si credeva di essere, quella lì? Di certo non gli avrebbe più confidato un suo pensiero.
Fu quando arrivò la telefonata del Direttore Generale che Giorgio realizzò che qualcosa non aveva funzionato nella relazione della signorina Eva.
- Si può sapere, dottor Rossi, che cavolo combinate nella vostra divisione?
Il Direttore Generale aveva un tono aggressivo e Giorgio riuscì a rispondere solo a monosillabi.
- La signorina Eva, è lei che ha redatto la relazione, Direttore.
- E allora vi voglio entrambi nel mio ufficio, tra mezz’ora. E con delle spiegazioni valide.
Giorgio si asciugò la fronte, imperlata di sudore.
- Signorina Eva! – gridò, senza neanche alzarsi dalla scrivania.
Ma la signorina Eva era in ferie, una settimana sulla neve.
Questa volta Giorgio avrebbe dovuto cavarsela da solo.
di M.R. Del Ciello
Stava ingrassando. Non c’era ombra di dubbio. La bilancia non mentiva.
Salì, ottanta chili, scese, risalì. Sempre ottanta chili.
La dieta che aveva iniziato non sembrava sortire alcun effetto. Be’, si disse, troppo poco tempo per vedere dei risultati.
Si rivestì in fretta, anche perché faceva un dannato freddo quella mattina. Ingurgitò un caffè amaro, scese in garage, entrò in auto, mise in moto e mentre si avviava nel traffico che l’avrebbe condotto al lavoro sintonizzò l’autoradio sul suo canale preferito, Radio Onda Immensa. Avevano una programmazione musicale interessante: rock, pop, i vecchi cantautori italiani. E poi c’erano quelle trasmissioni nel pomeriggio, quando rientrava a casa, senza impegno, con un comico di cui non ricordava il nome ma che lo faceva morire dal ridere. Lo rilassava, ecco. E questo gli piaceva.
Al lavoro la solita orda di colleghi rumorosi lo stavano aspettando e gli avrebbero fatto notare che era in ritardo. Ma lui se ne fregava. In fondo era il più alto in grado e se lo poteva permettere. Odiava scapicollarsi la mattina per arrivare in orario. Se la prendeva con calma, tanto mica era un chirurgo che faceva operazioni a cuore aperto. E chi aveva bisogno poteva benissimo aspettare.
Era fiero del ruolo che si era guadagnato. Doveva ringraziare la sua obbedienza al volere dei capi. Mai un’alzata di capo, mai una protesta. Meglio tenerle per sé certe idee e certe convinzioni. Meglio non spendersi troppo. Che andassero gli altri in prima linea a sfracassarsi i coglioni e la testa. Lui ci teneva alla sua tranquillità.
- Ehi, Giorgio! Vieni a prendere un caffè? – ecco Antonio con quel solito invito.
Giorgio mise una mano in tasca e ne tirò fuori quattro monetine da dieci centesimi.
- Sì, ci verrei pure ma non ho da offrire…
Antonio lo guardò, stette qualche secondo in silenzio, poi: - E chi t’ha chiesto di offrire? Allora vieni?
Giorgio lo seguì, prese un caffè macchiato al cacao e siccome Antonio cominciò a discutere delle partite di calcio della domenica precedente, lui preferì tirarsi fuori da quella animata discussione e trovò una scusa per risalire in ufficio.
Sedette alla scrivania e accese il PC. Aveva una relazione da preparare per il Direttore Generale e non sapeva da che parte cominciare. Esitò un attimo. Aveva il terrore di sbagliare, di esporsi troppo per difendere il suo staff. Poi realizzò che la signorina Eva fosse l’unica in grado di parargli il culo. Lei sola sarebbe stata in grado di aiutarlo e in più se la sarebbe cavata benissimo da sola.
- Signorina Eva? Può venire un attimo? – disse affacciandosi dalla porta della sua stanza che comunicava con una stanza più grande in cui “convivevano” quattro impiegati.
- Certo direttore.
La signorina Eva era una personcina educata e a modo, in realtà era anche laureata ma nessuno la chiamava dottoressa, men che meno Giorgio che non se ne ricordava mai e poi tanto lei non ci badava. Era abile con la penna e con le parole e ci sapeva fare con il computer, perciò Giorgio approfittava spesso di lei, soprattutto per risolvere le rogne.
Quel giorno c’era una rogna.
- Signorina si sieda. – Eva sedette. – In confidenza abbiamo un problema. Il Direttore Generale vuole una relazione sulle performance della nostra divisione ma quest’anno io non ho potuto formulare degli obiettivi misurabili e coerenti con le nostre risorse, perciò…
- Perciò?
- Perciò dobbiamo accroccare qualcosa che giustifichi questi nostri scarsi risultati, signorina, giustificandoci ma non troppo, non so se mi sono spiegato.
- Si è spiegato benissimo.
Eva tornò alla sua scrivania, aprì le sue cartelle Windows e cominciò a consultare file excel dove c’erano riportate le tabelle con i dati dell’ultimo anno, poi prese il documento contenente la relazione dell’anno precedente e lo salvò con la data attuale.
Cominciò a scrivere.
Giorgio nel frattempo iniziò a navigare tra siti di diete ipocaloriche, cercandone una che si confacesse al suo tipo di vita (sedentaria) e alle sue abitudini alimentari.
Un paio di giorni dopo, la relazione era pronta, con tanto di tabelle, dati, comparazioni con l’anno precedente e considerazioni finali.
Giorgio la lesse in fretta, si fidava della signorina Eva e non aveva bisogno di stare a controllare parola per parola.
Si fece inoltrare il documento per posta elettronica, compose una mail per il Direttore Generale, vi allegò il documento e schiacciò il tasto invio.
- Signorina Eva, posso offrirle un caffè? – chiese subito dopo.
- Volentieri – rispose la donna.
Mentre scendevano le scale per andare alla macchinetta del caffè, Giorgio rovistò nelle tasche.
- Signorina, mi deve scusare ma non ho abbastanza monete. Mi sa che dobbiamo fare ognuno per sé.
- Non c’è problema, dottore. – rispose la signorina. – Anzi, glielo offro io il caffè.
- Grazie signorina, ma non deve.
- Non si preoccupi.
Giorgio continuava a ingrassare, nonostante l’ultima dieta iniziata fosse veramente da incubo.
Niente olio, niente zuccheri, semplici o complessi, solo proteine, verdure lesse e acqua, tanta acqua.
Eppure il peso aumentava. Quella mattina la bilancia segnava addirittura ottantacinque chili.
Si sentiva come pieno non si sa di cosa, come se stesse trattenendo dentro di sé calorie non provenienti dal cibo.
Lievitava. E non era un fatto alimentare. Forse era colpa del lavoro, pensò. Troppa ansia, troppe responsabilità.
La collega vegana gli spiegò che era un fatto psicosomatico, ma Giorgio non era riuscito a comprendere bene.
- E’ come se tu trattenessi le tue emozioni, le tue sensazioni, e questo ti fa gonfiare. Prova a esprimerti, una volta tanto, a tirare fuori la tua personalità. Incazzati, Cristo! – gli aveva detto un giorno, e lui si era offeso a morte.
Ma chi si credeva di essere, quella lì? Di certo non gli avrebbe più confidato un suo pensiero.
Fu quando arrivò la telefonata del Direttore Generale che Giorgio realizzò che qualcosa non aveva funzionato nella relazione della signorina Eva.
- Si può sapere, dottor Rossi, che cavolo combinate nella vostra divisione?
Il Direttore Generale aveva un tono aggressivo e Giorgio riuscì a rispondere solo a monosillabi.
- La signorina Eva, è lei che ha redatto la relazione, Direttore.
- E allora vi voglio entrambi nel mio ufficio, tra mezz’ora. E con delle spiegazioni valide.
Giorgio si asciugò la fronte, imperlata di sudore.
- Signorina Eva! – gridò, senza neanche alzarsi dalla scrivania.
Ma la signorina Eva era in ferie, una settimana sulla neve.
Questa volta Giorgio avrebbe dovuto cavarsela da solo.